giovedì 2 giugno 2011

L'incubo ritorna

CAPITOLO PRIMO.

La fine si stava oramai avvicinando senza lasciare alcuna speranza…..i russi distavano solo poco più di tre chilometri dal bunker dove era rintanato il Fuhrer e la rovina totale incombeva irrimediabilmente su quel poco che rimaneva della grande Germania ormai definitivamente sconfitta, ma nonostante tutto i Berlinesi continuavano testardamente a morire per un ideale che in cui quasi più nessuno credeva. C’era ancora chi periva eroicamente per difendere la città lottando casa per casa, c’era invece chi continuava a combattere, spronato oramai solo dalla certezza di essere passato per le armi dalle onnipresenti SS, se solo avesse accennato a qualsiasi forma di tentennamento…….i viali della grande città erano tragicamente costellati di morti impiccati ai lampioni, giovani, anzi ragazzi, e vecchi che non se l’erano più sentita di continuare a lottare o che avevano vanamente cercato salvezza nella fuga. Il Fuhrer aveva negato, all’inizio della battaglia finale, il permesso a donne e bambini di allontanarsi dalle zone di combattimento e li aveva così condannati ad una morte atroce o a un destino ancora peggiore, tra le braccia del nemico assetato di vendetta. In uno dei suoi ultimi discorsi, fatti ai suoi generali attorno al tavolo dove Hitler si illudeva di poter ancora comandare le sue truppe, il Fuhrer aveva affermato che se il popolo tedesco fosse stato sconfitto non sarebbe stato degno di continuare a vivere, ignorando in questa maniera cinicamente, le centinaia di migliaia di soldati che dall’Africa a Stalingrado ed in tutti i campi di battaglia, per ben sei lunghissimi, anni erano morti per lui, e le decine di migliaia di civili sacrificati nelle città martoriate dai feroci bombardamenti Angloamericani, per inseguire un sogno pazzesco che solo lui aveva voluto realizzare. Berlino, la grande capitale del Terzo Reich, era oramai un cumulo di rovine fumanti…..la popolazione era rintanata nei rifugi sotterranei o nelle gallerie della metropolitana e attendeva con ansia il momento in cui i combattimenti sarebbero finalmente cessati, ma anche nello stesso tempo, con estremo terrore l’arrivo dei soldati Sovietici. Ma Hitler non aveva nessuna intenzione di perire assieme alla Nazione che aveva portato alla completa rovina, non desiderava affatto scomparire in un gigantesco”Crepuscolo degli Dei”…..lui aveva ben altri disegni, per se e per le sue smanie di grandezza ed anche se ormai malato e dipendente dalle medicine stimolanti che gli venivano ormai somministrate da anni, non intendeva assolutamente soccombere al destino. Non che avesse paura della morte…….lui voleva continuare a vivere per il solo fatto che l’odio che lo dominava, sentimento tremendo rivolto verso tutto quanto non era Ariano, non aveva ancora sortito l’effetto desiderato: troppi ebrei infestavano ed infettavano tutto il mondo….troppa gente non aveva ancora imparato ad apprezzare quanto lui aveva predicato per anni. La sua opera non era ancora compiuta e tanto lavoro non poteva proprio adesso essere abbandonato con la sua morte. Da mesi tutto era stato preparato nei minimi particolari e solo una ristrettissima cerchia di fedelissimi era al corrente di quanto si stava per verificare. La “mente” di tutta l’operazione era stata la folle figura di Goebbels, il ministro della propaganda del Reich…..la sua fanatica fedeltà al Fuhrer, arrivava ad un punto tale da essere disposto a sacrificare per la “causa”, anche la vita della moglie e dei suoi bellissimi bambini….ma alla fine l’estremo sacrificio della sua famiglia….sarebbe stato sufficiente per convincere il mondo che il dittatore ed i suoi seguaci più vicini a lui erano tutti morti. Lui invece….se l’era filata già da tempo alla chetichella per la sua nuova segretissima destinazione, in una isoletta sperduta in mezzo all’Atlantico, sostituito da un sosia che appena arrivato nel bunker era….stato fatto immediatamente “suicidare”. Nessuno degli altri Gerarchi, a parte Himmler, era al corrente di qualche cosa…..Speer e, Goering, si erano prudentemente già da tempo allontanati dalla capitale in rovina, Bormann era scomparso nel nulla ed il segreto di quanto stava per accadere era assolutamente al sicuro. Al di fuori di Goebbels e Himmler solo il Grande Ammiraglio Doenitz era al corrente del piano o almeno di una limitata parte di esso.

CAPITOLO SECONDO.

I colpi di cannone avevano ormai incominciato a cadere nelle vicinanze del bunker con una impressionante frequenza, l’unico aeroporto rimasto ancora in mano ai tedeschi, non poteva ormai più essere utilizzato a causa della distruzione delle piste causata dai colpi sovietici, ma una delle larghe strade della città, proprio in prossimità dell’ultimo rifugio del Fuhrer, era stata messa perfettamente in grado di far atterrare e decollare un piccolo aeroplano. Il giorno stesso della fine della commedia della presunta morte del Fuhrer, un piccolo aereo era di fatti atterrato all’improvviso con il favore delle tenebre, nei pressi del bunker ed una misteriosa figura incappucciata era scesa sotto terra accompagnata da due SS. Il misterioso personaggio era stato introdotto sempre incappucciato direttamente negli appartamenti di Hitler dove si era trattenuto per non più di qualche minuto, per poi tornare, sempre con in testa il cappuccio che le copriva il volto, ad uscire e ripartire sul mezzo che lo aveva condotto fino a li. Dopo un paio d’ore quello che tutti ritenevano essere Adolf Hitler, si era suicidato insieme alla moglie Eva Braun. In effetti, era stato una SS preposta a tale compito a premere il grilletto, convinto di eseguire sul suo amato Fuhrer la sua ultima volontà…. ma questo nessuno era naturalmente venuto a saperlo e, il dubbio che al posto del Fuhrer fosse morto qualcun altro, non aveva potuto sfiorare nessuno visto che, oltre al presunto dittatore tedesco, era morta suicida insieme a lui, anche sua moglie. Era stato un segreto terribile, per le conseguenze che avrebbe comportato per il futuro e per la scia di sangue necessaria per il suo mantenimento e per la sua riuscita. Ovviamente a bordo del piccolo aereo invece c’era proprio lui…..tutta la riuscita del piano era una vera e propria scommessa, visto i fattori imprevedibili a cui ne era legato il successo. Prima di tutto sarebbe stato necessario decollare ed evitare i colpi dell’artiglieria russa che poteva fare il “tiro al piccione” contro il piccolo mezzo, poi si sarebbe dovuto proseguire il volo su un territorio teoricamente ancora in mano all’esercito tedesco ma con l’incombente pericolo di essere intercettati dalla caccia americana che ormai era onnipresente….e questo sarebbe stato solo l’inizio. Ma contrariamente alle previsioni più pessimistiche, tutto sembrava andare invece per il meglio: la “cicogna” si era levata in volo al buio ed era riuscita a far perdere le sue tracce quasi subito….i russi si erano accorti troppo tardi nella oscurità della notte, del decollo del piccolo aereo e non erano riusciti a colpirlo. Dopo aver lasciato indietro la città in fiamme, il velivolo era stato affiancato da quattro degli ultimi caccia a reazione dell’aeronautica nazista decollati appositamente per l’occasione, che avevano efficacemente protetto i due occupanti della “cicogna” fino ad un aeroporto ben lontano da ogni zona di combattimento. Li il Fuhrer, appena sceso dall’aereo che lo aveva portato a destinazione, era stato accompagnato dallo stesso pilota, nel buio più completo, in una piccola palazzina che confinava con un Hangar in disuso…..in quel luogo buio e tetro, Hitler era stato frettolosamente vestito con abiti civili, si era fatto rasare i baffi, ed era stato camuffato abilmente con una fitta barba finta che ne rendeva difficilissima, se non impossibile l’identificazione. Nessuno si era potuto rendere conto di nulla….il giorno dopo si era diffusa la voce della morte per suicidio del Fuhrer, le cui spoglie bruciate assieme a quelle della moglie, erano state identificate dai russi che avevano conquistato il bunker. Il terribile segreto….era per ora rimasto tale. Cominciava adesso la seconda parte del viaggio…..la meta da raggiungere era la Norvegia ancora in mano all’esercito tedesco, bisognava tuttavia fare presto, prima che la Germania fosse costretta alla oramai inevitabile capitolazione. Il viaggio che in tempi normali sarebbe stato effettuato in un giorno o poco più, era invece stato compiuto tra mille peripezie in quattro giorni…….le ferrovie erano in condizioni tremende a causa degli incessanti bombardamenti in corso e le strade non si trovavano certo in condizioni migliori….ma quando il Fuhrer con il suo inseparabile accompagnatore erano arrivati in Norvegia il cammino era diventato finalmente più agevole e spedito.

CAPITOLO TERZO.

Appena uscito dal cantiere, l’U 917 stava per partire per la sua prima missione operativa. Si trattava dell’ultimo e più moderno sommergibile varato dai cantieri tedeschi: era grande più del doppio dei suoi predecessori, dotato di un innumerevole quantità di batterie, dello snorkel che gli permetteva di “respirare” a pelo d’acqua, di uno dei primissimi sonar attivi imbarcati su di un sommergibile e della capacità di navigare costantemente in immersione a ben trecento metri di profondità, cosa impossibile per tutti i mezzi americani o inglesi dell’epoca. Non era stato concepito per dare la caccia ai convogli ma la sua missione era quella di trasportare materie prime preziose ed indispensabili, dal Giappone alla Germania e ritrovati tecnico scientifici dalla Germania al Giappone. A bordo tutti i lanciasiluri erano stati rimossi ad eccezione di due…..tutto lo spazio interno era destinato a contenere più materiali possibili, tutto era incentrato sul fatto di arrivare a destinazione senza essere intercettati da nessuno. Ma il giorno prima della partenza, il battello era stato improvvisamente richiamato in cantiere per delle non ben identificate modifiche dell’ultima ora…..l’equipaggio era stato fatto scendere a terra ed inviato in licenza senza spiegazione alcuna……..Alla fine del conflitto in corso dal 1939, mancavano ancora cinque mesi. In cantiere la prua del sommergibile era stata completamente modificata nel suo interno, erano stati rimossi gli ultimi due tubi lanciasiluri, e la paratia stagna che delimitava gli ultimi trenta metri del battello sigillata e perfettamente insonorizzata, in maniera che dall’altra parte del sommergibile non passasse assolutamente alcun suono fatto a prua. All’interno della stessa prua era stato costruita una sorta di alloggio per tre persone il più confortevole possibile…..era un compartimento completamente isolato dal resto del sommergibile, completo di cucina, una ricchissima cambusa, un locale infermeria, salottino privato e di tre comodi minialloggi. Terminate le modifiche, il battello era stato rimesso in mare ed era rimasto attraccato rifornito di tutto, ma ancora vuoto del suo equipaggio, ad una banchina fuori vista ma circondato da un cordone invalicabile di guardie, convinte di dover proteggere solo uno degli ultimi preziosi U Boat del Terzo Reich in procinto di partire in missione. Il giorno dopo la fine dei lavori, tutto il personale che in qualche modo aveva a qualche titolo partecipato alla ristrutturazione o che conosceva il tipo di modifiche apportate al battello, era malauguratamente affogato nel naufragio del ferryboat che lo stava riconducendo sulla terra ferma. Il segreto doveva essere mantenuto tale….. assolutamente….. in tutti i modi a qualsiasi prezzo. Solo dopo la presunta morte del dittatore tedesco, l’equipaggio era stato richiamato a bordo…..il comandante era stato convocato da Doenitz in persona, diventato frattanto Capo del Governo Provvisorio, che gli aveva esposto con la massima chiarezza quanto avrebbe dovuto fare dalla partenza del battello in poi.
ORDINI per il Comandante Dell’U 917:
Punto primo: la destinazione del battello è il porto di Belo Orizzonte in Argentina.
Punto secondo: la destinazione deve assolutamente essere raggiunta anche dopo l’imminente ed ormai inevitabile capitolazione delle Forze Armate tedesche.
Punto terzo: il sommergibile deve evitare assolutamente di farsi individuare da chiunque navigando sempre in immersione alla massima profondità consentita, limitandosi ad emergere parzialmente solo di notte con lo snorkel per consentire il ricambio dell’aria e la ricarica adeguata delle batterie.
Punto quarto: nessuno per nessuna ragione si deve interessare o deve indagare sulla natura segretissima dei “materiali” presenti nella prua sigillata del sommergibile, materiali che se solo “toccati”avrebbero potuto indurre ad una morte atroce gli incauti che avessero disubbidito agli ordini.
Punto quinto: all’arrivo a Belo Orizzonte, appena emersi, prima dell’attracco, il Comandante avrebbe dovuto contattare via radio, su di una frequenza riservata, un certo personaggio che gli avrebbe fornito le necessarie informazioni per le operazioni di sbarco, in zone defilata, del misterioso carico.
Punto sesto: dopo aver scaricato il materiale, di notte e senza che nessun membro dell’equipaggio potesse vederne la natura, il sommergibile avrebbe dovuto essere affondato in acque profonde e l’equipaggio, posto in salvo a bordo delle zattere di salvataggio, avrebbe dovuto consegnarsi alle autorità argentine come prigioniero di guerra.
Gli ordini erano pochi ma di una estrema chiarezza…..al Comandante del battello non rimaneva altro da fare se non ubbidire, visto che l’unica cosa che Doenitz aveva aggiunto….era che la missione che stavano per intraprendere era di straordinaria importanza per la Patria agonizzante e, se riuscita, avrebbe dato in un futuro non lontanissimo alla GERMANIA LA POSSIBILITA’ DI RISCATTARSI, DI RITORNARE DI NUOVO GRANDE……e in definitiva VITTORIOSA ! Il giorno in cui Hitler era finalmente giunto nella base tedesca in Norvegia, l’equipaggio al completo era stato di nuovo fatto allontanare con la scusa di essere salutato dal Grande Ammiraglio…..anche a Ufficiali e Sottufficiali del battello, era stata spiegata e messa in estrema evidenza l’importanza, se non la vera natura, della missione cui erano stati destinati…..intanto, nel buio della notte, un terzetto di persone dall’apparenza innocente erano state introdotte di nascosto a bordo del battello, senza che assolutamente nessuno avesse potuto vedere nulla, a parte due guardie che non sapevano assolutamente nulla di quanto stava accadendo sotto i loro occhi…..per loro i tre che stavano salendo a bordo, erano solo tre componenti dell’equipaggio che rientravano dalla franchigia.
A bordo erano saliti, oltre al Fuhrer, il suo medico personale che era giunto li già da tempo e il misterioso pilota dell’aereo che lo aveva accompagnato con successo fino a li. La traversata era durata ben ottantadue interminabili giorni, in cui il sommergibile aveva fatto di tutto per evitare di essere intercettato da chicchessia; aveva navigato per lo più in immersione alla massima profondità di esercizio e si era limitato ad emergere, come da ordini impartiti, solo per il tempo strettamente necessario a far ricaricare le batterie di bordo. Un paio di volte erano capitati dalle parti di alcuni cacciatorpediniere inglesi ma anche se provabilmente erano stati intercettati, erano riusciti a sfuggire loro immergendosi rapidamente alla massima profondità. In una delle rare risalite in superficie avevano appreso la fine della guerra in Europa con la resa della incondizionata Germania, ma loro avevano imperterriti continuato la loro missione. Nella prua del battello, isolata dal resto del sommergibile, la vita scorreva monotona….il Fuhrer non aveva nessuno da intrattenere con le sue folli elucubrazioni, il tremito della mano si era accentuato notevolmente ed il suo medico era costretto a somministrargli dei farmaci per mantenerlo nello stesso tempo lucido e calmo. Per la prima volta in tanti anni Hitler era caduto in un profondo stato di prostrazione…..non c’erano più i suoi generali da comandare a bacchetta, ne una popolazione adorante sempre disposta ad applaudirlo ed ad osannarlo……tutto pareva ormai irrimediabilmente compromesso…….la grande Germania, il Partito, la tanto vantata e sbandierata supremazia razziale. Nulla era rimasto in piedi di quanto era riuscito a costruire in tanti anni di lavoro. Restava solo il folle disegno che era riuscito, con l’aiuto dei suoi fedelissimi a mettere in piedi, tutto era iniziato di nuovo con la sua fuga riuscita da Berlino….adesso bisognava solo arrivare a destinazione e riuscire a mettere di nuovo in moto il complesso meccanismo del destino. Questa volta però il Fuhrer sapeva benissimo che non avrebbe mai potuto vedere i frutti di quanto si accingeva a seminare…..la rinascita, e l’inevitabile supremazia sul mondo della razza ariana tedesca, sarebbe stata il compito riservato a qualcun altro….lui era diventato ormai solo il mezzo, il tramite, per raggiungere un fine ben prestabilito.

CAPITOLO QUARTO.

