giovedì 2 giugno 2011

il tempo.....l'ultima dimensione

AUTORE Franco Scarpari. Via A. Volta n°41 30010 Camponogara(ve) Tel: 0415140261 cell: 3382476681

Prefazione:
Le date inerenti il secondo conflitto mondiale, la battaglia di Saipan, l'epoca dell'affondamento delle due corazzate inglesi e la situazione mondiale dell'epoca, sono solo state solo prese a spunto per questo romanzo e possono non corrispondere esattamente alla realtà dei fatti. L'affondamento delle corazzate giapponesi è invece di pura fantasia essendosi verificato nella realtà, in tempi e luoghi completamente diversi.


INTRODUZIONE.

La navicella proseguiva imperterrita il suo viaggio nello spazio profondo ma……… nella direzione sbagliata. Lo “strappo” del continuum spazio/ temporale, vera “fistola” dello spazio, aveva infatti “assorbito” la piccola astronave automatizzata, facendola uscire in una direzione che la portava direttamente al centro della galassia invece che lontana dai suoi confini, come invece era stato previsto e stabilito dagli scienziati. Poi l’urto con il corpo celeste che non la aveva distrutta ma aveva fatta precipitare sul pianeta azzurro che ruotava li vicino e li, a contatto con un oceano di acqua, si era fatalmente disintegrata. La missione, con la distruzione della navetta spaziale, apparentemente era fallita…..l’unica speranza era quella che il pianeta fosse abitato da una razza abbastanza intelligente da capire quale era il problema che aveva assillato i suoi costruttori…..problema che ora era diventato anche di quel pianeta e di tutta la galassia.
Il progetto aveva preso vita il sette di gennaio del 2012 ed era così segreto che non gli era stato nemmeno dato un nome. Tutto era cominciato dopo il rinvenimento nelle profondità marine, di quell'oggetto misterioso che aveva sconvolto l'esistenza degli scienziati americani. Poi era iniziato il “valzer” sempre più serrato mano a mano che il tempo passava, dei seminari e degli incontri a porte chiuse, “valzer” sempre ben lontano dalle assolutamente indesiderate e pericolose interferenze della “stampa”, incontri che avevano portato come ultima conseguenza, all'inevitabile coinvolgimento della Presidenza. Alla fine le prime decisioni erano state prese, seguite subito dopo da altre, fino a quando il “progetto” non aveva preso una volta per tutte, le caratteristiche definitive. La Iowa la grande corazzata la cui costruzione risaliva all’ormai lontano 1944, per prima cosa era stata senza alcuna pubblicità, rimossa dal suo ormeggio e poi portata rapidamente in bacino di carenaggio, dove tanto per cominciare, tutta la parte dello scafo sommerso era stata completamente riportata allo stato di lucentezza originale. Erano ormai anni che la grande nave da guerra non si spostava più dal suo ormeggio e non era nemmeno più previsto che in futuro lo avrebbe potuto ancora fare e le flora e la fauna marina, senza che ci fosse qualcuno a contrastare la loro opera distruttiva, avevano notevolmente “infierito” sullo strato superficiale dello scafo riempiendolo di incrostazioni che oramai lo ricoprivano completamente. I grandi motori che in un giorno lontano avevano permesso alla nave di raggiungere e superare abbondantemente i trenta nodi orari, da tempo immemorabile non erano stati più accesi e venivano oramai soltanto regolarmente verniciati per la gioia dei visitatori. All'apparenza avevano ancora il medesimo aspetto di quando erano stati spenti per l'ultima volta ma in realtà la mancata manutenzione, li aveva praticamente resi per sempre inservibili e andavano totalmente sostituiti. Poi alla Iowa erano stati asportati timone e le quattro eliche con i relativi assi e sostituiti da un modernissimo sistema propulsivo azimutale, un tipo di propulsione rivoluzionario che oltre a conferire alla nave una velocità di oltre quaranta nodi, le consentiva di cambiare direzione di marcia praticamente in un attimo e di riuscire a comando, a ruotare su se stessa ottenendo in questo modo, una inversione di marcia praticamente istantanea ed una manovrabilità assolutamente eccezionale. A parte la completa sostituzione di tutti gli apparati elettronici di bordo con altri appartenenti all'ultimissima generazione, l'integrazione dell'armamento, ottenuta con l'aggiunta di ben venti rampe di missili da crociera, la modifica più evidente era la totale sostituzione di tutto l'apparato propulsivo ed energetico della nave: era stato infatti montato un reattore nucleare sul modello di quelli che già equipaggiavano le portaerei, reattore che dava ora alla nave una autonomia praticamente illimitata. Non era stato un problema particolare sostituire i vecchi usurati motori a turbina con quelli azimutali collegati ad un impianto nucleare nuovo di zecca. Già in passato si era stata studiata la possibilità di poterlo fare in caso di necessità su altre navi e negli anni sessanta, dopo l'affondamento del transatlantico “Andrea Doria” speronata a causa dell’incompetenza dell’equipaggio del brutto e sgraziato “Stokolm”, si era per esempio costruito il transatlantico italiano “Leonardo Da Vinci” proprio con la predisposizione per tale eventuale futura modifica. Adesso lo spazio a bordo, con l’asportazione degli alberi portaelica, con l'abolizione degli enormi depositi di nafta e con quello recuperato a scapito delle caldaie, e dei giganteschi motori termici, era stato completamente ridisegnato: si era trovato posto per un gigantesco hangar concepito per poter ospitare ben dieci “Raptor” a decollo verticale e sei elicotteri di vario tipo. A tale scopo la poppa della nave era stata modificata con la costruzione, subito dietro la torre poppiera da 406mm. di una piattaforma dotata di ascensore.........un ponte di volo di dimensioni ridotte ma che poteva consentire agevolmente decolli e appontaggi in tutte le condizioni atmosferiche. Altro spazio era stato recuperato dalla drastica riduzione dell'equipaggio dovuta alla esasperata automazione di tutti gli impianti: i cannoni principali da 406, quelli da 203 e l'armamento secondario, tutto veniva ora comandato da una apposita centralina con sede in una sala di controllo situata, perfettamente protetta dalle piastre di acciaio temperato della corazza, nel torrione di comando della nave e caricamento, puntamento e sparo, erano ora completamente automatici e controllati esclusivamente da computer e da servomeccanismi. In un altro locale i computer gestivano invece il lancio del sofisticatissimo sistema missilistico di bordo che comprendeva tra l'altro armi nucleari tattiche, basate sulla presenza a bordo di missili Tomahawk, di missili antinave e missili strategici di teatro accuratamente celati nei loro tubi di lancio verticali all’interno della nave. In pratica l'equipaggio era adesso composto da solo ottocento addetti alla navigazione ed al combattimento, trecento tra piloti e specialisti addetti alla componente aerea di bordo e duecento Marines dotati della loro attrezzatura specifica, completa di otto carri armati Abrhams M1 A2 e dieci AV7, più una diecina di mezzi da sbarco di varie dimensioni, dagli M.T.M., ai più piccoli M.T.P. x finire ai barchini. Fino a qui........nulla di eccezionale, nulla che potesse richiedere una particolare segretezza. Si trattava di una completa e radicale ristrutturazione di una nave fino a quel momento destinata a rimanere per sempre museo galleggiante, che invece era stata fatta rientrare in servizio con modifiche strutturali ma nello stesso tempo perfettamente in linea con i tempi moderni.

CAPITOLO PRIMO.

Il Capitano di Vascello Brad Pitt era stato convocato nell'ufficio del Capo di Stato maggiore della Marina Statunitense per la mattina del primo di marzo del 2014. Si trattava di un giovane e brillante ufficiale che aveva costantemente scalato la scala gerarchica con anni di dedizione alla Marina a scapito di rinunce e sacrifici personali, quantificati in un gran numero di lunghe e pericolose missioni a bordo dei sottomarini nucleari. Soprattutto dall'infausta data della morte della moglie, Pitt si era dedicato con tutto se stesso alla carriera che aveva da sempre scelto. Adesso lui sapeva per certo di essere finalmente arrivato al momento culminante della sua carriera militare e attendeva con ansia quel giorno che sapeva sarebbe stato certamente per lui, uno dei più belli e gratificanti della sua vita. Quel giorno.............sarebbe finalmente stato il SUO GIORNO e il nuovissimo sommergibile nucleare della rivoluzionaria classe “Oregon” sarebbe stato finalmente suo! La classe “Oregon” era la naturale evoluzione dei pur modernissimi “Virginia”, erano più larghi di tre metri rispetto ai predecessor, mantenendo peraltro inalterata la loro lunghezza. L’unica vera e propria differenza era quella che gli “Oregon” non erano stati costruiti per trasportare in acque basse forze operative di attacco, le così dette “Forze Speciali” ma erano invece stati costruiti, specializzati e “pensati”, con l’unico scopo di inseguire e distruggere qualsiasi nemico avesse potuto minacciare la sicurezza degli Stati Uniti D’America. Erano nati per operare fino a cinquecento metri di profondità, nel massimo silenzio e gli sforzi dei progettisti alla fine erano riusciti a fare il modo che tali battelli fossero ancora più silenziosi della classe di sommergibili a propulsione diesel elettrica“Kilo”, costruita dai russi ed esportata da anni in tutto il mondo. Alla rispettanile velocità di venti nodi in immersione, era assolutamente impossibile captare la loro presenza, mentre al loro sistema di ricerca passivo nulla sfuggiva nel raggio di azione degli strumenti di bordo. Pitt era dunque entrato con passo deciso nell'ufficio dell'ammiraglio che dopo i convenevoli del caso, aveva cominciato, senza perdersi in altri inutili preamboli, il suo discorso: “Caro Comandante, oggi lei è qui come sa, per assumere il comando che sarà il punto culminante della sua carriera militare e della sua vita. So benissimo cosa lei si aspetta da me, lo vedo “stampato” sulla sua faccia, so benissimo che sta attendendo ansiosamente di prendere il comando del nostro nuovo sommergibile nucleare appena varato la settimana scorsa. Ma lei ancora non sa che il comando che lei attende non è però, almeno per questa volta, quello che si aspetta........lei da adesso è qui davanti a me per assumere il comando, per essere il nuovo Comandante…….della corazzata Iowa, che si trova attualmente in cantiere come lei certamente saprà, per la rimessa in servizio”. Pitt era sbalordito, stava letteralmente cadendo dal mondo delle nuvole..........tutte le sue speranze, le sue certezze e le sue aspettative si stavano riducendo ad un cumulo di polvere che il vento era sul punto di spazzare via. Altro che il tanto atteso comando del sommergibile di ultimissima generazione! Lui adesso si ritrovava incomprensibilmente a dover incredibilmente assumere il comando di una “vecchia carretta dei mari” rimessa..…a nuovo che fino a poco tempo prima galleggiava stancamente, quasi abbandonata e alla mercè delle macchine fotografiche dei turisti, in una rada secondaria e arrugginiva come museo galleggiante e testimone tangibile di un'epoca ormai tramontata. Gli era prepotentemente tornato alla mente un film che lui aveva visto proprio il mese scorso alla televisione, film che si intitolava: ”Giù le mani dal mio periscopio” e che parlava di un comandante di sottomarini a cui era capitato più o meno quanto stava per succedere anche a lui……ma quello era solo un maledettissimo film mentre a lui lo stesso guaio, stava purtroppo accadendo sul serio! Ma perchè tutto ciò stava succedendo e perchè poi proprio a lui veniva fatto uno scherzo del genere? Cosa poteva avere mai fatto di tanto negativo per subire una tale “degradazione”?: Assolutamente allibito, Pitt aveva avuto comunque la forza di rispondere” Ammiraglio.......mi scusi ma almeno che non si tratti di uno scherzo, non riesco proprio a capire. La mia carriera, che sappia io, è priva di pecche, ho sempre fatto il mio dovere con ottimi risultati e oltre a tutto, sapevo già da tempo, che il “Victoria” oggi sarebbe dovuto essere assegnato a me. Ho addirittura sovrainteso alla sua costruzione, in pratica lo ho visto nascere e nessuno meglio di me lo conosce nei minimi particolari. Non capisco..........invece del sommergibile al cui comando ero da tempo stato destinato e per cui mi ero tra l’altro preparato con la massima cura, mi trovo di colpo adesso a dover comandare una ex nave museo........per andare non so dove, a fare non so bene cosa! “ “ Ha ragione Comandante, mi creda, io la comprendo benissimo e mi rendo conto della sua delusione............ha in apparenza tutte le ragioni del mondo! Ma, le ripeto, solo..........IN APPARENZA! Abbia per favore un attimo di pazienza, si rilassi un attimo e metta bene a fuoco quanto sto per dirle. Adesso le spiego tutto ma la prego, abbia pazienza e mi ascolti senza interrompermi e capirà che quanto le ho appena proposto, non è assolutamente una “degradazione” come fino ad ora lei potrebbe logicamente pensare ma al contrario un grande onore e una grandissima responsabilità da portare sulle spalle. Quella che le ho appena fatto, per la verità è poi in effetti solo una proposta, anzi una richiesta di aiuto da parte della sua Nazione ad uno dei suoi uomini migliori ma non è assolutamente un ordine esecutivo.........Lei è perfettamente libero di scegliere, se vorrà, accetterà quanto sto per proporle, se invece non lo riterrà opportuno.......le consegnerò seduta stante come era stato programmato in origine, il sommergibile che le sta tanto a cuore. Ma adesso per favore, mi stia ad ascoltare e non mi interrompa più! La Iowa si trova attualmente ormeggiata al molo del cantiere navale di Boston per la ultimazione dell'allestimento. In apparenza si tratta sempre della solita “vecchia” corazzata, ma in realtà parliamo di una nave completamente nuova, diversa da ogni altra esistente in tutto il mondo e assolutamente all'avanguardia.........in tutto! La propulsione è stata completamente sostituita ed ora è nucleare, essendo poi stata dotata come i transatlantici più moderni di un sistema propulsivo di tipo “azimutale” non ha ovviamente l’albero dell’elica e con tale tipo di propulsione è caratterizzata da una manovrabilità assolutamente inusitata per una nave da guerra di quelle dimensioni. La corazzata poi è stata dotata di una notevole e micidiale componente aerea con l'imbarco dei “Raptor” di ultima generazione, quelli modificati per il decollo verticale, l'elettronica è la più moderna esistente sul mercato con l'installazione del sistema di armamento AEGIS rivisto e aggiornato con gli ultimi ritrovati scientifici e con la messa in servizio del nuovissimo radar multifunzionale AN/SPY-ID. Con l'armamento imbarcato, tra quello originario e quello di cui ora è stata dotata, la Iowa non ha eguali al mondo. Altro che nave museo galleggiante..........ma la segretezza che ha circondato la natura della sua rimessa in servizio è dovuta a ben altro che al puro e semplice rifacimento della nave stessa. Quanto ora le dirò è il segreto meglio custodito in tutti gli Stati Uniti D'America.............tanto segreto che, se lei non vorrà accettare l'incarico che le ho proposto, dovrà farsi iniettare un siero che annullerà nella sua mente ogni ricordo di questo nostro colloquio. La Iowa con tute le modifiche apportate, resta, almeno in apparenza, comunque una nave come tutte le altre, velocissima, protetta dalle sue corazze impenetrabili, estremamente micidiale con il suo tremendo e unico potere distruttivo. Ma il punto è un altro, stia bene attento: c'è dell'altro che è stato fatto sulla nave, qualcosa di assolutamente e totalmente rivoluzionario........e questo è stato programmato ed eseguito, per poter effettuare una missione assolutamente eccezionale, fuori da ogni canone conosciuto e di una importanza inusitata non solo per la nostra Nazione ma per tutto il mondo. Una missione, e questo glielo dico subito, per la quale potrebbe anche non esserci ritorno, una missione che potrebbe però salvare i destini del nostro pianeta e di molto altro ancora. Lei, è disposto nell'esclusivo interesse del suo Paese, anzi.......del mondo intero a comandare a scatola chiusa questa missione ancora prima di sapere di che cosa si tratti? Se si, verrà a suo tempo messo al corrente di tutto ciò che dovrà sapere, altrimenti questo nostro colloquio terminerà qui e subito dopo verrà accompagnato personalmente da me in infermeria e sarà fatto tutto il necessario affinchè lei “dimentichi” completamente il nostro incontro e, in un nostro successivo colloquio...........potrà come era stato previsto in precedenza, assumere il comando del “Victoria”. Veda un po' lei........ma mi deve rispondere subito” ne io, ne lei, ne sopratutto il progetto in via di attuazione hanno assolutamente tempo da perdere! Lo so che si tratta di una decisione eccezionale ma io sono convinto di avere davanti a me una persona eccezionale!”. Il Comandante Pitt era in verità molto perplesso: in gioventù era entrato in marina affascinato fin dall'inizio dall'arma sottomarina che si trovava in quell'epoca in pieno sviluppo tecnologico e mai poi aveva pensato alla possibilità che una nave come una corazzata potesse tornare ad essere immessa nuovamente in servizio. Ciò era invece improvvisamente capitato già una prima volta nella guerra di Corea, poi in quella del Vietnam e un'ultima volta, alla fine degli anni ottanta, quando il Presidente Regan aveva riarmato le grandi navi e le aveva dotate delle armi più potenti per l'epoca. Ma poi, passata la crisi e crollato definitivamente il comunismo, le corazzate erano definitivamente diventate preda della fiamma ossidrica dei demolitori o tornate “in naftalina” e destinate a rimanervi per sempre. Adesso invece ecco che una di loro, esattamente la capoclasse, era sul punto di tornare a navigare operativamente e proprio a lui era stato offerta la possibilità di riportarla in mare. Subito Pitt si era reso conto che non poteva assolutamente esimersi dall'accettare l'incarico offertogli...........da quel poco che gli era stato detto dall'Ammiraglio era in ballo il destino della sua Patria e anche di più, inoltre si era anche reso conto che poter comandare quel gigante del mare in fondo in fondo, lo solleticava parecchio e infine a comandare un sommergibile nucleare di nuova generazione avrebbe sempre potuto pensarci a missione conclusa. Per cui, considerando che in ballo non c'era solo il suo orgoglio personale, senza esitare ulteriormente disse:” Ammiraglio........accetto, non potei mai esimermi dal comportarmi diversamente. Sono qui a sua completa disposizione, sono ovviamente perplesso, anzi.....sbalordito per la situazione che si è venuta a creare ma assolutamente convinto della scelta che ho appena fatto. Da ora in poi, mi ritenga come sempre a sua completa disposizione”.

CAPITOLO SECONDO.

