LA PORTA SULL'INFINITO
INTRODUZIONE.
Vic stava correndo il più velocemente possibile tra la boscaglia sempre più fitta. Di tutto il suo equipaggiamento non gli era rimasto altro che la pistola laser con le ultime tre cariche a disposizione: lo zaino contenete tutto quanto si era da mesi portato dietro con estremo sacrificio, era ormai perduto nel burrone che il giovane aveva da poco abbandonato. Cat, correva al suo fianco con addosso solo la corta tunica che un tempo era stata bianca e che adesso stracciata in più punti le lasciava scoperte le gambe fino alle cosce ambrate e ben tornite. Il mostro scatenato che li inseguiva era un incredibile misto tra un gigantesco, velocissimo leone e una “testa” assolutamente indefinibile con una gigantesca bocca apparentemente senza denti che si apriva e chiudeva in continuazione e che lanciava ritmicamente ad almeno due metri in avanti, una lingua mostruosa tutta ricoperta di ventose. L'incredibile creatura li aveva scovati mentre i due esseri umani riposavano sul fondo del burrone convinti di essere finalmente al sicuro dai loro inseguitori. Era stato l'odore del sangue che ancora usciva dal braccio ferito della ragazza ad attirare la bestia. Adesso l'unica alternativa rimasta ai due era...........correre, correre disperatamente nella speranza di stancare l'animale o di riuscire a trovare un rifugio. Il bosco di sterpaglie non accennava a terminare, anzi davanti ai due fuggitivi si apriva adesso una grande palude maleodorante mentre alla loro sinistra una parete rocciosa impediva loro di poter avanzare in quella direzione. Non restava altra soluzione se non quella di “piegare” a destra e sperare. Ma purtroppo Cat non ce la faceva più, oltre che stanca la ragazza era anche ferita e la perdita di sangue la aveva inoltre indebolita. La bestia si trovava oramai a non più di una decina di metri dalla coppia in fuga e si avvicinava sempre di più. Vic avrebbe voluto risparmiare gli ultimi tre colpi che aveva a disposizione ma alla fine fu costretto ad inginocchiarsi, a puntare l'arma e a premere il grilletto una, de, tre volte. La bestia colpita in pieno nei suoi gangli vitali, per un attimo continuò imperterrita nella sua corsa per poi finalmente schiantarsi agonizzante al suolo ad appena un paio di metri da Cat. Ma non era finita......quell'essere infernale non era affatto moribondo come poteva essere sembrato in un primo momento, Vik si accorse subito che le tre ferite lentamente ma inesorabilmente avevano incominciato a rimarginarsi e che tra una decina di minuti al massimo la bestia sarebbe stata in grado di riprendere il loro inseguimento. Era diventato indispensabile trovare un rifugio, il più rapidamente possibile. Davanti a loro e a sinistra il cammino era sbarrato dalla palude e dalla parete rocciosa, ma a destra pareva aprirsi uno spiazzo illuminato dal sole.........non restava altra alternativa possibile, non c'era nessuna altra apparente via di uscita. Vik aveva preso sotto braccio la ragazza e l'aveva trascinata con se senza dire una parola, avevano percorso a tutta velocità l'ultimo tratti di sterpaglia ed erano sbucati in un'ampia radura completamente sgombra di vegetazione.
CAPITOLO PRIMO.
I problemi erano incominciati non appena erano entrati nell'orbita di Marte: l'astronave era giunta fino a li con i suoi venti componenti l'equipaggio senza alcun problema. L'”Europa” era la prima vera astronave costruita dall'uomo, era l'evoluzione portata all'estremo delle prime navette degli anni ottanta ma di loro l'”Europa” aveva mantenuto solo ed esclusivamente una vaga somiglianza esteriore di disegno. Scopo del progetto e funzioni da espletare, erano di fatti completamente diversi dalle “Atlantis/Discovery di un tempo. Le sue dimensioni erano almeno di dieci volte superiori, i motori erano ben cinque di cui tre a propulsione ionica e a differenza delle due sorelle minori sempre agganciate alla Stazione Spaziale Internazionale in orbita alta sopra la Terra, consentivano all'equipaggio di rimanere perennemente sveglio e di non essere sottoposto a lunghi periodi di “animazione sospesa”. A bordo c'era tutto quanto poteva servire per un viaggio che doveva durare un paio di anni e anche più.............serra idroponica per la produzione di aria, verdure e frutta, un reattore nucleare per la produzione di energia elettrica e per la propulsione a ioni, riserve di cibo per un massimo di cinque anni, salette di ritrovo e svago, una palestra, laboratori attrezzatissimi, e camerette singole o da