Il tredici settembre del duemilasette, la dottoressa Anne Foster stava tranquillamente prendendo il sole sulla spiaggia di Acapulco. Il caldo sole del Messico scaldava piacevolmente il corpo longilineo ma tornito della ragazza, conferendo alla pelle un bellissimo colore ambrato. Anne era un medico Statunitense dell’O.M.S., aveva trentadue anni e aveva deciso di prendersi per la prima volta dopo tanto tempo, un adeguato e quantomai meritato, periodo di riposo. Si era stabilita per una quindicina di giorni in Messico in un villaggio turistico italiano del “Ventaclub” essendo italiana da parte di madre ed essendo di conseguenza, amante della buona cucina mediterranea. Ma era tutto il Bel Paese che l’aveva da sempre affascinata……non era appassionata tanto da monumenti e dalla grande bellezze delle città e della natura, era piuttosto attirata dal modo spensierato di vivere degli italiani, così diverso da quello più freddo e pragmatico cui era abituata in America. Più o meno negli ultimi otto anni l’Italia l’aveva girata in lungo e in largo, aveva guardato con aria distaccata quanto di bello c’era da vedere, aveva riconosciuto la bellezza di tante cose meravigliose….ma quello che lei cercava era piuttosto la spontaneità e il calore della gente che li poteva incontrare. Era invece fuggita inorridita da una sua visita, l’unica, fatta a Napoli e alla Campania….era capitata in una metropoli incredibilmente sporca e disordinata, dove, tra l’altro, era stata anche rapinata in mezzo alla strada. Delusa e ferita si era allora rifugiata in Calabria in un villaggio turistico della stessa “catena” di quello dove si trovava adesso….e li aveva ritrovato finalmente la pace perduta. Adesso Anne si sentiva veramente rilassata ed in pace con se stessa, la sera si era ritrovata in discoteca dove aveva fatto coppia come al solito, con Gloria, una signora di una quarantina d’anni, dottoressa in biologia, che cercava pure lei di “dimenticare” le fatiche e le delusioni patite in un anno di duro lavoro. Era si una amicizia di quelle che si fanno durante le vacanze, ma Anne con Gloria aveva scoperto di avere molte affinità, legate soprattutto a due carriere che, seppur completamente diverse l’una dall’altra, avevano nello stesso tempo molte affinità di base. La mattina successiva, Anne si era recata come di consueto, nella stanza dell’amica, per invitarla ad andare assieme a consumare la prima colazione: aveva bussato discretamente alla porta e trovandola socchiusa era sollecitamente entrata. Anne si era trovata sbalordita davanti ad una scena terribile: Gloria era riversa sul letto ancora in accappatoio ed un uomo di stazza atletica era sopra di lei intento a strangolare la donna inerme. L’uomo era così concentrato nel suo intento criminale, che non si era nemmeno accorto dell’ingresso della ragazza…..Anne invece aveva reagito d’istinto. Invece di mettersi a strillare invocando aiuto… aveva raccolto dalla parete dove era appoggiato, un ombrello di quelli con il manico in legno massiccio e l’aveva con tutta la sua forza calato sulla testa dell’uomo che era di colpo crollato a terra di schianto. Gloria era svenuta ma per fortuna respirava ancora, anzi cercava disperatamente di farlo…per fortuna il colorito da bluastro stava gradatamente ritornando normale e Anne, dopo averle bagnato la fronte con dell’acqua ghiacciata presa dal frigorifero, era riuscita a farla rinvenire del tutto. La ragazza per prudenza aveva gettato un’occhiata furtiva all’uomo ancora disteso a terra, per la paura che potesse riaversi troppo presto e cercare di nuovo di portare a termine il suo disegno criminale o di fuggire senza lasciare traccia….ma si era accorta con sgomento che il colpo che aveva inferto alla nuca di quello sconosciuto era stato purtroppo fatale. “ Chi era quell’uomo?” Chiese Anne a Gloria” perché ti voleva uccidere?” Ma la donna aveva risposto di non saperlo assolutamente e ad Anne non era rimasto altro da fare che chiamare la polizia.Certo che passare gli ultimi giorni di vacanza ad entrare ed uscire da una stazione di polizia messicana non era certo il massimo della libidine…..tra indagini ed interrogatori se ne erano andati irrimediabilmente gli ultimi scampoli di vacanza. L’aggressione alla fine, era stata considerata come l’azione inconsulta di un pazzo e sia Anne che Gloria erano ovviamente state scagionate da ogni addebito. Tre giorni dopo le due donne si stavano accingendo a recarsi in aeroporto per tornare alla loro normale attività lavorativa, si erano imbarcate sul piccolo ferryboat che, evitando il convulso traffico terrestre, le avrebbe portate rapidamente a destinazione, quando un distinto signore che fino a quel momento era rimasto appoggiato con aria pigra alla murata un paio di metri più avanti, si affiancò loro con la massima naturalezza, accennando alle solite banalità tipo il tempo splendido che caratterizzata quei luoghi beati, quando Anne si accorse con sgomento, quasi per caso, che la mano destra dell’uomo, stringeva una sorta di piccola siringa con la quale lo sconosciuto si accingeva a pungere Gloria:”Madonna Santa, Gloria….levati subito da li” Si mise ad urlare con quanto fiato aveva in corpo Anne……..e Gloria come svegliata di soprassalto da un sonno profondo, scartò di colpo di lato travolgendo con il suo impeto l’uomo che le stava accanto. Nell’urto violento che si era provocato tra i due, la siringa destinata alla donna si era invece conficcata di colpo nel fianco dello sconosciuto, che dopo aver strabuzzato gli occhi, senza aver proferito parola, era piombato di schianto sul pavimento del battello. “Ma che cazz….mi fai fare”stava intanto urlando Gloria rivolgendosi all’amica.”Hai fatto cadere a terra questo distinto signore……” e intanto si era inginocchiata a terra cercando di farlo rinvenire, supponendo che potesse avere battuto la testa. Ma quando la donna si accorse della siringa che ancora sporgeva dal fianco dell’uomo disteso a terra e soprattutto quando Gloria si rese conto che l’uomo non era svenuto …..ma morto stecchito, si sentì di colpo mancare. Intanto un gruppetto di persone aveva fatto ressa attorno ai tre e tra loro era presente anche il medico di bordo che si rese immediatamente conto della presenza della siringa. Non fu affatto una faccenda semplice spiegare il tutto alla medesima stazione di polizia dalla quale erano usciti solo da così poco tempo……..difatti, fatta marcia indietro il ferry, le due donne proprio li erano state portate. Anne aveva spiegato al solito allibito Commissario di polizia, quanto aveva visto……aveva aggiunto che aveva visto benissimo l’uomo che si era loro avvicinato mentre era sul punto di conficcare la siringa nella coscia di Gloria….ma convincere il funzionario della loro totale e completa estraneità a qualsiasi piano criminale, fu senza dubbio una faccenda alquanto laboriosa. Alla fine, per fortuna, erano arrivate dalla banca dati, via internet, le impronte digitali di entrambi i “mancati assassini”, impronte che corrispondevano perfettamente a quelle di due noti criminali del luogo ricercati da anni. A questo punto le due donne avevano potuto finalmente partire, accompagnate da mille raccomandazioni del funzionario di polizia che tuttavia non credeva per nulla casuali i due episodi criminosi in cui Gloria si era imbattuta…….un tentato omicidio poteva essere anche considerato un fatto casuale, ma un secondo a così poca distanza dal primo….non poteva essere preso certo una coincidenza. Il commissario aveva cercato di “scavare”, con la collaborazione della donna, nella vita di Gloria…..su cosa ci potesse essere di misterioso nella sua vita, e su chi e perché qualcuno la potesse volere morta. Ma la vita della scienziata non aveva segreti….non era mai stata implicata in nulla di sospetto, non aveva nessuno con cui anche in passato potesse avere avuto “pendenze” tali da scatenare una furia omicida…..non aveva neppure avuto di recente qualche storia o lasciato qualche amante incompreso o disperato….nulla di nulla eppure….Alla fine, scortate da un solerte poliziotto di scorta fino al loro aereo, Gloria e Anne si erano finalmente imbarcate sul Aerbus 380 che le avrebbe portate negli Stati uniti. Sedute sui loro comodissimi sedili di prima classe, le due donne avevano nuovamente affrontato la questione della possibilità che, tra i due tentati omicidi, ci fosse un qualche nesso…..anche per Anne era difficile pensare che tra i due fatti non esistesse un qualche legame.”Pensandoci bene, anche se non vedo che importanza possa mai avere, l’unico fatto inconsueto che mi è capitato negli ultimi tempi” Soggiunse ad un tratto Gloria ”è una strana situazione in cui mi sono venuta a trovare tre mesi fa in Africa, situazione, a cui prima di adesso, non avevo dato alcun peso……mi trovavo in Uganda, in un piccolo laboratorio mobile per cercare di scoprire perché alcuni ceppi di ebola fossero letali per le scimmie e non per l’uomo, quando fui chiamata all’improvviso in un villaggio vicino da una piccola folla di indigeni terrorizzati. Li, tra le lercie capanne di fango e frasche stavano agonizzando una cinquantina di abitanti quel piccolo borgo….erano apparentemente stati aggrediti da un qualche cosa che li stava letteralmente divorando vivi dall’interno. I tratti del volto denotavano una atroce sofferenza fin dal primo presentarsi dei sintomi che consistevano nella perdita totale dell’equilibrio e da un sempre più evidente sanguinamento, prima da tutti gli orifizi del corpo dei malati….poi dalla pelle stessa che trasudava, dopo una ventina di minuti, letteralmente sangue. La morte tra atroci dolori arrivava dopo una mezz’ora al massimo dal manifestarsi della malattia. I cadaveri, alla fine, apparivano di una consistenza quasi gelatinosa e tendevano a putrefarsi nel giro di qualche ora. Io, in tutta la mia vita” concluse Gloria” non ho mai visto nulla di simile”. Per fortuna la strana epidemia non si era affatto diffusa come la scienziata aveva temuto, ai villaggi vicini e Gloria era ripartita ripromettendosi di ritornare al più presto con una equipe adatta a studiare quello strano fenomeno. Prima di partire per gli Stati uniti, all’aeroporto, era però stata avvicinata da un personaggio vestito all’europea che l’aveva presa da parte affermando di essere inviato dal ministero della sanità di quello sperduto paese africano…..l’uomo con un fare all’apparenza estremamente affabile e cordiale, aveva spiegato che sapeva che Gloria era coraggiosamente intervenuta per cercare di salvare gli abitanti del villaggio, la ringraziava a nome del suo governo del suo interessamento e…..la invitava a scordare quanto aveva potuto constatare, visto che si era trattato fortunatamente di un caso isolato di una delle tante malattie tropicale ancora sconosciute, che la situazione era completamente sotto controllo e che non esisteva fortunatamente alcun pericolo di epidemia……poi l’aveva salutata e si era sollecitamente allontanato a bordo di una macchina nera dall’aspetto ufficiale. Gloria era rimasta allibita….aveva compreso benissimo che la si era invitata, gentilmente ma con grande decisione….a non occuparsi più della faccenda e a farsi in pratica i fatti propri……anche se non riusciva a comprenderne il perché. Tuttavia al suo ritorno a casa aveva per forza di cose, travolta dal suo frenetico ritmo di vita, scordato l’accaduto, ma una sera dopo alcuni mesi, aveva visto alla televisione un documentario che le aveva dato molto da pensare.

CAPITOLO QUINTO.

Il documentario parlava dell’ultima svolta politica che era avvenuta un anno prima, quando un uomo nuovo aveva preso possesso delle leve del potere nel paese africano dove Gloria si era recata. Si trattava del Generale Balubo che con estremo carisma ed aiutato da una nuova religione che si stava sviluppando in quelle zone, era riuscito nella difficile impresa di pacificare prima il paese e poi di cominciare una opera di notevole progresso e civilizzazione. Balubo aveva nominato come “consigliere” un facoltoso magnate argentino che faceva capo ad una delle più grandi industrie del paese sudamericano. Costui era Carlos, uno dei componenti della famiglia “Fillol”, una famiglia che si sussurrava avesse le mani in pasta in tutte le più grandi industrie ed imprese dell’Argentina. Era una famiglia che conduceva una vita molto poco appariscente nonostante la sterminata ricchezza ed il potere che la contraddistingueva…..i suoi tentacoli erano ovunque ma in verità la sua presenza, mascherata a dovere, la si notava relativamente poco. I suoi componenti non davano mai adito a pettegolezzi di sorta e nessun giornalista si era mai azzardato o meglio, non era mai riuscito a “mettere il naso” negli affari privati dei Fillol. Ma non era questo che aveva colpito Gloria…..a sconvolgerla era stato il fatto che Carlos, apparso nel documentario che la donna stava guardando, era proprio l’individuo che l’aveva avvicinata all’aeroporto prima del suo ritorno negli Stati Uniti. Il perché tale personaggio avesse in prima persona cercato di dissuaderla da continuare le sue indagini sulla misteriosa malattia era un fatto molto strano che aveva spinto Gloria ad indagare ulteriormente, sia sul morbo in cui si era imbattuta, sia sul personaggio che aveva tentato di mettere a tacere un suo eventuale interessamento su tutta la strane faccenda. Gloria aveva cominciato con il chiedere di poter tornare in Africa e di potersi recere di nuovo presso il villaggio dove tante persone erano morte in maniera atroce ma, con le valigie già in mano…..si era vista negare inaspettatamente all’ultimo momento il visto d’ingresso. Gloria aveva mosso mari e monti per poter portare a termine quanto si sentiva in dovere di fare…..ma aveva cozzato contro un muro. Li in quello sperduto stato dell’Africa nera….lei non era più persona gradita. Era stato allora che la donna ferita e depressa aveva preso la decisione di recarsi in Italia per un periodo di riflessione…..ed era stato proprio li che qualcuno aveva per la prima volta attentato alla sua vita.

CAPITOLO SESTO.

Mettere in relazione i due tentati omicidi con la famiglia Fillol era adesso diventata una cosa ovvia per entrambe le donne…..Anne aveva consigliato Gloria ad interrompere definitivamente le ricerche che aveva intrapreso sia sul misterioso morbo, sia sui Fillol, a farlo sapere a più persone possibile e soprattutto a comportarsi come se la malattia che aveva colpito il villaggio e quanto le era accaduto in Messico … fossero argomenti oramai per lei definitivamente “archiviati”. Gloria aveva capito l’esattezza di quanto Anne aveva intuito e per allontanare da lei ogni dubbio residuo, Gloria si era fatta intervistare dalla NBC e aveva affermato di essere sul punto di partire per alcuni mesi, per il polo sud alla ricerca di alcune strane affezioni polmonari che stavano colpendo gli esquimesi. La speranza era quella di far capire che Gloria ….aveva questa volta ricevuto e “capito” il messaggio che le era stato inviato in maniera così drammatica e che si sarebbe comportata come le era stato consigliato di fare. Le due donne volevano far capire a chi di dovere che Gloria non si sarebbe più per nessun motivo interessata a quanto era successo in Africa. D’ora in poi, sarebbe stata invece Anne ad indagare di nascosto per tutte e due…..con la massima decisione possibile, ma anche con la più grande prudenza, mentre Gloria si sarebbe effettivamente recata per un certo periodo al Polo sud….in attesa che le acque si fossero per lei definitivamente calmate. A Buenos Aires intanto, il consiglio di amministrazione della famiglia Fillol era riunito nello sfarzoso grattacielo, sede della più grande delle società controllate dalla famiglia stessa…..all’ordine del giorno c’erano da discutere alcuni argomenti della massima importanza: I “consiglieri” erano tutti personaggi che dimostravano, oltre a tratti somatici caratteristici della popolazione del nord Europa, di avere stranamente tutti la stessa età….tutti si aggiravano sui cinquant’anni…portati però alla grande e tutti si assomigliavamo moltissimo. Helmut era il capo riconosciuto di tutti loro….lui però, non era a capo di nessuna delle industrie a cui facevano capo i quattro suoi collaboratori che sedevano assieme a lui attorno al grande tavolo di quercia…lui era esclusivamente il capo riconosciuto del progetto cui tutti loro facevano riferimento e per cui erano venuti al mondo….il progetto “Fenice”. L ‘esecuzione di tale progetto, l’ora x, per il dominio di quello che sarebbe rimasto del mondo dopo la cosiddetta “purificazione”, era prevista esattamente tra tre mesi e tutti i preparativi continuavano nel più assoluto segreto, senza problemi particolari. La produzione del terribile morbo ed del relativo vaccino continuavano regolarmente senza pause, il personale addetto alle innumerevoli funzioni da espletare, stava raggiungendo con la più grande circospezione, i previsti luoghi di ritrovo….tutto appariva sotto controllo….e soprattutto nessuno sospettava assolutamente nulla. Anche Colui che avrebbe comandato la nuova razza emergente per mille anni, era in perfetta salute e veniva tutt’ora “preparato” all’immane compito che avrebbe dovuto intraprendere fra breve. Anche quella fastidiosa dottoressa americana, aveva finalmente recepito il messaggio che le era stato inviato per ben tre volte e….non costituiva più un problema da risolvere. Tutto procedeva come previsto con la stessa precisione che caratterizzava la mentalità del popolo tedesco. La discussione si era poi addentrata nel difficile compito di limare le ultime sbavature e di fare in maniera di sincronizzare perfettamente il susseguirsi delle varie azioni. Anne intanto, a centinaia di chilometri di distanza, si stava documentando su tutto quanto poteva trovare sulla famiglia Fillol….le sue ricerche erano partite ovviamente da una ricerca approfondita su Internet…….Non che ci fosse niente di straordinario da scoprire, ma intanto qualche cosa era saltato fuori. I Fillol erano comparsi dal nulla una ventina di anni prima: prima uno di loro aveva acquistato una linea di navigazione, seguito a ruota da un altro che aveva acquisito una grande catena di alberghi…..poi, lentamente e senza dare troppo nell’occhio……praticamente tutte le imprese più floride dell’Argentina erano cadute sotto l’influenza dei suoi componenti. Non si era mai trattato di operazioni clamorose, anzi i Fillol avevano fatto di tutto per rimanere nell’ombra affidando talvolta a dei prestanome del luogo, la direzione delle loro imprese. Mai si era verificato qualche cosa di illegale o di sospetto, anzi il prosperare di tali imprese aveva in qualche modo contribuito a risollevare l’economia traballante del paese sudamericano. Ma indagare da dove i Fillol effettivamente provenissero e che cosa avessero fatto prima della loro repentina comparsa….questo era un mistero inestricabile. Le ricerche di Anne erano fatalmente arrivate al capolinea……la ragazza non sapeva proprio a chi potersi rivolgere. La tentazione sarebbe stata quella di lasciar perdere tutto….ma rimaneva il fatto dei due tentati omicidi fatti a danno di Gloria, omicidi che avevano il chiaro intento di chiudere la bocca di una persona che aveva scoperto un qualche cosa che non avrebbe mai dovuto vedere…..e questo e solo questo spingeva Anne ad andare avanti nella sua ricerca. La ragazza si era però anche resa conto che da sola non avrebbe potuto cavare un ragno dal buco ed aveva deciso di rivolgersi a colui che era stato per lei il compagno inseparabile dai tempi del liceo.

CAPITOLO SETTIMO.

Paul Trevis, era stato da sempre il migliore amico di Anne….assieme ne avevano combinate di tutti i colori….dalle burle comminate alle matricole ai tempi felici dell’università, ai viaggi di studio fatti assieme, agli esami superati sempre” in coppia”, come per farsi coraggio uno con l’altra. Erano due caratteri completamente diversi, tanto riflessivo era lui, tanto impetuosa era lei….eppure si completavano benissimo a vicenda formando una coppia affiatatissima. Anche se sessualmente si ritrovavano benissimo, non si consideravano assolutamente una coppia e non si erano mai “messi in testa”di poterlo diventare…..amicizia si, sesso anche…e alla grande, ma la tenerezza dell’amore vero e proprio non era mai sbocciata tra loro. Addirittura dopo aver fatto l’amore la settimana prima, entrambi dopo pochi giorni avevano avuto occasione di sperimentare altre esperienze con altre persone……ma l’affetto, quello si, c’era sempre grande e duraturo….era solo il fatto di pensare, che un giorno avrebbero potuto avere il desiderio di formare una famiglia, che era a loro totalmente estraneo. Paul era un medico molto particolare…..aveva infatti tra i suoi clienti abituali, nientemeno che il Consigliere per la Sicurezza Nazionale del Presidente degli Stati Uniti….di cui era intimo amico da anni. Il Consigliere Nat Wilson, era stato presentato da Paul anche ad Anne e, in qualche occasione informale, avevano anche avuto l’occasione di pranzare assieme. Probabilmente le ricerche di Anne si sarebbero comunque arenate anche con l’aiuto dell’amico, se il fato non ci avesse clamorosamente” messo lo zampino”. Anne aveva deciso di raccontare a Paul quel poco che sapeva e che era riuscita a scoprire sulla famiglia Fillol e su quanto era capitato a Gloria. Intendeva farlo dopo una cenetta intima in un ristorante italiano di Manatthan. Per raggiungere il ristorante dalla casa di Anne, era necessario attraversare una zona scarsamente illuminata prima del ponte di Brooklyn ………li il traffico era quanto mai rarefatto e la strada che i due amici stavano percorrendo veniva usata solo come alternativa veloce per chi si doveva recare all’imbocco del ponte. Ad un certo punto erano stati superati a gran velocità da una grossa Mercedes nera che, dopo il sorpasso aveva inopinatamente, forse per l’esplosione di un pneumatico, preso in pieno dopo una serie di sbandate, uno dei pali della luce che si trovavano ai lati della strada. “Fermati Paul, fermati per l’amor di Dio” aveva urlato la ragazza….” Lo sto facendo, maledizione…” aveva soggiunto l’uomo. Paul aveva fermato la sua Volvo facendo urlare i freni, subito dietro l’auto nera per constatare che era praticamente distrutta e tutta accartocciata attorno al palo di cemento che l’aveva completamente sventrata. I due medici, balzati a terra, si erano subito resi conto che l’autista era morto istantaneamente con il torace sfondato dal piantone dello sterzo che aveva fatto scoppiare anche l’air bag di protezione. Il passeggero invece, con una gamba fratturata e con una provabile frattura al cranio era in stato di incoscienza ma ancora vivo disteso sull’asfalto insanguinato. “Vieni a vedere Paul chi è il passeggero….prendigli i documenti mentre io vedo cosa posso fare per aiutarlo” Paul introdusse sollecitamente la mano nella tasca del malcapitato per prendere il portafoglio e leggere sui documenti le generalità e, dopo aver letto nome e cognome dell’uomo, disse a Anne che stava esaminando le condizioni del ferito: ” Sai chi abbiamo per le mani….si tratta nientemeno che di Karl Fillol, il magnate della più grande catena di alberghi dell’Argentina….quello che si dice interessato in questi giorni all’acquisto dell’Hilton di New York.” Anne era ovviamente trasalita per la natura della notizia appena ricevuta ma lo stupore stava veramente per andare alle stelle quando il ferito cominciò a parlare nel delirio dell’incoscienza dicendo con voce debole ma allo stesso tempo chiara:”Bisogna pensare ad ultimare tutti i preparativi….il il giorno….del giud giudizio è alle porte…soluzio….soluzione finale pe…..er Sionisti di tuuuutto il mondo. Il virus deve essere lanciato….solo noi vaccinati…salvi…nuovo mondo sulle ceneri delle razze impure Hadolf Hitler….. dalla grande Germania la razza eletta….dominio mondo nuovo…..” Quanto i due giovani avevano udito aveva dell’allucinante; Anne avrebbe voluto interrogare il ferito per riuscire ad estorcergli altri particolari ma l’uomo dopo aver invocato un’altra volta il nome di Hitler, era spirato. Paul non sapendo ancora nulla delle precedenti vicissitudini che avevano colpito Gloria che lui non conosceva affatto, aveva attribuito quanto aveva udito dal morente ad affermazioni vaneggianti di un moribondo, ma quando aveva visto la faccia stravolta di Anne si era reso conto che le parole pronunciate da Karl, per la ragazza dovevano invece avere, un significato ben preciso. Anne non aveva ancora voluto dire nulla, per lo meno non in quel posto dove potevano essere visti e ascoltati da chiunque……”Paul…..adesso fai esattamente quanto ti dico senza discutere….i passeggeri della macchina sono morti entrambi, noi non possiamo fare più nulla per loro. Adesso è importante, anzi….. estremamente importante e di vitale importanza per noi, che i soccorsi non ci trovino qui…..soprattutto non devono trovare me. Fidati di quanto ti sto dicendo….andiamo via di corsa. Più tardi ti spiegherò tutto, ma per carità andiamocene via.” Paul a questo discorso concitato si era spaventato ma, rendendosi conto che l’amica non stava scherzando, l’ aveva presa per mano, l’aveva quasi trascinata in macchina e si era allontanando rapidamente dalla zona dell’incidente, proprio quando una macchina della polizia stava per sopraggiungere. Poi, trovata una piazzola di sosta accanto ad un centro commerciale illuminato a giorno, Paul aveva detto, ancora scosso da quanto era accaduto poco tempo prima”Adesso voglio sapere, subito e senza reticenze o mezze parole, perché siamo scappati, perché hai paura di qualche cosa che io non conosco e, soprattutto…perché sei tanto sconvolta.” La risposta di Anne non si fece di certo attendere……”Ti avrei detto tutto quanto avevo in mente questa sera stessa al ristorante, avevo chiesti questo incontro con te proprio per spiegarti quanto so su di una misteriosa faccenda e….per chiederti aiuto, anche se quanto volevo riferirti poteva sembrare incredibile anche a me….ma adesso con quanto ci è appena accaduto, sono estremamente sicura che quanto sto per dirti è perfettamente reale e non un sogno “campato in aria”.” Anne aveva riferito a Paul tutto quanto era accaduto a Gloria e a lei negli ultimi tempi e le conclusioni alle quali era arrivata……esisteva senza alcuna ombra di dubbio un vasto piano criminale che stava per essere attuato con lo scopo ultimo di destabilizzare la situazione mondiale, a vantaggio di un qualcuno ancora non ben definito. C’erano i due tentati omicidi attuati ai danni di Gloria, rea di aver visto quello che probabilmente era il primo esperimento della diffusione di un nuovo virus su di una popolazione umana, c’era il misterioso comportamento della famiglia Fillol, apparsa anni prima come dal nulla ed assurta a tanta smisurata potenza….. e c’erano adesso le strane, sconcertanti e terribili affermazioni fatte in punto di morte da Karl. Anche se il disegno che andava delineandosi era quanto meno incredibile, Paul si era immediatamente reso conto che tale disegno poteva almeno in parte essere perfettamente credibile…..era adesso necessario avvertire qualcuno di quanto stava accadendo e, soprattutto, colmare i lati del piano che ancora risultavano oscuri, per riuscire a coglierne appieno la portata ed il pericolo.

CAPITOLO OTTAVO.

In tutti gli aeroporti della Germania, da quelli più grandi a quelli adatti solo ad un traffico amatoriale, trecento aerei verniciati di bianco si erano contemporaneamente alzati in volo. Si trattava di aerei tutti concepiti in origine, per un compito ben preciso……in apparenza appartenevano al tipo di velivolo usato per la disinfestazione dei campi, ma le loro dimensioni in realtà erano quelle di un DC9. Tutti i velivoli erano stati costruiti per la Destiny Corporation, una multinazionale le cui fila erano pero rette da uno dei cinque componenti della famiglia Fillol. Gli aerei ufficialmente erano stati costruiti come una risposta ai problemi che danneggiavano le coltivazioni del terzo mondo……stormi di cavallette, miriadi di erbe infestanti, insetti che si cibavano delle sementi usate per seminare i campi. Ma quelli che si erano levati in volo, per quello che tutti pensavano essere un collaudo di routine, avevano invece un altro compito ben preciso………invece di limitarsi alle previste prove di volo e a spargere nell’atmosfera sopra la Germania della semplice acqua vaporizzata, avrebbero invece rilasciato nell’atmosfera un particolarissimo “vaccino” destinato a proteggere la popolazione tedesca da un qualcosa di cui solo pochi “addetti ai lavori”conoscevano la natura. Solo la razza Ariana in un prossimo futuro avrebbe avuto il diritto di esistere…..le cosiddette razze inferiori, tutte più o meno inquinate dal giudaismo, sarebbero una buona volta scomparse definitivamente o rese schiave.