Pitt si stava sempre più rendendo conto che era appena stato introdotto in un meccanismo che già da tempo aveva iniziato a funzionare: uscito dalla stanza assieme all'Ammiraglio, aveva trovato ad attenderli una macchina della Marina che li aveva velocemente accompagnati, attraverso il traffico caotico ella capitale, direttamente alla “Casa Bianca”. La riunione cui dovevano partecipare era intanto già iniziata e Pitt, prima di essere ammesso nella “Sala Ovale” venne fatto accomodare in una saletta attigua, dove l'Ammiraglio lo “affidò” al dottor Mandela che era stato fin dall'inizio, messo a capo, come responsabile, della numerosa “squadra” di scienziati addetti al Progetto: ”Si accomodi Comandante e la prego di stare ad ascoltare quanto ho da dirle. La avverto che ci vorrà un po' e la prego di pormi le sue inevitabili domande solo alla fine della mia esposizione dei fatti. Dunque, vediamo un po': lei è laureato in ingegneria navale ed è in possesso di un master in oceanografia, ha vasta esperienza in mare maturata con l'imbarco su sommergibili nucleari avendo per tre anni prestato servizio a bordo del “California” con l'incarico prima di addetto scientifico nelle crociere di esplorazione al Polo Nord e poi, per altri due come secondo ufficiale. Forse, anzi certamente, sarebbe stato meglio, che la sua esperienza avesse riguardato le navi di superficie............ma la missione cui dovrà partecipare, anzi che lei dovrà comandare, non riguarderà, almeno così si spera, battaglie navali contro flotte nemiche, per cui va bene lo stesso, considerando soprattutto anche il fatto che nessuno dei comandanti a nostra disposizione ha mai combattuto a bordo di corazzate. Ma sto divagando.........allora ecco il nocciolo della questione: tre anni fa, durante una missione di routine al largo della fossa abissale delle Marianne, ad una profondità di tremila metri, uno dei nostri batiscafi di ricerca si è imbattuto in uno stranissimo fenomeno. Sul fondo del mare, appoggiato su di un anfratto che interrompeva la caduta verticale verso il fondo dell'abisso, è stato ritrovato lo scafo contorto di un qualche cosa che non appartiene assolutamente alla nostra civiltà, provabilmente si tratta dei resti di una astronave aliena, i cui rottami distrutti dalla pressione, si trovano sparsi tutto intorno in un'area vasta circa un chilometro quadrato, esattamente le dimensioni di quell'anfratto subacqueo. Ma il problema non è solo questo. Infatti più avanti, al limite estremo della zona caratterizzata dall'esistenza dei rottami, è stato rinvenuto un cubo ancora intatto delle dimensioni di un grosso camion, posato sul fondo e che chiaramente doveva essere stato trasportato a bordo dell'astronave. Ovviamente abbiamo cercato di indagare con la massima scrupolosità.........siamo riusciti a recuperare, grazie alla rimessa in funzione della “Glomar Explorer”, la nave recupero della C.I.A., tutti i rottami del mezzo spaziale ma il “cubo” non siamo stati assolutamente in grado di rimuoverlo di li. Non siamo stati in grado di spostarlo di un solo centimetro! Abbiamo provato a tirarlo su con la gru di bordo, abbiamo tentato di ingabbiarlo come avevamo tentato di fare con il sommergibile lanciamissili sovietico negli anni sessanta che eravamo anche parzialmente riusciti a recuperare ma incredibilmente il suo peso, dovuto evidentemente ad una densità molecolare elevatissima, risultava tale che nulla in nostro possesso avrebbe mai potuto spostarlo solo di un centimetro da li dove si trovava. Forse se ci fossimo trovati in superficie sulla costa avremmo potuto riuscire nel nostro intento ma sott’acqua e soprattutto a quella profondità…… Ma allora, come era stato possibile portarlo fino a li con il mezzo spaziale che era andato distrutto? Di quale sbalorditiva tecnologia erano in possesso coloro che lo avevano guidato? A parte una grande quantità di rottami di natura assolutamente indefinita e sconosciuta, nessun resto organico era stato ritrovato accanto al cubo o in mezzo ai resti del relitto, niente di niente! Nulla in assoluto. Come ultima risorsa avevamo deciso di rinunciare a recuperarlo e avevamo pensato di limitarci per ora ad esaminarlo da vicino grazie all'aiuto dei più moderni batiscafi dotati di telecamere, macchine fotografiche e bracci mobili estensibili. Io stesso mi sono immerso più volte in profondità assieme a tre colleghi e adesso le racconterò quanto ci è accaduto la sotto. Scendere a quattromila metri sul fondo è oramai diventata una faccenda consueta, quasi di routine ma il vedere apparire davanti a noi quell'oggetto misterioso, vederlo emergere dal nulla e illuminato improvvisamente dalla luce dei nostri fari, le assicuro che dava veramente i brividi. Si trattava in tutto e per tutto di un semplicissimo cubo nero delle dimensioni esattamente di otto metri per lato, un oggetto di una semplicità e precisione assolutamente sconcertanti. Non dimostrava di essere altro che un …....normalissimo cubo costituito di un materiale indefinibile che aveva uno scopo a sua volta, assolutamente indefinito. Non sapevamo veramente cosa fare e da dove iniziare la nostra analisi ma dopo aver introdotto nel computer di bordo le dimensioni dell'oggetto in questione, nulla altro era stato possibile scoprire e ci eravamo virtualmente bloccati! Gli stessi rottami recuperati li attorno, poco in verità ci avevano potuto aiutare.............era chiaramente identificabile come tale, una parte della fusoliera di un oggetto atto al volo ma niente altro degli oggetti recuperati ci poteva aiutare a capire a che cosa potessero servire. Si è pensato addirittura, e questa resta l'ipotesi più accreditata di verità, visto anche quanto abbiamo appreso in seguito, che l' astronave fosse in realtà priva di equipaggio e che fosse stata diretta dai suoi costruttori, verso una destinazione predefinita. Poi qualche cosa doveva essere accaduto e nave e contenuto si erano inabissati li dove erano stati trovati. Alla fine, a forza di girare intorno al cubo misterioso, il nostro batiscafo era risalito di qualche metro e dall'alto avevamo potuto vedere che nella parte superiore dell'oggetto era come posata una “scatola” anch'essa di forma perfettamente cubica e di dimensioni paragonabili a quelle di una scatola di scarpe. LO STRANO ERA CHE DETTA SCATOLA ALL'INIZIO DELL'ESAME DEL “CUBO” NON C'ERA PROPRIO E LO DIMOSTRANO LE IMMAGINI RIPRESE INIZIALI FATTE DALLE TELECAMERE PIAZZATE APPOSITAMENTE A BORDO DEL BATTISCAFO, la scatola era invece improvvisamente“comparsa” quando il batiscafo si era avvicinato per la prima volta al bordo superiore del “cubo”. Comunque prenderla con i bracci mobili del batiscafo e portarla a bordo nel vano di carico, non aveva questa volta per fortuna richiesto particolari difficoltà. L'unico problema, era che detto vano non era da noi raggiungibile in navigazione, per cui l'esame di quanto avevamo recuperato, poteva essere fatto solo in seguito una volta che si fosse giunti a terra. Il giorno dopo l'oggetto in questione era stato portato in laboratorio in elicottero chiuso in un contenitore stagno dello stesso tipo di quelli usati per il trasporto delle scatole nere degli aerei caduti in mare, e noi quattro che lo avevamo recuperato, più un inviato Presidenziale e altri sei colleghi specializzati rispettivamente in medicina, fisica, chimica, astronomia, psicologia e crittografia, ci eravamo accinti ad esaminarlo. Si trattava come già detto in precedenza, in apparenza semplicemente…….solo di un semplice, normalissimo stramaledetto cubo, l'esatta riproduzione in miniatura ed in perfetta scala dell'oggetto che giaceva in fondo al mare. Ma questa volta invece una risposta ben precisa stavamo per averla.......chiara, rapida ed inequivocabile: in un attimo tutti quanti noi, senza il minimo preavviso, eravamo caduti in una sorta di trance............io con ancora l'oggetto tra le mani e i miei colleghi li seduti accanto a me. Io, caro Comandante, le racconto la mia esperienza personale che a quanto ci risulta è stata poi esattamente uguale e comune per tutti noi, anche se con alcune sfumature individuali assolutamente soggettive. Prima di tutto mi sono trovato a galleggiare in una specie di “limbo” nebbioso ma trapunto da una miriade di stelle multicolori. Ero in preda ad una sensazione di pace, di rilassamento e di appagamento fisico e mentale. Tutto qui, nulla di più e nulla di meno a parte una serie ininterrotta di meravigliosi giochi di luce e una stranissima musica soffusa che sembrava permeare l'ambiente. Il tutto, orologi alla mano, era durato per tutti noi, esattamente trenta secondi, anche se per chi aveva vissuto questa sconvolgente esperienza, quello stato di trance era durato, anzi aveva dato l'impressione di esser durato di sicuro alcune ore. Poi, al nostro ritorno alla realtà, tutto era tornato ad essere assolutamente normale a parte il fatto che noi tutti ora eravamo assolutamente consapevoli di quello che era accaduto e che il cubo che si trovava fino ad un attimo prima nelle mire mani, si era misteriosamente......dissolto nel nulla. Adesso tutti noi sapevamo per certo che quello che avevamo scoperto sul fondo del mare, risultava essere stato veramente un mezzo interstellare e sapevamo anche benissimo che cosa fosse il misterioso “carico” di forma cubica che trasportava! Adesso noi tutti eravamo perfettamente a conoscenza che in un angolo remoto della nostra galassia, su di un pianeta che noi non siamo attualmente nemmeno in grado di poter individuare ne identificare, alcuni scienziati appartenenti ad una civiltà enormemente più progredita rispetto alla nostra, si erano messi a “pasticciare” con l'antimateria. Lo scopo dichiarato era quello di ottenere una energia pulita di enorme potenza che avrebbe dovuto essere impiegata per ottenere la tanto desiderata velocità ultra luce da usare nei viaggi interstellari. Ma qualche cosa era andata invece drammaticamente storta. L'esperimento fatto in laboratorio era da subito sfuggito di mano a chi stava testando l'energia che si sprigionava come risultato dell'esperimento stesso e, come risultato finale, all'interno del grande cubo contenitivo (quello che si trova tutt'ora in fondo al mare) si era creato, a causa della pericolosissima ed assolutamente incontrollabile reazione materia/antimateria, niente meno che un “buco nero”, in miniatura, una piccola brutta bestia capace tuttavia di “esprimere” una inusitata potenza distruttiva. Si trattava di un piccolo bruttissimo mostro, piccolo, almeno fortunatamente, almeno per ora ma egualmente capace di distorcere lo spazio/tempo e purtroppo di crescere in continuazione e di espandersi all'infinito e di assorbire e “divorare” tutto quanto veniva a contatto con lui. Per fortuna la precauzione presa in precedenza di effettuare fin dall'inizio la reazione all'interno del cubo contenitivo di sicurezza, aveva per ora consentito di salvare tutti quanti dalla catastrofe ma purtroppo si sapeva anche che la protezione del cubo era relativa e soprattutto disgraziatamente che non sarebbe durata in eterno. All'interno del cubo a parte la presenza del “buco nero” in miniatura, non c'era assolutamente altro se non il vuoto assoluto, non c'era cioè nulla di cui il mostro si potesse “nutrire” per poter crescere ed espandersi, ne materia ne energia di alcun tipo ma il materiale di cui il cubo contenitivo era costituto, era soggetto a sua volta ad una inesorabile erosione da parte dell'energia sprigionatasi dal “buco nero”stesso e quando l'erosione fosse diventata evidente, l'energia sprigionata dall'acquisizione delle pareti erose sarebbe diventata troppo grande per essere ulteriormente contenuta e controllata magari da un altro cubo contenitivo ancora più grande che avesse inglobato il primo. In pratica non ci sarebbe più stato modo di trattenere il “buco nero” all'interno............e sarebbe stata la fine, prima del laboratorio e di quanto lo circondava, poi di quel mondo e un po' alla volta di tutta la galassia. Per arrivare a questo drammatico epilogo ci sarebbe fortunatamente voluto tempo.........tanto tempo ma come si sa il tempo passa inesorabile per cui, l'unica salvezza possibile era quella di caricare al più presto il cubo a bordo di una astronave senza equipaggio e di spararlo all'esterno della galassia stessa dove essendoci solo il vuoto assoluto, il niente di niente.........il buco nero non avrebbe trovato nulla per ingrandirsi e sarebbe rimasto li assolutamente inoffensivo per l'eternità. E così era stato fatto.......l'astronave automatizzata era stata costruita, il cubo caricato a bordo e la missione era iniziata. Ma ancora una volta qualche cosa era andata in maniera diversa dalle previsioni. Quasi subito disgraziatamente, l'astronave robotizzata era incappata in una distorsione temporale che si era prodotta da uno squarcio nel continuum dello spazio, squarcio prodottosi da un qualcosa di non identificato ma assolutamente al di la delle conoscenze di tutti e l'astronave invece di dirigersi come previsto nello spazio profondo e vuoto al di la dei confini della galassia, si era ritrovata invece a riemergere nei pressi della Terra e a causa di una collisione con uno degli asteroidi presenti nella fascia di Van Allen, era precipitata in mare disintegrandosi. Praticamente Comandante Pitt, la scatola cubica in cui ci siamo imbattuti e che abbiamo portato su con noi, doveva essere una sorta di “scatola nera” in grado di indirizzare chi la avesse rinvenuta verso la strada migliore da intraprendere per cercare di salvare il salvabile. E questo è quanto le dovevo riferire........adesso lei sa esattamente quanto sappiamo noi, il Presidente, il Segretario Alla Difesa e pochissimi altri. Adesso la accompagnerò alla Sala Ovale e li tutti assieme decideremo il da farsi”. “ Mi scusi dottor Mandela. Io ho capito benissimo la situazione, mi sono anche reso conto delle gravità di quanto ci troviamo ad affrontare e non metto assolutamente in dubbio quanto mi è stato da lei riferito.........ma quello che assolutamente non mi torna ancora chiaro, nonostante tutti gli sforzi che io possa fare per comprenderlo, è il compito che io e la mia nuova nave, una corazzata risalente addirittura agli anni quaranta, 1944 se non sbaglio, seppur potenziata ed aggiornata.................possiamo mai avere! Stiamo parlando di pianeti, di astronavi aliene automatizzate, di reazioni materia e antimateria, addirittura di buchi neri..........e vengo tirato in ballo io, Comandante di sommergibili nucleari, messo stranamente a comandare una corazzata della seconda guerra mondiale! Il motivo, il perchè di tutto ciò francamente non mi torna proprio, ne il motivo perchè sono stato scelto io ne la ragione dell'uso in tutto questo della mia nuova nave!”” Ha perfettamente ragione caro Comandante a pensarla in questi termini........ma vede, quello che non le ho ancora detto è che proprio la sua nave deve avere in tutto ciò un compito essenziale, unico ed insostituibile. Come le ho poi accennato in precedenza, la sua nave non ha subito solo ed esclusivamente le modifiche radicali delle quali le è stato parlato in precedenza nel colloquio avuto con il Capo Di Stato Maggiore Della Marina, ma anche.........ebbene questo lo saprà solo fra qualche minuto direttamente dal Presidente. Vede, quello che le posso ancora dire io è che.....l'astronave è caduta li dove attualmente si trova, non cinque o sei anni or sono ma nell'epoca in cui l'imperatore Augusto dominava Roma, esattamente l'ultimo giorno del primo mese del terzo anno di regno......e questa è la prima ipotesi. La seconda invece si riferisce esattamente al ventitre di novembre del 1942. Sono e si tratta delle due sole date possibili, entrambe calcolate secondo parametri di calcolo a noi totalmente sconosciuti ma date che ci sono state rese note senza possibilità di errore, in quei momenti di trance che abbiamo trascorso. Noi.....SAPPIAMO che in una di queste due date l'astronave è precipitata in mare, di sicuro in UNA delle due ma non sappiamo purtroppo in QUALE! É evidente che qui si parla di lassi di tempo enormi..........di un scarto di migliaia di anni tra una data e l'altra, certamente la differenza tra le due date indicateci è si di più di duemila anni........ma cosa sono duemila anni confrontati alla “vastità” del tempo? E le dirò di più........noi sappiamo anche cosa dobbiamo fare per salvare la situazione prima che il “buco nero” riesca ad uscire dal suo contenitore protettivo inghiottendo tutto, Ma questo lo discuteremo assieme al Presidente. Adesso andiamo, la prego perchè il tempo a nostra disposizione non è poi tanto”.

CAPITOLO TERZO.

Nella Sala Ovale la discussione era già da tempo in pieno corso, si trattava di una delle tante riunioni vertenti su questo argomento che si tenevano negli ultimi tempi. Appena entrato il Comandante Pitt accompagnato dal Dottor Mandela, si era però subito interrotta e dopo le presentazioni di rito, il Presidente aveva preso nuovamente la parola:” Signori........adesso ci siamo veramente tutti e tutti noi siamo a conoscenza del problema che siamo chiamati a risolvere. In pratica il nostro compito, quello che ci è stato “delegato” da quella sorta di scatola nera, anzi……dai suoi costruttori, è quello di intercettare l'astronave aliena prima che intervenga l'impatto con il meteorite che la deve deviare facendola cadere in mare distruggendola. Noi non dobbiamo affatto distruggere il corpo celeste, non ne abbiamo la capacità ma è necessario fare soltanto in modo di deviarne il cammino in modo da evitare l'impatto o in alternativa, e questo tutto sommato gli scienziati mi dicono che questo forse ci risulterà più facile, di fare in modo tale, di impedire l’impatto modificando la rotta dell’astronave aliena e di rispedirla nell'esatta direzione da dove essa proviene, nella speranza che si diriga poi nuovamente verso quello squarcio dimensionale cioè attraverso il quale è caduta per errore, sperando che alla sua uscita dalla parte opposta dello squarcio spazio/temporale, sappia ritrovare la rotta giusta verso il vuoto assoluto che si trova fuori della galassia da cui l'astronave è partita. Il problema oltre a tutto è anche quello, che tutto ciò può essere ovviamente fatto solo immediatamente prima di quando l'astronave impatterà con l'asteroide...........in una sola di quelle due date ben precise che noi conosciamo, date che fanno parte, non del nostro futuro prossimo, ma entrambe sfortunatamente del nostro passato. Il problema è anche quello di fare in modo di usare una navetta spaziale che ci permetta di annullare l'impatto e di far cambiare rotta all'astronave in due date in cui, nella prima il mondo era ancora dominato dai Romani, nella seconda in piena seconda guerra mondiale! Come fare? Io sono solo il Presidente degli Stati Uniti.......il vostro Comandante in capo ma non sono assolutamente uno scienziato, per cui a questo punto cedo volentieri la parola al dottor Mandela”:” Grazie signor Presidente. Cari colleghi è adesso evidente che in qualche modo si rende necessario riuscire a tornare nel passato per poter lanciare la navetta spaziale che dovrà intercettare l'astronave aliena. L'unico sistema apparentemente valido per poter fare ciò è il disporre di una opportuna piattaforma tecnologica che ci permetta di effettuare e di supportare il lancio, visto che nel passato non esiste ovviamente una tecnologia sufficiente a poterlo fare. Da tempo oramai è stato deciso che l'unica piattaforma esistente e disponibile è la Iowa. In verità si era anche pensato nella fase iniziale del progetto, di usare una portaerei della classe “Nimitz” ma alla fine si è preferito puntare sulla corazzata per l'impressionante volume di fuoco che la Iowa è in grado di produrre, per la sua protezione da eventuali attacchi subacquei, per la possibilità, con le trasformazioni apportate, di avere disponibile ugualmente una notevole componente aerea di supporto. Non sappiamo assolutamente a cosa andremo incontro in questa missione e insomma.......i cannoni da 406 mm. uniti ai missili e a tutto il resto ci danno un grandissimo grado di tranquillità e di sicurezza che una portaerei non ci può invece garantire. Inoltre tutti noi sappiamo che una portaerei nucleare non può viaggiare da sola avendo bisogno di adeguata protezione navale, subacquea e di mezzi di supporto e di rifornimento. Una nave da battaglia invece risulta molto più idonea alla bisogna, più indipendente, più adatta a compiere una missione che si prolunghi nel tempo e che unisca nel suo scafo le necessarie componenti di protezione, potenza di fuoco e autonomia per lei e per la componente aerea imbarcata. Il progetto prevede di far arretrare nel tempo la corazzata fino ad individuare come giusta una delle due date che ci sono state indicate. Poi, una volta ottenuto questo fondamentale risultato, lanciare la navetta presumibilmente ma non necessariamente dalla coperta della nave, con un equipaggio di due persone e cercare di compiere in tutti i modi possibili la missione di cui il Presidente aveva parlato in precedenza. I particolari, anzi il modo di riuscire a fare ciò, nulla è stato ancora programmato.........tutto verrà studiato e messo in pratica, sempre che possa essere ritenuto fattibile, solo a “viaggio temporale” effettuato, non prima! Ma eccoci al difficile, a quello che è il nocciolo della questione.............come far “viaggiare” nel tempo la nave, non una ma provabilmente due volte e........come ricondurla poi a casa! L'unico a non sapere nulla di tutto ciò è proprio il Comandante designato della nave, il Capitano di Vascello Pitt e ovviamente a lui ora mi rivolgo per metterlo al corrente di quanto è stato fatto a bordo della sua nave per poter ottenere l’effetto desiderato. Come le ho spiegato in precedenza, la Iowa è stata dotata di un potente impianto nucleare come a bordo di altre unità della Marina. E fino a qui........niente di eccezionale. Ma questo impianto si diversifica dagli altri per la enorme potenza che può essere prodotta e sprigionata da questo reattore rivoluzionario, potenza circa cento volte quella di un comune impianto per portaerei. La potenza impiegata e assorbita per i motori e per gli impianti di bordo, ovviamente è più o meno sempre quella, anche se l’elettricità necessaria per far funzionare la propulsione azimutale……è veramente tanta ma la potenza che può essere sprigionata in più in caso di necessità, può essere prodotta ed incanalata per ben altri scopi. A bordo è stato poi installato un particolare macchinario di concezione assolutamente rivoluzionaria, in grado, se supportato dalla necessaria energia, di “aprire” teoricamente davanti alla nave una sorta di porta temporale collegata ad un computer. Una volta entrata nel “tunnel” spazio/temporale, la nave è IN TEORIA in grado di spostarsi nel tempo, avanti o indietro a seconda dei dati inseriti nel computer. Più minuziosi saranno i dati inseriti, più preciso sarà l'arrivo nel periodo desiderato. Naturalmente si parla di arretrare e poi avanzare di nuovo nel tempo ma ovviamente solo fino ai tempi nostri. Nessuno ha mai detto o sostenuto che possa essere possibile “viaggiare” nel futuro......QUESTO ASSOLUTAMENTE NO! Ho detto poi un momento fa......IN TEORIA, perchè anche se l'impianto è stato montato ed è perfettamente pronto ad essere usato.......nessuno di noi, assolutamente nessuno, è in grado di dire SE IL TUTTO FUNZIONERA' COME PREVISTO E SE SI.......SE TUTTO ANDRA' COME SPERATO ”. Certo in laboratorio si è provveduto già da alcuni anni a effettuare in questo campo rivoluzionario della ricerca, prove teoriche ed anche pratiche, già tre volontari sono stati inviati ripetutamente indietro nel tempo e poi riportati a ”casa” senza problemi apparenti ma non ci si è mai spinti oltre una regressione temporale di alcuni minuti...........un paio d’ore al massimo e solo in una occasione…….tutto ogni volta è andato bene senza controindicazioni apparenti ma un conto è mandare nell'immediato passato tre uomini, un'altra faccenda è scaraventare una corazzata ed il suo equipaggio all'epoca dei Romani! Cioè.......in teoria, badate bene, non dovrebbe esserci alcuna differenza ma in pratica..........cosa ne possiamo mai sapere noi? So solo che se non fossimo presi per il collo, so benissimo e per certo, che mai il Presidente autorizzerebbe un simile esperimento”.

CAPITOLO QUARTO.