due per i venti componenti l'equipaggio per poter garantire un minimo di intimità nei lunghi viaggi. Inoltre per la prima volta nella storia era stata ricreata a bordo una sorta di forza di gravità artificiale, creata dal perenne ruotare su se stessa prodotto dalla navetta. A forza di ricerche ed esperimenti, con la permanenza in orbita delle prime stazioni spaziali, gli scienziati si erano resi conto che la vita senza la forza di gravità nel lungo periodo avrebbe danneggiato in modo grave l'apparato scheletrico degli astronauti, indebolendolo vistosamente. A ciò all'inizio dei voli spaziali si era cercato di porre rimedio facendo compiere a chi viveva in orbita per lunghi periodi, della specifica attività fisica mirata specificamente al rinforzamento osseo ma poi ci si era anche resi conto che a lungo andare, il continuo fluttuare a mezz'aria, avrebbe comportato anche dei problemi psicologici. Tutto dunque era andato bene fino all'arrivo nei pressi del Pianeta Rosso e dell'entrata in orbita..............il pianeta scorreva sotto di loro alla distanza prevista e faceva vedere la sua complessa morfologia allo sguardo attento degli astronauti. Erano previsti tre giorni di rotazioni continue prima di poter tentare l'atterraggio, giorni che sarebbero stati utilizzati dagli scienziati per studiare da vicino l'atmosfera del pianeta e per i piloti per trovare un sito adatto per l'atterraggio. Le stranezze erano iniziate quando l'”Europa” aveva incominciato a sorvolare una particolare zona di Marte: ogni volta che la navetta passava sopra a quel sito, le comunicazioni radio con la Terra cessavano e anche radar e gli schermi dei monitor di bordo sembravano impazzire. Questo si verificava solo per una ventina di secondi, poi oltrepassata la zona in questione, tutto rientrava nella normalità. Il comandante Vik Preston aveva deciso proprio per questo motivo, che il punto scelto per l'atterraggio sarebbe stato molto vicino a quella zona di terreno ma che nello stesso tempo ci si sarebbe mantenuti prudentemente ad una certa distanza dal punto focale da cui erano originati i misteriosi disturbi. L'”Europa” aveva incominciato la sua lenta discesa verso la superficie di Marte, si era girata una prima volta su se stessa, aveva posto la prua verso il lato opposto da cui proveniva e aveva acceso i motori per ridurre drasticamente la velocità. Poi quando per la velocità in rapida diminuzione l'orbita aveva visibilmente incominciato a decadere, la navetta si era nuovamente girata con il muso verso la direzione di marcia e aveva continuato a scendere. Questo “giochetto” si era ripetuto per altre due volte fino a quando la velocità dell' ”Europa” non era stata pari a quella di un normale aereo di linea. Poi tutto era diventato facile. Stuart Mallory, il secondo pilota, aveva individuato la zona prescelta per eseguire l'atterraggio, si era avvicinato dopo aver ridotto quasi a zero la velocità e aveva ruotato tre dei cinque gli ugelli di spinta dell'astronave verso il suolo e la navetta aveva toccato dolcemente il suolo come se si fosse trattato di un normalissimo aereo a decollo verticale. Era la prima volta nella storia che l'uomo metteva piede su di un altro pianeta del Sistema Solare..........se l'atterraggio effettuato sulla luna all'inizio degli anni settanta era stato un “piccolo passo” per l'umanità, questo poteva essere considerato come un balzo di tre metri almeno ma per poter veramente “correre” nello spazio infinito da una galassia ad un 'altra...........ebbene di strada da percorrere ce n'era ancora tanta da fare e nemmeno si sapeva se ciò, magari in un remoto futuro, sarebbe stato possibile o meno. Se tutto fosse andato bene nella missione che era in atto, la prossima volta si sarebbe tentato il grande passo di cominciare a costruire sul Pianeta Rosso un primo nucleo di una base permanente e questo sarebbe stato un progresso clamoroso, non certo l'inizio della tanto sognata e agognata “colonizzazione” del Sistema Solare..........ma un qualcosa che per lo meno la ricordava anche se da molto ma molto lontano. Su progressi tanto clamorosi come colonizzazione e velocità ultra luce, gli scienziati terrestri erano tutti tutt'ora molto pessimisti..........ma altri pensavano al contrario, che se l'uomo nel giro di poco più di un solo secolo era riuscito a passare dal nulla ai viaggi spaziali fino ad arrivare a Marte..........chissà.........forse tutto tra un po' di tempo sarebbe anche potuto diventare possibile..............chissà!
CAPITOLO SECONDO.