CAPITOLO NONO.

Farsi ricevere per un appuntamento ufficiale dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale era un compito insormontabile per due poveri medici praticamente sconosciuti…..Nat Wilson, a causa dell’alta carica che deteneva era oberato da una serie di impegni che lo portavano a doversi trovare per tutto l’anno costantemente in viaggio o a strettissimo contatto in continuazione con il suo “capoufficio” alla Casa Bianca. Ma Paul, suo amico di vecchia data, sapeva benissimo che Nat immancabilmente, se solo gli impegni glielo permettevano, il sabato sera era uso “staccare la corrente” e passare una serata di relax in una pizzeria italiana al di la del ponte di Brooklin. Ovviamente non era mai da solo…..tra guardie del corpo e gorilla vari, avvicinarlo non era affatto facile….ma Paul sapeva benissimo come fare per farsi invitare al suo tavolo. Difatti era a lui che i due medici avevano deciso di rivolgersi per avere aiuto e consiglio….lui appariva l’unica persona in grado di fare qualcosa per evitare la catastrofe che si stava incredibilmente delineando. Entrambi il sabato successivo si erano preparati per l’incontro: Paul si era messo un abito scuro che gli calzava a pennello e Anne aveva indossato un abito blu cortissimo che le fasciava deliziosamente il corpo, lasciando abbondantemente scoperte le gambe ben tornite. Senza dubbio formavano una coppia bella e distinta. I due avevano atteso l’arrivo della limousine scura che era stata preceduta da un paio di macchine con a bordo la scorta del Consigliere. La loro presenza davanti al locale era stata notata dai “gorilla” che insospettiti, erano stati sul punto di allontanarli. Ma quando il Consigliere aveva messo piede giù dalla macchina, Paul lo aveva chiamato per nome a voce alta.”Nat…..inviteresti a cena un vecchio amico e la sua bella compagna?” Nat, giratosi di scatto, aveva visto benissimo chi lo aveva chiamato…..sempre circondato dai suoi scagnozzi, con una grande risata gli aveva calmati, dicendo che i due erano persone della massima fiducia e che inoltre sarebbe stato felice di invitarli, come richiesto dai due medici al suo tavolo. Nat adorava passare quelle poche ore del sabato sera da solo o in compagnia….. a lui era necessario, almeno una volta ogni tanto, sentirsi un po’ come tutti gli altri mortali……desiderava solo mangiare una buona pizza dimenticando almeno per un paio di ore i problemi che lo assillavano in continuazione…..ma questa volta, quella che prometteva di essere una serata rilassante, si sarebbe trasformata in un altro degli incubi senza fine che gli avvelenavano le giornate di lavoro. Nat non lo aveva mica desiderato il posto di prestigio che occupava…..si era semplicemente trovato al posto sbagliato, nel momento meno opportuno e per la sua onestà e competenza e a causa dell’amicizia di vecchia data che aveva con il Presidente, si era trovato invischiato in un qualche cosa che odiava e che non aveva mai desiderato. Ma ormai era in ballo ed era necessario…… ballare. Dopo i convenevoli di rito e dopo aver detto ad Anne che più passava il tempo più diventava sexi ed attraente, Paul cominciò la difficile opera di mettere al corrente l’amico di quanto lui stesso sapeva e….stentava ancora a credere.”Adesso Nat, ascolta quanto sto per dirti…..premetto che purtroppo non si tratta affatto di uno scherzo, so quanto sei impegnato e quanto”tieni” a queste poche ore di relax che ti concedi e che io sono sul punto…di rubarti ma, ti prego, ascolta e non interrompermi fino a quando io non abbia finito di spiegarti tutto” E Paul cominciò con calma e con voce pacata a spiegare quanto i due medici sapevano e di cosa avevano paura che stesse per accadere. Non ci volle molto per mettere al corrente Nat di tutto…..Il Consigliere era troppo intelligente per ribattere subito a quanto gli veniva spiegato….tutta la faccenda gli sembrava di primo acchito inverosimile ma i fatti….erano fatti ed inoltre conosceva troppo bene Paul per pensare che il medico volesse raggirarlo o che potesse aver preso un abbaglio. Certo che sentire parlare ancora di Hitler, della razza Ariana, di una “Soluzione Finale a carattere globale”….era duro da digerire, ma Nat era per fortuna al corrente di una faccenda di cui ne Anne, ne Paul potevano sapere qualche cosa……. di quanto l’anno prima era accaduto al “Montana” un sommergibile nucleare Americano e al Capo di prima classe Wilson che era stato l’unico superstite del battello ad essere tornato a casa. Wilson era stato nello stesso tempo testimone ed attore in prima persona di una tragedia solo sfiorata, ordita dai vertici Nazisti prima della fine della seconda guerra mondiale. Wilson era riuscito da solo a sventare una tragedia che stava per colpire il genere umano e a far ritorno a casa a bordo di un U Boat che era riuscito a rimettere in grado di navigare. Tutto quanto era stato preparato da delle menti malate e fanatiche per il futuro dominio del mondo, da parte di personaggi vomitati dall’inferno, per fortuna era stato limitato ad una grossa esplosione nucleare che aveva vaporizzato un’isola sperduta nell’oceano Atlantico……nessuno era stato messo al corrente di nulla ad eccezione del governo Russo, a cui si era dovuto spiegare per forza di cose, la natura dell’esplosione nucleare avvenuta sull’isola…..tutto era stato abilmente messo a tacere. Nat sapeva inoltre come Wilson aveva rivelato a lui ed a pochi altri, del giuramento finale di Hitler in cui si profetizzava l’ineluttabile futura scomparsa dal mondo del Giudaismo. “Venite tutti e due con me, al diavolo la pizza……andiamo alla Casa Bianca dove potremo parlare e organizzare quanto sarà necessario fare.””Ma, Nat……come mai credi a questa storia pazzesca che ti abbiamo raccontato così…..subito e senza fare obiezioni………sai forse qualche cosa che noi non conosciamo?” disse Paul all’amico……”Venite che ne parliamo nel mio ufficio dove vi racconterò tutto….ma facciamo presto, per carità…..che non c’è assolutamente tempo da perdere!”

CAPITOLO DECIMO.

A Buenos Aires, intanto, la morte di Karl nell’incidente automobilistico, era stata “digerita” come un intralcio di nessun conto…..ormai mancava poco alla data fatidica, i preparativi più importanti portati a termine e la mancanza improvvisa di uno dei componenti della famiglia Fillol, anche se seccante, non poteva essere certo di ostacolo al maturare degli eventi. Si era preso atto con grande soddisfazione, del successo del progetto di “vaccinazione” forzata dell’ancora inconsapevole popolazione tedesca, primo fondamentale passo per l’edificazione del nuovo mondo veramente e completamente”Ariano”. Poco meno di tre mesi dopo, il terribile virus sarebbe stato diffuso ai quattro angoli del mondo, prima solo in Israele…tanto per potersi godere in prima fila il definitivo sterminio di tutti gli ebrei dello stato sionista, poi un po’ ovunque. Nel giro di un mese di tutta la popolazione terrestre sarebbe rimasta solo quella residente in Germania all’atto della Vaccinazione effettuata dagli aerei. Sarebbero rimasti in vita ovviamente i componenti la famiglia Fillol e quanti loro avessero deciso che potevano essere utili per la loro causa. Il personale preposto allo spargimento del virus sarebbe partito in aereo fra due mesi e si sarebbe tenuto pronto per dare inizio all’apocalisse. Intanto in una villa immersa nel verde, a cento chilometri dalla città, un uomo studiava in continuazione tutto quanto colui da cui era stato clonato, gli aveva lasciato in eredità….scritti, discorsi alla Nazione Tedesca, filmati risalenti agli anni quaranta…..il nuovo Adolf Hitler, nel fiore della sua età migliore, imparava ad essere di nuovo…..se stesso. Quando l’U 917 era arrivato con successo nello specchio d’acqua prospiciente a Belo Orizzonte, il Fuhrer ed i suoi due accompagnatori erano stati fatti scendere dal battello, di nascosto da tutto l’equipaggio, che era rimasto confinato a bordo del sommergibile per il tempo necessario allo sbarco dei tre personaggi. Uno stanchissimo Hitler era stato accompagnato in una piccola costruzione isolata e li era stato alloggiato per il poco tempo che gli rimaneva da vivere. Il giorno dopo era stato raggiunto dal Dottor Menghele, da colui che nei campi di sterminio nazisti era stato conosciuto come il “Dottor Morte”. Menghele non si era recato li per cercare una improbabile cura per il Fuhrer morente ma per fare in modo di poterne “tramandare” le sue peculiari caratteristiche genetiche. Il medico tedesco non era ancora ovviamente all’epoca in possesso delle conoscenze e delle attrezzature che gli avrebbero consentito di “clonare” il Fuhrer o di impiantare i suoi spermatozoi negli ovuli di donne compiacenti…..ma aveva compreso che ciò un giorno non lontano sarebbe stato possibile e….aveva agito di conseguenza. Aveva agito in modo tale che un giorno non lontano, la discendenza del Fuhrer e la sua “replica”sarebbero state una cosa possibile ed attuabile. Hitler il venti dicembre 1945 si era accomiatato da questo mondo durante un accesso di rabbia, mentre si immaginava di comandare una volta di più dei generali che ormai esistevano solo nella sua mente malata e le sue ceneri erano state portate da uno yact della famiglia Fillol fino all’isola sull’Atlantico. Dieci anni dopo, i primi esperimenti di fecondazione artificiale, condotti pionieristicamente da Menghele, avevano dato i loro frutti e, la progenie del dittatore tedesco, nata da cinque donne selezionate tra quelle di più “pura razza ariana”, era finalmente venuta alla luce. A sua disposizione, per cominciare la “scalata sociale” e per fondare un nuovo impero economico…..ci sarebbe stato l’immenso tesoro razziato negli anni a mezza Europa, che due U Boat, prima della fine del conflitto, avevano trasportato sulle coste del paese sudamericano. Ma il progetto così com’era non era tuttavia ancora completo…..mancava ancora colui che avrebbe dovuto prendere in mano le redini del “ nuovo ordine mondiale” che stava per sorgere, colui che aiutato da Goebbels e Himler, risorti dal loro lungo sonno….avrebbe dovuto far trionfare, e questa volta per sempre, il Nazionalsocialismo. Il momento era finalmente venuto alla fine degli anni novanta…..gli scienziati nazisti in Argentina, discepoli di Menghele, avevano clonato in laboratorio il nuovo Fuhrer e con tecniche avanzatissime erano riusciti a “farlo nascere” non bimbo in fasce ma uomo maturo che dimostrava la stessa età che aveva Hitler dieci anni prima di quando era stato nominato Cancelliere del Reich. A questo avevano portato i mostruosi esperimenti che il Dottor Morte aveva incominciato nei campi di concentramento…..questo e solo questo era lo scopo finale a cui per anni si erano dedicati gli ultimi scienziati Nazisti….Questo era il folle disegno che stava sempre più prendendo forma, disegno articolato in due “mosse” ben diverse separate e sopratutto indipendenti e non complementari l’una con l’altra: la prima avrebbe previsto uno scenario apocalittico ottenuto dalle tre esplosioni nucleari che avrebbero dovuto colpire Mosca New York e Londra, la seconda alternativa al fallimento della prima, sarebbe scattata con la “semina” del mortale agente patogeno.

CAPITOLO UNDICESIMO.

In uno degli uffici adiacenti la Stanza Ovale, Nat aveva fatto accomodare con la massima sollecitudine i due medici….Paul e Anne erano rimasti sbalorditi dal fatto che il Consigliere avesse subito accettato per buono, senza discutere quanto ai due medici risultava invece per nulla scevro da dubbi e perplessità. “Si vede che lui conosce qualche cosa di cui noi siamo ancora all’oscuro”Disse Paul sottovoce”E aveva perfettamente ragione. Nat aveva esordito csubito con un tono di voce chiaro ma nello stesso tempo estremamente calmo e pacato, come a voler sottolineare la solennità del momento e l’importanza di quanto si apprestava a rivelare:”Quanto sono sul punto di raccontarvi, è ovviamente da considerare assolutamente segreto….solo una ventina di persone in tutto il mondo sono state messe al corrente di quanto vi dirò adesso”…..Nat impiegò una mezz’ora abbondante per mettere al corrente i due di quanto Wilson aveva portato alla luce e di quanto vicini si fosse arrivati, così poco tempo prima, ad un olocausto nucleare. Paul e Anne erano sbalorditi…adesso capivano perfettamente perché Nat avesse gli avesse immediatamente creduti e si stessa dando tanto da fare senza porre obiezioni di sorta. La sera stessa, il Presidente degli Stati Uniti era stato messo al corrente di tutta la faccenda da Nat….il capo di stato era ovviamente al corrente di quanto era accaduto sull’isola in mezzo all’Atlantico e aveva dato immediatamente “carta bianca” al suo collaboratore più stretto senza alcuna esitazione promettendo inoltre tutto l’appoggio che sarebbe stato necessario per venire a capo dell’intricata faccenda. I due avevano definito una serie di priorità ben precise divise in vari punti fermi: Primo….era necessario da subito richiamare nel massimo segreto Gloria dal Polo Sud, riunirla a Paul e Gloria ed istituire per i tre un adeguato ed accuratissimo “piano di protezione”; secondo bisognava coinvolgere il “Mossad”, in modo tale che i Servizi Segreti Israeliani, che già in passato erano riusciti con successo a trasportare criminali di guerra tedeschi dal Sudamerica ad Israele, potessero mettere le mani su un componente della famiglia Fillol….e farlo parlare, in modo da poter acquisire in toto, tutte le informazioni fondamentali necessarie, per comprendere a fondo la minaccia che si stava preparando e, di conseguenza per poter procedere ad una adeguata difesa. Il giorno dopo, quanto era stato deciso veniva prontamente messo in pratica…..i tre scienziati nel giro di ventiquattro ore erano stati confinati in una sicura base di Marines in Alabama, da dove non si sarebbero più mossi fino alla conclusione della crisi e dove nessuno gli avrebbe mai potuti trovare, poi Nat aveva convocato l’ambasciatore israeliano nella Sala Ovale ad una riunione urgente alla presenza del Presidente. Si era deciso di coinvolgere Israele per due motivi ben precisi….il primo era che l’odio di Hitler e la sua ultima promessa di morte era stata indirizzata una volta di più verso il popolo ebraico, il secondo era che il Mossad era il servizio segreto migliore del mondo. “Caro, Ishak….qui serve urgentemente il tuo aiuto…..” Così aveva esordito il Presidente rivolto al diplomatico del paese amico. Convincere l’ambasciatore non era stato così facile come avevano creduto e per riuscire ad ottenere la collaborazione sperata fu necessario mettere di nuovo in piazza tutta la verità su quanto si sapeva sulla incombente minaccia e su quanto era già accaduto in precedenza.

CAPITOLO DODICESIMO.

Dik Ford, era crollato nel mondo dei sogni, dopo una serata dedicata a rinvangare , con i suoi ex compagni di corso, vecchi ricordi del periodo passato assieme alla scuola dell’F.B.I. Da allora erano passati quasi vent’anni e le loro strade si erano divise: il suo amico Victor aveva fatto strada tra i “Federali” ed era diventato il direttore di Scienza del comportamento a Quantico, Maddalena, la dolce compagna di corso che con la sua presenza aveva allietato gli anni di apprendistato di Dik, era invece diventata una giornalista di punta del New York Times, lui invece aveva abbracciato la difficile carriera di agente speciale del controspionaggio. Dik, per lunghi anni, aveva condotto un’esistenza sempre sul filo del rasoio, rischiando la vita in prima persona in svariate occasioni….ma infondo era un tipo di vita a cui lui si era adattato benissimo grazie al suo carattere che sembrava essere scanzonato in apparenza ma invece dimostrava di essere di una tempra ferrea.
Erano appena le otto del mattino quando il telefono cominciò a far sentire la sua sgraditissima voce…….Dik dal giorno dopo, si sarebbe dovuto godere una quindicina di giorni di ferie arretrate e aveva programmato la sera prima che ……avrebbe cominciato il suo meritato riposo con una “dormita” di quelle da tramandare ai posteri. Ma il destino come al solito, aveva deciso altrimenti……al telefono, dall’altra parte di Boston….c’era niente meno che il “grande capo” in persona che, come sua peculiare abitudine, al telefono urlava come se si dovesse far udire da tutta la popolazione della città. Il “Direttore” era in realtà una persona estremamente pacata e affabile….era in grado con la sua parlantina fitta e con la sua voce suadente, di convincere anche il marito più intransigente….che la suocera più carogna era in realtà la sua migliore amica, ma al telefono, il Direttore si trasformava per sua natura, una belva urlante, capace di perforare il timpano a qualunque malcapitato lo stesse ascoltando. Non ci poteva per Dik essere un risveglio più amaro ed indesiderato….il Direttore non gli aveva certo telefonato il suo primo giorno di ferie per informarsi se lui Dik Ford…..avesse fatto o meno dei bei sogni. Dik non lo era nemmeno stato ad ascoltare più di tanto……sentirsi urlare negli orecchi di prima mattina quando aveva ancora gli occhi impastati di sonno, non era proprio cosa….per cui, sapendo benissimo che non aveva altra alternativa e conoscendo da anni il grande Capo, si limitò a uggiolare nella cornetta una sola frase, prima di sbatterla giù con violenza”Vengo subito !”
Dopo un ragionevole lasso di tempo, Dik varcava finalmente la porta che dava nell’anticamera del Direttore. Costui era un personaggio di spicco nell’intelligenze della Nazione, si era guadagnato il posto che occupava sul campo e, per arrivare dove era arrivato, non aveva mai chiesto aiuti o raccomandazioni a nessuno. Il suo nome era Walter Custer ed era considerato una delle menti più “raffinate ed intriganti” di tutti gli States. Prima di varcare la porta dello studio del Capo, Dik si era soffermato, come faceva sempre, per qualche secondo a scambiare un paio di battute salaci con Sandra, la segretaria del Direttore “ Certo che se invece di essere stato svegliato dalle urla belluine di chi sai tu……i miei occhi si fossero aperti sul magnifico spettacolo del tuo bellissimo sedere nudo…..” e, subito dopo l’uomo dovette abbassarsi di scatto per evitare la scarpa con tacco appuntito che la bella ragazza gli aveva lanciato contro accompagnata da una serie infinita di”Vecchio porco….non la finirai mai di conturbare una povera ed innocente creatura !”….ma il sorriso che splendeva radioso sul viso della giovane faceva capire che nonostante il ….lancio, lei era stata come al solito volentieri allo scherzo. Ma all’ingresso della stanza del Capo. Dik si rese subito conto che c’era qualche cosa che non andava di molto grave….“Siedi e ascolta bene quanto sto per dirti” Custer di solito amava arrivare al nocciolo della questione, con una certa leziosa lentezza, girandole intorno e mettendo mano ai vari problemi che si presentavano snocciolandoli un po’ alla volta. Ma questa volta….no, anche la faccia del suo superiore non invitava certo Dik all’ottimismo…….”Questa dunque è la situazione, anzi quel poco che sappiamo…..il resto si può solo intuire a grandi linee.” Concluse il Direttore, dopo aver esposto i fatti. “ Non sappiamo assolutamente il genere e la portata della minaccia che incombe su tutti noi, ma i precedenti accaduti sull’isola dell’Atlantico e la esplicita minaccia pronunciata da quel computer manovrato da menti malefiche….fanno veramente paura e danno a tutti noi molto da pensare.” “Immagino che il mio compito sarà quello di indagare” Disse Dik, “penso che, per prima cosa, sarà indispensabile puntare direttamente a catturare in qualche modo uno dei quattro componenti rimasti della famiglia Fillol……e riuscire a qualsiasi costo a farlo cantare. Non ci si può assolutamente in questo caso accontentare di trovare altri personaggi di secondo piano…..ci vuole assolutamente qualcuno che abbia una visione completa di tutta l’operazione che ci minaccia tutti” “Ed è per questo” Continuò Custer,” che ho deciso di affiancare a te un espertissimo agente del Mossad….uno di quelli elementi che ha contribuito in prima persona a stanare e trasferire in Israele gli ultimi criminali di guerra Nazisti.” Detto ciò una bellissima donna fu introdotta nella stanza…..era di una bellezza mozzafiato, alta un metro e settanta, con una figura snella ma ben proporzionata e con due occhi azzurri che parevano due stelle. Mia, così si chiamava, poteva avere si e no una trentina d’anni ed era sul campo da un periodo molto lungo. Dik aveva senza dubbio molti pregi….ma difettava da sempre in tatto e diplomazia e stentava a volte a tenere la bocca chiusa….appena entrata la donna, gli scappò difatti detto:”Ma mi state mandando in missione o….in vacanza premio???”” In vacanza….non credo proprio che ci stiano mandando” Ribattè prontamente Mia….….”.Per quanto riguarda il resto le posso dire che il premio per me sarebbe lavorare e non sentire sparare cazzate da colui che dovrebbe guardarmi le spalle e….non, con tanta evidente insistenza il sedere!”Dik…..si era subito reso conto di due cose…..la prima era che aveva toppato, la seconda che aveva certamente a che fare con un bel peperino. Per cui, si scusò subito per la sua esuberanza assolutamente fuori luogo e si mise ad ascoltare con la massima attenzione, quanto gli veniva spiegato. Era stato programmato che i due sarebbero partiti la sera stessa in un aereo riservato per l’Argentina, il Mossad aveva gia individuato colui che sembrava tra i quattro Fillol, il meno difficile da abbordare….il resto era totalmente lasciato nelle loro mani. Ci voleva una organizzazione incredibile per portare a compimento una tale missione: era necessario riuscire a rapire il personaggio in questione, farlo “cantare”e, soprattutto….. fare in modo di fargli dimenticare l’accaduto e….rimetterlo in circolazione senza che nessuno si fosse reso conto i quanto era successo. Oltre a tutto non si trattava di avere a che fare con un barbone che dormiva sotto ai ponti….ma di una delle persone più in vista di Buenos Aires, che si spostava sempre scortato da addestratissimi gorilla. Sarebbe stato necessario agire con la massima astuzia ed essere aiutati dalla dea fortuna.