Il Comandante Pitt, terminata la riunione, si era recato a casa per preparare la valigia. Fortunatamente viveva solo dopo la prematura morte di sua moglie avvenuta un anno prima e non doveva rendere conto a nessuno delle sue assenze e dei suoi spostamenti. La morte della sua amata compagna era stata una fine straziante dovuta ad una rarissima malattia che le aveva portato via la sua adorata Marie in soli due mesi. L'unico palliativo efficace al suo dolore era stato da subito il lavoro e Pitt vi si sera da subito buttato a capofitto. Adesso il Comandante si trovava veramente ad un punto di svolta della sua vita. Era fino al giorno prima assolutamente convinto di essere riuscito ad arrivare ad uno dei momenti più gratificanti delle sua carriera, il momento che lui aveva atteso con ansia fin dal suo ingresso in Accademia e adesso invece tutto all'improvviso, almeno per il momento, era completamente cambiato........in meglio, in peggio......questo ancora non lo sapeva. Intanto si era seduto davanti al suo portatile e aveva cercato su di un sito della Marina Militare, dove solo alcuni addetti ai lavori avevano accesso, e aveva cercato informazioni dettagliate sulla nave il cui comando era stato affidato proprio a lui. La Iowa era li davanti ai suoi occhi, dalla data del varo, al momento in cui era stata destinata alla demolizione e poi, con decreto Presidenziale, ”graziata” dall'ingiuria della fiamma ossidrica e declassata a museo storico/navale galleggiante. Tutto era davanti ai suoi occhi.......caratteristiche, modifiche effettuate nel tempo, fotografie dettagliatissime di ogni suo particolare. Ogni cosa era descritta dettagliatamente come se si fosse trattato della cartella clinica di un paziente. Le ultime modifiche apportate negli anni ottanta le avevano dato per l'ultima volta nuova vita e l'elettronica imbarcata assieme al nuovo armamento all'avanguardia per quei tempi, le aveva conferito una grande capacità sia offensiva che difensiva. Certo la nave era comunque prestigiosa, certo le ultime modifiche apportate in quei giorni la avevano trasformata in una unità nuova almeno all'ottanta per cento ma Pitt era ugualmente preoccupato per alcuni particolari inerenti soprattutto le condizioni generali della Iowa: per esempio la ruggine imperante ovunque in una unità così anziana e il pericolo di cedimenti per usura delle lamiere dello scafo se sottoposte all'ingiuria degli elementi. Essendo da sempre sommergibilista sapeva benissimo quale era l'importanza delle buone condizioni dello scafo. Ma alla fine Pitt aveva concluso che non ci poteva fare niente.........da quanto gli era stato riferito, la nave si trovava in ottime condizioni generali e adesso con le riparazioni apportate, tutti i problemi erano stati risolti. Per cui aveva concluso che non gli rimaneva altro da fare che fidarsi una volta tanto degli “Organi Superiori” e riporre definitivamente nel cassetto le sue preoccupazioni. Era meglio dunque cominciare subito a lavorare, recarsi a bordo e verificare di persona quanto voleva sapere, in modo da potersi tranquillizzare una volta per tute o per lo meno a contribuire a risolvere le pecche che eventualmente avesse potuto trovare. Quando era uscito di casa per affrontare la sua nuova missione, non si era nemmeno voltato indietro e aveva costretto la sua mente a concentrarsi esclusivamente sul futuro. Il futuro.........il passato.......il presente! Tutti fattori di cui fino a quel momento si era in verità occupato ben poco e che invece avevano una importanza fondamentale per la vita di tutti. Il futuro per esempio: Pitt aveva più di una volta pensato quanto il tempo fosse stato “vigliacco” nei suoi confronti.........la malattia di Marie non aveva ancora cura quando sua moglie era morta, cura che poi era “saltata” fuori all'improvviso, solo sei mesi dopo la sua morte, improvvisa come un fulmine in estate. Sarebbe bastato un ritardo di sei mesi nel manifestarsi del male e Marie sarebbe stata ancora con lui! Adesso lui, “Capitano di Vascello” Pitt, si apprestava a tornare indietro nel tempo per cercare nientemeno di salvare l'umanità...........se avesse avuto successo avrebbe chiesto al Presidente “una grazia” particolare, non più il comando di un sommergibile ma la possibilità di riavere colei che tanto aveva amato, quanto la sorte gli aveva in un certo senso “rubato”. Sarebbe stato possibile? Si sarebbe visto ovviamente.......in futuro, nel regno dei sogni impossibili! Il Taxi che trasportava il Comandante si era arrestato sulla banchina. Pitt con la divisa perfettamente stirata era sceso e aveva ammirato da vicino con aria scettica il suo nuovo comando: la Iowa svettava accanto a lui maestosa come non mai. Non aveva certo le dimensioni di una portaerei nucleare della classe Nimitz ma ugualmente dava un impressione di maestosità impressionante. Era lunga oltre duecento quaranta metri e larga trentotto e la sua altezza superava abbondantemente quella delle costruzioni vicine. Era perfettamente verniciata ed ogni traccia di ruggine era stata accuratamente rimossa......sembrava veramente che fosse appena stata costruita. Contrariamente a tutte le sue paure, era uno spettacolo vederla svettare li accanto a lui, immediatamente dietro la torre poppiera da 406mm. era stata edificata una piattaforma per il decollo/atterraggio dei nuovissimi “Raptor” a decollo verticale e degli elicotteri (si era preso evidentemente spunto dalle modifiche apportate nel dopoguerra alle corazzate francesi della classe Jan Bart per l'imbarco degli elicotteri e successivamente agli incrociatori italiani della classe “Doria” e poi al “Vittorio Veneto”), ai lati, sul ponte e a prua erano state montate ben venti rampe per missili da crociera Tomahawk e, in basso nella profondità dello scafo corazzato, quattro silos per i missili intercontinentali a testata multipla. In alto tutta una serie di radar formavano una foresta di antenne che servivano a dirigere la nave al buio o nella nebbia, ad indirizzare i missili verso i loro bersagli e alla difesa AEGIS di ultimissima generazione, per la difesa contro eventuali missili in arrivo. Le postazioni dei cannoni dell’armamento secondario e delle mitragliatrici antiaeree, non avevano più nemmeno le piazzuole per il personale addetto al tiro, personale non più necessario essendo tutto l’armamento diretto e comandato dai computer di bordo che, in caso di necessità, agivano indipendentemente ma anche in sincronia perfetta l’uno con l’altro, garantendo nell’oltre il novanta per cento dei casi, nelle condizioni più critiche, l’abbattimento dei bersagli che potessero minacciare la nave. Si trattava di uno spettacolo veramente impressionante e lui mai avrebbe pensato di esserne da subito così coinvolto in tale maniera fin dal primo momento. Appena salito a bordo aveva ovviamente ricevuto gli onori di rito e poi si era diretto verso la Plancia per poi recarsi al C.I.C. e poi in tutti i centri nevralgici della nave. C'era tanto da vedere........tanto da imparare, tante, tantissime cose nuove da apprendere per poi poterle sfruttare adeguatamente come veniva a lui richiesto. Lui era il Comandante e lui doveva sapere tutto di tutto..........il suo compito era quello! Della vecchia struttura della nave era rimasto ben poco: tutte le tubature che di solito percorrevano il soffitto e le paratie delle navi erano completamente nascoste da pannelli ignifughi colorati in tinte che andavano dal tenue allo sgargiante a seconda dei locali e gli ambienti e i corridoi della Iowa assomigliavano adesso moltissimo a quelli fantascientifici di una astronave. A bordo non esistevano più le immense camerate dove i più di duemila marinai di un tempo dormivano ammonticchiati su amache e brande per i più fortunati.....adesso tutti avevano la loro cabina dotata di servizi, singola, da due o da quattro a seconda del grado e dell'incarico ricoperto a bordo. Il Comandante nei suoi giri di “addestramento” e di ambientazione, particolare attenzione la aveva dedicata ovviamente al reattore nucleare il cui funzionamento già a grandi linee conosceva, per aver prestato servizio sui sommergibili nucleari e alla stanza asettica dove era custodito l'impianto che avrebbe dovuto proiettare nave ed equipaggio nel passato. Si trattava in pratica di una serie di stanze in una delle quali si trovava il “catalizzatore” di energia che arrivava dal reattore, in un'altra invece troneggiava il computer addetto all'individuazione delle finestre temporali da dove far uscire la nave. Altre stanze erano poi destinate agli altri impianti secondari per il perfetto funzionamento di tutti i macchinari principali essendo infatti l’automazione dei sistemi stata spinta a rasentare quasi l’impossibile. A bordo l'addestramento del personale sarebbe proseguito senza soste per tutto il mese e il primo di Aprile la Iowa sarebbe finalmente salpata per la sua nuova avventura.

CAPITOLO QUINTO.

Non era stato affatto facile raggiungere un livello di addestramento ottimale. Tantissime erano le novità da apprendere ed era necessario imparare ad evitare nel modo più assoluto ogni errore che avrebbe potuto costare il fallimento dell’impresa a cui erano legati i destini del mondo e non solo. Lo stesso Comandante si era sottoposto ad un ritmo infernale di lavoro, non tanto per dare l’esempio ma soprattutto per il fatto che sapeva benissimo che ogni decisione di qualche importanza inerente la missione che era sul punto di iniziare, avrebbe dovuto essere preventivamente approvata da lui in persona. Il primo di Aprile la grande nave aveva finalmente lasciato gli ormeggi. Pitt stesso la aveva staccata dal molo e la aveva indirizzata verso l'uscita del porto. Grazie ai motori azimutali che avevano rese superflue anche le eliche di manovra,, non aveva nemmeno avuto la consueta necessità di richiedere l'ausilio dei rimorchiatori: la nave rispondeva ai motori rotanti, comandati da un joi stiyk con una docilità incredibile e indirizzare le quasi sessantamila tonnellate della corazzata fuori dal porto, era risultato un compito di una estrema facilità, quasi......un piacere. Certo pilotare fuori dal porto un sommergibile nucleare era senza dubbio più facile…..ma la soddisfazione di far uscire in mare aperto un mostro di 240 metri e oltre……dava una ben diversa soddisfazione. La ruota del timone in realtà esisteva ancora, volendo poteva ancora essere usata essendo a sua volta collegata al sistema di propulsione azimutale soprattutto lontano dal porto, si trattava di un retaggio del passato a cui nessuno aveva avuto la volontà e la forza di rinunciare. In mare le tradizioni sono di solito molto dure a morire! Poi, in mare aperto la velocità era stata portata finalmente ad oltre trenta nodi e una sensazione di onnipotenza aveva pervaso un po' tutti a bordo. Erano senza alcun dubbio, a bordo della nave più possente che fosse mai stata costruita, una vera Dea dell'oceano. Appena fuori dalla rada avevano trovato ad attenderli la portaerei “Nimitz” con tutta la sua consueta scorta, tutte navi che avrebbero scortato la Iowa fino alla sua destinazione per poter poi riferire sul successo o meno dell'impresa. Dopo una altra settimana trascorsa a testare in navigazione gli impianti di bordo la corazzata aveva finalmente raggiunto la meta, trecento miglia a nord delle Colonne d'Ercole in una zona dell'oceano completamente deserta e lontana dalle rotte commerciali. Comunque quattro sommergibili d'attacco erano stati posti in modo che nessuno si potesse avvicinare al luogo dell'esperimento in corso. La flotta di appoggio e scorta si era tenuta lontana alla distanza di otto miglia per non interferire sull'esperimento che stava per iniziare e nello stesso tempo per essere pronta ad un eventuale aiuto in caso di incidenti. La Iowa si era fermata e Pitt aveva dato l'ordine di prepararsi a procedere.

CAPITOLO SESTO.

Le date cui fare riferimento erano solo due e al massimo due sarebbero di conseguenza stati i tentativi di retrocedere nel tempo, anzi per l'esattezza......si sarebbe trattato di retrocedere all'epoca dell'Impero Romano e poi da li avanzare all'epoca della seconda guerra mondiale se il primo tentativo fosse naufragato per l'inesattezza della data o invece direttamente fino al tempo normale da cui erano partiti, se invece tutto fosse andato bene già dal primo tentativo e questo perchè, conoscendo entrambe le date possibili, si era deciso di procedere prima ad esaminare quella più lontana nel tempo. Tutti a bordo speravano vivamente che quella sarebbe stata la data giusta: al tempo degli antichi Romani il luogo della loro destinazione, le isole Marianne, risultava praticamente deserto e dunque adattissimo alla istallazione della base operativa da cui lanciare la navetta. Gli scienziati presenti a bordo avevano deciso di far retrocedere nel tempo la corazzata esattamente un anno prima della data indicata come la prima possibile per scongiurare l'impatto. Si pensava infatti che una maniera per effettuare il lancio della navetta non si era ancora trovata, anzi non ci si era ancora pensato proprio, essendo mancato materialmente il tempo per poterlo fare! Per cui, tra studi, ricerche e problematiche varie da risolvere e messa in atto delle soluzioni scelte, almeno un anno sarebbe stato necessario per poter riuscire a preparare adeguatamente il tutto. Il momento della verità si stava fatalmente avvicinando..........il conto alla rovescia era già iniziato ponendo l'orologio del “Comando Missione” a meno 90 ore. A meno ottanta il reattore era stato portato gradualmente al cento per cento della sua potenzialità, a meno settanta l'energia aveva cominciato a fluire nei macchinari pronti ad effettuare il balzo temporale. Intanto nel computer erano state inserite le esatte coordinate che si riferivano all'epoca desiderata e che avrebbero dovuto interrompere il retrocedere nel tempo fino al momento desiderato ed indicato ma non oltre. I motori erano stati fermati e spenti e la corazzata si era fermata completamente in un mare che appariva calmissimo. A meno sessanta la nave era stata messa in stato di allarme e tutto il personale era stato mandato ai posti di combattimento. Gli ultimi secondi erano stati drammatici.......nessuno, assolutamente nessuno era in grado di dire che cosa sarebbe potuto accadere, posto che qualche cosa potesse veramente accadere, ci si trovava a contatto con una incognita assoluta! Esattamente al momento dello scoccare dello zero una nebbia immateriale aveva pervaso ogni ambiente della nave, una luce soffusa aveva illuminato il tutto e le pareti della nave avevano incominciato a tremolare..........diventando quasi immateriali e inconsistenti, lo stesso equipaggio aveva notato il proprio corpo diventare come traslucido ma era rimasto in generale calmo non essendo sottoposto per nulla a sensazioni dolorose di alcun genere. Anche la mente di tutti era rimasta estremamente lucida e vigile in ogni istante dell’esperimento e solo quando gli strani fenomeni avevano iniziato a scomparire, era subentrata per un attimo una strana sensazione come di capogiro e di stordimento assolutamente momentanea. poi più nulla, solo il ritorno alla consueta normalità di tutti i giorni. Pitt che si era istintivamente tenuto in quegli attimi come abbrancato alla ruota del timone, si era allora precipitato al finestrino di dritta della plancia: ma il mare aveva il suo consueto aspetto di tutti i giorni e la nave sembrava essere perfettamente a posto. Pitt aveva pensato per un attimo che nulla fosse in realtà accaduto ma poi si era reso conto che la flotta che stazionava un momento prima ben visibile all'orizzonte, adesso era completamente scomparsa e che il mare che un momento prima appariva assolutamente calmo, adesso invece era leggermente increspato da delle onde che il vento di Maestrale sospingeva contro lo scafo della nave una dopo l’altra. Anche il cielo adesso era percorso da cirri impetuosi che fino ad un attimo prima mancavano del tutto nel cielo perfettamente terso, nuvole ribollenti che invece ora variegavano il cielo azzurro punteggiandolo di grigio. Oltre a tutto le radio di bordo tacevano completamente a parte il frusciante rumore ipnotico della statica e nessuna stazione trasmetteva alcunchè. Era evidente che qualche cosa doveva pur essere accaduto. Fatto il punto nave senza l'ausilio del satellite che evidentemente non ruotava ancora nel cielo, era risultato che si trovavano esattamente li dove dovevano. Sapevano adesso di essere riusciti a spostarsi nel tempo ma ora era necessario avere la conferma di essere arrivati esattamente nell'epoca esatta che avevano desiderato di raggiungere. Avevano scelto di “riemergere” nei pressi delle Colonne D'Ercole per poter entrare subito dopo nel Mediterraneo. Era difatti necessario riuscire a contattare qualcuno di “fidato” che potesse ragguagliarli sull'esattezza del periodo in cui si trovavano adesso..........e Roma era certamente il punto più indicato per poter attingere a tale fondamentale informazione. Già lo studio della posizione delle stelle aveva dato una prima conferma che il viaggio a ritroso nel tempo era riuscito ma una conferma per così dire ”ufficiale” era assolutamente doverosa e necessaria.

CAPITOLO SETTIMO.