Toccare il suolo era stata normale amministrazione, tutto sommato era stato come atterrare sul deserto terrestre come tante a volte avevano già fatto per prova o come avevano fatto centinaia di volte con il simulatore.........il pianeta appariva in tutto e per tutto come già lo avevano visto con le foto inviate a terra dalle due sonde spaziali inviate tanti anni prima: rossastro, brullo e costellato di pietre. All'orizzonte si stagliavano catene di montagne dall'aspetto quanto mai inquietante, e crepacci dall'aspetto sinistro. Alla loro destra ad una decina di chilometri di distanza si notava il punto da cui si era sviluppata quella strana interferenza che aveva disturbato le comunicazioni e gli apparati elettronici ogni volta che mentre orbitavano nello spazio, vi passavano sopra. Si trattava di una montagnola che aveva una altezza valutata dai telemetri di bordo, in ottocentocinquanta metri, una formazione rocciosa all'apparenza assolutamente identica a quelle che si stagliavano all'orizzonte. Certo che vedere delle foto per quanto ingrandite e perfette nella loro risoluzione ed essere li, era una bella differenza e l'emozione a bordo era parecchia. Adesso il passo successivo era quello di sbarcare a terra, anzi..........sul suolo di Marte e lo si sarebbe fatto in tre modi differenti: un primo gruppetto di cinque elementi avrebbe esplorato la zona immediatamente circostante, raccolto campioni e fatto i primi esperimenti, un secondo gruppo di altri cinque si sarebbe spinto con una jep fino ai crepacci cercando anche di calarsi al loro interno, mentre il Comandante e il responsabile scientifico con il piccolo aeromobile, si sarebbero diretti verso lo strano “montarozzo” che sembrava essere sede delle strane interferenze. Per scelta comune tutti quanti gli esploratori avevano messo piede sul suolo nel medesimo momento, erano usciti contemporaneamente tenendosi per mano dall'ampio portellone che si apriva sotto la prua della navetta evitando così il problema di far entrare nella storia uno solo di loro come invece era accaduto con l'Apollo 11 che per primo era atterrato sulla Luna...........tutti si ricordavano infatti solo di Amstrong e solo di lui, mentre di Aldrin, sbarcato subito dopo di lui........nessuno ricordava nemmeno il nome. Dopo il primo approcio sulla superficie marziana e il primo momento dedicato a guardarsi attorno per potersi “godere” il panorama, tutti gli astronauti avevano iniziato a fare quanto era stato programmato in anni di esercitazioni: gli addetti all'esplorazione ravvicinata avevano iniziato la serie infinita dei loro esperimenti e della raccolta di campioni, i cinque destinati all'esplorazione dei crepacci avevano estratto dal ventre della navetta la jep e si erano avviati verso la loro meta. Vik con Susi Platini aveva invece montato il piccolo velivolo che li avrebbe portati alla stana formazione rocciosa.
CAITOLO TERZO.
Il piccolo aereo volava velocemente a dieci metri di quota. Era già piccolo di suo e le ingombranti tute spaziali lo rendevano in effetti ancora più scomodo. Le tute non erano ovviamente più quelle usate dagli astronauti del Progetto Apollo........i materiali erano adesso completamente diversi e le tute avevano dimensioni molto ridotte rispetto a quelle degli anni passati pur essendo ancor più resistenti ma sempre tute spaziali erano, complete di bombole, casco e depuratori d'aria per aumentare la già notevole autonomia. Sotto di loro scorreva la quanto mai varia superficie del pianeta: Marte non era come la Luna, che essendo priva della protettiva atmosfera, risultava letteralmente butterata di crateri causati dal continuo bombardamento di meteoriti ma la sua superficie era ugualmente tormentata dalla presenza di massi e rocce e dall'aprirsi improvviso di depressioni profonde e di zigzaganti crepacci. Il tutto non dava affatto quello strano senso di pace che gli astronauti avevano provato sulla superficie lunare ma bensì un senso vivissimo di ansia e di disagio. Alla fine erano arrivati nella zona dove era previsto che avrebbero dovuto sbarcare: già alla distanza di cinquecento metri dal loro obbiettivo le comunicazioni con la navetta come già previsto in precedenza, avevano iniziato a deteriorarsi e prima che potessero cessare del tutto e preoccupare inutilmente chi era rimasto a bordo dell'”Europa”, Vik aveva comunicato via radio:” “Esp” 3 a base.........questa sarà la nostra ultima comunicazione con voi. Sono difatti iniziate come previsto le interferenze che tra poco renderanno impossibili le comunicazioni tra noi e la navetta. A noi rimane al momento attuale una autonomia residua di sei ore e trenta minuti più altri sessanta minuti di riserva. Il previsto prossimo contatto radio con la navetta avverrà dunque alle ore diciotto, ora di bordo, un'ora esatta prima dell'esaurimento totale delle nostre riserve di ossigeno. Se ci dovessimo trovare in difficoltà autorizzo la squadra a bordo della jep di venirci incontro portandoci le bombole di ricambio, sia che ciò venga da noi esplicitamente richiesto, sia in assenza di ulteriori nostre comunicazioni. Se non ci dovessero più sentire, i componenti la spedizione di soccorso, dopo le ore venti, sono autorizzati a rientrare a bordo e a considerare noi due come morti per l'esaurimento delle scorte di ossigeno e a provvedere di conseguenza alla salvezza della astronave e al suo ritorno a casa. Questo è quanto..........questa comunicazione va registrata e conservata nel “Diario del Capitano”. Buon lavoro a tutti e a rivederci presto.”