CAPITOLO TREDICESIMO.

Dik si era reso conto che aveva a che fare con una compagna estremamente “calata” nel suo ruolo e aveva di conseguenza anche lui assunto un comportamento assolutamente professionale. Tuttavia, stranamente, per la prima volta in vita sua, si sentiva vivamente attratto da quel corpo di donna tanto sensuale e, ancora di più se possibile, da quegli occhi magnetici. La sera mentre si apprestavano a recarsi a cena, aveva colto nello sguardo della giovane una inconsueta e assolutamente imprevedibile dolcezza nell’espressione del volto quando una bimba al massimo di tre anni, le si era avvicinata per caso….. uno sguardo che l’aveva turbato moltissimo. Dik non era per nulla abituato a “vedere” nelle donne che era abituato a conquistare, caratteristiche di un certo genere…..a lui bastava che la sua preda fosse carrozzata adeguatamente e disposta solo e semplicemente ad un”rapporto mordi e fuggi”. Ma questi erano pensieri ed argomenti che per ora dovevano fatalmente essere messi da parte…..in gioco c’era ben altro e Dik nel lavoro era un vero professionista. Ovviamente Hadolf Fillol era già stato, dagli agenti del Mossad in Argentina, messo sotto stretta sorveglianza, ma con la più grande discrezione, per cercare di carpire il momento in cui si sarebbe potuto “tentare il colpaccio”. Nei suoi spostamenti Hadolf era assolutamente inattaccabile…..a casa, una megavilla al centro della città, nulla era possibile tentare data la presenza di guardie armate, cani feroci e di sofisticati servizi di allarme….l’unico spiraglio che dava a Dik e Mia un po’ di speranza era un vizietto segreto che Hadolf teneva ben nascosto anche ai componenti della sua famiglia ma che gli agenti del Mossad avevano subito scoperto

CAPITOLO QUATTORDICESIMO.

In una tenuta in mezzo alla pampas, a duecento chilometri da Buenos Aires, Colui da cui sarebbe dipeso il futuro del destino dell’umanità, continuava da tanto, tantissimo tempo a studiare ed a prepararsi per il compito cui era stato destinato dal fato. Aveva avuto fin dal momento della nascita, impiantate nella mente le cognizioni fondamentali su chi era e su che cosa avrebbe dovuto fare in futuro…….Un giorno si era alzato all’improvviso dal”bozzolo” in cui era stato fatto crescere a ritmo accelerato, dopo che tutto il suo essere era stato clonato dalle cellule di colui che non era più….sapeva chi era ma non sapeva ancora che cosa avrebbe dovuto diventare. Gli era allora stato insegnato tutto……aveva studiato a memoria il Mein Kanf, aveva assorbito, o almeno così credeva, l’odio verso il giudaismo internazionale e il comunismo, aveva imparato a disprezzare le razze inferiori, aveva capito che la razza ariana un giorno non lontano per merito suo avrebbe dominato incontrastata il pianeta. Lui Adolf Hitler….era pronto ormai a tornare per dominare il mondo.Ogni minimo particolare della vita del suo predecessore gli era stata inculcata in mente, ogni ricordo….tutto! I suoi discorsi alla Nazione Tedesca, i suoi disegni, la sua fuga dalle rovine di Berlino, i suoi intenti….tutto. Ma nonostante ogni cosa fosse stata programmata nei minimi particolari, nonostante ogni situazione fosse stata prevista…..qualche cosa nelle sinapsi del suo cervello, non aveva funzionato come previsto. Lui sapeva come avrebbe dovuto comportarsi e quello che avrebbe dovuto fare…..ma stranamente lui si domandava perché avrebbe dovuto farlo….e se lui era veramente chi credeva di essere. Qualche cosa nei recessi più nascosti della sua mente, non accettava completamente l’odio mostruoso che aveva pervaso colui da cui era nato…..ad un cero punto della vita, un qualche cosa nella mente di Hitler, per una svariata serie di motivi, era scattato….dando origine a quell’odio viscerale per il popolo Ebreo che era culminato nella “soluzione Finale”…..il resto, il desiderio di dominio su tutto e su tutti era solo una conseguenza a questo fattore scatenante. Nella mente del suo successore….questo fattore scatenante, invece non era mai scattato. Lui sapeva benissimo cosa avrebbe dovuto fare, sapeva a quale compito era stato destinato dal fato…..lui era Adolf Hitler….ma in realtà non lo era per nulla. Lui in realtà era privo della scintilla iniziale dell’odio che aveva spontaneamente pervaso il dittatore nazista….e si domandava sempre con maggiore insistenza, il perché avrebbe dovuto agire in modo tale da arrecare tanti lutti e tanta rovina. Era si trascinato anche lui dal desiderio di rendere grande il suo popolo, di cui si sentiva facente parte…..ma ogni qualvolta si soffermava a pensare a quale prezzo e con quanti morti la tanto agognata gloria sarebbe arrivata…..si sentiva quasi mancare. Essendo poi esente dall’odio che aveva pervaso il Fuhrer, si sentiva invece sconvolto ogni volta che pensava ai sei milioni di Ebrei sterminati da quell’uomo di cui lui avrebbe dovuto seguire le orme. Aveva tenuto per ora tuttavia per se tutti questi pensieri…..aveva compreso benissimo che esternarli a qualcuno avrebbe voluto dire fare scoprire che lui non era forse in grado di compiere quanto si aspettava che facesse.

CAPITOLO QUINDICESIMO.

Ad Hadolf Fillol, erano da sempre piaciute moltissimo le prostitute…..non ovviamente quelle da strada, lui poteva permettersi ben altro, ma quelle che si potevano trovare nei bordelli di lusso. Per la sua particolare posizione sociale e ancor più per il progetto che lui stesso aveva contribuito a far nascere prima e a far sviluppare poi…..doveva fare moltissima attenzione su chi frequentava. Per ciò si limitava a frequentare per un paio di volte la settimana, ad orari che non erano mai gli stessi, un unico bordello di cui la tenutaria conosceva ormai da anni. Li le ragazze non erano mai le stesse, tutte bellissime ragazze europee che “lavoravano” li per un paio di settimane al massimo, assicurando una continua “variazione sul tema” ai facoltosi clienti più assidui.
Dik aveva atteso con pazienza estrema il momento opportuno per agire, aveva atteso la prima delle due visite previste nell’arco della settimana e poi……facendo praticamente ricattare la tenutaria, aveva introdotto nel locale una ragazza agente del Mossad e Mia. Mentre la ragazza si sarebbe comportata come tutte le altre all’interno del bordello, facendo per intero il proprio dovere con i clienti per non destare sospetti, Mia era stata messa al bar con l’incarico teorico di mescere da bere agli avventori, ma con il compito di tenersi pronta a quanto sarebbe dovuto accadere. Convincere la tenutaria a collaborare….non era stata una faccenda affatto semplice, ma alla fine…aveva forzatamente accettato, con la allettante prospettiva di ricevere una forte somma in denaro, con la consegna di un biglietto aereo di prima classe per le isole Havhai e le chiavi di una casetta del luogo dove avrebbe potuto ritirarsi in santa pace a vivere gli anni che le rimanevano. Prima però…..avrebbe dovuto aiutare Dik la agente del Mossad e Mia a fare quanto dovevano. Il venerdì ecco scattare la trappola: Hadolf era arrivato davanti al portone con la consueta anonima macchina nera, era accompagnato da un’unica guardia del corpo che per l’occasione fungeva anche da autista e che aveva atteso come al solito in macchina il ritorno del capo. “Ciao Hadolf…..come stai?….ti vedo teso questa sera” Aveva detto la tenutaria al vecchio cliente.”questa sera avrei una ragazza nuova da proporti…..semplice, tranquilla….ma nello stesso pronta a darti tutto quanto le vorrai chiedere””Grazie Simona…..è un periodo molto difficile per me e un po’ di relax non potrà farmi che bene”Rispose l’uomo girando attorno lo sguardo.” No, No….non la troverai mai la ragazza qui”Aggiunse ridendo la tenutaria”” la troverai già in camera che ti aspetta…..nella solita camera, quella che ti riservo sempre” “Grazie Simona…..senza di te non saprei come fare”Concluse Hadolf con un vago sorriso stampato in volto, avviandosi al piano superiore. In camera tutto era pronto e la trappola stava per scattare….Appena entrato nella stanza, l’uomo vide solo il bellissimo corpo di una donna completamente nuda che sembrava attenderlo distesa sul letto. Come ogni volta Hadolf si soffermò a rimirare minuziosamente il corpo di colei che per qualche ora sarebbe stata oggetto dei suoi desideri, faceva parte del “suo consueto rituale”, come il fatto di sorbire prima di spogliarsi a sua volta, un bicchierino di cognac. Ma questa volta….prima di poter mettere le mani su quel giovane corpo a sua completa disposizione…..avrebbe dovuto, anche se inconsapevolmente, pagare un prezzo, molto molto alto. Il liquore infatti conteneva un narcotico molto particolare….era uno degli ultimi ritrovati miracolosi della “farmacia” del Mossad. Il narcotico agiva praticamente istantaneamente senza dare assolutamente il tempo alla vittima designata, di accorgersi che stava venendo meno e, ad effetto finito, non lasciava alcun postumo, non consentendo alla vittima, di rendersi conto di quanto le era accaduto. Hadolf nel giro di pochi attimi si era ritrovato disteso nel grande letto…..subito Dik e Mia erano entrati di soppiatto nella stanza mentre la ragazza si sistemava in un angolo osservando quanto stava accadendo e riprendendo con una piccola telecamera la scena che si stava svolgendo davanti ai propri occhi.” Presto Mia….fagli l’iniezione….abbiamo solo trenta minuti di tempo” “Certo….ecco fatto. Aspetta due minuti da questo momento e poi….potremo chiedergli tutto quanto sa su quanto ci interessa.” L’effetto dell’iniezione era stato sbalorditivo….con la volontà completamente annullata Hadolf aveva spiegato in tutti i macabri particolari quanto stava per accadere al genere umano….dalla terribile epidemia che sarebbe stata provocata, alla venuta di un nuovo Fuhrer che avrebbe governato su di una nuova razza sulle ceneri del mondo. Nomi, date, luoghi…..tutto era stato ascoltato e registrato. Dopo venticinque minuti, Dik e Mia si erano allontanati dalla stanza, felici per essere riusciti nel loro intento ma angosciati per la drammatica natura di quanto avevano saputo. Dopo esattamente mezz’ora….Hadolf si era risvegliato di colpo tra le compiacenti braccia della ragazza che stava alacremente “dandosi da fare” su di lui…..a parte la sensazione passeggera di uno strano capogiro…..L’uomo non si era assolutamente reso conto di nulla……

CAPITOLO SEDICESIMO

Il Presidente, avvertito da Nat di quanto si stava preparando per il futuro del mondo, aveva convocato nel segreto della Sala Ovale, Nat stesso, Custer Dik e Mia. Bisognava trovare una soluzione e farlo anche alla svelta.”Avevo pensato” disse il Presidente”di far arrestare all’improvviso i quattro componenti della famiglia Fillol…..ma per far ciò avrei dovuto avere l’autorizzazione del presidente argentino…..ma questo, dato i legami strettissimi che costui ha con i Fillol, risulta purtroppo impossibile. Farli rapire o….ucciderli tutti e quattro nello stesso tempo, purtroppo non è cosa semplice, se uno solo di loro si accorgesse che noi siamo al corrente di tutto, potrebbe dare inizio all’apocalisse in anticipo sui tempi….per cui, provate un po’ voi a darmi delle alternative valide o per lo meno delle idee.” “Certo Signor Presidente….lei ha perfettamente ragione” disse Nat…..”La situazione purtroppo sembra apparentemente senza via di uscita…eppure qualche cosa bisognerà pur fare, c’è il destino del mondo in gioco!” Dik, fino a quel momento era rimasto completamente silenzioso, ma all’improvviso si alzò in piedi e passeggiando su e giù per la stanza cominciò a dire”Avete tutti quanti perfettamente ragione….la situazione appare veramente disperata, però, ricordatevi bene, che noi abbiamo un unico vantaggio, che con un po’ di fortuna potrebbe far volgere la situazione dalla nostra parte: Loro non sospettano assolutamente che noi siamo informati di tutto….non ne hanno la più pallida idea. I Fillol stanno tessendo la loro tela completamente ignari che qualcuno abbia intenzione di intralciare i loro disegni.” “E’ assolutamente vero Signor Dik…..” soggiunse il Presidente” Questo è l’unico elemento che per adesso noi abbiamo a favore…..tutto sta che è fondamentale crearne assolutamente degli altri. Ci vuole in pratica un valido piano per contrastare quello apocalittico dei Fillol ed è necessario trovarlo subito.”

CAPITOLO DICIASSETTESIMO.

Il potere su quanto sarebbe rimasto del mondo…..il dominio della razza ariana su un mondo da occupare al posto di tutti quanti quelli che sarebbero morti….la grandezza futura di un popolo eletto e la vendetta finalmente compiuta a carico dei popoli che avevano combattuto, e non avevano compreso, la purezza dell’ideale NazionalSocialista. Era tutto ciò una droga inebriante, sapendo inoltre che era stato proprio lui, Hadolf Hitler ad aver voluto in passato la realizzazione di questo sogno di infinita grandezza e sapendo benissimo che lui, Hadolf Hitler, era colui che sarebbe stato l’erede incontrastato….di se stesso. Ma lui…..era veramente quella stessa persona che era sfuggita al destino a bordo di un sommergibile? Lui era certo attirato irresistibilmente da quel destino di grandezza e di gloria a cui il fato sembrava averlo destinato…..ma la sorte a cui il suo disegno avrebbe irrimediabilmente condannato miliardi di persone….questo non lo lasciava dormire e lo angustiava in modo particolare. Aveva cercato di convincere se stesso che si trattava solo di razze inferiori o addirittura di “sottouomini” come quasi tutti gli abitanti dell’Africa nera…..ma erano sempre esseri umani e più passava il tempo, più capiva che non sarebbe stato in grado di consentire una simile mostruosità. Ma come aveva fatto il suo precedente se stesso ad ordire un simile disegno ai danni dei suoi simili? Il fatto era, che avanti così lui non poteva andare….doveva scegliere al più presto e una volta per tutte, se seppellire definitivamente i suoi scrupoli e tirare diritto facendosi invischiare nelle inebrianti spire del potere assoluto…….o rinunciare e dare un impensabile taglio a tutto.

CAPITOLO DICIOTTESIMO.

Tre giorni dopo, le medesime persone si erano ritrovate di nuovo al cospetto del Presidente per esporre un piano d’azione che si sperava sarebbe riuscito ad interrompere lo scatenarsi del folle progetto. Dall’interrogatorio cui Hadolf Fillol era stato sottoposto, Dik ed i suoi compagni erano venuti fortunatamente a conoscere ogni particolare del piano diabolico…….restava da concordare un piano di azione che fosse in grado di arrestare il piano prima della data del suo inizio. Si era saputo che tutto sarebbe cominciato da li a un mese e mezzo……prima di tutto un certo numero di agenti preventivamente vaccinati avrebbe diffuso, come dei moderni “untori” il micidiale virus in tutto il mondo…..solo Israele avrebbe avuto un trattamento diverso….per lui infatti tutto sarebbe cominciato una quindicina di giorni prima….tanto da far vedere a tutto il mondo la sorte cui era destinato il popolo ebraico…poi sarebbe toccato a tutti gli altri. Nel giro di un paio di mesi, tutto si sarebbe concluso…..solo la Germania sarebbe sopravissuta assolutamente indenne e quei poveri superstiti, uomini e donne sparsi nel mondo, che in qualche modo si erano salvati, avrebbero potuto “tornare utili” come schiavi, al nascente potere del risorto NazionalSocialismo. Poi, lentamente, un po’ alla volta, la grande razza eletta avrebbe preso possesso, guidata dal nuovo Fuhrer, del resto del mondo, trasformando nel corso degli anni quella che era stata un’utopia….nella nuova e immortale realtà. Alla Casa Bianca intanto il Presidente aveva delle novità da proporre…..e non erano notizie buone……”Visto e considerato che un piano sicuro per evitare il disastro che incombe su di noi ancora non esiste, Nat ed io abbiamo preso in considerazione una serie di provvedimenti, assolutamente”disperati” da mettere in pratica una volta che ci ritrovassimo definitivamente con le mani legate e con le spalle al muro….guardate bene, cari signori, che quanto sto per dirvi non è per nulla una pazzia, e che per quanto possibile le conseguenze sono state da me e dal mio consigliere, perfettamente valutate nella loro inevitabile tragicità. Come apprenderete tra poco, si tratta, lo ripeto per l’ennesima volta, si di un piano disperato e carico di incognite e purtroppo di molti, moltissimi morti innocenti…..ma, se non si troverà un’alternativa, la soluzione che propongo, permetterà con il sacrificio di tanti….la sopravvivenza di molti molti di più.””Non vorrà mica…..”stava quasi urlando Dik balzando all’impiedi. ”Silenzio e…ascolti fino alla fine ”Sbottò il Presidente.” “ Quanto sto per dirvi non è certo una decisione facile da prendere….lo so benissimo! Ma ricordate tutti molto bene che questa è l’ultima alternativa rimastaci se non riusciremo a fermare il tutto in altro modo…..io intendo, visto che prima del quindici aprile le squadre incaricate di spargere il virus non entreranno in azione, e che il virus rimarrà fino a quella data confinato a Buenos Aires nel laboratorio segreto di produzione, di cui disgraziatamente non conosciamo l’esatta ubicazione, colpire la città con un ordigno nucleare costituito da una delle nostre più grosse bombe all’idrogeno. Tutto quello che ci minaccia è concentrato per ora in questa città…i Quattro fratelli Fillol, il laboratorio segreto e chi avrà il compito di “spargerlo” in tutto il mondo” Tutto sarebbe finito nel giro di pochi secondi. Poi toccherebbe a me e solo a me prendermi sulle spalle il peso e la responsabilità di quanto avrò fatto…..le reazioni di tutto il mondo, il problema di raccontare a tutti la verità e di farmi credere, il far capire ad un mondo giustamente imbestialito con me e con gli Stati Uniti…che non esisteva assolutamente altra alternativa possibile, il problema dei costi altissimi che graverebbero sul tesoro per indennizzare una nazione così gravemente colpita…..ed il peso morale ed il rimorso per aver condannato a morte milioni di persone assolutamente innocenti ed inconsapevoli del crudele destino a cui IO e solo IO le ho condannate”Un silenzio completo ed assoluto aveva pervaso la stanza dopo le parole del Presidente….tutti si rendevano conto che ciò che l’uomo politico aveva deciso era l’unica speranza rimasta al genere umano se non si fosse riusciti ad organizzare una azione concreta come alternativa. Ma Dik non era un uomo qualsiasi che cedeva all’inevitabile….lui era uno di quelli che non mollava mai assolutamente mai fino a quando restava un filo di speranza per quanto esile potesse essere. “Signor Presidente”disse con la massima chiarezza possibile scandendo ogni parola”Mi rendo conto benissimo della situazione e di quanto ci ha spiegato con tanta chiarezza…..io un piano valido ancora non ce l’ho, ma le giuro che fino a quando resterò in vita, mi batterò per trovarlo e portarlo a compimento. Una sola cosa le chiedo, anzi due……la prima è quella di fidarsi ciecamente di me e di chi mi porterò con me in Argentina e di darmi ovviamente carta bianca su tutto….la seconda di tenere maledettamente lontano il suo dito pruriginoso dal bottone della sua valigetta, bottone che dovrebbe scatenare l’inferno, almeno fino al giorno quattordici a mezzanotte. Poi, se non avrà da me la notizia che il problema sarà stato risolto una volta per tutte….sarà quello che Dio vorrà!”Il Presidente non era certo abituato a farsi dare “sulla voce”….ma era una persona abbastanza intelligente da capire il dramma interiore che aveva colpito Dik, per cui si limitò a dire”Va bene….siamo d’accordo così….lei faccia solo in modo che il mio dito non faccia mai quello che potrei ordinargli di fare….lascio tutto il peso della responsabilità nelle sue mani….almeno fino al quattordici aprile a mezzanotte……potete andare arrivederci!!!”Appena varcata la porta della Stanza Ovale, Custer apostrofò Dik con queste esatte parole”Tu devi essere pazzo a trattare li Presidente in questo modo….accidenti, ma ti rendi conto che c’è modo e modo di esprimere il proprio parere…con il Presidente degli Stati Uniti poi…..”Ma Dik ribattè asciutto”Sai….hai proprio ragione…..ma con me la diplomazia fa a farsi benedire quando sento parlare di colpire una città di milioni di abitanti con un ordigno nucleare! Mi rendo conto che forse non ci potrebbe essere altra alternativa….ma ti assicuro che finchè Dik Ford sarà in circolazione, non ci sarà mai nessun lancio di bombe atomiche su città indifese……la soluzione definitiva non la ho ancora trovata ma ho già un paio di idee che mi frullano per la mente. Fidati di me….ce la faremo.”

CAPITOLO DICIANNOVESIMO.