Attraversato lo Stretto di Gibilterra, la corazzata era entrata nel Mediterraneo. Il tempo si manteneva buono e nulla di particolare sembrava turbare la navigazione. La Iowa navigava tranquilla a venti nodi verso il porto di Ostia, aveva ripetutamente incrociato navi “onerarie” romane con le caratteristiche vele quadre che, a vedere il mostro di metallo che navigava veloce verso sud est, si defilavano precipitosamente dandosi ad una fuga precipitosa. Alla fine il profilo della costa era apparso all'orizzonte e la corazzata dopo aver ridotto al minimo la velocità si era ancorata a meno di trecento metri dalla costa bassa e sabbiosa. Pitt non voleva assolutamente scatenare il panico, anche se sapeva benissimo che riuscire ad evitarlo sarebbe stato praticamente impossibile almeno in un primo momento…......era come se nel ventunesimo secolo, un disco volante fosse atterrato improvvisamente davanti alla Casa Bianca. Il Comandante comunque, aveva fatto schierare in coperta con la massima evidenza possibile tutto l'equipaggio, in modo da far intuire agli abitanti che il mostro d'acciaio era si, governato da uomini......ma non li divorava di certo! La banda della nave suonava oltre a tutto in continuazione allegre marcette militari e il gran pavese garriva alla brezza leggera, mentre a poppa sventolava orgogliosa la bandiera a stelle e strisce. L'impressione che si voleva dare era solo quella di inoffensibilità e di“amicizia” e nulla più. A terra, nonostante tutto l'impegno messo per dimostrarsi del tutto amichevoli, era successa inevitabilmente la rivoluzione........l'apparizione di quel gigante di ferro aveva ovviamente sconvolto tutti: gente che lasciava tutto e fuggiva verso l'interno e la relativa sicurezza della terra ferma, altri che si rintanavano al coperto.......e bisognava capirli.......gente abituata a vedere al massimo navi onerarie di poche centinaia di tonnellate, costruite in legno e sospinte da vele e remi si trovava adesso davanti a oltre sessantamila tonnellate di acciaio che si muovevano grazie ad una energia incomprensibile e totalmente sconosciuta! Ma qualcun altro, soprattutto dopo aver visto l'equipaggio schierato ed aver ascoltato le allegre note delle marcette, si era reso conto che forse non si trattava poi dell'apparizione di un mostro ma di un qualcosa che nonostante le apparenze, forse era completamente diverso e soprattutto non ostile. Ovviamente, sulla corazzata a parte la missione principale a cui tutti a bordo erano destinati, c'era anche ben presente l'emozione di essere ora incredibilmente a contatto, con un popolo ed una cultura che avevano dato la civiltà all'uomo moderno e qualcuno di loro a bordo, avrebbe dunque avuto la possibilità, quantificata adesso in un anno di tempo, per poter studiare da vicino coloro che, partendo da un paese in riva al Tevere, avevano conquistato praticamente tutto il mondo allora conosciuto. La corazzata, come da programma, sarebbe si partita per la sua destinazione, ma solo dopo aver permesso ad una squadra di scienziati, capitanati da Pitt, di visitare la capitale dell'Impero e possibilmente lasciarvi temporaneamente anche un suo rappresentante. Certo la missione della nave era prettamente destinata ad una azione scientifica e provabilmente anche militare.......ma fin dall'inizio della programmazione dell'impresa si era provveduto di assicurare anche una componente “storica” alla missione in programma. La sera, visto che dalla grande nave nessuna minaccia si era ancora materializzata, una barca si era finalmente timidamente staccata dalla riva e si era indirizzata verso la Iowa. A bordo c'era il centurione comandante del porto, scortato da una ventina di soldati armati di tutto punto: corazza, testa coperta dall'elmo sormontato dal pennacchio a scopetta rossa, elmo e gladio. Pitt accompagnato da uno scienziato che conosceva perfettamente il Latino, attendeva con ansia malcelata sul pontiletto ancorato saldamente allo scalandrone della nave. Stava per avvenire l'incredibile “incontro” di due civiltà, una “madre” dell’altra, un sogno fino a qual fatale momento proibito, sogno che per gli scienziati del ventunesimo secolo, invece si stava quasi magicamente per avverare. La barca era attraccata, un marinaio della corazzata aveva rapidamente preso la cima che un soldato romano gli aveva lanciato e la aveva saldamente avvolta attorno alla bitta: una cima “romana” legata ad una bitta del ventunesimo secolo! Fantastico, un “matrimonio” incredibile! Il Comandante del Porto era sceso sveltamente e aveva subito diretto lo sguardo sgranando gli occhi in uno sguardo sbalordito, verso l'alto dove troneggiava direttamente sopra di lui, il gigante dei mari. Poi si era rivolto verso Pitt che lo guardava incuriosito e gli aveva detto:” Io sono il Comandante del Porto di Ostia….....Ma voi......chi siete? Da dove venite e......che razza di nave è questa? Perchè di una nave si tratta......vero?” L'interprete aveva istantaneamente tradotto e poi aveva ascoltato la risposta di Pitt per riportarla il più fedelmente possibile all'ospite:” Comandante..........prima di tutto la saluto e ci tengo a dirle che veniamo in pace, che siamo solo di passaggio e che ce ne andremo presto e per sempre dai possedimenti di Roma. Noi non vogliamo assolutamente interferire con gli affari dell'Impero, non siamo certo venuti per questo, e tanto meno siamo qui per combatterlo o per sminuire l'influenza e la figura stessa dell'Imperatore. Desideriamo solo che il Divino Augusto ci permetta di conferire a Roma con lui, poi se lo riterrà opportuno e se lo desidererà, saremo ben lieti di ricambiare, invitandolo a bordo della nostra nave”. Il comandante romano aveva compreso perfettamente, lasciando un po' stralunato il posto dell'incontro, aveva salutato romanamente con un “Ave” appena accennato e se ne era andato via con la sua scorta. Ma se il povero centurione era sbalordito, il Comandante e tutti coloro che erano stati presenti all’incontro lo erano ancora di più: tutti avevano avuto modo di sentir parlare un autentico romano nella sua lingua madre, la stessa che in molte nazioni moderne si studiava ancora a scuola, la stessa che la Chiesa Cattolica usava ancora per comunicare tra i suoi rappresentanti tra una nazione e l’altra…….un antico romano aveva loro rivolto la parola in latino……una faccenda veramente entusiasmante! Dopo che la barca si era allontanata senza aver subito conseguenze di nessun tipo, la gente a terra si era di colpo tranquillizzata. Tutti erano rientrati velocemente nella cittadina che all'arrivo della Iowa era quasi stata abbandonata e una miriade di natanti di ogni dimensione aveva incominciato adesso a girare attorno alla grande nave, dimostrando una crescente, divorante curiosità. Il Comandante aveva allora dato disposizione di far scaricare sul pontiletto alcune casse contenenti generi di conforto come biscotti, cioccolatine e bottigliette mignon di liquori e di farli distribuire dai marinai dell'equipaggio a quanti si fossero avvicinati a sufficienza. Il giorno dopo, verso sera era poi arrivata la risposta tanto attesa: Il “Divino Augusto” li attendeva nel suo palazzo l'indomani mattina. Il Comandante del Porto, dopo aver portato l'ambasciata a chi di dovere, era difatti tornato e aveva chiesto l'onore di lasciare a guardia della nave, in segno di rispetto, i suoi sei soldati li sul pontiletto ed era stato accontentato. Tutto pareva che stesse andando nel verso giusto........il giorno dopo Pitt, l'interprete e dieci scienziati specializzati in storia antica e archeologia sarebbero scesi a terra e si sarebbero diretti verso Roma. Pitt oltre all'interprete avrebbe avuto al suo fianco anche il professor Visconti, il più famoso studioso vivente della romanità che era stato volutamente imbarcato sulla Iowa proprio per quella occasione. Lui, che tra l'altro era uno dei più grandi fisici viventi, delle antiche rovine romane conosceva veramente tutto, praticamente ogni recondito segreto...............natura, ubicazione, storia.............nulla di quanto si era scoperto negli anni gli era ignoto. Conosceva ovviamente anche molto bene il Latino, anche se non certo al livello del professor Giant, linguista e studioso di lingue antiche, che fungeva invece da interprete. Tutti questi scienziati erano stati imbarcati sulla corazzata a bella posta dal Presidente americano, proprio perchè potessero studiare da vicino e dal vivo, quanto si era appreso fino allora solo sui libri di storia. Il terzetto dunque, assieme agli altri sette colleghi, era stato il giorno dopo prelevato dal solito Comandante del Porto e condotto a Ostia dove ad attendere i dieci ospiti era stato predisposto un carro trainato da quattro cavalli candidi. Giant aveva detto con la massima serietà anche se gli occhietti furbi gli brillavano per l'ironia della situazione:” Cavolo......mi sa che siamo capitati per errore come comparse nel film “Ben Hur” Guardate i cavalli sono esattamente gli stessi di quelli della gara delle bighe! Sono convinto che fra un po' troveremo ad attenderci“Messala”e tutti gli altri personaggi del Colossal cinematografico!”” Guarda vecchio mio” Rispose Visconti” Che questa volta siamo calati nella pura e semplice realtà......altro che film e comparse.....NOI ADESSO STIAMO VERAMENTE PER ENTRARE NELLA ROMA DEGLI IMPERATORI PROPRIO ALL'INIZIO DEL SUO PERIODO PIU' FULGIDO! A parte gli scherzi.......adesso imprimetevi bene nella memoria quanto vedrete e soprattutto riprendete quanto più è possibile con le telecamere a nostra disposizione”.La via Ostiense, la nuova via del mare voluta dal Duce......ovviamente non esisteva ancora e il tragitto per entrare in città era fatalmente durato alcune ore. Ma intanto il Comandante e gli scienziati che lo accompagnavano, avevano potuto riempirsi gli occhi delle meraviglie che li circondavano nel loro avvicinarsi alla capitale dell'Impero. Campi perfettamente coltivati sormontati dalle fiere arcate di un grande acquedotto, case coloniche, fattorie e mandrie al pascolo. Tra la vegetazione troneggiavano moltissimi pini marittimi e alcuni bellissimi cipressi, mentre tra le coltivazioni mancavano del tutto come previsto patate e pomodori.” E' certamente per questa mancanza che un giorno 'sta gente perderà l'Impero: come si può campare a lungo senza spaghetti al pomodoro e patatine fritte!” Aveva borbottato tutto risentito il professor Visconti.....e i due compagni, ridendo come pazzi, avevano annuito. L'ingresso in città era avvenuto tra due ali di folla curiosa, nessuno infatti voleva mancare all'occasione di poter vedere dal vivo, coloro che erano arrivati con quel gigantesco mostro dei mari di cui tutti in città parlavano. L'Urbe si stendeva imponente sui sette colli davanti ai tre ospiti, in tutta la sua bellezza, accarezzata come spesso accade tutt'ora dal “Ponentino”. Mai nessuno prima di loro nel mondo moderno aveva potuto vederla così come era in realtà, in tutti i suoi particolari, tanti avevano cercato di ricostruirla al computer ma la realtà era ovviamente tutta un'altra faccenda.. Non si trattava però ancora della Roma al massimo della sua estensione e del suo splendore......... Nerone non era ancora nato e dunque non aveva potuto ancora distruggere i “suburbi”, il Colosseo, l'Anfiteatro Flavio, non era ancora stato eretto e mancavano ancora molti dei monumenti come i mercati Traianei o le Teme di Caracalla............ma la grandiosità della città già appariva evidente. Visconti incapace di stare zitto aveva detto che, terminata la missione, sarebbe dovuto assolutamente tornare qui in epoca posteriore.........non voleva perdersi la Roma al massimo della sua estensione, voleva vedere tutto. Un paio di secoli ancora e ogni monumento sarebbe stato al suo posto......sarebbe certo sempre mancato, a lui romanista sfegatato, lo Stadio Olimpico......ma sarebbe andato bene lo stesso! L'incontro con Augusto era atteso con ansia spasmodica.......sarebbe ovviamente stato per i tre ospiti a cui sarebbe stato consentito di incontrarlo, un incontro estremamente emozionante. Si trattava di essere a strettissimo contatto con la storia, di essere NELLA storia! Arrivati a palazzo erano stati introdotti nella sala del trono circondati da una coreografia degna senza dubbio dei più grandi “colossal”cinematografici……..sma con la fondamentale differenza che questo non era il solito film ma la realtà! Dopo aver attraversato lentamente l'atrio del palazzo tra due ali di folla stranamente silenziosa, i tre avevano salito una interminabile scalinata, al cui culmine li attendeva il Fondatore dell'Impero seduto sul trono di marmo. Pitt non sapeva proprio come comportarsi............avrebbe forse dovuto inginocchiarsi o forse salutare romanamente con il braccio teso, nessuno qui nella Roma antica lo avrebbe certo denunciato per “apologia di reato!” Ma fu Augusto stesso a trarli d'imbarazzo: con un gesto eloquente fece loro segno di seguirlo spostando i pesanti tendaggi che erano situati nella parte posteriore del trono di marmo. La stanza dove erano entrati era molto più piccola, ad ognuno dei quattro angoli era stata collocata una “guardia del Pretorio” impeccabilmente bardata e quattro comode sedie erano state preparate per l'occasione. Un basso tavolino era stato messo li a bella posta e conteneva una caraffa contenente vino misto a miele e quattro bicchieri. Augusto si era sollecitamente seduto e con un sorriso raggiante aveva invitato gli ospiti a fare altrettanto e aveva cominciato come spettava al padrone di casa, a prendere la parola:” Salute a voi signori e ben venuti nell'Impero. Da quanto i miei messaggeri mi hanno riferito so che avete detto di venire in pace e questo è un fatto grandemente positivo per tutti noi. La guerra, anche se giusta o gloriosa che sia, è un “dovere” sempre doloroso per tutte le morti e sofferenze che ogni volta che viene combattuta comporta e se si può è bene evitarla. Il mio compito in questo mondo è tuttavia quello di ingrandire i possedimenti di Roma, di estendere per ogni dove la sua legge e di proteggere il suo impero. Dico SUO e badate bene.........non MIO! Io sono e resto sempre il generale che alla testa delle sue truppe ha sconfitto la avidità e la corruzione di Antonio, non sono e non mi sento per nulla un “cortigiano” soggetto agli obblighi di palazzo e, parliamoci chiaro, nemmeno il Dio che la gente vorrebbe che io fossi. Il mio motto è:”pascere subiectos e debellare superbos!” Io sono un uomo come tutti gli altri, carico di responsabilità e si.......anche di un enorme potere che io però convoglio non tanto per me stesso ma per la grandezza di Roma e per l'ingrandimento ed il mantenimento del Suo Impero! Capirete meglio adesso perchè io ho assoluto bisogno di sapere con chi ho veramente a che fare..............mi hanno raccontato che siete arrivati dal mare a bordo di un mostro metallico di dimensioni inusitate, mi è stato anche detto che venite in pace ma io ho adesso assoluta necessità di conoscere direttamente da voi la verità, cioè da dove venite, perchè siete qui e le vostre intenzioni verso di me e l'Impero”. Pitt non sapeva proprio come rispondere........non era tanto per i contenuti che doveva esprimere ma piuttosto sul come rivolgersi a “tanto” personaggio. All'apparenza l'Imperatore sembrava essere una persona alla mano e scevra da manie di grandezza......ma se lui si fosse invece sbagliato? Come avrebbe potuto reagire l'imperatore? Pitt non voleva assolutamente partire con il piede sbagliato. Ma fu proprio Augusto, uomo di grande sensibilità ed arguzia, a comprendere di nuovo l'imbarazzo del Comandante e a tendergli una mano:” Caro ospite mi rivolgo a lei che credo sia il capo della sua delegazione, perchè vedo che si è bloccato provabilmente per l'imbarazzo di non sapere come potersi rivolgere a me.......Guardi....mi chiami semplicemente con il mio nome che è Ottaviano e tutto in tale maniera, le sembrerà forse più semplice”.” La ringrazio.......Ottaviano per la sua sensibilità. Per quanto riguarda le nostre intenzioni, ripeto anche a lei per l'ennesima volta da quando sono arrivato qui, che lei può stare assolutamente tranquillo. Lei ha la mia parola di Comandante, a proposito mi chiamo Pitt, che noi siamo venuti in pace e che non abbiamo nemmeno intenzione alcuna di interferire minimamente con gli affari inerenti l'Impero Romano. Noi ci fermeremo per un po' nel vostro mondo, ma ben al di la dei vostri territori e possedimenti, ci recheremo addirittura in una zona della Terra di cui voi sospettate nemmeno l'esistenza e comunque non ci tratterremo più di un anno e questo per compiere una missione di fondamentale importanza che riguarda il nostro mondo ma provabilmente non ancora il vostro”” Mi fa piacere sentire ciò Comandante Pitt.......ma adesso voglio ancora sapere a questo punto, se avete allora qualche richiesta da sottoporre alla mia attenzione e se ritenete possibile una mia visita domani alla vostra nave, che a quanto mi dicono è un qualcosa di assolutamente grande e straordinario”” Alla prima domanda voglio rispondere subito.......io, noi, abbiamo bisogno solo che per tutto il periodo che noi resteremo nel vostro mondo, voi ospitiate a titolo di studio, presso di voi un solo ed unico nostro rappresentante, il qui presente professor Visconti che ci sta facendo da interprete, rappresentante che si dedicherà esclusivamente a studiare la vostra città e la vostra civiltà così come si è evoluta dagli inizi ad adesso e confrontarla con quanto rimarrà di essa ai tempi nostri........perchè vede Ottaviano, anche se la cosa le sembrerà assurda, noi proveniamo da quello che è in qualche modo, il vostro futuro. Per quanto riguarda la sua seconda richiesta la aspettiamo con gioia domani a bordo della nostra nave!””C'è un'altra cosa che adesso mi rende perplesso: mi scusi.......lei sostiene di provenire dal futuro e mi parla nello stesso tempo di quanto rimarrà di Roma e del suo retaggio.........mi vuole forse dire che ai tempi vostri di Roma rimarrà poco o niente. Sostiene forse che la nostra civiltà un giorno andrà perduta! Si spieghi per favore” La domanda era quanto mai logica ma allo stesso tempo imbarazzante e questa volta fu il professor Giant a rispondere direttamente all'imperatore:” Come ogni cosa a questo mondo, tutto su questa Terra ha termine e anche l'Impero Romano un giorno cadrà. Ma stia tranquillo Ottaviano, questa data è ancora molto molto lontana nel tempo...........tanti, tantissimi imperatori seguiranno le sue orme e Roma raggiungerà vette ancora più ambiziose di quelle che già ha scalato fino ad ora. E sappia che quando ciò accadrà, il ricordo della sua civiltà e della sua grandezza non andrà mai perduto e sarà anzi di base per la civiltà delle generazioni future”.

CAPITOLO OTTAVO.

Ottaviano Augusto si era dunque dimostrato completamente diverso dalla figura mitizzata studiata sui libri di storia. Era apparso si come il “Divino Augusto” per il suo popolo ma era evidente che per il Senato e per le Alte Cariche dello Stato, la sua era una figura chiaramente considerata “umana” al cento per cento e...........non certo divina. Solo con il tempo tutto sarebbe cambiato anche per coloro che si trovavano a diretto contatto con l'Imperatore e la figura dell'Imperatore, chiunque esso fosse, avrebbe ricoperto anche una “funzione” soprannaturale. Ma i Romani in fatto di religione erano e sarebbero sempre stati abbastanza............freddi , possibilisti e tolleranti e solo l'avvento del Cristianesimo sarebbe riuscito, con il tempo a coinvolgerli ed a sconvolgerli completamente. L'indomani mattina Ottaviano si era recato all'appuntamento in incognito: si era servito di una carrozza coperta trainata da soli due cavalli e con una scorta di trenta pretoriani, aveva raggiunto Ostia verso mezzogiorno. Ad attenderlo c'era il Comandante Pitt su di una lancia della nave e dopo un rapido saluto si erano recati a bordo. La visita si era protratta fino a sera e l'impressione che l'imperatore ne aveva ricavato era sintetizzata da una lettera che Ottaviano avrebbe indirizzato qualche tempo dopo ai Senatori:” Romani........quanto vi scrivo oggi deve essere letto solo ed esclusivamente in Senato, dopo la mia morte ed in presenza del mio successore. Oggi sono stato a contatto con il futuro...........a bordo di quella nave gigantesca che ci ha fatto visita alcuni anni fa, ho visto cose che solo tra centinaia di anni avranno realizzazione, ho visto come un giorno vivranno gli uomini sulla Terra. Ma quello che vi voglio comunicare è solo quello che riguarda noi Romani direttamente, il destino cioè che attende Roma e la sua civiltà. Anche sapendo tutto ciò, anche conoscendo il destino che attende noi e i nostri successori..........non possiamo fare assolutamente nulla per cambiare il nostro futuro. Tutto è stato scritto dagli Dei e quanto è stato scritto inesorabilmente, anzi……FATALMENTE, si avvererà. Roma è destinata ad innumerevoli anni di successi, gloria e di grandezza e raggiungerà vette ancora più alte di quelle attuali già tanto gloriose per il mondo romano, ma un giorno ancora lontano tutto ciò avrà inevitabilmente termine........già ora il tarlo della decadenza sta lavorando assieme al seme della grandezza che per ora continua per nostra fortuna a germogliare e a prevalere, già ora la mollezza degli agi ci sta trasportando verso una vita di “mollezze” che a lungo andare ci distruggerà ma questo è inevitabile. Ma sappiate anche che la grandezza di Roma e del suo popolo SOPRAVVIVERA' ugualmente per i posteri PER SEMPRE! E anzi la romanità sarà un faro luminoso per l'avvenire della civiltà futura! Romani.......A NOI!” Il “pensiero” dell' Imperatore era sintetizzato chiaramente in quello scritto, tutto quanto era stata la sua esperienza a contatto con gli “ospiti” era stato riportato su “carta” ma Ottaviano aveva volutamente omesso l'esperienza più sconvolgente che aveva avuto a bordo della nave: ad un certo momento Pitt aveva preso da parte Ottaviano e gli aveva detto:” Caro Ottaviano........io sono molto colpito e nello stesso tempo onorato di averla conosciuta e vorrei per quanto posso darle un segno tangibile delle mia riconoscenza e lasciarle un ricordo indelebile della nostra venuta qui e della sua presenza a bordo vorrei poterle offrire un qualcosa che è da sempre nei sogni più reconditi dell'uomo........vuole...........vuole volare?” “ Volare? Tra queste meraviglie che non sto ancora finendo di vedere e delle quali non ne capisco che una minima parte.........ce ne sarebbe forse una in grado di farmi addirittura volare?” E così Ottaviano Augusto, primo Imperatore di Roma fu vestito come un qualsiasi pilota con una combinazione di volo e fatto sedere sul sedile posteriore di un “Raptor” biposto da addestramento a decollo verticale e affidato alle amorevoli cure del miglior pilota che ci fosse a bordo, il Colonnello Pilota Virgil Mustang. Prima del decollo il Colonnello aveva spiegato con la massima chiarezza possibile, ovviamente sempre con l'aiuto dell'interprete, cosa sarebbe accaduto. Ottaviano avrebbe dovuto stare assolutamente tranquillo, era perfettamente al sicuro e doveva limitarsi a godere di tutte le sensazioni che avrebbe provato e alla bellezza del panorama visto dall'alto. Poi erano decollati...........Ottaviano aveva potuto incredibilmente vedere la sua città dall'alto, inebriarsi per la velocità di un volo a bassa quota e di una rapida salita che lo aveva portato quasi ad accarezzare le stelle. Si era trattato di una esperienza memorabile e meravigliosa.” Adesso si che posso dire al mio popolo di essere veramente un Dio! So pure volare!” Aveva detto ridendo ad esperienza conclusa a Pitt........e una amicizia che trascendeva il tempo e lo spazio era a quel punto nata. Pitt e gli scienziati che avevano presenziato all'incontro erano veramente affascinati dalla personalità dell'Imperatore. Si erano resi immediatamente conto di essere davanti ad una persona di eccezionale levatura morale, consapevole dell'immenso potere racchiuso nelle sue mani e proprio per questo scevro a manie di grandezza ed al culto della personalità. A tutti sarebbe piaciuto fermarsi li a parlare e a girare per la metropoli per mesi e mesi ma questo non era ovviamente possibile essendo il tempo a disposizione estremamente limitato. Solo il Professor Visconti accompagnato da un entusiasta Gian che non aveva assolutamente lasciare la città, avrebbero avuto la possibilità e la fortuna, come previsto, di fermarsi a Roma per tutto il tempo in cui la Iowa si sarebbe fermata in quel passato. Il giorno dopo la corazzata era difatti salpata tra la curiosità di una moltitudine di gente che si era accalcata sul molo, per le Marianne dove si sarebbe ancorata per svolgere l'incarico principale per cui era stata inviata fino a li. Il Comandante, durante il viaggio di trasferimento attraverso il Mediterraneo, L’Atlantico e poi l'oceano Pacifico, non avrebbe mai pensato che osservare la snella prua della nave fendere le onde a più di trenta nodi gli avrebbe trasmesso simili emozioni. Ricordava benissimo le sensazioni inebrianti che aveva provato quando il sommergibile sul quale aveva prestato servizio si immergeva ma nulla dava la sensazione di onnipotenza che lui provava a guardare dall' alto la grande nave che avanzava. Aveva anche pensato di raggiungere alla chetichella, l'estrema prua della nave, di arrampicarsi sulla parte alta dell'ancora, di aprire le braccia a croce e di immaginare con il vento nei capelli di volare sulla superficie delle onde......ma poi aveva pensato sia che non si trovava sul Titanic, sia che tutto l'equipaggio, se qualcuno lo avesse scoperto intento in una simile manovra, lo avrebbe preso in giro per l'eternità chiamandolo magari ”Comandante Di Caprio”.....e sorridendo aveva preferito soprassedere. Gli scienziati imbarcati intanto non avevano mai cessato di pensare al vero problema che li assillava: il problema era quello di poter lanciare nello spazio la navetta che trasportavano nella stiva della corazzata. Si era pensato all'inizio del progetto, che il tutto potesse essere fatto a bordo della Iowa, dalla piattaforma poppiera da dove decollavano i “Raptor” e gli elicotteri ma poi si era dovuto constatare che la costruzione della rampa di lancio richiedeva uno spazio che il ridotto ponte di volo della nave non poteva assolutamente consentire. Forse anche lo spazio ben più abbondante a disposizione su di una portaerei nucleare non sarebbe stato sufficiente, anzi........lo spazio certamente si ma la resistenza del ponte di volo alle fiamme sprigionate dai razzi, era quella che dava da pensare. La superficie del ponte di volo della “classe Nimitz” non era difatti corazzato come quello delle ultime portaerei americane della seconda guerra mondiale e non avrebbe mai potuto reggere, senza subire danni non quantificabili, lo stress a cui sarebbe stato sottoposto con un lancio effettuato dalla sua superficie. Per cui si rendeva necessario per forza recarsi a terra e li costruire, sulla solida roccia, quanto necessario per il lancio che dovevano effettuare.

CAPITOLO NONO.