Appena scesi sulla superficie, Vik e Susi si erano sollecitamente incamminati verso quella sorta di montarozzo. Susi era laureata in archeologia e glottologia ed era la persona più indicata a bordo ad accompagnare il Comandante in quella esplorazione. Era una ragazza di trentatrè anni, bruna con gli occhi olivastri che aveva dedicato la sua vita allo studio. Era stata scelta per questa missione a cui tutto il mondo scientifico avrebbe desiderato partecipare, grazie alle sue conoscenze su ogni possibile forma di linguaggio o idioma conosciuto e per la perfezione della sua “macchina” fisica. I due astronauti avevano fatto l'addestramento finale rimanendo sempre assieme e nell'arco degli ultimi tre anni, non si erano praticamente mai separati ne al lavoro ne nella vita privata. Il programma prevedeva che i due dovessero diventare assolutamente complementari e interscambiabili uno con l'alto, per cui la loro convivenza non era stata certo “obbligata” ma vivamente caldeggiata si. Addestramento in comune, apprendimento fatto con ore e ore di studio sullo stesso banco biposto, ore di relax vissute in simbiosi. Era indispensabile che tutti e due imparassero a conoscersi nei minimi particolari, arrivando al punto di saper comprendere cosa in qualsiasi situazione potesse pensare il collega. Ad un certo punto i due giovani avevano anche avuto degli inevitabili rapporti intimi ma nonostante tutto ciò, un amore vero e spontaneo non era tra loro mai sbocciato.....loro due potevano essere uniti da tutto, dall'amicizia, dalla stima, dalla necessità di non allontanarsi mai uno dall'altro, anche dal sesso.......ma dall'amore no.
CAPITOLO QUARTO.
Attorno alla montagnola il suolo appariva cosparso di gigantesche rocce delle dimensioni di un grosso camion, evidentemente cadute dalla montagna sovrastante a causa di sommovimenti tellurici sotterranei. Tutto appariva contrariamente a prima, di una uniformità disarmante: i due astronauti camminavano e un momento dopo avevano la strana e sgradevolissima impressione di non essersi mossi per nulla. Alla fine Susi aveva notato una specie di rientranza della roccia situata ad una altezza di una decina di metri di altezza. Vik guardando meglio con il binocolo che aveva in dotazione, aveva constatato che si trattava proprio di quella che sembrava una caverna o un anfratto :” Proviamo ad arrampicarsi Susi” Disse Vik.” Mi sembra che ci siano degli ottimi appigli che dovrebbero consentirci di salire questi pochi metri senza particolare difficoltà” “Va bene Vik....comincio ad arrampicarmi io che sono più leggera tu seguimi a ruota e stai pronta a reggermi se dovessi cadere.” “Va bene..........teniamo sempre a portata di mano il tubetto di mastice speciale, quello che ripara le piccole lacerazioni della tuta nel disgraziatissimo caso che dovessimo bucarle su queste rocce taglienti” Ma tutto sembrava per fortuna andare per il meglio, nel giro di pochi minuti i due avevano raggiunto la loro meta per accorgersi che si trattava proprio di una lunga grotta. Apparentemente ad addentrarsi non si notava alcun pericolo visibile, così i due astronauti si addentrarono all'interno che appariva stranamente illuminato da una tenue luce rossastra che scaturiva dall'alto. Dopo un paio di curve secche, sul fondo alla fine di un lungo rettilineo, era apparso improvvisamente uno stranissimo alone di luce vivissima, tanto bianca ed abbagliante da non poter essere fissata per più di qualche istante.” Cosa può essere questa luce Vik? Io non riesco a fissarla se non per qualche istante!” “Non so cosa dirti Susi. Adesso provo ad avvicinarmi e a vedere cosa mi succede. Passami per favore il misuratore di radiazioni e il rivelatore di ultrasuoni perchè voglio fare alcune misurazioni.””Ecco qui..........stai solo attento a non farli cadere che abbiamo solo questi” “Grazie........ecco qui: vediamo: radiazioni nella norma del pianeta, in quanto a suoni.........zero assoluto. Ma perchè mi spingi.........ferma MI FAI CADERE!!!””Non sono mica io Vik.........anch'io sono sospinta in avanti da qualche cosa che non riesco a contrastare..........attaccati alla parete altrimenti rischiamo di finire dentro la luce!” Ma non c'era stato nulla da fare, una forza sconosciuta stava spingendo Vik e Susi verso la luce misteriosa e la forza stava aumentando sempre di più fino al momento che i due furono costretti loro malgrado ad attraversarla nonostante tutti i tentativi messi in atto per impedirlo. Tutto si era svolto in un attimo, in un battito di ciglia tutto era già finito, ne sensazioni particolari come dolore, o calore, ne sensazioni tipo una caduta..........nulla di nulla: un attimo prima si trovavano nella grotta, un attimo dopo si ritrovavano dall'altra parte in una grotta assolutamente speculare a quella