Se fino a quel momento Mia aveva considerato Dik come un soggetto straffotente dotato di una certa freddezza, adesso invece, vedendolo comportarsi con tanta impetuosità con l’uomo più potente del mondo, aveva completamente cambiato opinione su di lui….al posto di uno sprezzante senso di sopportazione, appena scalfito dalla brillante conclusione del “rapimento lampo” architettato e portato a temine da Dik ai danni di Hadolf Fillol, ora la ragazza sentiva che nel compagno di avventura c’era del calore umano e….in quantità non indifferente. Adesso lei si sentiva pronta a dargli la sua fiducia e non sentiva più il fatto di dover lavorare con lui, come un peso gravoso da portare sulle spalle.”Il problema più grosso che ci affligge” cominciò all’improvviso a dire Dik “ è quello di non sapere assolutamente dove possa essere situato il maledettissimo laboratorio segreto. Sai Mia….l’unica cosa che Hadolf ci ha confidato sotto l’effetto dei narcotici che gli abbiamo somministrato, è che il sito segreto si trova nei recessi più nascosti del Vaticano” “Certo”aggiunse la ragazza” questo è quanto ha detto e siamo sicuri che sia la pura e semplice verità visto e considerato che sotto l’effetto dei farmaci che gli abbiamo somministrato….non è assolutamente possibile mentire…..resta il fatto che è assolutamente inverosimile che quanto cerchiamo sia dalle parti di Roma….a migliaia di chilometri di distanza da qui.”” E poi,”aggiunse Kit…..”come avrebbero potuto i Fillol costruire un laboratorio segreto nel bel mezzo dello Stato Della Chiesa….non è assolutamente una cosa concepibile!”” e allora, cara Mia….vuol dire che il Vaticano deve per forza essere un qualche cosa di completamente diverso da quello vero e proprio e deve per forza di cose, come tra l’altro abbiamo da sempre sostenuto, essere situato a Buenos Aires.” “Proviamo allora a cercare su Internet”suggerì Mia……vediamo un po’ cosa si riesce a trovare” I due compagni non ci misero molto a trovare quanto cercavano……l’unico riferimento logico era un ristorante di lusso che si chiamava proprio “Vaticano”…..era situato nella zona nord della metropoli argentina ed aveva la peculiare caratteristica di avere i camerieri vestiti con le tenute caratteristiche del Clero papale….Suore, sacerdoti vescovi e cardinali. Ma la ciliegina sulla torta era il fatto che il ristorante apparteneva alla Destiny Corporation….la grande società gestita dai Fillol.

CAPITOLO VENTESIMO.

Nel grattacielo della Destiny, la riunione dei quattro fratelli Fillol continuava da alcune ore. Si era discusso per ore degli ultimi preparativi da approntare per la perfetta riuscita del piano che avrebbe dovuto dare in mano al Quarto Reich tutto il mondo o…almeno quanto ne sarebbe rimasto. La popolazione residente in Germania avrebbe saputo il destino glorioso cui era destinata dalla voce stessa del Fuhrer risorto dalle ceneri. Sarebbe stato il suo, un discorso storico…..discorso che avrebbe letteralmente consegnato in mano ai tedeschi per almeno mille anni, il mondo intero. Certo non tutti sarebbero stati d’accordo….ma il ritorno agli antichi fasti e la promessa di rendere questa volta per sempre grande ed immortale la Germania, avrebbe di sicuro fatto presa una volta di più su gran parte della popolazione….per gli altri, ci sarebbe certamente stato il modo di convincerli….per i più riottosi e per gli irriducibili…..la soluzione era, come in passato, una sola. Per i forestieri presenti in quei giorni in Germania, i turisti stranieri, gli uomini d’affari, i diplomatici degli altri paesi…..sarebbe stata la schiavitù a vita per servire la razza padrona…..per gli ebrei ritornati a prosperare dopo la fine della guerra ci sarebbe ovviamente immediatamente stata un’altra Soluzione Finale. Poi, dopo alcuni mesi necessari per ricostruire le strutture del Partito e di inquadrare adeguatamente la popolazione…….alcuni gruppi di”coloni”, sempre più numerosi mano a mano che il tempo passava, sarebbero partiti per ripopolare con puro sangue ariano, le campagne e le città di tutto il mondo rimaste deserte per la morte dei propri abitanti. C’erano solo da sistemare gli ultimi dettagli, ma tutto sembrava andare per il meglio e sopratutto nessuno aveva dato modo di essersi minimamente accorto di quanto stava per accadere.

CAPITOLO VENTUNESIMO.

La sua vita stava oramai diventando un’ incubo……lui non aveva nessuno con cui parlare o confidarsi e continuando così rischiava di impazzire. Il problema era che lui , nonostante le allettanti prospettiva di gloria che gli erano state promesse, non se la sentiva proprio di anteporre un avvenire, per quanto potesse essere meraviglioso e gratificante per lui e per il suo popolo alla morte atroce di miliardi di persone. Lui era Hadolf Hitler…..lui era il Fuhrer dei tedeschi….ma lo era poi veramente? Lo voleva veramente diventare? A questo prezzo poi? Tutti i ricordi che aveva instillati nella memoria erano veramente i suoi?….lui non lo credeva e comunque sentiva di essere in realtà molto diverso da colui da cui era nato. No, NO ASSOLUTAMENTE…..NO!, lui non si sarebbe prestato ad una simile mostruosità…..lui non aveva mai patito veramente in prima persona le umiliazioni giovanili del vero Fuhrer…lui non aveva veramente sofferto in carcere e sopratutto non aveva sofferto realmente in prima persona delle umiliazioni e dei dolori della vita di Hitler e per ciò quel qualche cosa di mostruoso, quel terribile odio senza fine….quella sete di vendetta, non era mai “scattato” nella sua mente…..lui non si sentiva certo un santo ma non voleva essere nemmeno un assassino. Adesso che aveva almeno fatto chiarezza in se stesso, sapeva anche che cosa doveva fare…..non aveva altra alternativa possibile. Gli sarebbe piaciuto moltissimo poter passare il resto della sua esistenza a dipingere ed a cercare di vivere una vita completamente sua lontano da tutti quegli orrori…..ma per lui sapeva benissimo che non esisteva speranza alcuna di un futuro e di una vita normale. Non gli restava altro da fare che salire in terrazza, guardare per l’ultima volta la prateria immensa che si stendeva ai suoi piedi…..e lasciarsi andare nel vento come una foglia autunnale. In un attimo tutto sarebbe finito….per sempre , una volta per tutte.

CAPITOLO VENTIDUESIMO.

Il piano adesso era perfettamente stato definito i tutti i suoi particolari…..prima di tutto Dik aveva informato Nat dell’esatta ubicazione di dove si supponeva fosse ubicato il laboratorio segreto, allontanando per fortuna almeno di un po’ il dito del Presidente dal “bottone nucleare”, poi era stato deciso che al momento opportuno, cinque missili Cruise, con testata convenzionale, lanciati da un sommergibile nucleare americano nascosto a trecento metri di profondità, avrebbero colpito simultaneamente il sito del laboratorio che per forza di cose doveva essere situato nel sotterraneo del ristorante, incenerendo il tutto. Contemporaneamente al lancio dei missili, un reparto di forze speciali, introdotte segretamente in Argentina una settimana prima del momento dell’attacco, avrebbe preso d’assalto il grattacielo della Destiny con al suo interno i quattro Fillol, che sarebbero stati eliminati immediatamente sul posto. La stessa sorte sarebbe toccata nello stesso momento al successore del Fuhrer…e, in questa maniera…… tutto si sarebbe concluso. In seguito il Presidente avrebbe avuto il difficilissimo ed ingrato compito di dover giustificare davanti al governo Argentino e al mondo quanto era stato costretto a fare sul suolo di un paese libero ed indipendente come l’Argentina…..e, compito forse ancora più arduo….di farsi credere. Certo non sarebbe stata per nulla una faccenda semplice…anche se le prove sarebbero state li a portata di tutti, ma intanto la tragedia incombente sarebbe stata per sempre allontanata.

CAPITOLO VENTITREESIMO.

Alle nove della sera Dik e Mia si erano recati a cena al “Vaticano”. Per l’occasione i due compagni erano arrivati, elegantissimi nei loro abiti da sera, su di una lunghissima limousine nera. Entrati nel locale, erano stati fatti accomodare ad un tavolo tranquillo e nell’attesa di scegliere il menu, con la massima noncuranza avevano iniziato a guardarsi attorno Il locale era effettivamente bellissimo….l’arredamento, i tavoli, le posate ed i bicchieri….tutto insomma denotava una estrema ricercatezza. Il personale era cordiale e premuroso e nulla, assolutamente nulla, faceva suggerire che al suo interno si potesse nascondere un qualche cosa di diabolico. La cena proseguiva senza che nulla di strano si fosse verificato…..Mia e Dik gustavano con soddisfazione quanto veniva loro servito parlando del più e del meno, stando bene attenti a non far trasparire per nulla il vero motivo per cui erano venuti fino a li…..entrambi si erano recati alla toilette alla ricerca di un a qualsiasi cosa che potesse apparire al di fuori del normale, ma non avevano trovato assolutamente nulla di strano. La cena oramai stava per finire, quando l’attenzione dei due venne calamitata dall’ingresso di uno dei quattro fratelli Fillol accompagnato per l’occasione da una bellissima dama. “ Non ti muovere Mia…..fai finta di niente e continua a mangiare” Disse Dik. Intanto il nuovo entrato, lasciata la sua accompagnatrice al tavolo, si era avviato sollecitamente verso la toilette. Dik, con aria noncurante lo aveva seguito subito dopo…..per scoprire che all’interno del bagno non c’era assolutamente nessuno. Certo il magnate doveva essere entrato in una sorta di passaggio segreto e a Dik non rimaneva altro da fare se non attendere. L’agente segreto aveva concluso che l’attesa non sarebbe stata lunga visto che l’accompagnatrice del Fillol era rimasta in attesa al tavolo, per cui Dik si accomodò all’interno di uno dei cubicoli della vasta toilette e dopo essersi chiuso dentro ed essere salito con i piedi sul wc per non farsi scoprire dall’esterno, si mise in paziente attesa del ritorno dell’individuo che stava spiando. Fortunatamente la porta che chiudeva il cubicolo chiudeva si il piccolo locale, lasciando però delle vistose fessure tra lo stipite della porta e la porta stessa proprio li dove erano attaccati i cardini e queste fessure, invisibili a chi non ci facesse caso, permettevano invece ad una persona attenta di poter vedere una buona porzione della stanza adiacente. Per cui ad un certo momento, una diecina di minuti dopo, ecco Fillol uscire da una porticina nascosta proprio davanti a dove Dik era rintanato. Uscito il magnate dalla toilette, Dik era sollecitamente uscito dal suo osservatorio ed avvicinatosi alla parete che celava la misteriosa porticina, si era messo a cercarne il meccanismo di chiusura. All’improvviso sulla parete liscia erano apparse due piccole rientranze la cui presenza si poteva intravvedere solo ad un esame molto attento……la prudenza avrebbe consigliato l’americano ad accontentarsi di quanto aveva scoperto ed ad allontanarsi con la massima sollecitudine…….ma Dik voleva per lo meno trovare un qualcosa di definitivo che potesse suffragare tutti i sospetti e le paure che con una prova definitiva sarebbero diventati veramente reali. Per cui….”Al diavolo la prudenza” disse tra se e se Dik…..e premette uno dei due bottoni: una porticina si era aperta silenziosamente davanti all’americano mostrando l’ingresso di una normalissima cabina di ascensore. Sulla parete di destra erano situati tre bottoni con relative targhette di identificazione. Sulla prima si leggeva testualmente:UFFICI, sulla seconda, LABORATORI MICROBIOLOGICI e sulla terza……LOCALI STOCCAGGIO VIRUS SOLUZIONE FINALE. Dik non aveva bisogno di sapere altro….aveva finalmente trovato la prova definitiva della terribile realtà contro la quale il mondo intero si trovava a combattere. Dik chiuse con la massima cautela la porta dell’ascensore e si affrettò a ritornare al proprio tavolo. Nessuno si era accorto per fortuna di nulla, l’assenza dell’americano non si era protratta oltre il quarto d’ora abbondante…..solo Mia si era preoccupata sempre di più mano a mano che i minuti passavano, ed era stata sul punto di alzarsi e di cercare di entrare nella toilette riservata agli uomini con una scusa qualunque, per vedere se a Dik fosse capitato qualche cosa di imprevisto. Ma per fortuna il compagno era ritornato un attimo prima che la giovane mettesse in pratica il suo piano.

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO.

Al Presidente restava soltanto adesso di dare il via alle tre operazioni che erano state concordate e programmate…..era stato messo al corrente di quanto Dik aveva trovato nei recessi del ristorante e così gli ultimi dubbi sulla effettiva esistenza della minaccia erano stati definitivamente fugati. L’attacco era previsto che sarebbe scattato il giorno dopo alle ore quattordici in concomitanza con la prevista presenza simultanea dei fratelli Fillol negli uffici del grattacielo della Destiny. Una squadra delle forze speciali dei Marines, con Mia come componente aggiunto, si sarebbe occupata dei Fillol, mentre Dik avrebbe fatto parte della squadra destinata ad eliminare il nuovo Fuhrer. Contemporaneamente i missili Cruise….avrebbero compiuto il loro macabro dovere. Adesso all’uomo più potente del mondo restava solo un’ultima faccenda da sbrigare…..aveva concluso infatti che, per essere creduto da un mondo arrabbiato per la improvvisa dimostrazione di forza ai danni di un paese vicino, da parte degli StatiUniti, avrebbe avuto assolutamente bisogno della comprensione dell’aiuto e del sostegno di qualcuno e…… questo qualcuno non poteva essere nessun altro se non la Russia. In questa situazione l’America aveva infatti una impellente necessità di avere il grande paese Europeo dalla propria parte come amico e non come un avversario pronto per l’occasione anche ad azzannare, pur di trarre prestigio dalla situazione particolare in cui il mondo stava per venirsi a trovare……… per cui nel momento stesso in cui i missili Cruise si fossero staccati dalla rampa di lancio, Il Presidente avrebbe telefonicamente avvertito il collega russo di quanto stava per accadere. Il Presidente Bondarciuk era per fortuna già a conoscenza di quanto qualche tempo prima era accaduto nell’isoletta dell’Oceano Atlantico…..e avrebbe senza dubbio “capito” e si sarebbe comportato di conseguenza…..forse , per salvare le apparenze, avrebbe abbaiato a più non posso ma come dice il proverbio: can che abbaia non morde.. Intanto Dik e Mia avevano raggiunto le immediate vicinanze dei loro rispettivi obiettivi. La squadra di Mia, composta di quindici elementi, si era avvicinata con la più grande indifferenza al grattacielo della Destiny. Tutti e quindici erano camuffati da addetti alle pulizie del palazzo e portavano stampato sulle tute bianche da lavoro il logo di una famosa ditta del luogo. La fortuna li aveva per ora aiutati….facendo coincidere il giorno dell’attacco a quello settimanale riservato proprio alle pulizie di routine. Per i Marines era stato facile prendere il posto della vera squadra di pulizia…..li avevano attesi all’uscita dalla ditta e con uno stratagemma, prima li avevano indirizzati verso un vicolo buio e cieco…..e poi li avevano facilmente immobilizzati ed inviati con un camion in una zona tranquilla ad attendere che tutto si fosse concluso. I quindici poi erano entrati con la massima naturalezza nel gigantesco edificio, avevano immediatamente messo in condizioni di non nuocere le guardie addette alla sicurezza ed erano sollecitamente saliti ai piani superiori. Nessuno gli aveva ostacolati……nessuno poteva mai pensare che qualcuno avesse il desiderio di nuocere a quattro uomini che in apparenza non avevano mai nuociuto a nessuno e che avevano dato lavoro a tanta gente. In un batter d’occhio la squadra era giunta nella sala comunicante con quella del consiglio di amministrazione della Destiny: Mia aveva aperto i battenti con un calcio….per trovarsi all’interno di una sala sfortunatamente deserta. Erano clamorosamente stati beffati. Evidentemente i quattro fratelli avevano avuto sentore di qualche cosa….e se l’erano filata lasciando tutti con il più classico palmo di naso. Mia ed i suoi uomini avevano cercato ovunque…..negli armadi, negli sgabuzzini, nelle salette confinanti. Non c’era più nessuno e quando un marines riuscì a scoprire una porta che dava su un ascensore sceso a piano terra, tutti si resero conto che erano stati giocati e che li era perfettamente inutile continuare a cercare. Intanto a cinquanta metri di profondità il sommergibile nucleare Boston aveva effettuato i lanci previsti e ben cinque missili Cruise si stavano avvicinando del tutto invisibili ai radar di ricerca al loro obiettivo. Gli ordigni viaggiavano ad una distanza di trenta secondi l’uno dall’altro e, giunti a destinazione detonarono con effetti distruttivi sfondando il tetto del ristorante a quell’ora fortunatamente quasi vuoto. La violenza delle cinque deflagrazioni aveva lasciato dietro di se solo morte e distruzione…..l’edificio del ristorante risultava praticamente vaporizzato e di quanto si celava nelle sue viscere, non era rimasto praticamente nulla, ne attrezzature, ne tecnici….ne fortunatamente virus. Li tutto sembrava concluso……Dik intanto con la sua squadra si accingeva ad assaltare la villa immersa nel verde sede del nuovo Fuhrer del nascente Quarto Reich….La villa aveva un aspetto particolare e assomigliava ad un castello medioevale completo di ponte levatoio. Qui, sfortunatamente non c’erano stratagemmi che potessero aiutare la squadra d’assalto…..qui non erano previste squadre addette alla pulizia….ma erano ben presenti e ben visibili numerosissime guardie armate che ricordavano nel vestire e nell’armamento le SS di triste memoria. Dik aveva concluso che l’attacco, per quanto potesse essere ben studiato …..equivaleva ad un più che provabile suicidio. Troppe erano le incognite, troppi gli ostacoli da superare. Ad un cero momento, mentre Dik era assorto nei suoi pensieri, una serie di cinque terribili esplosioni avevano squassato l’aria a veri chilometri di distanza ed una nube di fumo sempre più alta e densa si era sollevata nel cielo pomeridiano…..i missili Cruise avevano compiuto la loro opera distruttiva eliminando alla radice il pericolo del contagio. Il problema adesso era quello di portare a termine quanto si era cominciato a fare…..Dik supponeva giustamente, che con la distruzione del virus letale, il pericolo maggiore del piano ordito dai Fillol, era stato eliminato….pensava, questa volta a torto, che anche i quattro fanatici fossero oramai stati eliminati dalla squadra di Mia…..restava solo da portare a termine, come concordato, l’eliminazione del nuovo Fuhrer. “Se ci trovassimo nel territorio degli Stati Uniti” disse Dik al comandante della squadra d’assalto”potremmo avere tutto il tempo necessario a nostra disposizione per organizzare tutto come si deve……sarebbe sufficiente circondare la villa con un paio di compagnie di Marines e dare il via all’assalto solo quando le condizioni per farlo fossero propizie. Purtroppo ora ci troviamo nella condizione di non poter attaccare, vista l’assoluta disparità delle forze in campo e nello stesso tempo di non poter attendere più di tanto ne di poter ricevere rinforzi per poter sferrare un attacco con speranze di successo.”” Quanto sta dicendo è assolutamente logico” ribattè il caposquadra” ma nemmeno io a questo punto sono in grado di proporre una valida alternativa”” Allora diventa necessario agire in maniera completamente diversa da quanto era stato progettato in origine….ascolti Tenente….forse se soltanto io e lei con il favore delle tenebre riuscissimo ad entrare dentro la villa, due persone sole mentre gli altri componenti la squadra simulano soltanto di sferrare due attacchi simultanei da due punti opposti a quello da cui noi cercheremo di entrare…..che cosa ne dice? A me sembra l’unica alternativa possibile””Certo che la sua idea, caro signor Dik, assomiglia molto ad una missione suicida….ma data la situazione e considerando che io non ho nulla di meglio da proporre….facciamo pure a modo suo e che Dio ci aiuti!”

CAPITOLO VENTICINQUESIMO.

Qualcuno in qualche modo aveva saputo……proprio alla fine del progetto, quando tutto sembrava essere andato a buon fine, il nemico aveva saputo e tutto quanto quello che sembrava oramai sicuro poteva essere sul punto di svanire nel nulla. Per fortuna una delle guardie di servizio all’ingresso del grattacielo, prima di che fosse troppo tardi, aveva lanciato l’allarme premendo un bottone posto sotto la scrivania della reception e loro erano riusciti per lo meno a dileguarsi, prima scendendo nei sotterranei con un piccolo ascensore di servizio e poi allontanandosi attraverso una galleria sotterranea che li aveva portati al sicuro in uno dei loro palazzi. Li purtroppo avevano avuto la sconvolgente notizia dell’esplosione che aveva irrimediabilmente distrutto il laboratorio……e il sogno di dominare il mondo si era sciolto come neve al sole. Ma la cosa più sconvolgente era che….anche questa volta, non era colpa di nessuno, nessuno aveva sbagliato in qualche cosa o tradito la causa……si era trattato sempre e comunque di una disgraziata serie di circostanze avverse: prima l’incomprensibile fallimento del lancio dei tre missili nucleari dall’isola dell’Atlantico e adesso questa ultima “disgrazia”. Ora il disegno preparato con tanta cura per tanti e tanti anni era irrimediabilmente compromesso….tutto era finito. Se la speranza di avere un mondo totalmente “ariano” era definitivamente naufragata…..rimaneva solo ormai, come ultima ed unica alternativa valida, come un’ultima “consolazione” una adeguata vendetta contro il popolo che era all’origine di tutto il male del mondo…….si trattava di mettere in atto quanto avevano preparato già da tempo come ultima risorsa…….distruggere una volta per tutte Israele ed il suo popolo.

CAPITOLO VENTISEIESIMO.

Scavalcare l’alto recinto non era stato affatto semplice….Dik aveva dapprima lanciato un rampino a cui era assicurata una corda sottile ma molto resistente. Il rampino si era conficcato dall’altra parte del muro consentendo ai due incursori di arrampicarsi fino sulla sommità del muro. Scavalcare il muro non era stata una impresa da poco. La sommità del muro era infatti cosparsa di cocci di vetro acuminati conficcati nel cemento che ricopriva i mattoni ed era inoltre difesa da un rotolo di filo spinato tra il quale correva un tubo di plastica del sistema di allarme. Rompere il tubo o eseguire un qualche tipo di pressione di esso avrebbe avuto come immediata conseguenza lo scattare dell’allarme. I due erano già stati molto fortunati quando il rampino si era attaccato al muro senza toccare il tubo dell’allarme….adesso era necessario riuscire a scavalcare tubo e filo spinato avendo l’avvertenza di non toccarli per nulla.”E’ un bel problema” disse Dik al compagno”Va bene la presenza dei cocci di vetro, va bene il sistema di allarme….va bene il filo spinato…..ma il guaio è che ci troviamo ad almeno cinque metri di altezza e non possiamo semplicemente buttarci giù, scavalcando di colpo, per non toccarli, i tre ostacoli che ci sbarrano la strada” “ E’ assolutamente vero, disse il tenente, se facessimo così ci ammazzeremmo di certo” Ma Dik….aveva per fortuna una buona vista: si era infatti accorto che ad una distanza di una diecina di metri, un grande mucchio di erba tagliata di fresco, era stato situato dai giardinieri della villa, proprio a ridosso del muro e che se si fossero gettati nel vuoto proprio in quel punto, la caduta da fatale….si sarebbe trasformata al massimo, in un semplice ruzzolone tra l’erba profumata. In un attimo si erano spostati lateralmente fino ad arrivare in prossimità del mucchio d’erba, si erano lanciati coraggiosamente nel vuoto ed erano atterrati senza danni all’interno del giardino. Il fitto boschetto per adesso li proteggeva e faceva in modo che potessero avvicinarsi indisturbati al perimetro della costruzione.