Nulla si sapeva del modo in cui l'astronave che conteneva il “cubo” sarebbe arrivata ne nulla si sapeva della direzione da cui sarebbe provenuta. L'unico modo per sapere quanto necessario per impedire l'impatto tra astronave e meteorite, era quello di lanciare con congruo anticipo, la navetta verso quella che si sapeva essere la zona di impatto, cercare di capire l'esatta rotta di provenienza del corpo celeste e calcolare con l'ausilio del computer, basandosi sul luogo dell'inabissamento, da dove la navetta potesse mai provenire. Poi e solo poi si sarebbe potuto attendere la comparsa dell'astronave automatizzata, affiancarla, attraccarsi ad essa e con l'ausilio del proprio sistema di propulsione farla ruotare di centoottanta gradi e avviarla esattamente verso la zona da cui era venuta, sperando che entrasse nuovamente nello strappo spazio/temporale che la aveva scaraventata fino a li e che potesse con i suoi meccanismi di bordo e con la memoria immagazzinata nei suoi computer.......ritrovare la strada per uscire dalla galassia. Ma il tutto era basato solo su ipotesi e su quanto gli scienziati avevano appreso negli istanti passati in trance Tuttavia, per fare quanto si doveva, era prima di tutto indispensabile cominciare dal principio: prendere terra, costruire una base operativa recintata e protetta ed erigere al suo interno la rampa di lancio. La spiaggia dove avevano gettato l'ancora era la stessa dove negli anni quaranta gli americani avrebbero scatenato una delle prime loro offensive per avvicinarsi al territorio metropolitano del Giappone. La zona di Saipan appariva in quei tempi, fortunatamente del tutto deserta ma il Comandante Pitt aveva ugualmente fatto recintare per sicurezza tutta la zona, la aveva fatta fortificare e aveva posto a sua protezione i duecento Marines supportati dalla presenza degli otto AV7 e dei quattro carri “Abrams M1 A2” che avevano in dotazione. Inoltre l'armamento secondario della corazzata era stato posto in perenne stato di preallarme, sempre pronto a reagire a qualsiasi eventuale ma improvabile attacco proveniente dall'entroterra. Poi dopo un mese di lavori continui e assillanti, con la sicurezza ormai raggiunta, si era iniziato ad erigere la piattaforma di lancio. Per raggiungere la piena operatività dell'impianto ci era dunque voluto tempo. Non si trattava solo di erigere una semplice impalcatura di ferro e cemento ma anche di posizionare cavi, collegarli all'impianto energetico a terra e collegare l'impianto stesso al reattore nucleare della nave. Si era dovuto nello stesso tempo estrarre la navetta dalla stiva, trasportarla a terra e piazzarla in cima alla rampa esattamente tra i due piccoli ma potenti missili che la avrebbero spinta fin nello spazio. Poi si era passati alla complessa operazione di rifornimento della navetta e alla taratura finale degli impianti e alla loro definitiva messa a punto. Alla fine ci era voluto quasi un anno di lavoro indefesso e la data del lancio sarebbe avvenuta in perfetto orario dopo una settimana esatta dalla conclusione dei lavori. I due astronauti erano il Colonnello Cinzia Porter e il Professor Antony Pastor. Ormai da mesi controllavano e ricontrollavano all'infinito strumenti ed attrezzature: tutto doveva essere in perfetto ordine visto che il lancio doveva avvenire in perfetto orario e che non potevano essere ammessi ritardi di sorta. Due giorni prima del lancio era iniziato il conto alla rovescia che non si era fortunatamente mai interrotto per avarie o malfunzionamenti dell'ultima ora.

CAPITOLO DECIMO.

Il momento tanto atteso era finalmente arrivato: tutta la parte dello equipaggio preposta al lancio ed al controllo missione, era ai propri posti per il conto alla rovescia. Tre ore prima i due astronauti erano saliti a bordo della navicella e adesso erano pronti al lancio. La navicella, “Aurora Uno” era esteticamente la copia in scala ridotta di quelle degli anni ottanta ma le somiglianze terminavano nell'aspetto estetico esteriore. Le dimensioni dell'”Aurora” erano in realtà solo quelle di un caccia biposto di base sulle portaerei americane, quelle di un “F18” un po' “gonfiato”. Il lancio sarebbe avvenuto grazie alla potenza di due missili a combustibile solido agganciati alla navicella e il rientro invece, mancando ovviamente una pista di atterraggio, sarebbe avvenuto grazie alla forza frenante di ben otto paracadute che avrebbero portato a terra con la massima dolcezza possibile l'”Aurora” e il suo equipaggio dopo che i retrorazzi avessero frenato adeguatamente la velocità di rientro. In pratica la navicella avrebbe effettuato il rientro non atterrando come gli Shuttle tradizionali ma rientrando piuttosto come le “Vostok” Sovietiche dei bei tempi andati. Nell'hangar della Iowa era situata anche una navetta di riserva e un equipaggio di ricambio era sempre disponibile per ogni evenienza.........la posta in gioco era troppo grande per poter ignorare eventuali disgrazie, il progetto doveva essere portato a termine in qualsiasi caso. Il lancio fortunatamente era avvenuto in perfetto orario e non aveva dato problemi di sorta: l'Aurora si era alzata nel cielo limpidissimo senza apparente difficoltà, all'altezza prevista si era liberata dei due razzi propulsori che caduti in mare sarebbero in seguito potuti essere recuperati e si era avviata per la rotta prevista, rotta che la avrebbe dovuta portare ad incontrarsi con l'astronave automatizzata contenente il “cubo”. Il punto esatto dell'incontro era per fortuna noto come era perfettamente conosciuto quello dell'impatto con il meteorite ma la direzione da dove sarebbe arrivata l'astronave era invece del tutto sconosciuta. Era necessario arrivare ad una distanza dalla Terra esattamente pari a un quarto di quella che separa il nostro pianeta dalla Luna e attendere il momento fatidico per poter tentare di intervenire. Si era anche pensato che forse era sufficiente distruggere il meteorite invece che cercare di dirottare l'astronave: certo in questo modo, a patto di essere in grado di poterlo fare, si sarebbe evitato l'impatto, la distruzione dell'astronave e la sua successiva caduta sulla Terra.........ma la rotta dell'astronave sarebbe risultata ancora sbagliata e invece di puntare come previsto verso il vuoto assoluto dell'esterno della galassia, avrebbe puntato invece direttamente verso il suo centro e quando prima o poi il “buco nero” avesse avuto ragione delle pareti del “cubo”, sarebbe stato ugualmente“game over” per tutti…….e poi l’uomo non era ancora in grado di distruggere un corpo celeste di quelle dimensioni per lo meno avendo a iesposizione solo una piccola navetta spaziale e nulla altro. La “Aurora” era dunque arrivata al suo appuntamento con tre ore di anticipo: aveva acceso tutti i radar a sua disposizione e puntato con il computer il telescopio di cui disponeva alla ricerca della astronave automatizzata. Ma nulla era mai accaduto.........il momento previsto per l'arrivo era giunto ed era passato, ne astronave ne il meteorite erano mai comparsi. I due astronauti avevano atteso altre tre ore per sicurezza ma poi, vedendo che non succedeva niente, avevano rinunciato ed avevano iniziato il viaggio di rientro. Evidentemente la data da prendere in considerazione non era sfortunatamente quella ma di sicuro la seconda, quella che si riferiva disgraziatamente al 23 giugno 1942! Rientrare a terra non era stato per nulla semplice........prima era stato necessario entrare in orbita e mantenerla stabile, poi era arrivato il delicatissimo momento dell'accensione dei retrorazzi per ridurre la velocità ed imboccare lo strettissimo “corridoio di discesa” entro il quale dovevano rigorosamente mantenersi per evitare di “rimbalzare” sugli strati alti dell'atmosfera e perdersi per sempre nello spazio o di finire come alternativa poco piacevole, bruciati dal calore sviluppato dall'attrito. Ma tutto per fortuna era andato bene, la navetta era ammarata come previsto a due chilometri dalla Corazzata con la più grande dolcezza ed era stata recuperata agevolmente dal personale preposto. Era tutto da rifare daccapo.........viaggio nel tempo, preparazione ad un nuovo lancio e tutto con l'aggravante di doverlo fare questa volta in un mondo in guerra e in una zona calda dove i combattimenti si sarebbero tra l'altro dimostrati particolarmente accaniti. C'era tutto da studiare, tutto da preparare e nessuno sapeva nemmeno se in quelle condizioni si sarebbe potuto portare a termine l'impresa......eppure bisognava farlo a prezzo di qualsiasi sacrificio anche a costo di causare vittime innocenti e do modificare il corso della storia......il futuro, anzi l'esistenza stessa della galassia era in gioco e nelle loro mani.

CAPITOLO UNDICESIMO.

A bordo il fallimento della missione spaziale aveva lasciato gli scienziati perplessi e preoccupati anche se in realtà tutti a bordo erano ovviamente preparati ad un possibile insuccesso. Veramente fallimento era la parola sbagliata visto che la missione in se stessa non aveva dato problemi particolari, anzi tutto era andato nel migliore modo possibile, il fatto era e non certo per colpa loro, che lo scopo finale era venuto a mancare, con il mancato arrivo delle astronave aliena. A parte il salto temporale che costituiva sempre una incognita, il dover ripetere il lancio in condizioni ben diverse, nel bel mezzo della guerra de Pacifico era un problema di difficile soluzione ed era necessario risolverlo prima ancora di effettuare il salto temporale. La data in questione, quella dell'incontro con l'astronave aliena era infatti prevista obbligatoriamente per il 23 giugno del 1942, proprio disgraziatamente la data della “battaglia di Saipan” località situata sul litorale delle isole “Marianne”. Intanto la Iowa, dopo che l'accampamento era stato completamente smantellato e che la navetta era stata riposta al sicuro nell'Hangar, aveva ripreso la strada del Mediterraneo per recuperare ad Ostia il Professor Visconti e Giant. Lo scienziato in quasi un anno di vita vissuta nella capitale dell'Impero, sempre aiutato dall'eminente linguista, aveva raccolto una messe impressionante di materiale: tra filmati, fotografie e disegni completi di piantine topografiche, era stato in grado di poter portare a casa una completa ricostruzione in tutti i particolari di tuta quella che sarebbe diventata nel tempo la “Città Eterna”. Sapeva che si trattava si della Roma imperiale ma non era ancora la Roma distrutta da Nerone e ricostruita ancora più bella e maestosa che lui avrebbe voluto vedere e studiare........lui voleva immortalare nella sua mente e ovviamente su pellicola, la Roma nella sua più grande espansione........quella di Traiano! Ma forse ci sarebbe stata un'altra occasione in futuro, sempre che un futuro ci potesse essere per tutti loro! Intanto i due scienziati americani erano riusciti a mettersi in contatto con quasi tutti quei personaggi che tanto avevano influenzato la loro formazione classica avuta a scuola. Avevano potuto conoscere personalmente Orazio, Tibullo, Properzio, Ovidio ma quelli che più li avevano “colpiti” con la loro arte ed intelligenza, erano stati Virgilio e Tito Livio. Per i due scienziati era stata una esperienza irripetibile venire a contatto con i due personaggi le cui opere erano state per anni, anzi……sarebbero state studiate dai giovani di tutto il mondo occidentale! Venire a contatto e poter toccare con mano le opere originali proprio così come erano state scritte dai rispettivi autori…….Pazzesco!Incredibile! Virgilio poi, che era entrato in confidenza in modo particolare con Visconti, aveva donato allo scienziato il manoscritto originale delle “Bucoliche”e per riconoscenza Visconti gli aveva parlato di un “certo” Dante Alighieri e della sua opera fondamentale………..la“Divina Commedia”. Certo che erano stati mesi entusiasmanti, trascorsi tra seminari e colloqui indimenticabili e il tempo era volato via come non mai. Al ritorno della corazzata l’equipaggio a Roma era stato accolto con manifestazione di gioia da parte di tutti ed in particolare da Ottaviano. Pitt era stato nuovamente ricevuto a “corte” con Visconti e aveva potuto notare la grande familiarità che lo scienziato aveva ora con l'Imperatore. Quasi un anno Visconti aveva trascorso nella “Città Eterna”, perennemente a contatto non solo con il “Foro” e tutti i monumenti che la adornavano ma anche, anzi soprattutto, con la gente e con la realtà di tutti i giorni. Ottaviano aveva aiutato e sorretto in tutto lo scienziato e mentre gli illustrava quello che Roma era nella realtà, Visconti aveva incominciato a raccontargli nei minimi particolari come e di che cosa si viveva nei “tempi moderni”: Visconti era poi passato alla storia dalla Capitale al massimo dello splendore, alla decadenza, alla caduta dell'Impero Romano, alla notte del Medioevo, al “Rinascimento” e alle guerre devastanti che avevano caratterizzato la storia dell'uomo fino agli anni duemila. Ottaviano era come una spugna avida di assorbire ogni cosa, Visconti da parte sua invece fotografava e “riprendeva” tutto armato di macchina fotografica digitale e telecamera. Visto che a Visconti “mancava” una accurata visione dall'alto della città, Ottaviano non perse certo l'occasione per “scroccare” un altro volo, fatto questa volta in elicottero in compagnia di Pitt e di Visconti. Il professore era tuttavia molto combattuto..............desiderava ardentemente rimanere li a vivere nella Roma imperiale per il resto della sua vita ma desiderava ancora di più riuscire a compiere un altro viaggio nel tempo per poter vedere dal vivo i monumenti che ancora “mancavano all'appello” e che sarebbero stati costruiti dai successori di Augusto in seguito e questa era la scelta che alla fine aveva prevalso. Un mese dopo l'arrivo, la Iowa dunque se ne era andata definitivamente, aveva preso il mare e si era allontanata dal Mediterraneo che al momento della comparsa della nave nel 1942, sarebbe stato un sanguinoso teatro di guerra e si era diretta a trecento miglia dalle coste australiane, in una zona di mare tranquilla e lontana dai combattimenti da dove avrebbe potuto iniziare la sua seconda missione.

CAPITOLO DODICESIMO.

Era necessario adesso programmare tutto nei minimi particolari ed era molto difficile poterlo fare. Visto che era stato dimostrato che a bordo non era assolutamente possibile poter eseguire il lancio nello spazio, se non al prezzo inimmaginabile di rischiare di distruggere la nave, bisognava trovare un altro sistema per poter lanciare una seconda volta la navetta spaziale. A terra non era assolutamente possibile farlo, non solo a Saipan che, anche un anno prima dello sbarco americano e della terribile battaglia, brulicava di giapponesi, ma in nessun altro luogo. Dovunque avessero tentato di farlo, sarebbero stati scoperti e ciò avrebbe implicato conseguenze inimmaginabili. Si era fortunatamente scoperto però che il lancio per fortuna però doveva avvenire non necessariamente proprio a Saipan ma si sarebbe ugualmente farlo con successo, in una zona, di terra o di mare, non più lontana di trecento chilometri da li, trecento chilometri ma assolutamente non di più, altrimenti tutto sarebbe risultato inutile. Come fare allora, a terra non si poteva lanciare, dalla corazzata nemmeno.........ci voleva un'idea e questa balenò all'improvviso proprio al Comandante:” E se noi ci procurassimo un'altra nave e le costruissimo da qualche parte una piattaforma adatta a sostenere la rampa di lancio.........la navetta allora potrebbe certamente decollare da li, la nave sarebbe di certo distrutta o gravemente danneggiata ma chi se ne frega?La missione verrebbe così effettuata, per lo meno si potrebbe così tentare di poterla portare a termine con successo! Avremmo in questa maniera la possibilità di tentare!” Il ragionamento non faceva una grinza e gli scienziati addetti alla progettazione e costruzione della rampa di lancio asserivano che si, si poteva e si doveva tentare di procedere proprio per questa strada.......altre possibilità non se ne vedevano all'orizzonte. Il difficile, fra le cose difficili, sarebbe stato però adesso procurarsi la….......nave. Ma non era assolutamente possibile fare tutto da soli. La loro era la nave più potente del mondo ma da soli non avrebbero potuto andare da nessuna parte. Il mondo degli anni quaranta non era semi deserto e praticamente incapace di opporsi alla strapotenza della Iowa, come ai tempi dei Romani. Rubare o procurarsi una nave di almeno diecimila tonnellate, attrezzarla con lavori che sarebbero durati almeno un anno a farli da soli, il tenere tutto nascosto in una zona di mare molto trafficata o nascondersi da qualche parte e poi arrivare in zona di lancio all'improvviso.......no, No, NO! Non era proprio possibile farlo senza dare nell'occhio o senza farsi aiutare! Tra l'altro la Iowa cominciava ad essere a corto di viveri, avrebbe è vero potuto tornare nel suo tempo a rifornirsi.........ma i viaggi nel tempo rivestivano sempre una incognita imponderabile e non era opportuno fidarsi oltre misura della buona sorte accumulata fino ad allora. Era dunque per forza di cose, assolutamente necessario appoggiarsi a qualcuno e a chi altri se non alla Marina Americana? Non a quella “loro” ma a quella del 1942.......era l'unico rischio calcolato a cui si poteva forse ricorrere in quel frangente.

CAPITOLO TREDICESIMO.

Per passare dall'epoca di Ottaviano Augusto al 1942, era stato sufficiente un battito d'ali: la nebbia consueta, poi la strana luminescenza che tutto aveva permeato, lo strano tremolio delle pareti della nave e poi la solita assurda sensazione che nulla fosse cambiato. Ma anche questa volta il “viaggio” era riuscito perfettamente. Le radio di bordo eseguivano adesso solo musiche e canzonette stile anni quaranta e i giornali radio parlavano giustamente del maggio 1942, anno in cui avevano effettivamente programmato di “riemergere”. Pitt aveva immediatamente fatto battere “posti di combattimento” e la Iova aveva incominciato la sua navigazione verso S Francisco a trenta nodi di velocità in un mare che tutti sapevano essere particolarmente insidioso. Difatti, alcune ore dopo, prima il radar aveva individuato un aereo solitario, certamente un ricognitore, che volava altissimo nel cielo e che subito si era allontanato il medesimo strumento di radiolocalizzazione aveva fatto un’altra sgraditissima scoperta: uno stormo di aerei non identificati si stava dirigendo a seimila metri di quota, direttamente verso la loro posizione. Evidentemente in zona ma al di fuori della portata del loro radar di scoperta, era presente qualche portaerei nipponica e loro probabilmente avvistati dal ricognitore stavano per venire attaccati. Pitt aveva aumentato immediatamente la velocità a quarantatre nodi e aveva iniziato una navigazione a zig zag gestita dal computer di bordo. La Iowa rispondeva meravigliosamente alle alte velocità e una accostata seguiva sollecitamente la precedente. Se gli aerei fossero stati individuati a bassa quota, Pitt non si sarebbe preoccupato più di tanto, perchè si sarebbe certamente trattato di “caccia” o di “aerosiluranti” mezzi aerei relativamente lenti e comunque facilmente neutralizzabili già da lontano con le sole armi di bordo ma purtroppo il radar aveva segnalato gli aerei in avvicinamento ad una altezza che suggeriva che si potesse trattare di bombardieri di alta quota e qui era decisamente meglio intervenire preventivamente in altra maniera per non andare incontro ad eventuali guai molto seri. Ne sapevano qualcosa i superstiti della “Repulse” e della” Prince Of Walles” che ci avevano rimesso le loro navi dopo aver subito un micidiale attacco aereo proprio di quel genere. Pitt allora aveva fatto in modo di far decollare quattro “Raptor” tenendo gli altri sei di riserva pronti sul ponte e di indirizzarli verso quello che pareva un nemico in fase di attacco. Si trattava per la verità effettivamente di bombardieri nipponici lanciati all'attacco da un ricognitore che da grande altezza aveva individuato per caso la corazzata. I quattro “Raptor”, ottenuto l’ordine definitivo di attacco, si erano sollecitamente divisi prima in due coppie e poi si erano impegnati in una caccia ognuno per conto suo: i bombardieri in arrivo erano ben venti ma non ebbero nemmeno il tempo materiale di rendersi conto di quanto stava per accadere loro: troppo grande era la differenza di tecnologia……bombe stupide e soggette per colpire solo alla forza di gravità contro missili guidati infallibilmente da computer. I “Raptor” avevano sganciato esattamente cinque missili a testa a ricerca di calore da otto chilometri di distanza e i venti bombardieri si erano disintegrati in un attimo in una unica palla di fuoco. Rientrati i “caccia” a bordo, la corazzata aveva ripreso la sua rotta rettilinea senza più venire attaccata da nessun altro aereo ma non aveva nello stesso tempo per nulla ridotto la sua velocità di crociera: l'oceano Pacifico infatti poteva essere anche infestato da sommergibili giapponesi in agguato alla costante ricerca di prede, la corazzatura della nave poteva resistere a quasi tutto ma era ovviamente meglio non rischiare. Due giorni dopo la corazzata passava finalmente a lento moto sotto il “Golden Gate” e si ormeggiava ad un molo della base militare.

CAPITOLO QUATTORDICESIMO.