appena lasciata. I due giovani non erano nemmeno caduti a terra..........adesso si ritrovavano con la luce alle spalle in un ambiente assolutamente identico in apparenza a quello che avevano appena lasciato. Ma una differenza invece c'era ed era quanto mai sconvolgente: gli strumenti che avevano a disposizione e che proiettavano all'interno del casco i dati che potevano interessare i due astronauti, dicevano con la massima chiarezza che le condizioni ambientali erano esattamente le stesse di quelle terrestri. Incredibilmente le combinazioni spaziali erano di colpo divenute inutili. Alla fine della grotta i due si erano ritrovati all'inizio di quella che sembrava una foresta lussureggiante: ” Vik...........e adesso cosa facciamo?” “ Beh, prima di tutto leviamoci le tute, i dati che ci appaiono sul visore ci danno come assenti virus e batteri sconosciuti, per cui, secondo me, possiamo farlo senza alcuna paura. Poi quello che dovremmo fare è dare una occhiata all'esterno e vedere dove mai siamo mai capitati. Certo che quella che abbiamo attraversato ha tutta l'apparenza di una porta............una porta dimensionale che ci ha portato chissà dove ma non certo da qualche parte di Marte, almeno non credo”” Penso che tu abbia ragione, su Marte non c'è nulla di tutto questo e mi sa che non c'è nemmeno stato mai..........alberi, erba e addirittura un cielo azzurro con un sole che splende! Non so dove siamo ma non certo su Marte..........o per lo meno sul Marte che conosciamo noi””Non so cosa dirti Susi..........leviamoci una buona volta queste tute e andiamo un po' a vedere cosa c'è qui attorno.” Levatisi le tute, i due astronauti le avevano riposte con la massima cura il più vicino possibile alla luce, perfettamente nascoste dietro ad una catasta di massi che pareva messa li a bella posta.
CAPITOLO QUINTO.
Vik e Susi erano alla fine scesi al livello del suolo: erano equipaggiati con la sacca di emergenza che si erano portati al seguito che conteneva viveri liofilizzati, una borraccia contenente due litri di acqua, il Kit da pronto soccorso, un binocolo, cinque razzi di segnalazione e una pistola a carica laser. Ai piedi calzavano gli stivaletti anfibi in tela che avevano trovato all'interno dello zaino. Erano scesi tra gli alberi con la massima cautela, e alla fine erano arrivati nei pressi di quella che sembrava una radura. Vik si era appena abbassato per evitare un ramo sporgente , quando un urlo lo fece trasalire: si voltò di colpo, proprio il tempo necessario per vedere la testa di Susi trafitta da parte a parte da una freccia. La ragazza era piombata fra le sue braccia dove era spirata ancora prima che Vik la potesse adagiare sul suolo. Vik, se pur disperato, aveva reagito d'istinto, aveva raccolto da terra la sacca di Susi e con la sua pistola pronta a sparare si era gettato a terra per non offrire un bersaglio utile ai loro aggressori. Intorno non si vedeva nessuno ma Vik si era accorto che qualcuno o qualcosa si aggirava ormai alle loro spalle impedendo il rientro nella grotta, che sarebbe stata in quella situazione di estremo pericolo, la cosa più logica da fare. Vik carponi si era deciso allora ad avanzare in circolo, mantenendosi sempre all'estremo limite della radura, non allontanandosi mai dalla zona che gli avrebbe garantito il ritorno alla grotta e alla salvezza. Era naturalmente scioccato per l'improvvisa morte della compagna ma cercava nello stesso tempo di farsene una ragione. Adesso doveva pensare solo a sopravvivere e a ritornare all'astronave e doveva farlo in fretta se non voleva che i compagni potessero, credendolo morto, partire per il viaggio di ritorno, senza di lui. Alla fine, sempre strisciando a terra si era allontanato a sufficienza, tanto da potersi sentire relativamente al sicuro, aveva puntato il binocolo e aveva visto a trecento metri di distanza tre individui, che indossavano solo dei pantaloni sfrangiati, che esaminavano il cadavere di Susi. Tale era la rabbia di Vik, che vide come un velo nero calare sui suoi occhi, mentre una sensazione come di leggerezza lo aveva pervaso: aveva puntato d'istinto la pistola laser e aveva abbattuto nel massimo silenzio ma con la massima precisione, i tre indigeni, uno dopo l'altro. Poi aveva atteso immobile per alcuni minuti ma vedendo che non si muoveva foglia, si era cautamente avvicinato fino ad arrivare nel punto in cui la compagna aveva trovato la morte. Susi era ancora li immobile nella fissità della morte.....Vik con le lacrime agli occhi aveva scavato un buca con il badiletto che aveva trovato nello zaino e l'aveva sepolta. Poi si era avvicinato ai tre indigeni che aveva abbattuto e si era reso conto che si trattava di selvaggi, armati solo di archi e frecce, armi assolutamente primitive, che però purtroppo quei