CAPITOLO VENTISETTESIMO.

Da quando aveva preso l’irrevocabile decisione di farla finita, si sentiva molto più sollevato….era oramai passata una settimana da quando aveva conferito per l’ultima volta con i quattro “Fillol” a rapporto nel grande salone che ricordava nei minimi particolari il “suo” ufficio alla Cancelleria di Berlino. Adesso che sapeva cosa avrebbe fatto, si rendeva conto della malvagità ma anche della grandezza e genialità di chi aveva concepito il piano mostruoso di cui lui stesso era parte in prima persona…non c’era ombra di dubbio che se il piano fosse riuscito, per la razza eletta si sarebbe aperto un millennio di storia gloriosa. Potere, gloria e….una nuova civiltà che avrebbe portato negli anni a venire il genere umano, liberato finalmente da odi e tensioni internazionali, a vette inimmaginabili……..sarebbe senza dubbio il realizzarsi di un sogno….per tutti i superstiti, per gli eletti della razza padrona. Ma….a che prezzo!!!! E proprio da qui era nata la decisione di colui che avrebbe dovuto essere il nuovo Fuhrer, di “gettare la spugna”per non sentirsi responsabile di quanto sarebbe dovuto accadere. Lui non ce la faceva proprio ad odiare gli Ebrei e tutti quanti non facevano parte del disegno diabolico che altri avevano tessuto al posto suo…..il nuovo Fuhrer, non voleva avere nulla a che fare con quel futuro che altri avevano costruito per lui. Aveva inizialmente pensato di concludere la sua breve e disgraziata esistenza con un volo nel vuoto, ma poi aveva deciso altrimenti…..una delle cose che aveva ereditato dal suo predecessore era la smisurata passione per le opere di Wagner….la fine sarebbe arrivata per lui in un grande “crepuscolo degli Dei”….e così sarebbe stato.

CAPITOLO VENTOTTESIMO.

Dik ed il suo compagno si erano appostati al limite del bosco proprio davanti a dove incominciava la strada che portava al ponte levatoio. I due avevano discusso serratamene su come avrebbero potuto riuscire ad introdursi all’interno della costruzione, ma avevano concluso con grande amarezza, che da li non era loro possibile fare nulla….il fatto era che non si trattava di correre un rischio anche pazzesco per riuscire a penetrare all’interno….la triste realtà era che non esisteva proprio alcun modo per farlo, non era una cosa fattibile …e basta. I due sentivano di aver fallito…..Dik aveva pensato di tornare indietro e di farsi paracadutare con il compagno la notte, che oramai si stava avvicinando, all’interno della villa……ma il tempo rimasto loro era ormai troppo poco…..bisognava tornare all’esterno della recinzione, trovare un aeroporto, un aereo pronto a decollare con tutte le attrezzature necessarie, preparare per lo meno una bozza di un piano….e partire. Ma quanto tempo ci sarebbe voluto per poter fare tutto ciò? Una sola notte a disposizione sarebbe stata sufficiente? No di certo…. La mente dell’uomo era un vulcano di idee che però venivano scartate una ad una….Dik stava guardando negli occhi il Tenente delle forze speciali che lo aveva accompagnato fino a li con aria scoraggiata, quando le note del “funerale di Sigfrido” si sparsero nell’aria pomeridiana ad un volume sempre più alto…..poi un alone luminoso come provocato da un incendio, incappucciò la sommità della villa ingrandendosi sempre di più mano a mano che i minuti passavano….le guardie di servizio dinnanzi al ponte levatoio si agitavano nervosamente denotando che qualche cosa di assolutamente imprevisto si stava verificando all’interno…….poi all’improvviso una serie di terribili esplosioni cominciarono a squassare la costruzione che veniva via via più che il tempo passava, avvolta dalle fiamme che adesso facevano capolino tra il cemento dei muri perimetrali. Incredibilmente la musica continuava a riempire con le sue note l’aria circostante fino a quando una esplosione più forte delle precedenti, fece crollare in un oceano di fiamme quanto restava ancora in piedi della costruzione. Adesso, cessata di colpo la musica, restava solo un silenzio spettrale, rotto solo dal crepitio delle fiamme che tutto avevano incenerito e dalle sirene delle autopompe dei vigili del fuoco che si stavano recando sul posto. Tutto sembrava finito……miracolosamente senza che loro due avessero potuto tentare nulla per portare a termine una qualsiasi iniziativa. Qualcuno o qualcosa aveva fatto il lavoro che loro non sarebbero mai riusciti a portare a termine……il nuovo Fuhrer era certamente morto….e questa volta nessuno avrebbe potuto farlo rinascere.

CAPITOLO VENTINOVESIMO.

Il nuovo Fuhrer era entrato nel locale di cui solo lui aveva le chiavi, solo dopo aver acceso a massimo volume lo stereo che diffondeva le sue note per tutta la villa…..in mano aveva una sola bomba a mano con la sicura già parzialmente estratta….si sarebbe trattato ora di fare un semplice piccolo movimento con la mano sinistra mentre la destra avrebbe gettato l’ordigno verso la catasta di munizioni ed esplosivi conservati ordinatamente in quel luogo in perenne penombra…poi tutto sarebbe finito per sempre……il desiderio di gloria mescolato al senso del dovere, i sogni di un futuro che non si sarebbe più realizzato. Tutto sarebbe stato sostituito dal nulla eterno, da un non essere che lo terrorizzava ma il cui desiderio era tuttavia più forte del terrore di doversi portare addosso per tutta la vita una serie di terribili rimorsi e sensi di colpa……..e poi chissà se, come tanta parte del genere umano asseriva, nel buio eterno non ci fosse qualcosa o qualcuno disposto a prendersi cura delle sua angosce….chissà se……e l’esplosione tremenda che squassò il tutto diede finalmente a quell’uomo sfortunato tutte le risposte che aveva invano cercato nella sua breve e travagliata esistenza.

CAPITOLO TRENTESIMO.

Alla Casa Bianca , nel segreto della Stanza Ovale, il Presidente degli Stati Uniti aveva ricevuto lo “Staff” che era riuscito ad evitare una catastrofe a carattere mondiale….Dik, Mia il Tenente della squadra Speciale, Nat e Custer, erano tutti li presenti. “Ha visto signor Dik” esordì il Presidente “ Che il sottoscritto ha tenuto il dito lontano dal grilletto? Certo, se ho potuto fare ciò il merito è solo vostro…….il laboratorio è stato “vaporizzato”, i Fillol sono fuggiti ed hanno perso ogni potere, il cosiddetto “nuovo Hitler” è morto carbonizzato. Devo a voi il successo completo di quanto avevamo definito un piano quasi disperato, alla vostra intelligenza ed al vostro coraggio. Per fortuna siamo anche stati aiutati dalla buona sorte che ha fatto in modo che la villa dove soggiornava la “riproduzione” del Fuhrer, andasse a fuoco così improvvisamente, eliminando per noi un problema che si stava dimostrando insormontabile…… Adesso rimangono solo due cose da fare: a voi prendere i Fillol per fare in modo che paghino adeguatamente quanto hanno fatto e quanto stavano per fare…..a me cercare di spiegare al mondo quanto sono stato costretto a fare sul suolo di una Nazione sovrana, confinante e amica. Non so ancora se dovrò inventare una qualche storia o se sarò costretto a dire a tutto il mondo la verità….ma questo è una cosa che riguarda solo me ed i miei collaboratori.” Ma Dik, non si sentiva tranquillo e si vedeva dal modo in cui si dimenava sulla sedia. “ Vede, signor Presidente……lei ha ragione a sentirsi “ sollevato” e noi tutti le siamo grati per aver apprezzato il nostro lavoro ed averci sostenuto in maniera incondizionata…..ma io non penso proprio che tutto sia finito, non lo penso per nulla….No, Nat, non mi interrompere, ti prego, lasciami finire. Quando l’isola nell’oceano è stata distrutta in un olocausto nucleare, sembrava che la faccenda fosse finita li…..ma c’erano quelle parole minacciose lasciate in eredità al mondo da quel pazzo criminale che aveva spinto il mondo a combattere la seconda guerra mondiale…..e difatti ecco comparire i Fillol ed il nuovo Fuhrer, pronti a scatenare una indicibile disgrazia su tutto il mondo. Sconfitti anche loro….che cosa rimane di quel terribile disegno? Apparentemente solo un quartetto di disperati in fuga, ma se quei quattro avessero ancora delle carte da giocare? Che cosa ne sappiamo noi? Questa volta assolutamente niente! Certo può essere che i Fillol si stiano semplicemente nascondendo per evitare di subire la giusta punizione….ma se invece….e qui non voglio aggiungere altro.” Il Presidente a sentire quanto Dik aveva esposto era impallidito rendendosi conto della fondatezza delle obiezioni esposte dal suo collaboratore. Era passato da uno stato d’animo di sollievo ad uno molto più cupo che lo aveva di nuovo gettato nel terrore. A lui mancavano solo sei mesi per cessare dal suo incarico e sapeva che mai e poi mai si sarebbe ripresentato per essere rieletto….francamente ne aveva abbastanza di tutto, si sentiva stanco e stressato già prima di dover affrontare tutto quanto era capitato negli ultimi giorni, e i recenti avvenimenti avevano dato il colpo di grazia alla sua eventuale volontà di rimanere alla Casa Bianca per altri quattro anni. Adesso, comunque era indispensabile andare avanti e fare quanto era in suo potere per far finire una volta per tutte il mostruoso incubo che stava perseguitando tutti. Per cui Dik ed il suo “Staff” avevano avuto una volta di più carta bianca….e si erano di nuovo messi febbrilmente al lavoro.

CAPITOLO TRENTUNESIMO.

La “Valchiria” era salpata la sera stessa della loro fuga, da un porto tranquillo dell’Argentina. Si trattava in apparenza di un tranquillo e rugginoso mercantile addetto al trasporto di materiali ferrosi, ma al suo interno, la nave nascondeva una “seconda anima” che dall’esterno non si vedeva assolutamente. Tutto a bordo faceva pensare che si trattasse solo di una vecchia carretta del mare……i motori erano vecchi anche se tenuti in perfetta efficienza, le cabine scomode ed il mobilio privo di ogni comodità moderna. Chiunque fosse salito a bordo per una qualsiasi ispezione, avrebbe trovato solo una vecchia nave ansiosa di trovare un eterno e meritato riposo in un cantiere di demolizione. Ma al suo interno, nel profondo di una stiva, perfettamente celato da una porta che sembrava dare in un maleodorante magazzino ingombro di cianfrusaglie, di nascosto anche all’equipaggio, erano situate sei cabine di lusso, una cucina perfettamente attrezzata, un salotto dotato di ogni comodità e soprattutto un locale dove troneggiava un sistema di lancio pronto a “vomitare”tre missili Cruise dotati di altrettante ogive nucleari di grande potenza e di un quarto che portava i micidiali agenti patogeni che avrebbero, secondo il piano originario, essere sparsi in tutto il mondo. Il compito che i Fillol si erano prefissi di portare a termine era ben preciso…..il primo obiettivo era quello di arrivare a distanza di tiro per lanciare i quattro ordigni, poi, dopo aver programmato il loro bersaglio, effettuare il lancio e….godersi i risultati. Poi e solo poi si sarebbero tutti e tre suicidati, visto che i loro piani di dominio del mondo erano miseramente falliti. Sarebbero morti per lo meno con la soddisfazione di avere compiuto una volta per tutte la soluzione finale che Hitler non era riuscito a portare a termine. Adesso era necessario arrivare entro il raggio di azione dei quattro missili, dopo di che avrebbero soltanto atteso l’attimo propizio per il lancio….quando cioè i venti sarebbero stati propizi per far giungere in ogni angolo di Israele la ricaduta radioattiva e i micidiali agenti patogeni, dopo che Haifa, Telaviv e Gerusalemme sarebbero state vaporizzate dagli impatti dei missili.

CAPITOLO TRENTADUESIMO.

Mia e Dik avevano ricominciato a spremersi le meningi……era assolutamente necessario trovare una qualsiasi traccia dei Fillol in fuga. Si erano recati tra le rovine della villa alla disperata ricerca di un qualsiasi indizio che li potesse aiutare in qualche modo. Purtroppo ben poco li era rimasto in piedi che potesse essere utile dopo le esplosioni ed il fuoco che tutto avevano devastato. Già era stato difficile tornare li perché la zona era stata recintata e la polizia di Buenos Aires non faceva avvicinare nessuno. Era stato necessario far intervenire il Presidente che per poterli aiutare era stato costretto a mettere al corrente il suo collega Argentino di tutto quanto si era verificato in Argentina e prima ancora nell’isoletta in mezzo all’Atlantico. Non era stato affatto facile farsi credere…..ma alla fine, dopo una giornata di ferratissime trattative e di difficili spiegazioni, il presidente del paese sud americano aveva finalmente acconsentito a collaborare. Alla fine si erano imbattuti in un diario chiuso in una scatola metallica ignifuga…..il diario di una mente disperata in cui veniva spiegato tutto l’intimo tormento che l’aveva accompagnata per tutta la sua breve vita. Ma null’altro di utile sembrava essere emerso.” L’unico modo per venire a capo del mistero” aveva detto Mia” è forse quello di riuscire a metterci nei panni di quei quattro……dobbiamo riuscire a pensare che cosa avremmo fatto noi se fossimo stati al loro posto” “Hai ragione, Mia…..sai ero arrivato anch’io alla medesima conclusione. Avevo pensato che potrebbero lanciare da un aereo degli ordigni magari con ogive cariche di germi patogeni….visto che avevano dei tecnici maestri in materia, o magari far precipitare l’aereo stesso in una città di Israele. Ma se avessero scelto una soluzione del genere il misfatto avrebbe già dovuto essere accaduto, visto che ora tutti gli aeroporti sono allertati per una loro eventuale presenza. Dunque secondo me i Fillol non possono trovarsi altro che a bordo di una nave che li attendeva.” “Se, come penso hai ragione”Continuò Mia” Dobbiamo controllare ogni partenza di navi da tutti i porti dell’Argentina, tutte le partenze intendo avvenute da ieri fino ad oggi e vedere se si riesce a risalire a qualche cosa che ci possa tornare di qualche utilità.” “ E allora diamoci da fare….e speriamo solo che quei criminali non avessero a disposizione un sommergibile” Concluse Dik. Le navi che avevano in quei giorni lasciato l’ormeggio erano ovviamente numerosissime, ma una sola in particolare aveva solleticato la loro curiosità: si trattava di una nave tedesca, che si chiamava “Valchiria” che dopo alcuni mesi di sosta era, guardacaso, improvvisamente partita per l’Europa proprio la notte dopo la fuga dei Fillol. Dai dati in loro possesso, avevano scoperto che si trattava di una vecchia carretta del mare e che per arrivare all’ingresso dello Stretto di Gibilterra dove era diretta, ci avrebbe impiegato almeno una settimana. Per fortuna Dik e Mia avevano tutto il tempo per poterla raggiungere. Dik aveva pensato di abbordarla subito, appena giunta fuori delle acque territoriali Argentine, ma Mia gli aveva giustamente fatto notare che se la nave in questione era dotata di armamenti atti a portare morte e distruzione in Israele…..vistasi scoperta e attaccata avrebbe potuto scaricare per disperazione il suo carico di morte nel vicino continente americano…..per cui sarebbe stato saggio abbordarla nel mezzo dell’oceano per evitare guai di qualsiasi tipo. Certo che se fossero stati sicuri al cento per cento che i Fillol si fossero trovato proprio a bordo della “Valchiria”…..sarebbe stato sufficiente affondarla con un lancio ravvicinato di un paio di missili antinave che in un attimo avrebbero potuto risolvere il problema……ma chi poteva dare loro la certezza che l’obiettivo da attaccare era proprio quello? C’era il rischio reale di uccidere degli innocenti e di lasciare, cosa questa ancora più grave, irrisolto il problema che gli assillava. Per cui, l‘unico modo per essere sicuri restava quello di un abbordaggio e di una accurata ispezione a bordo. I due avevano anche discusso su quale poteva essere l’armamento in possesso dei Fillol…..avevano di nuovo pensato ad missili a testata batteriologica, come la scelta più provabile….ma anche la soluzione nucleare non era stata scartata…..visto che dopo la caduta dell’Unione Sovietica, forse qualche testata nucleare era scomparsa dagli arsenali russi e venduta al miglior offerente.

CAPITOLO TRENTATREESIMO.

La navigazione continuava tranquilla, la vecchia nave avanzava decisa alla velocità di crociera di diciotto nodi in un oceano estremamente tranquillo. A bordo la vita si svolgeva come di consueto…..l’equipaggio svolgeva con regolarità i suoi compiti completamente ignaro che nel ventre della nave si celava un segreto agghiacciante. Nessuno era al corrente di nulla….nemmeno del fatto che nessuno di loro avrebbe mai potuto rivedere terra e famiglia: il destino di nave ed equipaggio era irrimediabilmente segnato. Solo il Comandante era informato di quanto sarebbe successo di la a qualche giorno……sapeva del mortale contenuto della stiva n° quattro, del lancio degli ordigni e dell’esplosione della nave che a missione compiuta avrebbe cancellato per sempre la loro esistenza. Nessuno e niente avrebbe dovuto e potuto risalire a loro……il piano era quello di fare in modo che il lancio dei missili potesse essere imputato a qualcun altro….i nemici dello stato di Israele erano tantissimi e tantissimi avrebbero voluto che fosse cancellato dalla faccia della terra. Inoltre si sapeva benissimo, che un attimo prima di entrare nel cielo dello stato sionista, i missili sarebbero stati inevitabilmente intercettati dai radar di difesa aerea…..e che prima di essere distrutto, Israele avrebbe lanciato per rappresaglia, tutti i missili nucleari in suo possesso contro i suoi nemici arabi, causando la distruzione di un altro po’ di razze inferiori. Alla fine la soluzione finale ci sarebbe veramente stata….anche se nessuno di loro ne avrebbe potuto trarre alcun vantaggio….ma vendetta sarebbe stata finalmente fatta, una volta per tutte.

CAPITOLO TRENTAQUATTRESIMO.