Ma c'era un altro problema di vitale importanza che da tempo doveva essere preventivamente discusso e soprattutto risolto. Per cui, approfittando della relativa tranquillità della navigazione, a bordo si era tenuta una riunione che aveva coinvolto gli scienziati presenti a bordo e lo staff di comando della corazzata. Era stato lo stesso Comandante a sollecitarla, a causa di un dubbio che lo stava divorando fin da quando si era partiti per quella incredibile impresa. Fino a quel momento non c'era stato il tempo materiale per eviscerare il problema ma adesso che la navigazione procedeva tranquilla verso il porto, il momento di discutere quanto angosciava il Comandante era finalmente arrivato. Pitt si era rivolto soprattutto a coloro che avevano conseguito una laurea in fisica e ancor più a coloro che avevano progettato e realizzato il macchinario che li aveva catapultati nel passato e che si sperava li avrebbe in seguito riportati a casa ma l'opinione di tutti gli scienziati presenti sarebbe stata gradita, visto che la discussione sarebbe stata impostata su un argomento che risultava assolutamente misterioso se non per alcune teorie che non si erano mai potute provare e verificare della loro esattezza in precedenza:” Cari signori, siamo giunti fino a qui “manipolando” addirittura il tempo, riuscendo a recarci perfino nel nostro passato. Ma facendo ciò, abbattendo per esempio degli aerei giapponesi come siamo stati costretti nostro malgrado a fare o mettendo a contatto noi e la nostra nave con il mondo dei Romani.......non abbiamo forse influito in qualche modo sul nostro futuro? La morte dei piloti giapponesi non potrebbe avere avuto, per esempio, drammatiche ripercussioni sui loro posteri che, mancando a loro il padre...........non avrebbero più potuto nascere, esistere e far sentire il peso della loro presenza sulla Terra con tutte le conseguenze che la loro esistenza avrebbe implicato? Capite cosa voglio dire?Nei nostri libri di storia non ho mai trovato riferimento alcuno alla comparsa della nostra nave al tempo dei Romani e poi una seconda volta alla fine della Seconda Guerra Mondiale! Li troveremo forse al nostro ritorno, dopo che avremo modificato il nostro passato e come ovvia conseguenza, il nostro futuro?” A rispondere era stato il professor Bennet, capo dei fisici addetti alla manutenzione del reattore della nave:” Vede Comandante, lei non si deve preoccupare troppo di ciò che mi ha appena esposto con la massima chiarezza. Si tratta di preoccupazioni assolutamente legittime per chi non conosca la materia ma per fortuna assolutamente infondate. Si tratta di preoccupazioni che in passato non ci hanno letteralmente fatto dormire per giorni, ma che adesso pensiamo di aver per fortuna potuto escludere. Si trattava di correre un rischio, un rischio calcolato e nello stesso tempo gravissimo ma la gravità stessa della situazione imponeva a noi tutti di correrlo............in ogni caso! Di questo argomento ne abbiamo parlato i miei colleghi e io una infinità di volte e siamo giunti alla fine a delle conclusioni ben precise, che pensiamo fermamente che si avvicinino di molto alla realtà delle cose. Si tratta ovviamente, nel medesimo tempo, di teoria, pura e semplice teoria.........ma per nulla campata in aria e siccome nel nostro universo la logica la fa da padrona, una teoria “logica” non può essere che la verità.......almeno noi ci contiamo. Dunque mi stia bene a sentire: noi in verità, cambiando alcune variabili, come uccidendo i piloti giapponesi o interagendo con l'Impero Romano, lo abbiamo si fatto dopo essere retrocessi nel tempo ma in una dimensione che non è per nulla la nostra. Arretrare veramente nel “nostro” tempo è una cosa che nella realtà NESSUNO SARA' MAI IN GRADO DI FARE! Li, qui, in questa nuova dimensione insomma, esistono le medesime situazioni che si sono verificate nella nostra ed esisteranno ancora nel prosieguo della loro storia ma lei, io e tutti noi qui in questa dimensione, non esistiamo e non esisteremo mai, per nulla! Al posto nostro, di tutti coloro che sono imbarcati sulla nostra nave, ci sono altri esseri umani che vivono la loro vita.......il suo ed il mio io del e nel passato non esistono per nulla ed il loro posto è preso da altri personaggi che sono già protagonisti della loro dimensione …..del loro mondo. Esiste e lo abbiamo visto di persona, un imperatore che si chiama Augusto, esisterà in futuro, anche nel loro futuro un certo Benito Mussolini......ma di noi che siamo venuti fino a qui con la nostra nave, del nostro presunto “io” di questo luogo del passato ne ovviamente di tutti i nostri predecessori non troverete mai alcuna traccia. Sui libri di storia della dimensione dove noi siamo entrati la prima volta......in futuro, nel loro futuro, si troverà sicuramente traccia del nostro “passaggio”, come inevitabilmente accadrà in quelli della dimensione dove ci troviamo ora........ma sui nostri testi noi non abbiamo registrato nulla di simile ne lo troveremo nemmeno al nostro ritorno, Noi proveniamo non dal futuro inteso come tale ma da una dimensione parallela ma diversa, dimensione che è avanzata nel tempo più di quella dei Romani o di quella dove siamo arrivati adesso, quella del 1941. Tutte queste dimensioni hanno però una caratteristica in comune........la presenza della catastrofe che siamo chiamati a scongiurare. Quella si è e sarà comune a tutti e per tutti quando il momento arriverà. Quello che noi dunque dobbiamo fare è compiere la missione per la quale siamo giunti fin qui e......tornare indietro a casa nostra dopo essere riusciti a salvare il pianeta” .

CAPITOLO QUINDICESIMO.

La base navale era affollata di tutta una serie di navi che componevano la “Flotta del Pacifico” e la Iowa si era ormeggiata proprio presso la sua gemella “Missouri”. Con il continuo traffico di navi che andavano su e già dalla baia, nessuno in un primo momento aveva fatto caso più di tanto al passaggio della corazzata ma appena all'ormeggio, una selva di marinai stupiti avevano incominciato ad osservare allibiti una nave che appariva assolutamente fuori posto e comunque “diversa” da come doveva essere. Prima di tutto tutti a bordo della Missouri sapevano che la corazzata “Iowa” era in quel momento ormeggiata a Pearl Harboor........e poi che cos'era tutta quella selva di antenne radar così complesse e da dove poi era saltato fuori quello stranissimo ponte di volo poppiero? E quelle che parevano rampe di razzi......che novità era mai questa? Ovviamente nemmeno un'ora dopo l'ormeggio avevano subito la visita dell'Ammiraglio che comandava il porto, accompagnato dal suo Aiutante di Campo. La nave intanto era stata subito circondata da una torma di piccole imbarcazioni, su cui erano imbarcati marinai, semplici cittadini curiosi ed avidi di qualsiasi novità e ovviamente dai primi immancabili, onnipresenti rappresentanti della stampa. Appena salito a bordo l'Ammiraglio era stato fatto ovviamente immediatamente accompagnare nella cabina del Comandante che lo aveva ricevuto assieme al Professor Bennet. L'Ammiraglio, estremamente eccitato e con la pressione a mille, aveva subito preso la parola e aveva detto testualmente:” Non riesco a capire........prima di tutto io sono l'Ammiraglio Porter......ma invece, da parte vostra, non so con chi ho a che fare. Invece del Comandante Wiston, comandante designato di questa nave, mi trovo davanti ad una persona a me totalmente sconosciuta ed a un civile che non so assolutamente chi possa essere e che cosa possa entrarci con una nave della Marina in tempo di guerra. Poi la Iowa, che solo la settimana scorsa ho visto partire da questa medesima banchina ora mi appare completamente diversa da come me la ricordo, anzi......scusate, da come deve essere. Converrete con me e mi darete ragione se io affermo di non capirci più nulla e DI VOLER ESSERE ASSOLUTAMENTE E SUBITO MESSO AL CORRENTE DI QUANTO STA QUI, IN QUESTO PRECISO MOMENTO, ACCADENDO IN OGNI SUO PARTICOLARE!”” Amiraglio Porter, lei ha perfettamente ragione e lo so che lei io.......tutti noi ci stiamo apparentemente trovando in questo momento in una situazione anomala e veramente al di fuori della realtà e di ogni logica. Ma se ha la pazienza di ascoltarmi, di sicuro ne verremo a capo. Vede Ammiraglio quello che io e il qui presente Professor Bennet stiamo per dirle, sarà per lei molto difficile da digerire e tutto sommato forse è meglio che lasci a lui la parola.........a proposito mi scusi, non mi sono ancora presentato. Io sono il Capitano di Vascello Brad Pitt e sono il Comandante in capo di questa unità”.” Ma se il Comandante è il” Aveva incominciato col dire l'ammiraglio, anzi aveva solo cercato di esordire, perchè Bennet lo aveva a sua volta vivacemente interrotto dicendo:” Ammiraglio......ripeto e ribadisco quanto il mio comandante le ha appena esposto, cioè che lei ha tutte le ragioni del mondo per protestare ma se lei comincia ad interrompere ad ogni piè sospinto, non riusciremo mai a spiegarci.....la prego abbia pazienza,, si sieda ed abbia la cortesia di ascoltarmi, per la inevitabile discussione è meglio avere gli elementi giusti per poterla sostenere. Dunque, tanto per cominciare, lei è imbarcato si sulla Iowa ma nello stesso tempo su di una corazzata che di quella che lei conosce, conserva praticamente solo il nome e lo scafo. Adesso, senza nemmeno spiegare da dove veniamo e perchè, dove è finito l'equipaggio che lei conosce e tutto il resto che dovrà sapere e riferire a chi di dovere, il Comandante ed io la accompagneremo subito in giro per la nave, in modo tale che dopo averla visitata da capo a piedi, riuscirà di sicuro ad accettare più agevolmente quanto dovrà conoscere del destino della corazzata, del suo equipaggio e della sua importantissima missione”. E così l'Ammiraglio si era finalmente zittito ed era stato accompagnato per ogni dove, aveva potuto osservare sbalordito il sistema di propulsione della corazzata governato dal reattore nucleare, l'elettronica sofisticatissima della plancia e dei sistemi di navigazione, avvistamento e difesa e delle rivoluzionarie armi di bordo computerizzate. La componente aerea era stata illustrata solo in parte, mentre la capacità di offesa nucleare era stata tenuta per il momento completamente celata. Ma ce n'era abbastanza sia per sbalordire sia per predisporre chiunque ad ascoltare la verità, qualsiasi essa potesse essere. Alla fine della visita l'Ammiraglio era stato riaccompagnate nella cabina del Comandante che questa volta aveva preso la parola in prima persona dicendo:” Ammiraglio vede noi tutti e ovviamente la nostra nave, proveniamo dal futuro. Non le sto adesso a spiegare tutte le implicazioni che ciò comporta, non le sto a dire che forse non si può parlare veramente di futuro ma invece di una dimensione diversa da quella del suo mondo........cerchi per favore solo di capire quanto tutto ciò è difficile da concepire anche per noi che il salto tempo/dimensionale lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle........resta il fatto che da dove noi proveniamo, futuro o dimensione parallela che sia, evidentemente il progresso ha fatto passi da gigante e questo lo può constatare dopo la visita che ha fatto alla mia nave. Ma il nocciolo della questione è che noi siamo qui per un motivo ben preciso: abbiamo assoluta necessità che gli Stati Uniti di questa dimensione aiutino quelli della nostra. Tutto qui. Ma la richiesta che io devo fare non è certo diretta a lei ma è di stretta pertinenza del vostro Presidente ed è con lui che io devo assolutamente conferire al più presto”” Parlare con il Presidente.......certo, a questo punto sembra anche a me la decisione più sensata...........io in fondo sono solo il Comandante Del Porto di San Francisco e la mia figura non riveste certo alcun potere decisionale. Certo Comandante Pitt...........lei ha perfettamente ragione. Ci penserò io ad avvertire chi di dovere e domani stesso avrà la risposta, risposta che secondo logica, certamente sarà positiva”.

CAPITOLO SEDICESIMO.

RIUNIONE TENUTA A BORDO DELLA YOWA:
“ Cari colleghi, Comandante Pitt..........adesso” Cominciò a dire il professor Bennet” Il più è stato fatto, ora si rende necessario programmare tutti assieme le richieste che sarà indispensabile fare al Presidente per ottenere il fondamentale aiuto degli Stati Uniti. Quello che diventa prioritario ed assolutamente indispensabile ottenere, è una zona dell'oceano “libera” da giapponesi che disti al massimo trecento miglia da Saipan, una vecchia nave da adibire a base di lancio, e sei mesi almeno di “protezione” dal pericolo di qualsiasi intrusione all'interno del perimetro di sicurezza. Il tutto purtroppo nel periodo più cruento della guerra.......a pochi mesi di distanza dalla disfatta di Perl Harboor e in una zona di mare tutt'ora saldamente in mano ai giapponesi. Come vedete non si tratta certo di un affare da poco, certo ne va della sicurezza futura oltre che nostra, anche di questa e di tutte le dimensioni collegate..........ma riusciremo a fare capire la fondamentale importanza di ciò agli americani di questa dimensione? Abbiamo bisogno degli Stati Uniti e purtroppo abbiamo assoluta necessità del loro aiuto, nel momento più difficile della loro storia...........secondo me dovremo limitare l'aiuto da noi richiesto alla pura e semplice “messa a conoscenza” del nostro problema del Presidente e di pochi altri, del fatto che lui solo è in grado di procurarci la nave che ci serve per poter lanciare il prossimo anno la navetta e nulla più. A difendere la zona che ci interessa ho paura che dovremo provvedere da soli e penso che ne abbiamo la capacità con i mezzi a nostra disposizione”.” Certo professor Bennet........lei ha perfettamente ragione ed io confermo, come Comandante di questa unità, che per quanto riguarda la nostra difesa, siamo perfettamente in grado di fare tutto da soli. Ci basta l'aiuto logistico da parte del Presidente per quanto riguarda i rifornimenti di vettovaglie, il suo aiuto per poter disporre della nave di cui abbiamo necessità assoluta e poco altro. Al Giappone e alla sua Marina Militare ci penseremo noi!”

CAPITOLO DICIASSETTESIMO.

Il Presidente Rouswelt era perfettamente identico alle foto dei libri di storia ma a differenza di quello conosciuto da Pitt e dal suo equipaggio, non aveva affatto bisogno dell'ausilio della sedia a rotelle. Era chiaramente sempre lui, si trattava della medesima persona ma nello stesso tempo appariva molto più sano e giovanile del suo omonimo della dimensione dei “viaggiatori” nel tempo. Il Presidente li aveva ricevuti nel giardino della “Casa Bianca” in un ambiente dunque molto meno formale e più rilassante di quello che poteva essere la “Sala Ovale” Subito dopo i convenevoli di rito e le presentazioni, il professor Bennet aveva preso la parola esponendo al Presidente la situazione in cui tutti loro si venivano a trovare:” In pratica signori miei, voi asserite di provenire da una dimensione parallela a quella dove ci troviamo adesso, di avere l'assoluta necessità di compiere la vostra missione per la salvezza di tutti noi e di avere, per poter compiere ciò, assolutamente bisogno del mio aiuto. Ora.......se io avessi un solo dubbio che quanto mi dite è frutto di fantasia o peggio di altro..........vi metterei immediatamente alla porta e poi agli arresti ma siccome le testimonianze che i miei collaboratori mi hanno dato, parlano tutte inequivocabilmente in vostro favore, vedrò cosa posso fare per potervi sostenere ed aiutare, certo più di un aiuto logistico in questo momento così tragico e difficile per la Nazione non vi posso proporre..........ma, ripeto........ vedremo cosa si potrà fare .”” Vede Signor Presidente, io come Comandante della Iowa e responsabile della spedizione, ho da chiederle in verità molto poco: la mia nave è in grado di difendersi da sola anche troppo bene dagli attacchi del nemico, ma una “copertura” aerea a debita distanza sarebbe ben gradita o al limite andrebbe ugualmente bene una protezione marittima eseguita con uno “schermo” difensivo di sottomarini. Ma quello che adesso ci serve è prima di ogni altra cosa un adeguato rifornimento in viveri e combustibile avio, poi ci è assolutamente indispensabile la fornitura di una nave di una stazza orientativamente sulle 10.000 tonnellate da poter trasformare per i nostri scopi e l'impegno a non ostacolare con indagini fuori luogo da parte della stampa di quanto noi ci apprestiamo a fare””Vedo bene quali sono le vostre richieste e so benissimo che il successo della vostra missione implica la salvezza o meno della civiltà sul nostro pianeta””Dica pure la vita stessa del nostro mondo, signor Presidente!”Aggiunse Pitt” Ma nonostante ciò, i miei consiglieri militari mi dicono che fornirvi la richiesta protezione aerea è per noi impossibile, almeno per tutto l'anno in corso. A noi, dopo il recente attacco a Pearl Harboor sono rimaste in pratica solo le portaerei per poterci difendere ed anche poter pensare ad un contrattacco e, per queste ragioni, tali navi non possono assolutamente per ora essere distolte dai loro compiti operativi. Possiamo invece essere molto più possibilisti nel fornirvi una adeguata protezione e copertura subacquea, fatta con sottomarini della classe “Balao” questo si, oltre al necessario rifornimento di quanto altro vi possa servire”. E questo era stato quanto avevano potuto ottenere dal Presidente, non era certo stato il massimo di quanto speravano di ottenere ma si era trattato sempre di quanto poteva servire loro per poter attuare il loro progetto. La settimana seguente Pitt e lo staff degli scienziati della Iowa, erano stati accompagnati nel cantiere navale di Boston dove avevano potuto visionare tre navi che si trovavano in bacino di carenaggio. La scelta era caduta su di un cargo di undicimila tonnellate che aveva come caratteristica le sovrastrutture di comando situate sull'estrema poppa della nave. La parte anteriore e centrale dello scafo risultava adattissima alle trasformazione che gli addetti alla costruzione della rampa di lancio avevano in mente di compiere. Effettuata la scelta, si era subito provveduto ad ingaggiare operai e maestranze e a programmare per la fine del mese l'inizio dei lavori. A Pitt adesso restava in verità poco da fare: ad attenderlo c'erano ora almeno tre mesi di inattività forzata e si sentiva veramente inutile. Mentre gli astronauti proseguivano nel loro continuo addestramento, gli scienziati davano le direttive per la costruzione della rampa e approntavano tutto quanto era necessario per la missione, per lui e per la maggior parte dell'equipaggio si prospettava invece un periodo di forzata inattività. La corazzata risultava perfettamente a punto e una volta effettuato il rifornimento di tutto quanto era necessario, per Pitt rimaneva ben poco da fare. Una sera, verso le sette, una telefonata era però arrivata al suo alloggio: il Presidente desiderava conferire urgentemente con lui. Arrivato alla “Casa Bianca” Rouswelt lo fece accomodare su di un divano accanto a lui e cominciò il suo discorso:” Caro Comandante, lei ha chiesto ed ottenuto il mio aiuto. Si tratta certo di un aiuto fraterno dato da un americano ad un altro, disinteressato e spontaneo........ma unidirezionale. Non so se riesce a comprendere dove voglio andare a parare.........pensavo, non è che con la potenza della sua nave, le cui caratteristiche offensive non mi sono ancora del tutto state ancora svelate ma che forse in parte riesco ad intuire, lei potrebbe “darci una mano” nella guerra in corso contro Giappone e Germania? Non si tratta, badi bene di ricambiare un favore fatto.........ma di aiutare la mia........la sua Patria a vincere la guerra e provabilmente a risparmiare, se possibile, una buona quantità di morti e lutti vari. Cosa ne pensa?”” Signor Presidente, era ovvio che una richiesta del genere mi sarebbe stata fatta, un po' me lo aspettavo. Vede, la mia nave si la si può considerare in due modi diversi: o come una corazzata semplicemente più evoluta di quelle che avete in linea voi, o come una nave assolutamente rivoluzionaria per il suo tremendo potenziale distruttivo. Considerandola nel primo caso lei, potendola usare, non avrebbe niente di più che una corazzata in più di quelle che già possiede. Certo........ più veloce, più moderna, più precisa nel tiro dei 406, con un impianto di rilevazione enormemente più progredito dei vostri.........ma in definitiva sempre una corazzata della classe Iowa! Ne più e ne meno. Se invece vogliamo prendere in considerazione il suo armamento più sofisticato, che lei tra l'altro non conosce per nulla, allora le cose cambiano. Ma cambiano in realtà molto poco. Questo genere di armamento risulta troppo potente e distruttivo per il tempo in cui ci troviamo ora e oltre a tutto lei di queste armi non ne ha affatto alcuna necessità. Vede Signore, io so benissimo e glielo voglio confermare, che l'America, la nostra amatissima Patria, non avrà alcuna difficoltà a vincere questo conflitto........ancora qualche mese di pazienza e di sofferenza e poi le sorti di questa disgraziatissima guerra cambieranno radicalmente. Le armi che la mia nave possiede, se usate, risparmierebbero certo molte vite di soldati americani ma ne causerebbero nello stesso tempo moltissime di più a scapito di altre vite innocenti, vite nemiche civili certamente.......ma sempre vite umane che andrebbero perdute tra atroci sofferenze! E questo io non mi sento di potermelo permettere e non ne vorrei mai la responsabilità. Potrei anche senza alcun dubbio, ordinare e programmare la distruzione totale e istantanea della flotta giapponese e sono perfettamente in grado di poterlo fare, ma per terminare il conflitto senza l'invasione di quel paese, invasione che causerebbe milioni di vittime, sarebbe necessario colpire anche la popolazione stessa del Giappone............uomini, donne, bambini! Già venendo fino a qui sono stato costretto ad ordinare l'abbattimento di uno stormo di aerei che ci stavano per attaccare e so che quando prenderò il mare per raggiungere la mia destinazione, sarò di certo costretto a difendermi causando, non per mia colpa, altre vittime. Cerchi di capirmi, di comprendere la mia situazione signor Presidente: le armi che io possiedo sarebbero in grado se usate, di distruggere in un attimo contemporaneamente Germania e Giappone, non solo come nazioni in guerra con i loro eserciti ma come entità geografiche. Ma adesso le dirò di più, Signor Presidente..........io sto parlando di totale e assoluto sterminio! Se sapessi che gli Stati Uniti fossero destinati ad una rovinosa sconfitta, ad una sanguinosa invasione da parte delle forze Nipponiche......ebbene ci penserei, delegando magari la decisione ultima a lei ma visto che so per certo che la guerra sarà vinta da noi non mi sento proprio di agire altrimenti! Io so per certo che già le prime armi di distruzione di massa, armi che noi abbiamo a bordo, sono per parte vostra in avanzata progettazione nella città segreta di “Alamagordo” e so che il suo successore sarà costretto a prendere delle decisioni del tipo di quelle di cui le sto parlando..........NO, Signor Presidente la mia risposta è NO. E con questo discorso le sto dicendo anche che purtroppo che lei non vedrà la fine del conflitto e, Signore......... sono sicuro che per la sua coscienza e per la sua figura di grande statista, ciò sarà molto meglio.” “ Ho capito Comandante, lei è stato di una chiarezza estrema. Vorrà dire che se quando dovrà partire per la sua missione le capiterà a tiro qualche nave giapponese che potrebbe ostacolare la sua missione.........beh, so che non si tirerà certo indietro nel distruggerla per noi!