selvaggi sapevano usare alla perfezione. E così Vik adesso si ritrovava solo...........dopo tre anni di addestramento e di vita trascorsa in simbiosi con Susi adesso doveva proseguire la missione completamente solo. La prima cosa che gli era venuta in mente era stata quella di sbrigarsi a rientrare nella grotta, di attraversare la porta in senso inverso e a tornare all'astronave ma poi aveva pensato che non era affatto detto che la porta lo avrebbe portato con la massima certezza li dove lui avrebbe desiderato andare...........e s fosse capitato chissà dove? Oltre a tutto loro erano stati mandati su Marte per indagare ed esplorare e Vik adesso aveva la migliore occasione per condurre a termine la missione affidatagli, per cui decise che sarebbe andato avanti per un'altra ora alla ricerca di qualche segno di civiltà, poi sarebbe rientrato all'interno della grotta e dopo avere indossato la tuta avrebbe riattraversato la porta sperando di poter tornare li da dove era venuto. Il sottobosco appariva molto accidentato, solcato da una miriade di radici e costellato da tronchi di alberi caduti che stavano marcendo al suolo. La vegetazione era costituita dai consueti alberi d'alto fusto che si potevano trovare nei boschi terrestri di mezza montagna, castagni, lecci e alcune ma rare conifere; la zona appariva molto ricca di acqua, costellata com'era da una infinità di rigogliosi ruscelli. Vik aveva calcolato che gli rimaneva soltanto un'ora di “esplorazione” prima del previsto rientro a bordo e non intendeva allontanarsi più di tanto per evitare di perdere l'appuntamento con i compagni. Era sul punto di superare un avvallamento del terreno quando un serpente che si trovava appollaiato sui rami più bassi di un castagno svolse di colpo le sue spire e lo morse sul collo appena dietro l'orecchia destra. VIk percepì il morso improvviso, come una sorta di dolorosissima bruciatura che dava, come conseguenza, un vivissimo dolore che si propagava rapidamente su tutto il collo per poi irradiarsi sulla spalla destra. Non aveva compreso assolutamente che cosa gli potesse essere accaduto, il serpente, colpita la sua vittima, si era istantaneamente eclissato e l'uomo in preda agli spasmi, non si era assolutamente reso conto della natura del dolore che lo stava facendo impazzire. Dopo una decina di secondi l'astronauta era crollato al suolo svenuto, battendo inoltre la testa su una delle radici che costellavano il terreno.
CAPITOLO SESTO.
Ma Vik fortunatamente non era da solo............da quando era emerso di colpo con Susi dalla grotta, una ragazza lo aveva seguito di nascosto in tutti i suoi movimenti. Era stata sul punto di avvicinarsi ancora di più alla coppia per poter osservare meglio i due astronauti, quando di colpo i tre “Noi” avevano lanciato l'attacco che era costato la vita a Susi. Solo per una fortunata combinazione non era stata vista dai tre assassini, trovandosi la giovane ancora nascosta dal folto del bosco. La ragazza aveva poi assistito alla reazione di Vik che aveva eliminato i tre assalitori, alla sepoltura di Susi ed in fine al repentino attacco del rettile che aveva fatto crollare a terra l'astronauta. La giovane era una “Vestale” del popolo dei “Padani”, l'unica popolazione civile rimasta nel continente dopo la venuta delle “Sofferenze”, si chiamava Cat e aveva diciotto anni. Stava raccogliendo erbe medicamentose per la cerimonia dell'”Unione delle Anime” che si sarebbe dovuta svolgere da li a poco, quando aveva visto uscire dalla grotta i due astronauti. Appena si era resa conto che Vik era crollato a terra, sapeva benissimo che per tentare di salvarlo avrebbe dovuto agire con la più grande rapidità possibile: si era dunque precipitata in avanti, aveva raggiunto il giovane e gli aveva preso la testa ricciuta tra le mani. Poi con un coltellino affilato che portava sempre con se infilato nello stivaletto, aveva inciso profondamente il punto del collo che era stato morso e aveva fatto uscire oltre al sangue tutto il veleno che si trovava ancora in zona, aveva lavato con l'acqua della borraccia la ferita e poi aveva applicato sul taglio un impacco di erbe medicinali che erano per fortuna numerose la attorno, che avrebbe contribuito ad assorbire altro veleno espellendolo dall'organismo. Le “Vestali” oltre ad avere la responsabilità del “Tempio Della Vita” , avevano anche il compito di tenere in salute la città di cui facevano parte..........erano in pratica le depositarie della scienza medica di quei luoghi, di quel poco anzi che era rimasto in vita delle medicina di un tempo. Fortunatamente nello zainetto che Cat si portava sempre appresso, c'era tutta una serie di sieri adatti a combattere l'effetto dei veleni dei serpenti, antico retaggio di tempi ormai svaniti per sempre. La ragazza