Mia e Dik erano stati fatti imbarcare in tutta fretta a bordo dell’”Alabama”, un sommergibile nucleare della serie Los Angeles modificata. Il battello era arrivato due giorni dopo la partenza della “Valchiria”, richiamato dal Comando Marina in tutta fretta dal suo consueto pattugliamento nelle profondità dell’oceano. Raggiungere la carretta del mare a trentatre nodi in immersione era stato un gioco da ragazzi……adesso la si poteva vedere al periscopio navigare in pieno oceano con la massima tranquillità. Alle dieci del mattino il battello era emerso di fianco alla nave, ad una distanza di appena cinquecento metri e le aveva intimato di fermarsi in modo da poter effettuare una ispezione a bordo. Il diritto marittimo non obbligava certo la nave ad ottemperare quanto a lei richiesto…..sia la “Valchiria” sia il sommergibile si trovavano in acque internazionali e la nave non era certo tenuta ad obbedire. Ma il comandante della vecchia carretta, d’accordo con i Fillol, aveva , per stornare da loro qualsiasi eventuale sospetto, accettato immediatamente e con buona grazia l’inattesa visita a bordo essendo sicuro che scoprire il segreto custodito dalla nave, sarebbe stato per tutti impossibile. Dik appena la nave era stata avvistata, si era reso conto benissimo di avere avuto ragione ad inseguirla: aveva fatto notare al comandante del sommergibile che la nave, pur essendo partita dall’Argentina completamente scarica…..si presentava stranamente appioppata ed immersa più del dovuto, come se a bordo fosse stato caricato un qualcosa che sulla lista di carico non era affatto stato segnalato. Dik aveva deciso, d’accordo con il comandante del sommergibile, che si sarebbe recato a bordo con Mia assieme alla squadra addetta all’ispezione…..era stato stabilito di dire al comandante la “Valchiria”che l’ispezione era dovuta esclusivamente al fatto che un carico di uranio era stato trafugato da una miniera americana ed imbarcato a bordo di una nave partita dagli Stati Uniti e che si aveva il sospetto che tale carico potesse essere stato trasbordato a bordo di una nave salpata da un altro porto per sviare le ricerche. Appena saliti a bordo la squadra ispettiva si sarebbe limitata a fingere di eseguire rapidamente delle rilevazioni, per appurare la presenza o meno del carico fantasma, mentre Dik e Mia sarebbero scomparsi senza farsi notare nei meandri della nave e….li sarebbero rimasti, soli e ignorati da tutti. Prima di lasciare il battello Dik aveva chiamato a parte il Comandante e in presenza di Mia gli aveva testualmente detto:” Comandante Ford…..l’impresa che ci accingiamo a compiere è estremamente rischiosa e non so dirle se avremo l’onore e la fortuna di rivederla. Lei sa benissimo l’importanza che noi si riesca a dimostrare al di la di ogni ragionevole dubbio, che quanto cerchiamo si trova a bordo della “Valchiria”. Io le lascio in eredità tre opzioni possibili, anzi quattro. La prima è quella che noi abbiamo fallito e che la nave sia semplicemente solo ed esclusivamente ciò che dice di essere, cioè esclusivamente un innocuo mercantile…..allora Mia ed io torneremo semplicemente a bordo del suo sommergibile con un nulla di fatto. La seconda è quella, forse più provabile, che noi non riusciamo più a metterci in contatto con lei: in tal caso, trascorse sei ore dalla nostra partenza, lei dovrà affondare all’improvviso e nel modo più rapido possibile la nave che ci sta a fianco. La terza è quella che noi si riesca a sventare la minaccia entro le sei ore che avremo a disposizione e allora lei lo saprà direttamente dalla nostra voce. La quarta e ultima si verificherà quando sulla radio di bordo riceverà un segnale, di cui adesso le darò le esatte frequenze e lunghezze d’onda, lanciato da noi premendo semplicemente un piccolo tasto di un trasmettitore che sia io che Mia abbiamo in dotazione…….se capterà tale messaggio dovrà distruggere la “Valchiria” il più rapidamente possibile perché vorrà dire che per noi due tutto è perduto e che non c’è un secondo da perdere”” Certo signor Dik che lei oltre a lasciarmi una bella eredità mi lascia anche una brutta gatta da pelare” Ribattè il Comandante” Ma può star tranquillo che le sue disposizioni saranno rispettate alla lettera” La “Valchiria” dunque, non aveva fatto alcuna obiezione all’intimazione di fermarsi fatta dal sommergibile ed anzi, dopo essersi pigramente arrestata, aveva calato la scaletta per favorire l’ingresso a bordo dei marinai americani. A bordo tutto era stato svolto con la massima celerità possibile…..il comandante della nave aveva messo a disposizione l’imbarcazione per quanto era stato a lui richiesto con una grandissima cordialità ed il resto dell’equipaggio, completamente all’oscuro di quanto la nave conteneva, si era comportato con una assolutamente autentica aria mista di stupore e rassegnazione. La permanenza a bordo della squadra era durata solo il tempo necessario a fare in modo che Mia e Dik potessero intrufolarsi di nascosto nell’interno della nave…… i marinai americani avevano finto di fare alcune misurazioni con degli strumenti rivelatori di radiazioni e poi se ne erano sollecitamente, andati, scusandosi per il disturbo arrecato e ringraziando tutti per la cortesia e la collaborazione dimostrate. Appena tornati a bordo del battello l’”Alabama” si era immerso fingendo di allontanarsi….ma rimanendo invece a distanza di un centinaio di metri al massimo dalla nave, che intanto aveva ripreso la sua navigazione. Dik e Mia nel frattempo si erano nascosti all’interno di un magazzino di pezzi di ricambio….nessuno aveva dato loro alcun fastidio visto che nessuno aveva alcuna idea della loro presenza. Avevano visto dalla porta semichiusa del locale il comandante della nave passare nel corridoio dove si trovava il magazzino e l’avevano seguito con la massima cautela. Dopo una serie di curve e di scalette metalliche, i due si erano improvvisamente ritrovati da soli….il comandante sembrava scomparso nel nulla e davanti e dietro di loro c’era solo un lunghissimi corridoio senza alcuna porta visibile. Il comandante intanto aveva aperto una porta metallica nascosta dietro un pannello irto di bulloni che nascondevano perfettamente la maniglia di apertura e si era addentrato in una serie di locali arredati lussuosamente, fino a ritrovarsi al cospetto dei quattro componenti la famiglia Fillol che lo attendevano comodamente seduti su dei soffici divani.” Allora caro comandante…..che cosa volevano da noi quegli americani? Le sembra che sospettino qualche cosa delle nostre intenzioni?”Cominciò a dire uno dei quattro esprimendo le preoccupazioni di tutti loro”Niente…..assolutamente nulla di preoccupante” Rispose il comandante”Si trattava solo, per nostra fortuna, di un fortuito controllo di routine dovuto ad un furto di uranio …….quando gli americani si sono resi conto che noi non centravamo affatto se ne sono andati immediatamente. Nessuno sospetta assolutamente nulla. Siamo per cui liberi, assolutamente liberi di continuare indisturbati per la nostra strada….ancora cinque giorni e poi…….il nostro destino sarà compiuto e la nostra vendetta…..consumata.” Mia e Dik intanto si stavano cautamente aggirando per il corridoio alla ricerca della stanza nella quale il comandante era misteriosamente scomparso….per fortuna quella zona della nave non veniva mai percorsa dai marinai, per cui continuavano a ritrovarsi completamente soli. Tuttavia le loro ricerche non avevano approdato a nulla: certo avevano fondati sospetti di avere ragione e di essere nel giusto……prima di tutto la partenza improvvisa della “Valchiria”, il cui stesso nome era tutto un programma, che era improvvisamente salpata dopo una permanenza in porto protrattasi per mesi; la nave che doveva essere scarica denotava invece di portare un misterioso carico verso poppa; la repentina e misteriosa sparizione del comandante che poteva solo implicare che l’uomo si era infilato in un passaggio segreto che lo aveva senza dubbio portato in una zona nascosta della nave……si trattava di tutta una serie di indizi ma non ancora di una prova certa. A forza di cercare Mia alla fine aveva trovato l’apertura nascosta della porta misteriosa…..Dik le aveva detto di stare bene attenta prima di muoversi, sapeva benissimo che per ora, il mantenere il vantaggio di rimanere in incognito, era un fattore fondamentale se….volevano riuscire a scoprire quanto interessava loro. Mia aveva aperto con la massima cautela la porta e i due si erano ritrovati in un ampio salone con il pavimento in pannelli di legno e con le pareti ricoperte da arazzi, sembrava proprio di trovarsi in una stanza di un castello medioevale. La stanza appariva deserta ma da una delle aperture che si notavano in fondo, traspariva il suono di una pacata conversazione.” A questo punto della nostra esistenza, cari fratelli, siamo giunti al punto di fare un consuntivo finale e di tirare le somme una volta per tutte. Purtroppo il sogno del nostro amato Fuhrer si è infranto definitivamente per ben due volte……e questo è accaduto non per una errata programmazione di quanto era stato progettato…..ma per mera sfortuna e per una sfavorevole catena di avvenimenti sventurati che non potevano assolutamente essere previsti da nessuno. In bocca, come voi tutti ben sapete, ci è rimasto solo il dolce sapore della vendetta…..per lo meno affronteremo la morte con la consapevolezza che il giudaismo internazionale, questa volta avrà ricevuto per mano nostra il colpo definitivo e con la certezza che, con lo stato d’Israele se ne saranno pure andati gli altri stati arabi del Mediterraneo abitato dalle ben note sottorazze mussulmane. Alla fine tutti noi, noi quattro con il nostro fratello morto prematuramente nel ben noto incidente, il nostro amato Fuhrer e tutti coloro che hanno collaborato attivamente a creare tutto quanto è stato da noi fatto…….sappiamo che abbiamo fatto veramente di tutto per la vittoria della nostra sacra causa. Possiamo essere orgogliosi di tutto ciò…..noi con la nostra opera siamo riusciti almeno a liberare il mondo dal cancro del giudaismo ed a compiere l’opera iniziata da Hadolf Hitler negli anni quaranta.”Il discorso adesso continuava più infuocato….non si trattava più di un monologo, ma tutti i quattro fratelli interloquivano a turno in un crescendo parossistico di esaltazione. A Dik e Mia, quanto avevano ascoltato era largamente sufficiente per potersene andare da quel luogo di follia, adesso sapevano di aver avuto ragione ed erano in possesso della prova che cercavano. Era necessario ora, riuscire ad avvertire in qualche maniera il sommergibile, che l’obiettivo da distruggere era proprio la “Valchiria” e se possibile riuscire ad andarsene senza farsi scoprire. Dik aveva rinchiuso dietro di se la porta can la massima cautela e, presa per mano Mia, la stava conducendo corridoio dopo corridoio, scaletta dopo scaletta, verso la coperta della nave. Erano quasi riusciti nel loro intento, quando all’improvviso si trovarono la strada sbarrata dal Comandante che, avendoli visti aggirarsi per i corridoi con aria furtiva da una delle telecamere piazzate strategicamente attorno alla” residenza “ dei Fillol, aveva loro teso un agguato. Non c’era stata nessuna lotta……Dik e Mia si erano all’improvviso visti circondati dal Comandante e da otto nerboruti marinai armati di mitraglietta. Non c’era stato nulla da fare, non avevano potuto opporsi in alcun modo. I marinai gli avevano perquisiti accuratamente, avevano ovviamente loro sequestrato le armi e a Mia avevano anche portato via il trasmettitore di cui era dotata per avvertire il sommergibile che era arrivato il momento di far esplodere la nave. Dik, invece era riuscito a nascondere il suo, infilandoselo nelle mutande, sperando che la perquisizione si sarebbe limitata alla ricerca della armi eventualmente in suo possesso. Fortunatamente il trasmettitore era stato abilmente camuffato nella sua forma…..assomigliava infatti ad una innocua scatoletta di caramelle, con la marca stampigliata in modo ben visibile. Il trasmettitore di Mia era così finito abbandonato su di un tavolo accanto alla pistola della ragazza, alla catenina che Mia portava attorno al collo e al suo orologio da polso e nessuno si era accorto del trucco. Nessuno aveva infierito contro di loro….i marinai non sapevano assolutamente nulla di quanto succedeva a bordo in quei momenti e della tragica fine cui pure loro erano stati destinati e si erano limitati, considerando i due alla stregua di semplici clandestini, ad accompagnarli, dopo averli adeguatamente ammanettati, fino davanti alla porta che conduceva ai locali riservati ai Fillol….e li li avevano lasciati alle amorevoli cure del Comandante. Dopo una decina di secondi Dik e Mia si erano trovati al cospetto dei quattro fratelli che totalmente sbalorditi non riuscivano a rendersi conto da dove i due potessero essere sbucati ed a che titolo si trovassero a bordo della nave. In quelle circostanza Dik aveva scelto, quando fossero stati interrogati, di raccontare un qualche cosa che si avvicinasse molto alla verità, sapendo benissimo che se anche fosse riuscito nell’impossibile possibilità di far credere che la loro presenza a bordo della “Valchiria” era casuale e che loro erano totalmente all’oscuro della trama ordita dai Fillol……..il loro destino non sarebbe cambiato per nulla. Tanto valeva mettere le carte in tavola e togliersi per lo meno la soddisfazione di farsi raccontare direttamente dai protagonisti tutto quanto era stato ordito da quella stirpe di criminali. Per cui Dik aveva raccontato ai fratelli Fillol praticamente tutto quanto era accaduto a loro due negli ultimi giorni e quello che era successo nell’isola sperduta dell’Atlantico per opera di Wilson……l’unica cosa che aveva ovviamente taciuto era la presenza nelle vicinanze del sommergibile e l’esistenza…..nei recessi delle sue mutande, della scatoletta con il tasto che se premuto avrebbe consentito…..la chiusura rapida e definitiva di tutta la faccenda. Ma i quattro fratelli non avevano battuto ciglia, non si erano come sperato dilungati in spiegazioni, non si erano “beati” di far vedere quanto erano stati bravi nell’ordire la loro trama infernale…..nulla di nulla era trasparito da quegli occhi di ghiaccio e l’unica frase che uno di loro aveva pronunciato era stata:” Comandante, per favore, mettete questa feccia ai ferri nel congelatore spento che si trova accanto alla cucina. Non fate loro alcun male, dategli da mangiare e da bere, perché vogliamo che tra tre giorni, quando saremo finalmente “a distanza di tiro” assistano in prima persona al lancio dei missili……dopodiché, per quello che importa, potrete fare di loro ciò che vi garba di più, tanto il destino di noi tutti, come solo noi quattro e lei sappiamo, è già stato segnato da tempo…..o scompariremo dopo aver fatto ciò che dobbiamo o, se malauguratamente qualche cosa andasse ancora storta, in un attimo faremo esplodere la testata nucleare nascosta nelle viscere della “Valchiria” ” Dopodiché, nel giro di qualche minuto, i due si erano ritrovati, scortati da quattro marinai, in quella che era stata fino a poco tempo prima una delle ghiacciaie della nave, incatenati ad una parete. “ E adesso Dik, che cosa possiamo mai fare” cominciò a dire Mia.” Ragazza mia a noi restano solo, secondo me tre sole possibili alternative: delle sei ore di tempo che noi abbiamo dato al sommergibile, prima che ci catturassero ne erano rimaste tre…..adesso, dall’orologio della cucina che si intravede da qui, da tre ce ne sono rimaste due, per cui o riesci frugandomi nelle mutande, visto che io al contrario di te ho le mani legate dietro la schiena e non lo posso fare, a recuperare il trasmettitore e a dare subito l’ordine di distruzione, o aspettiamo che il tempo scada e che il sommergibile faccia ugualmente il suo dovere, o……cerchiamo di filarcela alla sveltina, il che tra parentesi, è l’opzione che preferisco. Lo so che il frugami dove sai…. ti avrebbe gratificato parecchio….ma ti prometto che se vuoi te lo farò fare, con tutto comodo, a missione compiuta” Mia, se pur terrorizzata, a tali parole, non era riuscita a nascondere un sorriso…..ma tra il dire e il fare…..il riuscire a fuggire pareva proprio un’utopia. Ma era ovvio che da soli i due non si sarebbero potuti mai liberare delle corde che li legavano uno all’altro e nello stesso tempo a un tubo della paratia metallica……non avevano addosso nulla che li potesse agevolare nel tentativo di fuga, visto che tutto quanto indossavano a parte i vestiti era stato requisito loro in precedenza. Era indispensabile riuscire a trovare qualcuno in grado di farlo…..ed anche alla svelta visto che il tempo a loro disposizione stava ormai per scadere. Dopo una quindicina di minuti, una bella ragazza dagli occhi tristi era entrata recando loro un pasto dall’apparenza alquanto stuzzicante. La giovane posato a terra il vassoio, senza una parola, dopo essersi guardata attorno con circospezione, aveva lasciato accanto ai piatti un coltello da cucina dall’aria molto affilata e giratasi se ne era andata con la più grande sollecitudine. Dik aveva cercato di richiamarla almeno per poterla ringraziare…..ma la ragazza aveva imboccato la porta ed era sparita silenziosamente nel corridoio. Dik e Mia sapevano benissimo che solo i Fillol ed il comandante della nave sapevano che nessuno di loro a bordo della”Valchiria” sarebbe sopravissuto…..l’equipaggio, all’oscuro di tutto, continuava a svolgere i propri compiti quotidiani, ignorando completamente l’atroce fine a cui erano ingiustamente condannati……quei poveri marinai non avevano assolutamente alcun motivo per odiare i due coraggiosi che erano rinchiusi legati in un frigorifero spento…. E la ragazza che li aveva voluti aiutare, lasciando con noncuranza il coltello accanto al cibo, evidentemente si era impietosita e, così facendo, aveva deciso di aiutarli. “Dai Mia….sbrigati a slegare anche me che il tempo rimastoci è veramente poco” aveva detto Dik alla compagna “Grazie caro mio dell’incitamento” aveva ribattuto con veemenza la ragazza….….”.guarda che se anche sono solo una donna….ci ero arrivata da sola. E adesso lasciami lavorare in pace, altrimenti rischio di tagliare oltre alla corda anche i tuoi amati polsi” In un paio di minuti i due si erano liberati. Dik aveva aperto con cautela la porta e aveva trovato il corridoio completamente deserto. Ma non era di la che i due avevano intenzione di fuggire…percorrere corridoi, passaggi e scalette di una nave a loro completamente sconosciuta, con il rischio di imbattersi in qualcuno e di far inevitabilmente ritorno in cella, non era fattibile e comunque sarebbe costato loro una perdita di tempo che non potevano assolutamente permettersi. Per cui avevano deciso di uscire all’aperto attraverso la grata di una grande presa d’aria del frigorifero spento…..sarebbe bastato svitare con il coltello quattro viti e, dopo aver levato il pannello….la via per gettarsi in mare sarebbe stata aperta. I due sapevano che il sommergibile da cui erano partiti cinque ore prima, li seguiva da vicino con le lenti del periscopio puntate sulla “Valchiria” in continuazione ed al massimo ingrandimento possibile. Appena si fossero gettati in acqua….sarebbero stati visti e recuperati in tempi brevissimi.

CAPITOLO TRENTACINQUESIMO.

Al raggiungimento del punto da cui i missili sarebbero stati lanciati, mancavano ormai solo poco più di tre giorni…..i quattro fratelli si trovavano seduti comodamente nel loro salotto e stavano discutendo su quanto era successo e…su quanto sarebbe ancora dovuto accadere. Non era stato previsto che nessuno di loro sarebbe sopravissuto alla catastrofe che si apprestavano a provocare; non si trattava più di costruire un nuovo mondo completamente comandato da una razza superiore ed eletta…..il disegno originario, pur così perfetto, era andato in frantumi. A loro ed a tutti coloro che erano morti negli anni per realizzarlo….restava ora solo la vendetta e niente di più. Dopo l’avvenuto lancio dei missili, i tre armati con testata nucleare ed il quarto con una testata batteriologica, una quinta testata, nascosta nei recessi della nave, avrebbe in un attimo vaporizzato in un sacro fuoco sacrificale la “Valchiria” e tutti i suoi occupanti. Non c’era nient’altro da dire o da fare…..restavano solo quei pochi scampoli di vita da passare in serena tranquillità, convinti per lo meno, di avere fatto fino in fondo quello che ritenevano essere stato il loro dovere. Mia e Dik intanto stavano freneticamente cercando di svitare i fermi che tenevano saldamente infissa alla paratia la grata che impediva loro il passaggio verso la salvezza……..le prime tre viti non avevano opposto alcuna resistenza ma l’ultima non ne voleva proprio sapere di lasciare la propria sede. Alla fine un Dik esasperato, aveva preso a calci la grata, fino a quando la stessa non era caduta tra le onde. Mia allora si era sporta il più possibile nell’apertura muovendo freneticamente le braccia, cercando in questo modo, di farsi notare dl sommergibile che li seguiva da presso….poi, seguita da Dik….si era gettata in mare. Fortunatamente nel giro di pochi minuti si erano ritrovati a bordo del battello, al caldo e all’asciutto e quella che poteva sembrare un’impresa se non disperata per lo meno estremamente rischiosa….era stata felicemente portata a termine. Il mondo ormai era al riparo dalla tremenda minaccia che si era profilata; un paio di siluri ben piazzati o un missile antinave e dei Fillol, di Hitler e del nazionalsocialismo……. si sarebbe perso finalmente anche il ricordo. Restava ora di scegliere il modo per porre fine a tutto…..un modo valeva l’altro ma, premendo il fatidico bottone oltre al diabolico piano preparato da delle menti malefiche, si sarebbe posto inevitabilmente fine anche alle vite di una trentina di marinai innocenti, tra cui si trovava tra l’altro, la ragazza che con il suo aiuto disinteressato aveva consentito la fuga a Dik e Mia. Per il comandante del sottomarino….questo era un inevitabile prezzo da pagare….il sacrificio di pochi per la vita di tantissimi altri, ma a Dik questo non stava affatto bene. Anche se i Fillol adesso sapevano che, con la fuga dei due giovani, qualcuno era informato di quanto loro stavano per mettere in moto, per circa tre giorni si trovavano con le mani legate non essendo ancora a tiro gli obiettivi che dovevano essere colpiti. La “Valchiria” infatti si trovava ancora in mezzo all’oceano e l’unica cosa che avevano potuto fare era stata quella di mettere al massimo i motori della nave per cercare per lo meno di guadagnare tempo prezioso.

CAPITOLO TRENTASEIESIMO.

Il problema era adesso quello di tornare a bordo della “Valchiria” senza che nessuno se ne potesse rendere conto. Dik sapeva benissimo che se i Fillol si fossero sentiti in qualche modo minacciati avrebbero fatto sparire la nave in un olocausto nucleare, per cui l’idea di abbordarla in pieno giorno era una idea assolutamente da scartare. Inoltre il comandante del battello aveva spiegato a Dik che non appena lui e Mia si fossero diretti in gommone al buio per cercare di salire a bordo….lui avrebbe portato il sommergibile in immersione a distanza di sicurezza, per evitare di coinvolgerlo nella temuta e possibile esplosione, ma sarebbe emerso senza nessun possibile rinvio ventiquattro ore prima che la “Valchiria” arrivasse a distanza utile per il lancio dei missili e….l’avrebbe distrutta lanciandole contro tre siluri Mark 46 mod.5. Se Dik e Mia si fossero trovati all’appuntamento con il battello….bene !….altrimenti lui avrebbe distrutto in ogni caso la nave, anche con loro due ancora a bordo. Dik e Mia avevano dalla loro parte solo il fatto che, oltre ai Fillol e al comandante della nave, nessuno sapeva nulla della missione suicida della “Valchiria” e che l’equipaggio pensava di star compiendo una traversata come tante altre. Dunque la sorveglianza a bordo non sarebbe certo stata ossessiva e i due ”incursori” avrebbero almeno avuto la vita un po’ facilitata ma questo sarebbe stato l’unico vantaggio a loro disposizione….sempre posto che fossero riusciti ad introdursi a bordo, il che non era certo una cosa semplice. Il piano era quello di precedere la “Valchiria” con il sommergibile di un paio di miglia, la sera con il calare delle tenebre, di salire sul solito gommone e al passaggio della nave cercare con il lancio di alcuni grappini di abbordaggio, di”arpionare” in qualche modo un corrimano od una qualsiasi sporgenza adatta a tale uso. Non si trattava certo di un piano particolarmente valido….solo il fatto di riuscire a legarsi ad un bestione di diecimila tonnellate che ti passava a fianco a venti nodi, di riuscire a resistere al moto ondoso sviluppato dall’incedere della nave, di riuscire a salire arrampicandosi in precario equilibrio ad una corda………erano tutte realtà che mettevano i brividi e che davano ben poche possibilità di riuscita. Ma Dik e Mia a disposizione non avevano purtroppo nessuna altra alternativa.

CAPITOLO TRENTASETTESIMO.