CAPITOLO DICIOTTESIMO.

Sistemata e chiarita una volta per tutte la spiacevole situazione, Pitt aveva deciso di prendersi un mese di “pausa”: La sua presenza a bordo non era richiesta e anzi aveva deciso di far sbarcare assieme a lui a rotazione, tutti i componenti l'equipaggio in quel momento non ritenuti indispensabili per la missione. Pitt con l'aiuto dell'amministrazione americana aveva preso possesso in montagna di una villetta, tra le montagne e un meraviglioso laghetto situato a 1500 metri di altitudine. Si era fermato in paese, con la macchina presa a noleggio, solo per il tempo strettamente necessario a fare una abbondantissima spesa e poi si era sollecitamente avviato verso la pace di boschi e prati. La villetta era immersa nel verde e Pitt aveva perso un po' di tempo a rifornirla e a spostare qua e la gli oggetti in posizioni diverse da quelle in cui li aveva trovati. Li sarebbe rimasto in definitiva meno di un mese ma il Comandante aveva ugualmente la “pretesa” di fare in modo di sentirsi veramente a casa sua e agiva di conseguenza mettendosi il più possibile a suo agio. La prima sera si era seduto comodamente sulla sedia a dondolo in legno che aveva portato in terrazza e con una birra in mano aveva cominciato ad estrarre uno alla volta un po' di ricordi dalla “scatola” in cui li conteneva. Il pensiero ovviamente era subito corso a Marie, a quanto erano stati felici assieme e a come la aveva persa. Dopo di lei Pitt non aveva nemmeno più guardato altre donne, non se la sentiva proprio, non ne aveva voglia. Aveva, all'inizio dell'impresa, addirittura sperato follemente di poter tornare a lei retrocedendo nel tempo ma poi quando aveva appreso che loro erano adesso parte di un'altra dimensione e che retrocedendo all'indietro le persone scomparse non si potevano certo ritrovare........l'ultima speranza di riavere Marie se ne era per sempre volata via. Era stato un po' come perderla di nuovo........prima la terribile certezza che l'aveva perduta per sempre e poi la disillusione dopo aver sperato per un attimo di poterla ritrovare “imbrogliando” in qualche maniera la morte. La pace dei boschi..........quanto aveva desiderato da anni il poter soggiornare in una villetta come quella in cui risiedeva adesso: il caminetto sempre acceso, la neve sulla vetta delle montagne, il fruscio ipnotico del ruscello e del vento tra gli alberi, il grato gracchiare delle cornacchie........pace, tranquillità e silenzio. La montagna.....la meravigliosa bellezza delle vette innevate e non il mare che pure tanto amava ma che nello stesso tempo non sentiva mai come parte di se stesso. Questo era il mondo dove avrebbe voluto vivere una volta andato in pensione, lui....comandante di una corazzata e innamorato da sempre dei mezzi subacquei! Li seduto sulla sdraio sulla terrazza in legno, sentiva la stanchezza e la tensione accumulata come scendere dalle gambe, in basso, sempre più in basso........fino quasi a fuoriuscire dai piedi. La mattina seguente Pitt, svegliatosi dopo quasi dodici ore di sonno, si era recato al mercatino che si teneva sulla piazza del paese a otto chilometri di distanza dalla “sua” villetta e si era “perso” tra le bancarelle contenenti gli oggetti più disparati. Ad un certo punto era stato attratto da una bella ragazza che vendeva oggetti in legno intagliato artigianalmente, proprio accanto alla chiesetta del piccolo paese: di solito lui le ragazze non le osservava per nulla, ogni volta che si trovava a contatto con una di loro una fitta di dolore gli trapassava il pensiero e lui..........girava la testa dall'altra parte. Marie sul letto di morte gli aveva fatto giurare che non sarebbe rimasto solo per tutta la vita ma era un giuramento che lui aveva fatto di malavoglia e solo per compiacere la compagna morente. Da quel momento in poi Pitt aveva sposato in seconde nozze il suo lavoro. Ma quel giorno, sarà stato per la pace ritrovata tra quei monti o per puro scherzo del destino, la visione di quella giovane lo aveva lasciato perplesso. Da subito si era incuriosito per la freschezza della ragazza, per la sua spontaneità a trattare con i clienti e per il sorriso smagliante che delineava un bellissimo volto incorniciato da capelli nerissimi e lisci raccolti in due trecce. Sembrava il ritratto di una antica pellerossa. Senza sapere nemmeno perchè lo facesse, si era avvicinato e con la scusa di guardare gli oggetti in legno si era messo ad osservarla di sottecchi.” Guardi signore che io non sono mica in vendita” Disse la ragazza sorridendo amabilmente.” Mi scusi..........signorina. Stavo guardando la sua mercanzia quando il mio sguardo si è posato su un qualcosa di ancora più bello! Mi scusi non era assolutamente mia intenzione importunarla, me ne vado via subito.” “Ma no........mi scusi lei, non volevo essere sgarbata. Il fatto è che è un pezzo che nessuno mi guarda più con la stessa intensità con la quale mi ha guardato lei.......comunque io sono Marta e lavoro con la mia famiglia girando i mercatini della zona.””Piacere........io mi chiamo Pitt e sto villeggiando qui attorno in cerca di pace e di serenità”: E così, tra una chiacchiera e l'altra una nuova amicizia stava nascendo, semplice e spontanea. I due il giorno dopo, si erano ritrovati a pranzo nel piccolo ristorante del paese e Pitt incredibilmente si era ritrovato ad aprirsi con qualcuno dopo tanto tempo, con una persona poi che era per lui una perfetta sconosciuta. Marta aveva dimostrato di essere una ragazza assolutamente fuori da ogni schema conosciuto da Pitt.....lei appariva di una semplicità assolutamente disarmante e di una grandissima solarità. Parlare con lei era facile, anzi facilissimo e si capiva che lei capiva tutto e partecipava al dolore di quanto era capitato al nuovo amico. Pitt alla fine si era scusato con lei:”Sai mi dispiace di averti importunato con la storia della mia vita sentimentale ma il fatto è che il farlo mi è sembrato la cosa più naturale del mondo........adesso mi sento veramente come liberato da un peso insostenibile: è come se Marie finalmente si fosse staccata da me e avesse trovato la strada per arrivare la dove deve”” Sono convinta che così è e......sono contenta di essere stata proprio io ad averti potuto aiutare in questo”. La sera i due si erano ritrovati a cena e per la prima volta dopo tanto tempo Pitt riuscì a passare una serata in allegria con una ragazza. Anche Marta dimostrava di apprezzare le attenzioni di Pitt. Pur non sapendo nulla della sua vita e dell'incarico gravoso che l'uomo ricopriva, la ragazza si sentiva attratta da lui, era come se una calda aura di protezione la avvolgesse ogni volta che parlava con lui, una sensazione di completezza che aumentava sempre più ad ogni nuovo incontro. Una settimana dopo il loro primo incontro Pitt e Marta erano ormai sul punto di mettersi insieme ma l'uomo prima di fare il grande passo aveva deciso di dire la verità sulla sua provenienza alla ragazza. La sera al bar della piccola frazione, dopo una lauta cena, Marta aveva ascoltato perplessa ed in silenzio quanto Pitt le stava raccontando e alla fine dell'esposizione gli aveva detto semplicemente:” Brad..........assieme a te mi sento come al sicuro, realizzata, tranquilla, sazia e, ti assicuro, che è la prima volta nei miei venticinque anni, che mi accade una cosa del genere. So che sei un uomo che ha sofferto tantissimo, che sei onesto e serio. Sei l'uomo giusto per me, lo so. Una sola cosa ti voglio chiedere: finita la tua missione, cosa ne sarà di me se adesso ci mettiamo assieme? Potrò seguirti li dove andrai? Solo questo voglio e DEVO sapere. Se noi potremo avere la speranza di un futuro assieme sono disposta a seguirti ovunque ma se le leggi della fisica dovessero impedire ciò.........ti prego di lasciarmi andare per la mia strada, subito, adesso!” Pitt aveva compreso che la ragazza aveva perfettamente ragione, aveva preso la macchina e si era precipitato a valle, in paese dove esisteva un telefono. Dopo un'ora di attesa era riuscito a parlare con il Professor Bennet e gli aveva esposto lo spinoso problema che lo stava tormentando. Lo scienziato ci aveva pensato solo per un attimo e poi gli aveva risposto senza indugi:” Vede Comandante, il problema che lei mi espone è uno di quelli che avevo già vagliato in precedenza con i miei colleghi, sicuro che prima o poi si sarebbe verificato. Lei non è mica sa, il solo ad essere sbarcato dalla nave. Altri marinai della corazzata stanno “scorrazzando“ in città e altri casi come il suo si verificheranno di sicuro. Per cui mi stia ad ascoltare con attenzione: premesso che stiamo come al solito parlando per ipotesi, il semplice fatto che una o più persone abbandonino la loro dimensione di appartenenza e si rechino in un'altra è perfettamente fattibile e realizzabile, non è forse quello che è capitato a noi per ben due volte? La dimensione che abbandonano farà semplicemente a meno di loro e quella nuova si limiterà ad acquisire i nuovi venuti senza alcun problema. Semplicemente.......se per esempio il grande Giulio Cesare fosse transitato altrove.......semplicemente, nella dimensione che lui ha abbandonato, la Gallia sarebbe stata conquistata dai Romani da qualcun altro condottiero o non conquistata affatto, ma solo in QUELLA dimensione, NON nelle altre! E nella nuova dimensione avrebbe potuto essere sia uno dei tanti uomini di tutti i giorni, sia fare anche li un qualche cosa di eccezionale ma li e solo in quella nuova dimensione! Per cui non vedo difficoltà alcuna nel fare in modo di portare con noi al nostro ritorno che avesse il desiderio o la necessità di poterlo fare!” Era stato un grande, grandissimo sollievo aver saputo ciò..........la missione un giorno sarebbe terminata ma il nuovo rapporto che si stava instaurando avrebbe potuto continuare indisturbato. Intanto i lavori di adattamento della nave cargo continuavano ininterrotti. Il grosso mercantile era stato dotato di una piattaforma di metallo e cemento che ricopriva tutta la parte anteriore dello scafo. Si era cercato di fare in modo di rendere la superficie del ponte della nave resistente alle fiamme e all'onda di pressione generata dai razzi un decollo e questo non tanto per salvare il natante che sarebbe stato comunque abbandonato, ma solo per renderlo stabile e sicuro per il tempo strettamente necessario al decollo della navetta. Poi si era proceduto a costruire ed a montare l'incastellatura della rampa di lancio e a fissarla saldamente sul ponte. Pitt dopo il mese di intermezzo passato nella villetta di montagna, era fatalmente tornato ai suoi incarichi a bordo della Iowa. Il suo rapporto con Marta era sbocciato in un tenero e solido amore, soprattutto adesso che entrambi sapevano che la loro storia sarebbe potuta proseguire anche nella dimensione di Pitt. Marta si era trasferita a San Francisco e passava con il Comandante ogni momento che lui aveva libero. I mesi passavano e la data della partenza alla fine era arrivata. Tutto era andato secondo le previsioni e il venti ottobre 1942 la Iowa era salpata verso le Marianne. Marta e le venti donne che avevano scelto di “emigrare” nella dimensione dei loro nuovi compagni erano ovviamente per adesso rimaste a terra e avrebbero atteso il ritorno della corazzata prima di potersi eventualmente unire per sempre ai loro nuovi compagni.

CAPITOLO DICIANNOVESIMO.

La corazzata e la nave addetta al lancio, navigavano a diciotto nodi con il personale al posto di combattimento. Da quando mancavano trecento miglia nautiche a quella che avevano individuato come la zona di lancio, il pericolo di subire un attacco era diventato più che reale......certo! La Iowa era ovviamente limitata nella sua velocità dalla presenza della nave addetta al lancio che per forza di cose, aveva una velocità di crociera ben inferiore a quella della corazzata. A tale distanza, dal punto da dove la navetta sarebbe decollata, le Iowa era entrata nel cerchio immaginario protetto dai sei sommergibile della classe “Balao” concessi da Presidente a loro protezione. I radar di scoperta aerea erano tenuti costantemente in funzione ad individuare qualsiasi attacco potesse essere scagliato contro di loro e i sonar di bordo scandagliavano continuamente sotto la superficie del mare. Ma qualcuno si era già accorto della loro presenza: lo Stato Maggiore Giapponese era stato avvertito come al solito da un ricognitore di alta quota, della presenza in acque controllate dalla Flotta Imperiale, di quella strana corazzata scortata o che scortava un mercantile. Si era pensato ad un tentativo sui generis di sbarco sulle spiagge di Saipan, visto che un mercantile di quelle dimensioni poteva trasportare per lo meno una intera Divisione di Marines americani. Quello che appariva strano era il fatto che alle due navi mancava assolutamente ogni copertura aerea nonostante i giapponesi, affondando la Repulse e la Prince Of Walles, avessero ampiamente dimostrato che le navi senza ombrello aereo protettivo ad un attacco dal cielo erano destinate inevitabilmente a soccombere. Comunque fosse, l'occasione era estremamente ghiotta ed .......era assolutamente necessario distruggere le due navi e l'Ammiraglio Yamamoto aveva deciso di farlo in ben due maniere complementari l'una all'altra per essere assolutamente certo del risultato. Il primo attacco sarebbe stato scagliato dall'alto con aerosiluranti e bombardieri in picchiata e d'alta quota, aerei decollati dalle piste di Saipan, il secondo per completare l'opera se fosse stato necessario, con un attacco navale in grande stile compiuto dalla grande corazzata Nagato scortata dalle più piccole Hei, e Kiriscima e dalle loro navi di scorta. Il Giappone non ammetteva la presenza di alcuna nave americana all'interno del suo ancora completamente intatto perimetro difensivo.......qualsiasi intruso andava immediatamente distrutto.

CAPITOLO VENTESIMO.

Il primo di giugno il radar di scoperta della Iowa aveva individuato quello che pareva essere un nuovo e massiccio attacco scagliato contro di lei. Una serie di puntolini erano comparsi sullo schermo esattamente divisi in tre gruppi diversi. Si trattava senza possibilità di errore, di aerei ancora lontani ma in rapido avvicinamento. Subito Pitt aveva ordinato a otto “Raptor” di prendere il volo e di dirigersi, come la volta precedente, contro il nemico mentre le difese antiaeree della nave venivano allertate, nel caso che qualche aereo fosse riuscito a passare la difesa dei Caccia a decollo verticale. Come la volta precedente i “Raptor” si erano dedicati alla distruzione sistematica dei bombardieri in picchiata e di quelli ad alta quota.......nessuno di loro si era salvato e neppure aveva avuto modo e tempo per comprendere da chi o cosa fossero attaccati. Gli aerosiluranti si erano abbassati di colpo di quota e si erano invece avvicinati rasente le onde ed erano stati accolti dal lancio dei missili antiaerei lanciati dalla corazzata. Anche le batterie di cannoncini e di mitragliatrici comandate dai computer erano state allertate ma non avevano nemmeno avuto la possibilità di aprire il fuoco essendo tutti gli obbiettivi stati preventivamente distrutti dai missili. Troppo evoluta era la tecnologia che supportava la corazzata rispetto a quella rudimentale messa in campo dai giapponesi di quell'epoca. I “Raptor” erano poi rientrati a bordo, proprio nel momento in cui il radar aveva scoperto l'avvicinarsi delle navi della Flotta Imperiale. Il problema più pressante era adesso quello di proteggere in tutti i modi il mercantile: se la nave fosse stata danneggiata o peggio distrutta la loro missione sarebbe naufragata in un attimo con le conseguenze facilmente immaginabili. Non si poteva questa volta certo andare”leggeri” per cercare di risparmiare vite umane........era purtroppo assolutamente necessario distruggere il nemico senza starci troppo a pensare. La Iowa aveva davanti a se una delle migliori corazzate al mondo scortata da altre due abbastanza anziane ma che a lasciarle fare, se solo si fossero potute avvicinare abbastanza, avrebbero potuto a loro volta diventare micidiali La Nagato prima del varo delle due nuove super corazzate, la Yamato e la Musaschi, era stata per anni il vanto della Marina Imperiale ed era armata da cannoni dello stesso calibro di quelli della nave americana, anche se ovviamente il loro tiro, non gestito da computer, non aveva certo la stessa micidiale precisione di quelli della Iowa. Era dunque necessario colpire subito senza far arrivare pericolosamente a tiro le navi giapponesi. Pitt aveva ordinato al mercantile, per un eccesso di sicurezza, di invertire la rotta alla sua massima velocità di esercizio e di avvicinarsi il più possibile ai due “Balao” che si trovavano più vicini a lei. La Iowa invece, aveva diretto la prua verso le corazzate giapponesi e non appena raggiunta la distanza di tiro aveva aperto il fuoco con il lancio di dieci missili Cruiser: sei per la Nagato e due a testa per le altre due grandi navi. Contemporaneamente i nove cannoni da 406 avevano lanciato i loro proiettili da più di una tonnellata contro incrociatori e navi appoggio di scorta. La Nagato nonostante i sei centri subiti non era ne affondata ne esplosa, continuava imperterrita la navigazione a lento moto tutta sbandata sulla dritta con le sovrastrutture dilaniate e con le torri principali completamente fuori uso. Invece di ritirarsi in cerca di una dubbia salvezza, continuava ancora testardamente ad avvicinarsi alle due navi americane, ansiosa di cominciare a sparare per lo meno con le artiglierie secondarie, le uniche ancora in grado di sparare. Era uno spettacolo incredibile vedere avanzare quel mostro d'acciaio avvolto in dense volute di fumo nero ad una velocità ancora superiore ai venti nodi! La Hei era invece esplosa in una palla di fuoco colpita nel deposito munizioni dai due missili che la avevano raggiunta simultaneamente nel medesimo punto, mentre la Kiriscima stava affondando lentamente di poppa con le sovrastrutture ancora perfettamente intatte, a causa delle due grosse falle che i missili avevano prodotto sotto la linea di galleggiamento. Le altre navi della flotta giapponese bersagliate dall'incredibile precisione dei 406 americani, erano o affondate o si erano ritirate a tutta velocità. Restava dunque ancora la Nagato che nonostante tutto continuava ad avanzare tutta di sghimbescio. La grande nave navigando quasi a 23 nodi era finalmente arrivata a tiro delle sue batterie secondarie. Pitt aveva sperato fino all'ultimo che in quelle condizioni la Nagato rinunciasse all'attacco.......se la corazzata giapponese si fosse ritirata lui avrebbe evitato di distruggerla ma la Nagato continuando ad avanzare avrebbe potuto diventare un pericolo, se non certamente per la Iowa, per il mercantile lontano solo poche miglia nautiche. Tuttavia Pitt non fu per fortuna costretto ad impartire altri ordini di distruzione........due dei “Balao” che si trovavano a loro scorta si erano avvicinati di soppiatto, avevano segnalato alla Iowa di non aprire ulteriormente il fuoco e avevano lanciato due coppiole di siluri a testa che avevano rapidamente completato l'opera iniziata dalla corazzata. La Nagato, colpita questa volta a morte, era come balzata fuori dall'acqua e subito dopo si era prima rovesciata su di un fianco e poi inabissata per sempre. La Iowa, appena terminata la battaglia aveva allora ripreso la navigazione verso la zona di lancio, il mercantile sempre scortato dai due sommergibili si era di nuovo avvicinato e tutto sembrava adesso andare per il meglio. Ma non era ancora finita.......all'improvviso due esplosioni tremende squassarono quasi contemporaneamente la grande nave esattamente all'inizio della cintura corazzata che la proteggeva, una a poppa ed una a prua. Due colonna d'acqua si erano alzate altissime verso il cielo e a causa dell'arresto di emergenza del reattore, a bordo ogni cosa si era fermata. La nave procedeva adesso solo per abbrivio, con l'armamento inerte e totalmente priva di energia elettrica e di conseguenza di forza motrice. Un sommergibile nipponico era riuscito nella confusione della battaglia a superare in immersione lo scudo protettivo dei “Balao” ed era riuscito nell'impresa di lanciare due siluri contro la corazzata americana e di colpirla prima di scappare il più lontano possibile dalla zona. Pitt si era precipitato a verificare i danni, apparentemente tranquillo, ma in realtà terrorizzato. Troppo alta era la posta in palio, troppo alto il pericolo di poter in un attimo fatale, perdere tutto. All’esterno il primo esame aveva rilevato che le lamiere colpite in realtà non presentavano nemmeno la più piccola ammaccatura a parte la vernice scrostata, e che nessuna falla si era aperta nello scafo. I due siluri avevano colpito a una distanza di centocinquanta metri uno dall'altro la cintura corazzata e la forza del loro impatto non si era così potuta combinare causando danni irreparabili. L'unico problema era quello causato dalla lacerazione di alcuni tubi di plastica che contenevano cavi elettrici, che aveva avuto come conseguenza un principio di incendio in un paio di magazzini e soprattutto dallo spegnimento di emergenza dovuto al “botto” del reattore che privava provvisoriamente la Iowa della indispensabile linfa di energia. Ora, per prima cosa era necessario riallineare tutti gli interrutori di sicurezza che erano saltati, controllare i danni eventuali e se ce ne fossero stati, ripararli immediatamente e poi iniziare la lenta sequenza di riaccensione del “Bollitore”. Per fortuna dopo sei ore tutto era rientrato nella consueta normalità e nessun altro in quel lasso di tempo fortunatamente li aveva attaccati. Si era trattato però di sei ore di terrore puro.......se un nuovo nemico fosse in quei momenti cruciali apparso all'orizzonte, a parte i “Balao” di scorta sarebbero stati completamente indifesi.