aveva sollecitamente fatto scendere tra le labbra di Vik alcune gocce di un preparato estratto da una boccettina e aveva atteso con ansia che facessero effetto. Ci vollero una trentina di minuti perchè accadesse qualcosa........il corpo del giovane per tutto questo tempo era rimasto completamente inanimato al suolo, mantenendo tra l'altro una vistosa rigidità costellata da crampi che lo squassavano a tratti da capo a piedi. Ma dopo una mezz'ora il corpo di Vik si era come progressivamente rilassato e il sonno, un sonno molto profondo aveva preso il posto di quello che in precedenza era apparso come uno stato comatoso. Poi, finalmente il giovane aveva aperto gli occhi, si era guardato attorno e aveva subito cercato di rialzarsi ma Cat lo aveva gentilmente spinto di nuovo a terra e gli aveva detto:” Non ti devi ancora muovere...........aspetta un altro po' in modo da recuperare al meglio le forze. Stai tranquillo sono qui solo per aiutarti.” Vik era perfettamente lucido ma la bocca gli dava ancora l'impressione di essere come impastata, tuttavia riuscì a rispondere senza particolari problemi articolando lentamente le parole” Ma cosa mi è successo........perchè sono a terra.........e tu chi sei e come mai parli la mia lingua?” “ Io sono una “Vestale”, mi chiamo Cat........è l'inglo è l'unica lingua che conosco............non sono una dei Saggi che ne parlano più di una! Tu invece chi sei? Da dove vieni? E come mai sei uscito dalla “Grotta Sacra” dove è proibito entrare?”” Veramente non mi raccapezzo più: stavo camminando cercando segni di vita civile quando ecco, mi ritrovo qui, disteso a terra a parlare con te, pur non sapendo chi tu sia. AHI!!!, cosa è mai questo taglio che ho sul collo? Mi fa un male boia!”” Non ti preoccupare, adesso stai bene ma sei stato morso da un serpente velenoso. Per fortuna che nelle vicinanze c'ero io che ti stavo seguendo e che sapevo cosa fare in casi del genere! Ho dovuto aprirti una ferita sul collo per far uscire il veleno e appena saremo in città ti potrò fasciare e disinfettare adeguatamente. Ma adesso dimmi, chi sei e da dove vieni?” Vik era sempre più confuso.........troppi avvenimenti improvvisi lo stavano sconvolgendo: la “porta” che aveva catapultato lui e Susi fino a li, la morte della ragazza, il morso del serpente e adesso quella giovane che gli aveva salvato la vita e......che parlava la sua stessa lingua se pur con delle strane inflessioni. Era evidente che qualche cosa di straordinario gli era capitato ma lui aveva deciso che era troppo presto per fare ipotesi che avessero un minimo di fondamento. Era necessario attendere, studiare la situazione, apprendere il più possibile e poi, solo poi..........si sarebbero potute tirare le somme. “Cara Pat........prima di tutto ti devo ringraziare per quanto hai fatto per me. Per ora posso rispondere solo in parte alle tue domande, non perchè non voglia ma perchè non sono ancora in grado di farlo. L'unica cosa che ti possa dire è che mi chiamo Vik e che io e la mia compagna siamo effettivamente usciti da quella grotta, che siamo degli esploratori e che siamo venuti in pace. Ma chi erano quei tre che hanno assassinato a tradimento la mia compagna? E perchè lo hanno fatto?”” Vedi, Vik, voi due siete stati attaccati dai “Noi” che sono gli appartenenti a delle tribù semi selvagge di predatori e assassini che si trovano normalmente a sud del nostro territorio..........di solito è difficile che si facciano vedere dalle nostre parti, forse erano alla ricerca di selvaggina o di depredare qualcuno che come voi due, si stava aggirando incautamente nella zona. Adesso la cosa migliore da fare è rientrare in città e metterci al sicuro. Tu, tra l'altro hai bisogno di riposo e di cure, per cui andiamo via da qui al più presto” Detto ciò, Vik si era rialzato con un po' di fatica, aveva raccolto il suo zaino e quello di Susi e aveva seguito passo passo la ragazza che aveva cominciato a camminare con passo sicuro. I primi metri erano stati i più difficili, i muscoli ancora intorpiditi gli facevano un gran male e un paio di volte erano ricomparsi dolorosi i crampi ma più camminava più il suo corpo si scioglieva e l'astronauta ritrovava forze e lucidità. La testa ancora gli girava un po' certo un po' era colpa del veleno che ancora anche se in quantità ridotta, circolava nel suo organismo ma molto era dovuto alla repentina fine di Susi e della incredibile situazione in cui l'astronauta si veniva ora a trovare: già essere su Marte era stata una faccenda non certo di poco conto ma il ritrovarsi in un luogo assolutamente sconosciuto in compagnia di una ragazza che parlava la sua lingua..........aveva francamente dell'incredibile! Per distrarsi dai suoi pensieri, rinunciando per ora a trovare una qualche risposta, Vik