Il comandante della nave tedesca stava passeggiando pigramente attraverso la plancia di comando. Il suo umore non era certo dei migliori, visto che sapeva che fra poco più di due giorni….avrebbe dovuto morire. Non che non fosse convinto di quanto stava per fare…..fin da piccolo era stato addestrato ed indottrinato adeguatamente per servire fino in fondo la pazzesca ideologia di cui ormai faceva parte lui stesso. Lui era convinto di eseguire il suo dovere e che quello era il destino che lo aspettava. Gli dispiaceva soltanto il fatto di aver dovuto rinunciare a quanto gli era stato promesso in gioventù…..il potere assoluto su una schiera di schiave subumane da gestire, un lavoro gratificante in mare, una esistenza dove avrebbe fatto parte della elite della razza dominante e padrona. Purtroppo la sorte era stata avversa in modo incredibile a quel gigantesco progetto disegnato da menti così geniali….e non gli rimaneva altro che compiere il suo dovere fino in fondo. Tutto assorto nei suoi pensieri, ad un certo punto le sue amare riflessioni, furono interrotte da un boato che dalle viscere della nave avevano fatto vibrare la Valchiria in tutta la sua struttura. Subito dopo il ritmico cantilenare delle macchine si era zittito e la nave procedeva in avanti spinta solo dal suo abbrivio. Il comandante si era subito precipitato nelle viscere della nave, nella direzione da cui era provenuto il violento rumore che lo aveva fatto sussultare….un corridoio dopo l’altro, una scaletta fatta a quattro scalini alla volta in discesa…… sempre più in basso. Alla fine l’ufficiale era arrivato davanti alla sala macchine dove si era originato il problema: per fortuna, lo aveva informato il direttore di macchina, si trattava solo di un tubo del vapore esploso……tanto rumore per un danno limitato ed un paio di macchinisti leggermente ustionati. La riparazione avrebbe richiesto un paio di ore al massimo e, subito dopo la “Valchiria” avrebbe potuto riprendere a navigare alla sua velocità di crociera. Questa volta il destino non era riuscito ad infierire oltre sui programmi dei Fillol…..tutto era a posto e la “missione” sarebbe stata, almeno questa volta, portata a termine. Ma la sosta imprevista della nave, ferma in mezzo al mare, aveva fatto felici due persone che ormai disperavano di poter portare a termine il progetto pazzesco in cui si erano imbarcati…Dik e Mia, erano difatti riusciti, approfittando dell’occasione che si era loro insperatamente presentata, ad arrampicarsi nell’oscurità, su per lo scafo nero della nave fino ad arrivare alla medesima apertura che avevano usato in precedenza per mettersi in salvo. Ritornare a vedere il frigorifero dove erano stati rinchiusi aveva fatto ai due una certa quale impressione…..li si erano visti ad un passo dalla morte e solo l’inesplicabile aiuto porto loro da una perfetta sconosciuta, era riuscito a salvarli. Purtroppo però dal resto dell’equipaggio, che era totalmente all’oscuro di quanto stava per accadere loro, Mia e Dik altri aiuti non se ne potevano aspettare….a loro non restava altro che cercare di eliminare i quattro fratelli Fillol, o distruggere le rampe di lancio ed i missili. I due avevano ancora un paio di giorni a disposizione….adesso l’impianto di lancio doveva certamente essere deserto, ma restava il problema di trovarlo e di riuscire a neutralizzarlo. Riuscire a ritornare verso poppa non era stato certo un problema insormontabile. Dik si era reso conto benissimo che i Fillol non uscivano per nulla dal loro rifugio dorato e che l’equipaggio, non avendo assolutamente nulla da fare da quelle parti, difficilmente si sarebbe fatto vedere. Mia fortunatamente aveva scoperto subito la telecamera che gli aveva “fregati” quando erano stati per la prima volta a bordo della “Valchiria”……..la telecamera non era ferma in una posizione fissa, ma girava alternativamente da destra a sinistra su di un perno per permettere una visuale più completa del vasto locale da cui si snodavano due corridoi e si inerpicavano due scalette metalliche. I due compagni avevano atteso allora il momento propizio, in cui la telecamera girava dalla parte opposta da dove avrebbe potuto individuare la loro presenza……e si erano diretti di corsa girando l’angolo, dove non sarebbero più potuti essere individuati e dove soprattutto si trovava l’ingresso degli appartamenti dei Fillol. Accanto alla porta di ingresso si apriva un boccaporto su cui era saldata una targhetta metallica con impressa in tedesco la scritta:RISERVATO AL COMANDO VIETATO L’INGRESSO:” Vuoi vedere che qui dentro si trova quello per cui siamo venuti?” Disse Mia “Apriamo il portello e vediamo quello che è custodito qui dentro” Rispose Dik. Detto….fatto. La porta metallica non diede alcun problema e non resistette per nulla alla manovra di apertura……l’interno della grande sala si era illuminato automaticamente con l’apertura del portello, facendo intravedere un moderno sistema di lancio composto di quattro rampe di missili Cruise……..altro di interessante per i due compagni non c’era da vedere……bastava quanto c’era in quella stanza per far capire loro che le loro paure più recondite avevano trovato una inequivocabile ulteriore conferma. La loro missione si poteva considerare virtualmente conclusa, avevano vinto su tutta la linea: potevano adesso gettarsi in mare da dove erano venuti ed attendere che il sommergibile compisse quanto aveva in programma…….ma loro erano tornati con uno scolpo ben preciso. Cercare in tutti i modi possibili di salvare l’ignaro equipaggio e soprattutto quella ragazza che li aveva precedentemente salvati da una fine orribile. Ma c’era un altro motivo che spingeva Dik a continuare nell’azione che aveva intrapresa con Mia….voleva avere la soddisfazione di sbandierare in faccia ai Fillol…il loro fallimento, totale, completo assoluto e di vedere stampata sui loro volti la disperazione dell’ineluttabile sconfitta. Non era questa una soddisfazione da poco….non era una presa di posizione personale, ma Dik voleva che i quattro fratelli si trovassero una buona volta dinnanzi al fallimento di tutta una vita volta soltanto ed esclusivamente al male ed alla folle riuscita di un progetto demoniaco. Dik non aveva alcuna intenzione di uccidere i Fillol…..voleva invece assicurarli alla giustizia di un tribunale imparziale ma….giusto……..che facesse in modo di far scontare a quei quattro assassini, per tutta la loro vita, le colpe che si accingevano a commettere. Gli alloggi dell’equipaggio si trovavano in una zona della nave completamente diversa da quella dove erano custoditi i missili ma trovarla non risultò per nulla una faccenda complicata. In definitiva Dik e Mia si trovavano in un vetusto mercantile di medie dimensioni e a parte lo spazio riservato alle stive di carico lo spazio che rimaneva non era poi così esteso. I due avevano fatto attenzione soprattutto ad individuare e di conseguenza ad evitare le telecamere poste per controllare eventuali intrusioni ma a parte quella posta strategicamente all’imbocco del corridoio dove erano stati individuati in precedenza, non ne avevano trovate altre. Alla fine si erano imbattuti nella sala mensa, dove quasi tutto l’equipaggio si trovava per la cena: la porta era socchiusa e all’interno si poteva sentire distintamente il chiacchierio delle persone e l’acciottolio delle posate. Dalla fessura della porta Dik si era reso conto che fortunatamente il comandante della”Valchiria” non si trovava con il resto del personale…..forse anche a lui era riservato un alloggio particolare con comodità ben diverse da quelle riservate alla ciurma. Dik e Mia, dopo essersi guardati negli occhi non persero altro tempo prezioso e….aprirono la porta. “Buon giorno signori” Esordì l’americano con un grande sorriso tra le stampato sul viso e con le mani aperte in modo da imprimere sicurezza in chi lo stava guardando”Scusate di nuovo la nostra intrusione…..state tranquilli, vi prego, noi due siamo qui solo per aiutarvi. Vi prego di non fare nulla di avventato e di limitarvi ad ascoltarci dopo di che sarete liberi di agire in perfetta libertà ed autonomia come meglio crederete. Ribadisco che abbiamo bisogno solo di essere ascoltati, che non siete assolutamente in pericolo e che la nostra è una conversazione fatta solo ed esclusivamente per il vostro interesse. Mia, per favore, mentre io spiego ai signori la situazione controlla che nessuno entri nella sala e se qualcuno arriva chiamami immediatamente.” I marinai erano quindici e tra di loro si trovava anche la ragazza che aveva aiutato Dik e Mia a liberarsi. Al primo momento erano rimasti come paralizzati all’apparire assolutamente imprevisto dei due incursori, ma poi sentendo le parole di esordio di Dik, si erano tranquillizzati e si erano disposti di buon grado ad ascoltare. In mare, in una nave come quella la vita a bordo era estremamente monotona e qualsiasi novità in definitiva era la benvenuta. “Ascoltate quanto vi sto per dire e non interrompetemi fino a quando non avrò terminato che il tempo a nostra disposizione è molto poco….poi potrete domandarmi tutto quanto vorrete sapere. Non so se vi siete accorti durante la navigazione di alcune cose strane che si sono verificate a bordo…..la partenza improvvisa dopo mesi di inerzia, la proibizione che di sicuro avete avuto di non frequentare alcune zone della vostra nave, l’anormale appoppamento della “Valchiria” anche se la nave risulta completamente scarica. Lo so….questi sono solo indizi marginali….ma io vi dico e ciascuno di voi lo può verificare di persona, che in un locale a poppa, dove nessuno di voi ha accesso, sono situate delle rampe complete di missili destinati a colpire alcune delle principali città di Israele….. e che appena effettuato il lancio, voluto e diretto da quattro personaggi imbarcati di nascosto sulla vostra nave, una quarta carica esplosiva incenerirà la “Valchiria” e tutto quanto è in essa contenuto….voi compresi.” Tutto attorno le esclamazioni di disappunto per quanto appena ascoltato si mescolavano a quelle di aperta incredulità…..c’era chi era spaventato e chi credeva che quanto appena saputo facesse parte di una colossale burla. Dik e Mia tacevano e ascoltavano quanto veniva discusso dai membri dell’equipaggio…..ad un certo momento quando l’incredulità sembrava avere partita vinta si alzò alta la voce di quella stessa ragazza che già in precedenza era intervenuta in loro soccorso:” Sentite bene tutti…..chi non crede a quanto ci è stato detto ha certamente ragione a dubitare…..ma io vi dico che questi due, con il mio aiuto, erano già riusciti a fuggire, eppure sono ritornati a bordo rischiando di nuovo la loro vita….e da quanto posso capire lo hanno fatto per noi. Io poi vi posso confermare che mi è capitato, subito dopo la partenza, di avere per errore visto all’interno di quella zona a noi vietata, quello che potrebbe benissimo essere quanto asserisce il signor Dik…….io di armi non me ne intendo proprio, però la sagoma di un missile la so riconoscere benissimo e…..in quel locale a poppa, di missili ne ho visti almeno tre.” La testimonianza della ragazza aveva come per magia, cambiate le carte in tavola…….adesso tutta l’attenzione dell’equipaggio era rivolta verso Dik, che aggiunse:” Adesso è necessario evacuare la nave nel più breve tempo possibile e senza che il comandante se ne accorga o possa reagire…..faremo così: primo quattro di voi dovranno con infinita cautela informare gli altri componenti dell’equipaggio che ora sono di guardia di quanto vi ho detto; secondo quattro di voi dovranno recarsi in plancia e rendere inoffensivo il comandante che, unico a bordo, è implicato in tutta la faccenda; terzo Mia ed io compiremo un’altra missione ….catturare cioè i quattro criminali che sono a bordo della nave, criminali di cui voi tutti non conoscevate fino ad ora assolutamente l’esistenza. Dopo di che, quando tutto sarà finito, ci ritroveremo in coperta, dove saremo abbordati dal sommergibile nucleare americano che ci segue da presso.”

CAPITOLO TRENTOTTESIMO.

Il comandante passeggiava nervosamente su e giù per la plancia…..accanto a lui c’era solo il timoniere che con aria distratta cercava di mantenere la rotta con la massima precisione. Il tempo sembrava non volere passare mai, eppure a tutti restavano solo un paio di giorni ancora da vivere e il comandante avrebbe voluto fermare le lancette dell’orologio…..anche se tutto quanto aveva sperato di ottenere era svanito nel giro di poche ore, il pensiero della morte inevitabile se non lo spaventava per lo meno lo infastidiva. Lui e i quattro fratelli sarebbero morti con l’intima consapevolezza di aver compiuto fino in fondo il loro dovere e di avere per lo meno ottenuto finalmente la totale distruzione della razza ebraica e di molti altri sottouomini, arabi musulmani, beduini, palestinesi e progenie di questo tipo. Sarebbe senza alcun dubbio stata una vittoria epocale…..ma a goderne i frutti non ci sarebbe purtroppo stato nessuno di loro. Era ancora immerso nei suoi pensieri, quando in plancia si presentarono quattro marinai: il secondo e tre nerboruti caldaisti che, con la scusa di un nuovo problema tecnico, erano entrati nel locale. Immobilizzare l’allibito comandante fu questione di un attimo….al terrorizzato timoniere fu necessario appioppare una robusta manganellata in modo da mandarlo per un po’ nel mondo dei sogni……il primo obiettivo era stato raggiunto e visto che avvertire i pochi membri dell’equipaggio che si trovavano di guardia non aveva presentato alcuna difficoltà, restava adesso solo da sistemare i quattro fratelli e mandare un messaggio al sommergibile per evitare la distruzione della “Valchiria” Il secondo, per prima cosa aveva fermato i motori e la nave prima aveva rallentato la corsa e poi si era fermata dondolando dolcemente cullata dalle onde dell’oceano. Dik aveva dalla sala radio avvertito il sommergibile che la situazione era sotto controllo e aveva richiesto che una squadra di marinai bene armati fosse trasportata con sollecitudine a bordo. I Fillol intanto, non sentendo più il ritmico pulsare delle macchine della nave, avevano con il Trasmettitore portatile cercato di mettersi in contatto con il comandante, ma non ricevendo risposta alcuna, si precipitarono nel locale dove i missili erano ormai pronti ad un lancio immediato. In caso disperato il lancio poteva essere tentato in qualsiasi momento nel giro di pochi secondi…..l’unico problema era quello che gli obiettivi prefissati erano ancora fuori tiro. Comunque, anche se le città da distruggere erano ancora troppo lontane…..i missili avrebbero colpito ugualmente appena prima dei confini dello stato di Israele ed il risultato delle esplosioni nucleari, con la conseguente ricaduta radioattiva combinata all’effetto micidiale del diffondersi nella regione del terribile virus, sarebbe in definitiva stato ugualmente ottenuto. Ma aperto il portello ed entrati nel locale….vennero di sorpresa immediatamente immobilizzati da Dik, Mia e dieci marinai. L‘espressione di quei volti ripagava in parte i due incursori ti tante preoccupazioni patite…….rabbia, delusione….sgomento. Anche questa volta qualche cosa era andata male e non c’era più nulla da fare….tutto era finito nel nulla….una preparazione così accurata durata anni, energie e capitali profusi per nulla….era assolutamente inaccettabile. Ma la mostruosa organizzazione aveva veramente pensato a tutto, con teutonica preveggenza e precisione……la delusione c’era ed era bene evidente stampata sui volti dei quattro, ma era dovuta solo al fastidio di essere stati scoperti e nulla più. Certo le città israeliane non avrebbero più potute essere colpite direttamente, certo nemmeno il confine dello stato ebraico probabilmente sarebbe stato violato……le cose per l’ennesima volta non sarebbero andate come previsto e programmato, ma il risultato, anche se non lo stesso, sarebbe stato ugualmente ottenuto. Per cui i quattro si erano limitati a guardare con aria sprezzante i loro catturatori e a non rispondere per nulla alle domande che venivano loro poste da Dik. Mia, intanto, mentre Dik si preparava a trasbordare i quattro a bordo del sommergibile, si era recata nel locale da dove avrebbero dovuto essere lanciati i missili per dare un’occhiata al tutto. Il locale risultava completamente vuoto….al centro troneggiavano le quattro rampe di lancio e sulla parete metallica era situata una grande apertura, ancora ermeticamente chiusa, da dove sarebbero passati i missili appena fossero stati lanciati. Sulla destra era situata la consolle di un computer su cui lampeggiavano delle cifre e una scritta in lettere rosse che diceva testualmente: predisposizione automatica di lancio verso obiettivi secondari di riserva, a meno di ulteriori ordini, conto alla rovescia in funzione, tempo mancante al lancio ore tre e minuti cinquanta, tempo mancante all’autodistruzione ore quattro…..l’incubo ricominciava. Mia si era precipitata di corsa nel locale attiguo e preso da parte Dik, gli sussurrò in modo che solo lui potesse sentire:” Ci Hanno fregato di nuovo….i missili partiranno in ogni caso fra tre ore o poco più…..ce ne dobbiamo andare e far affondare al più presto possibile la nave. Ormai abbiamo ottenuto tutto quanto ci eravamo prefissati….possiamo evitare la catastrofe, abbiamo salvato l’equipaggio e….abbiamo con noi i Fillol. Andiamo via subito per carità” Intanto erano stati raggiunti dalla squadra di abbordaggio del sommergibile e tutto era ormai pronto per il trasferimento sul battello ma quando tutto sembrava essere andato a buon fine uno dei Fillol si precipitò urlando verso l’uscita della stanza cercando di correre via. Mentre l’attenzione di tutti era concentrata su di lui, un altro di loro si era avvicinato quel tanto che bastava alla scrivania che su trovava li a due passi e aveva premuto un bottone nascosto tra una pila di fogli…..”Adesso vi ho fregati tutti una volta per tutte e muoio contento per la gloria del Fuhrer e del quarto Reich” e stramazzò al suolo dopo aver addentato una capsula di cianuro che teneva nascosta in bocca. La stessa manovra era stata repentinamente compiuta dai suoi tre fratelli che avevano subito la medesima sorte. Mia si era precipitata di nuovo nella sala dei missili e aveva scoperto con orrore che la paratia che ne permetteva il passaggio stava lentamente aprendosi. Sullo schermo del computer era contemporaneamente comparsa una scritta minacciosa: sequenza di lancio attiva….lancio previsto in cinque minuti a partire da adesso, autodistruzione prevista in dieci minuti a partire da adesso. “Tutti a bordo del sommergibile…PRESTO, abbiamo meno di cinque minuti per imbarcarci e distruggere la nave….VIA tutti subito” Nessuno di loro, marinai americani ed equipaggio della nave si attardò a chiedere spiegazioni…..mentre correvano disperatamente su verso il ponte il sommergibile veniva allertato per ricevere a bordo quanti si trovavano a bordo della nave, per allontanarsi di almeno cinquecento metri in modo da poter lanciare tre siluri, visto che per il lancio di missili antinave il sommergibile e la “Valchiria” erano troppo vicini. Per arrivare in coperta furono necessari due minuti….per imbarcarsi lanciandosi praticamente a bordo del battello, ci volle un altro minuto…..per allontanarsi a distanza di sicurezza e per lanciare i siluri….altri due, ma il tempo era inesorabilmente passato e prima della devastante esplosione che aveva vaporizzato la “Valchiria” , la snella sagoma di due missili aveva puntato in alto verso il cielo azzurro. Il comandante del sommergibile aveva già in precedenza preso le contromisure e quattro missili antimissile erano stati lanciati, per intercettare i due ordigni. Il primo dei due fu colpito e distrutto con successo ma l’altro continuò indisturbato il suo viaggio verso il suo obiettivo. Tutto quello che si era potuto fare era stato fatto, ma Dik era adesso tormentato dal rimorso:” Cosa ho fatto mai Mia….per voler salvare l’equipaggio della nave, adesso per colpa mia si scatenerà l’apocalisse che ucciderà chissà quante centinaia di migliaia di innocenti…..avevamo vinto…..ho voluto stravincere e così ho perso!” Ma Mia vedendo tanta sofferenza negli occhi del compagno lo abbracciò e gli disse testualmente:”Poche volte ho visto in un uomo tanta umanità mescolata a tanta testardaggine……ma so che tu hai agito così non per vanagloria ma solo per salvare quante più vite fosse possibile. Non ti preoccupare…..a lottare qui in mezzo al mare non siamo soli…..ancora prima di partire ho contattato lo Stato Maggiore della Marina del mio paese e una fregata israeliana è già pronta a prendersi cura del missile che noi non siamo riusciti ad abbattere. Noi ebrei, noi di razza inferiore…..abbiamo dato la stoccata definitiva al morente Nazismo! Sta certo che nel giro di qualche minuto questo incubo sarà definitivamente concluso.” E difatti dopo cinque minuti arrivò la notizia che il missile era stato intercettato e distrutto a soli due miglia dalla costa…..adesso si poteva veramente mettere la parola fine su quel terribile incubo. Dik, all’improvviso prese tra le braccia la compagna e la baciò all’improvviso senza che lei potesse reagire, posto che lo avesse voluto…..” Questo bacio te lo ho dato per stemperare la tensione del momento….ed è un fatto puramente emotivo. Quello che ti do adesso e invece frutto del fatto che mi sono innamorato di te” e così facendo la prese di nuovo tra le braccia e la baciò di nuovo, questa volta con calma e con infinita tenerezza. La seconda guerra mondiale era di nuovo finita e questa volta definitivamente…..Hitler e i suoi folli accoliti, la sua stessa discendenza, il Nazionalsocialismo, potevano finalmente tornare per sempre nell’oblio dei libri di storia. La verità su quanto era accaduto, non sarebbe mai stata divulgata alla massa della popolazione e nessuno di loro, vincolati dal segreto militare, avrebbe mai potuto aprire bocca. Per l’equipaggio del sommergibile, per Dik e Mia non ci sarebbe certo stato alcun problema….per l’equipaggio della “Valchiria” si era dovuti intervenire con alcuni incentivi a base di denaro e di velate minacce per mantenere intatto il silenzio….il classico metodo del “bastone e della carota”. Dik e Mia erano nuovamente stati ricevuti alla Casa Bianca dal Presidente in persona che aveva voluto per l’occasione ringraziare tutti quanti avevano contribuito al successo della missione….Dik e Mia, che avevano con il loro coraggio e la loro competenza evitato la tragedia….Anne e Gloria ce erano state coinvolte loro malgrado nell’impresa e che per prime avevano scoperto la pericolosità della trama tessuta dai discendenti del Fuhrer. A loro tutti non era nemmeno stata concessa alcuna onorificenza…..ufficialmente, nulla era accaduto e tutti si sarebbero dovuti accontentare di una stretta di mano del Presidente e della consapevolezza di avere compiuto fino in fondo il loro dovere. Solo Dik….aveva chiesto qualche cosa di più e di diverso…….nulla di particolare in realtà: Dik aveva chiesto ed ottenuto solo di poter riprendere le sue vacanze appena cominciate ed interrotte a causa della missione che aveva dovuto intraprendere, vacanze che con l’autorizzazione del Mossad…..sarebbero dovute essere allietate dalla presenza di Mia. Dopo la morte nessuno sa che cosa ci possa essere…..ma se qualche cosa del nostro essere rimane intatto nell’aldilà….una persona che non avrebbe mai dovuto nascere, trovò di sicuro la pace che in vita non era riuscita ad avere, con la consapevolezza di essere riuscito, rinunciando ad un odio immotivato, a compiere fino in fondo il suo dovere di uomo libero.

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