CAPITOLO VENTUNESIMO.

Ma lo Stato Maggiore della Marina Imperiale non poteva digerire la sconfitta. Era la prima volta che il Giappone in questa guerra subiva delle perdite navali e ciò non poteva essere assolutamente tollerato. Certo la Hei e la Kiriscima erano tra le corazzate più anziane della flotta ma la distruzione della Nagato non poteva restare assolutamente impunita. La decisione presa sarebbe stata quella più drastica e la rappresaglia la più dura: le due nuovissime corazzate di settantamila tonnellate la Yamato e la Musashi, le prime navi con anche il fondo dello scafo corazzato, sarebbero state scaraventate con tutto il loro potenziale distruttivo, contro la Iowa per distruggerla. Intanto la corazzata americana aveva ripreso la completa efficienza e si era piazzata il quindici giugno, nel punto da cui il mercantile avrebbe effettuato il lancio della navetta. I “Balao” di scorta si erano posti come previsto in precedenza in cerchio a protezione della missione ad una distanza di cento chilometri dalla corazzata attenti ad ogni ulteriore tentativo di intrusione, il mercantile intanto era tenuto esattamente in posizione dalla corazzata che gli si era provvisoriamente ormeggiata a fianco. La navetta era stata estratta con la massima cura dall'Hangar della nave da guerra e piazzata , assieme ai razzi da usare per il decollo, in cima alla rampa di lancio. I controlli di rito avrebbero tenuto impegnati tecnici e scienziati fino al momento del lancio che sarebbe avvenuto tre giorni prima del previsto per poterne tentare eventualmente un secondo in extremis se il primo fosse inopinatamente fallito. Ogni giorno che passava la tensione a bordo aumentava sempre più ma proprio tre giorni prima del lancio arrivò a bordo la notizia che la Flotta Imperiale avrebbe di nuovo cercato di distruggerli e questa volta con quanto di meglio aveva per poterlo fare. I Servizi Segreti americani avevano di fatti intercettato e decodificato un radiogramma in cui si ordinava alle due enormi corazzate di muovere contro il nemico. Era questione di due o tre giorni e poi ben 18 mostruosi cannoni da 460 mm. sarebbero stati a tiro contro di loro! C'era poco tempo questa volta per prendere delle decisioni e il Comandante indetta una riunione in quadrato ufficiali, prese per primo la parola:” Signori, come voi sapete la posta in palio è altissima e non ci sono assolutamente concessi errori. Le nuove corazzate giapponesi sono le più grandi, le meglio protette e quelle dotate di cannoni più potenti..........e il guaio è che...... sono due! Ora, se noi le lasciamo avvicinare, se accettiamo un combattimento a distanza ravvicinata, non so quale potrebbe essere l'esito finale della battaglia. Anche se cominciassimo a bersagliarle da lontano con missili “cruiser” a testata convenzionale, non riusciremmo a causa della loro pesante corazzatura a fermarle di colpo. Avete visto benissimo la Nagato, che pure era molto più piccola, come ha resistito prima di affondare. Provabilmente tra missili e cannoni assistiti dalla superiore tecnologia che abbiamo in dotazione alla fine ne usciremmo vivi noi........ma pensate se solo un paio di proiettili da 460 mm. dovessero colpire noi o peggio il mercantile e ciò, badate bene in un simile combattimento è più che provabile che succeda......anzi assolutamente inevitabile, noi siamo di fronte a dei mostri di acciaio le cui caratteristiche peculiari adesso il nostro storico di costruzioni navali, il Tenente Tyson, ci andrà ad illustrare”:” Dunque.......le corazzate classe Yamato sono dei mostri di quasi settantamila tonnellate, fortemente corazzate in ogni loro parte, fondo dello scafo compreso, armate con dei cannoni unici nel loro genere di un calibro di 460 mm. Non sono per la verità navi ne equilibrate ne particolarmente veloci e manovrabili, ma se riescono ad arrivare a tiro, risultano essere dotate di una potenza devastante. Il problema è che distruggerle anche ricorrendo ad un attacco dei sommergibili “Balao” che abbiamo in zona, affondarle cioè prima che arrivino in zona non sarebbe possibile. Con la protezione di cui sono dotate anche affondarle a cannonate e con l'aiuto dei missili senza essere a nostra volta duramente colpiti, risulterebbe praticamente impossibile, considerando tra l'altro che, come è stato detto prima,.....sono due! Questo è quanto.......a me per mia fortuna, sta solo illustrarvi le caratteristiche delle navi in questione. Il come distruggerle sta, ripeto ancora, per mia fortuna non certo a me ma..........al Comando, anche perchè immagino già quale sarà il modo in cui verranno entrambe affondate” “E' verissimo Tenente, lei ha perfettamente ragione su tutto...........ogni decisione di questo genere spetta solo ed esclusivamente al Comandante e basta, cioè......a me! Cosa fare? La situazione è quanto mai delicata. Tra due giorni la navetta spaziale deve per forza di cose decollare dalla rampa di lancio e niente e nessuno deve poter interferire in questa operazione. COME BLOCCARE O DISTRUGGERE LA NAVI GIAPPONESI? Purtroppo i siluri dei sommergibili sono praticamente inefficaci, i “Raptor” non sono certo bombardieri e tra cannoni e missili convenzionali non abbiamo la potenza di fuoco sufficiente per uscire incolumi da uno scontro ravvicinato. Non ci resta che un'ultima disperata opzione e tutti voi avrete di sicuro compreso a quale io mi riferisca. Intendo lanciare due missili “cruiser” antinave armati di due piccoli ordigni nucleari tattici e dirigerli contro le due corazzate giapponesi il più presto possibile, il più lontano possibile da qui, entro un'ora al massimo da adesso. Tra l'altro vi comunico che i preparativi per effettuare i due lanci sono già stati ultimati. Dopo sarebbe troppo tardi e le radiazioni e le onde elettro magnetiche rischierebbero di compromettere il decollo di dopodomani della navetta spaziale. Fra un'ora intendo lanciare i due ordigni e dopodomani mattina come previsto effettuare il lancio spaziale. Poi con l'espandersi inevitabile della radioattività in questa zona intendo recuperare la navetta a ottocento miglia dalla zona prevista, ben lontano dunque da qui e solo tra tre giorni a missione conclusa. Per fare ciò abbiamo dunque una opzione sola per il lancio e non più due come avevamo programmato in precedenza in caso di un primo fallimento. Altro da dire penso che non ci sia. Sia chiaro che la responsabilità dell'atto che sto per commettere ricade esclusivamente su di me che sono il vostro Comandante! Grazie e....al lavoro”.

CAPITOLO VENTIDUESIMO.

Purtroppo era evidente che non esisteva nessun'altra alternativa logica a cui ricorrere ma ugualmente Pitt non riusciva a sopportare quello che aveva appena comandato di fare. Non era una responsabilità da poco la sua, non era una responsabilità da Comandante di una nave da guerra......ma una responsabilità da Presidente! Adesso lui era costretto a spegnere in un attimo la vita di migliaia di uomini inconsapevoli di quanto stava per accadere loro e poco cambiava il fatto che anche se avessero affrontato una battaglia navale convenzionale con la Iowa, in tale scontro navale tutti costoro sarebbero morti ugualmente di morte violenta, magari bruciati o annegati. Tutto invece si sarebbe concluso in un attimo, senza dolore, senza nemmeno la consapevolezza che tutti loro stavano per morire......in un lampo di luce abbagliante.........ma non andava bene, non andava bene lo stesso! Eppure andava fatto, anzi......era già stato fatto: i due missili argentei erano appena partiti e tre minuti dopo avevano già raggiunto il loro bersaglio: non c'era stata storia......non c'era nulla da raccontare se non che la Yamato e la Musaschi non esistevano più senza aver mai potuto sparare in battaglia un solo colpo. Un lampo di luce bianca abbagliante un vento infuocato che tutto distruggeva e bruciava e poi il nulla. Il giorno previsto, il lancio della navetta era stato effettuato con altre ventiquattro ore di anticipo sulla tabella di marcia originaria. Era difatti impellente allontanarsi dalla zona a causa della ricaduta radioattiva che sarebbe inevitabilmente arrivata da un momento all'altro fino a li. La Iowa infatti non era stata costruita per essere immune e stagna a ricadute radioattive come le grandi navi del ventunesimo secolo. Il lancio per fortuna non aveva dato problemi di sorta, la solida struttura del mercantile e la rampa di lancio avevano resistito adeguatamente all'inferno di fuoco e fiamme come previsto e la navetta era entrata in orbita nei tempi e nei modi previsti. Effettuato il lancio, la Iowa aveva distrutto a cannonate il mercantile diventato oramai inutile e si era avviata a mezza velocità sempre scortata da lontano dai “Balao” verso il punto scelto per l'ammaraggio a ottocento miglia di distanza. La terra dall'alto era sempre uno spettacolo di una bellezza struggente: l'azzurro degli oceani, il verde delle pianure, il bianco abbagliante delle calotte polari e le luci la notte delle città addormentate..........era una visione che ogni essere umano avrebbe dovuto condividere con gli altri almeno una volta nella sua vita. La navetta aveva orbitato con pazienza fino al ventuno di giugno per poi iniziare il suo avvicinamento all'astronave automatizzata in arrivo. Il giorno 23 aveva raggiunto la distanza prevista, che si trovava ben distante dall'orbita di parcheggio in cui avevano passato tante ore, e aveva pazientemente iniziato a scrutare il nero dello spazio alla ricerca di un qualcosa che questa volta si stava di certo avvicinando a lei. Alle venti e quindici ora terrestre, finalmente il telescopio di bordo aveva lanciato l'allarme: un oggetto non identificato ma chiaramente artificiale si stava avvicinando rapidamente alla loro posizione, mentre dalla direzione diametralmente opposta un asteroide di medie dimensioni se ne andava velocemente per la sua strada in una rotta destinata a collidere con la navetta proveniente dagli abissi stellari. La piccola astronave si era fatta superare dall’astronave aliena e poi aveva accelerato inseguendola e alla fine dopo averla raggiunta, ugualiando progressivamente la sua velocità a quella dell'oggetto in arrivo e quando questo le si era affiancato aveva finalmente potuto riconoscerne le caratteristiche. Si trattava semplicemente di un “sigaro” di una cinquantina di metri di lunghezza e di una trentina di larghezza. Null'altro appariva evidente tranne che all'estremità posteriore era situato l'impianto di propulsione. Quello che la “Aurora Uno” doveva ora fare era in teoria semplicissimo......in teoria! C'era come al solito poco tempo a disposizione: il Colonnello Porter aveva affiancato l'astronave aliena fino a toccare la sua parte anteriore con la massima dolcezza possibile per poi incominciare a spingere come fa un rimorchiatore con una chiatta:” Bravissima così Cinzia, continua a spingere che la facciamo ruotare su se stessa. Piano adesso PIANO!......Si così....... continua. Adesso siamo a quasi metà rotazione.....attenta a non spingere troppo non vorrei superare il punto ideale e dover ricominciare tutto dalla parte opposta. PIANO CAZZ.....si così, ancora un po’. FERMA ci siamo.!””Controlla la nuova rotta Antony per favore, guarda che deve essere esatta senza scarti di errore. Se abbiamo sbagliato dobbiamo modificare la rotta fino a correggere l'errore o ricominciare tutto. Controlla bene per favore! Dobbiamo essere assolutamente certi di quello che abbiamo fatto!”” Tranquilla......va tutto bene sembra proprio che ce l'abbiamo fatta. L'astronave aliena con la propulsione poppiera sempre innestata, invertendo la direzione di marcia, ha prima rallentato poi azzerato la sua velocità per poi riacquistarla del tutto in senso opposto, dopo aver ricominciato ad accelerare. Adesso la navicella sta tornando esattamente per la sua strada, dritta come un fuso..... Di più non possiamo fare, adesso tutta la faccenda non dipende più da noi!” “ Va bene, propongo di rimanere ancora qui per un po’ e poi di rientrare a casa” Pitt da terra aveva confermato che tutto era andato come previsto. A bordo il team degli scienziati aveva confermato che la navicella aliena era tornata indietro esattamente percorrendo la rotta opposta a quella di avvicinamento. Nessuno avrebbe potuto sapere se avrebbe di nuovo incontrato la distorsione spazio/temporale attraverso la quale era erroneamente giunta fino a li........ma tutti lo speravano ardentemente. L'”Aurora Uno”intanto aveva intrapreso il viaggio di ritorno. I due astronauti adesso che la tensione si era allentata, si sentivano particolarmente stanchi e svuotati. Lo spazio a disposizione a bordo era minimo e non c'era nemmeno la possibilità di alzarsi dalle loro poltroncine. Tra l'altro erano rimasti a bordo molto più del previsto e la stanchezza adesso si faceva veramente sentire. Perfino gli astronauti del “Progetto Apollo” avevano avuto più spazio a loro disposizione! Tuttavia il tempo passava e più le ore trascorrevano, più il termine della missione si avvicinava finalmente al termine. Ma all'improvviso il “Master Allarm” si mise a suonare a tutto volume: un micro meteorite aveva bucato il serbatoio di ossigeno di destra e la vitale sostanza fluiva incontrollata all'esterno formando una ben definita scia candida. Non c'era nulla che si potesse fare per riparare al danno, a bordo non c'era nulla per una escursione extra veicolare. L'unica speranza era che l'ossigeno presente nell'altro serbatoio potesse essere sufficiente a mantenere in vita i due astronauti per il tempo strettamente necessario al rientro. Purtroppo la Iowa non era certo attrezzata come il centro di controllo di Yuston........c'erano si ovviamente gli scienziati in costante contatto con la navetta ma di fatto a parte l'appoggio morale, gli astronauti erano in questa occasione, completamente soli. Ovviamente da subito i due avevano ridotto i consumi di aria al minimo, non parlavano se non quando era strettamente necessario, non si muovevano quasi per nulla e cercavano di respirare il più tranquillamente possibile. Non avevano nemmeno voluto controllare la quantità di ossigeno rimasta a loro disposizione, sapevano che era poco, pochissimo e che finito quello rimaneva solo quello rimasto nella bombola della tuta spaziale individuale. Mancavano solo otto ore all'ammaraggio, la “Aurora” era alla fine entrata in orbita per uscirne subito dopo attraverso lo strettissimo corridoio di discesa ma i due respiravano oramai a fatica un'aria riciclata dai filtri che tra l'altro erano sul punto di intasarsi, che di ossigeno però ne conteneva ben poco. Alla fine, all'inizio della discesa finale, all'accensione dei retrorazzi erano passati per poter rimanere lucidi, all'ossigeno delle tute, fresco, corroborante ma che sarebbe durato solo una decina di minuti al massimo. Ma alla fine erano ammarati, stanchi sudati boccheggianti.......ma vivi!

CAPITOLO VENTITREESIMO.

La missione della grande nave sembrava essersi conclusa, restava solo da rientrare a San Francisco, conferire con il Presidente e.......cercare di tornare a casa, nella propria dimensione. Con la Iowa lanciata a tutta velocità non avevano fortunatamente subito nessun altro attacco. Con la loro partenza i sei “Balao” erano rimasti fatalmente indietro e erano stati destinati ai loro consueti incarichi di interdizione del traffico marittimo giapponese. A duecento miglia nautiche dalle coste americane erano stati anche intercettati da un altro mezzo subacqueo giapponese, si trattava di uno dei giganteschi “sommergibili portaerei” destinati a sganciare bombe incendiarie nei boschi americani ma il sommergibile era troppo lento per poter causare danni alla corazzata e, vista l'impossibilità di attaccare la grande nave, si era immerso e se ne era andato per la sua strada. Alla fine erano tornati, senza ulteriori problemi, all'ormeggio nel porto di San Francisco da cui erano partiti. La loro missione era costata ai giapponesi la distruzione delle loro due più moderne corazzate, l'affondamento della Nagato della Hei e della Kiriscima e di un numero imprecisato di unità minori. La Flotta Imperiale era stata drasticamente ridimensionata e involontariamente Pitt e il suo equipaggio avevano vendicato l'attacco proditorio a Pearl Harboor. Il Presidente non poteva che essere soddisfatto della “visita” della Iowa, visita che gli aveva certamente levato un bel po' di castagne dal fuoco. Ma Pitt e il suo equipaggio non erano certo andati alla ricerca di riconoscimenti e si era deciso che due giorni dopo si sarebbe tentato di rientrare a casa. La missione aveva avuto un innegabile successo sia per la sopravvivenza della civiltà umana, sia per le sorti della guerra che si stava svolgendo sul Pacifico.

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO.

La Iowa era quindi tornata nella medesima zona di mare in cui era apparsa la prima volta, vicino cioè alle “Colonne D'Ercole”. A bordo oltre all'equipaggio si trovavano Marta e altre venti donne che avevano voluto anche loro seguire i loro nuovi compagni conosciuti nel periodo che la nave aveva sostato a San Francisco. Il conto alla rovescia e la preparazione del salto spazio/temporale erano stati programmati con la massima precisione possibile e il momento fatidico era arrivato e in pochi momenti......anche passato. Il periodo passato a bordo per la missione era stato di quasi due anni, tra quello trascorso a Roma e quello impiegato nella seconda missione per cui Pitt aveva calcolato che in teoria avrebbero dovuto ”riemergere” nel luglio del 2016 ma il suo era un calcolo completamente sbagliato. Difatti, quando gli effetti del salto temporale furono svaniti, all'orizzonte, era apparsa come per magia, la medesima flotta che gli aveva scortati fino a li più di due anni prima: “Portaerei Nimitz a corazzata Iowa: Cosa vi è accaduto? Siete ancora qui, noi vi vediamo benissimo. Il salto spazio/temporale è forse fallito? Dovete forse ritentare? Rispondete per favore!”” Qui Iowa, è il Capitano di Vascello Pitt che parla: che giorno è oggi per favore? E' importante che voi mi rispondiate subito!” “ Oggi è il dieci aprile 2014 e sono le otto di mattina esattamente un minuto dopo l'inizio dell'esperimento”” Ho capito.........grazie. Volete per favore comunicare all'Ammiraglio Spok che l'esperimento ha avuto una completa riuscita e che la missione assegnataci è stata compiuta con il più grande successo. Sembra stranissimo anche a me.........ma sembra che se per voi sia passato un solo minuto dall'inizio dell'esperimento, per noi invece pare, anzi.......ne siamo tutti certi, che per noi siano trascorsi quasi due anni!” E così tutti erano ritornati a casa, la terra, anzi l'intera galassia avrebbe avuto per un altro po' la possibilità di esistere e una grande, grandissima porta era stata aperta nello stesso tempo su mondi inesplorati, per tanti versi perfettamente conosciuti ma per altri completamente ignoti. L'uomo sulla terra avrebbe adesso avuto l'occasione di svelare molti dei misteri tutt'ora rimasti insoluti della sua storia passata e avrebbero potuto volendo, poter modificare in meglio la storia di molti modi paralleli, evitando loro con opportune modifiche pilotate, le tragedie che avevano colpito il passato della dimensione da cui era partita la Iowa. Ci sarebbero ovviamente voluti anni di studi prima di poter inviare con sicurezza e precisione l'uomo di qua e di la in giro per le dimensioni parallele ma prima o poi ci si sarebbe riusciti. Era prima di tutto necessario riuscire a miniaturizzare il macchinario che aveva permesso alla Iowa di compiere la sua missione, testarlo e provarlo in tutta sicurezza e per fare ciò ci sarebbe voluto tempo, sempre TEMPO e comunque......T E M P O! Sempre lui, da combattere o per lo meno da........aggirare per poter accedere una volta per tutte ad una serie infinita di mondi nuovi. Per Pitt e Marta si erano spalancate le porte di una nuova vita vissuta questa volta assieme. Il Comandante aveva scovato nel paesetto della ragazza la medesima casetta dove Pitt aveva passato la sua vacanza e l'aveva acquistata per loro due. Li tra i monti, il progresso non era ancora arrivato e la vita che la ragazza aveva vissuto in passato non si discostava di molto da quella attuale. Adesso c'erano ovviamente i cellulari, le automobili di ultima generazione.......ma in definitiva il mercatino dove Marta aveva lavorato era ancora li e il paesaggio non era poi cambiato di molto. Tutto ciò aveva favorito l'ambientamento di Marta nella nuova epoca e il trauma del “cambio di epoca” non si era così per nulla verificato. Pitt aveva lasciato il comando della Iowa ed anche il mare, rinunciando al comando del sommergibile che tanto aveva desiderato. Già una volta aveva perso la sua compagna e adesso voleva rimanere sempre accanto al nuovo amore della sua vita......aveva invece accettato un incarico a terra ed era entrato a far parte del Team scientifico della Marina. La Iowa era adesso provvisoriamente ancorata al suo ormeggio, pronta per una nuova missione scientifica che l'avrebbe portata la dove sarebbe stato utile inviarla, per poter scoprire i misteri del passato ed evitare nello stesso tempo se possibile, gli errori compiuti dall'uomo che avevano causato nel passato, lutti, dolore e morte.

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