aveva cominciato ad osservare la ragazza che camminava spedita e sicura davanti a lui: a parte il fatto che si trattava di una splendida creatura, i vestiti che la giovane indossava mettevano ancora più in evidenza la femminilità della sua figura slanciata. Pat indossava una corta tunica marrone, leggermente aperta sul petto, corta e sfrangiata in basso, che si armonizzava perfettamente con un paio di stivaletti di pelle. Intanto, mano amano che avanzavano, il panorama attorno ai due aveva incominciato a cambiare: il bosco aveva lasciato progressivamente spazio a campi accuratamente coltivati e un sentiero era comparso sotto i loro piedi diventando più avanti una strada sterrata di una certa ampiezza. Ad un certo momento la strada si era unita ad un'altra, più trafficata che proveniva dalla loro destra e che portava ad un agglomerato urbano che si poteva scorgere più avanti. La strada era percorsa da carri trainati da cavalli e da uomini e donne che camminavano portando sulle spalle un po' di tutto. Si trattava di un andirivieni ordinato e la gente che si poteva scorgere denotava un notevole grado di ordine e pulizia. Pat si era avvicinata ad un gruppetto la nei pressi, che sembrava avere un qualcosa di”militaresco” e aveva ragguagliato quello che sembrava il loro capo, delle presenza dei “Noi” che avevano assalito Vik e Susi. Il gruppetto allora si era subito messo in marcia verso la zona della grotta apparentemente per indagare.
CAPITOLO SETTIMO.
La città dove erano diretti, in verità non era altro che una infinita teoria di ville e casupole ad un piano, tutte ad una certa distanza le une dalle altre, tutte immancabilmente immerse nel verde e tutte dotate di giardini privati estremamente curati. Le strade erano in terra battuta ricoperta da uno strato di ghiaia pressata e solo l'unica piazza centrale appariva lastricata in pietra rosa. Al centro della piazza troneggiava quello che doveva essere un tempio, una costruzione di notevoli dimensioni tutta circondata da un bellissimo colonnato di marmo candido e da uno più interno di marmo rosa. Un fiume di piccole dimensioni solcava il terreno e divideva in due la città proprio nei pressi del tempio ed era attraversato da ben tre ponti in pietra. Niente altro era presente a parte un altro grande spiazzo destinato come aveva spiegato Cat alle contrattazioni di un grande mercato. Cat aveva portato Vik all'interno della grande costruzione senza che nessuno lo notasse: i vestiti dei cittadini non erano poi così diversi dai pantaloni e dalla maglietta indossata dall'astronauta, vestiti che non facevano per nulla indovinare la provenienza “forestiera” dell'uomo. L'interno del “Tempio” era quanto mai spartano............ne altari, ne panche per la preghiera, solo un palco con un leggio. L'illuminazione era garantita da ampi finestroni ricoperti da un semplicissimo vetro trasparente e nulla faceva supporre che la costruzione avesse un qualcosa a che vedere con dei riti religiosi. Cat aveva fatto scendere Vik per una tortuosa scala a chiocciola fino al piano sottostante, lo aveva introdotto in una stanza circolare dotata di un letto, un tavolo e due sedie e lo aveva lasciato li ingiungendogli di riposare. Lei al momento opportuno si sarebbe rifatta viva, poi la ragazza se ne era andata. Dopo un quarto d'ora, proprio mentre il giovane stava per gettarsi sul letto vinto dalla stanchezza, era comparsa come dal nulla una ragazza, che aveva posto sul tavolo la cena, aveva sorriso a Vik e senza proferire parola gli aveva medicato il collo colpito prima dal morso del serpente e poi dalla lame del coltello di Cat, poi se ne era andata a sua volta. Vik era confuso, non sapeva veramente dove potesse essere capitato. Stava esplorando la superficie di Marte quando era stato scaraventato in un luogo completamente diverso dalla superficie brulla e sterile del pianeta, un luogo ricco di vita intelligente dove e questa era la cosa che lo sconvolgeva di più e gli tornava continuamente alla mente, si parlava incredibilmente la sua stessa medesima lingua! Dove era capitato? Su Marte certamente no! Sulla Terra forse? Ma che Terra..........e in quale periodo? E chi aveva mai costruito quella “porta”? E perchè? Poi la natura aveva avuto il sopravvento, Vik aveva mangiato e poi era crollato in un sonno ristoratore. La mattina seguente Cat si era presentata di buon'ora, aveva constatato che l'astronauta fosse in buone condizioni e poi lo aveva accompagnato su e giù per la città:” Sai Vik............ho dovuto ovviamente parlare di quanto è accaduto con le autorità e il “Presidente” ti attende a colloquio questa sera alle otto. Ma prima di chiederti qualsiasi genere di spiegazione è opportuno che tu sappia chi siamo noi e questo per cercare se possibile di chiarirti le idee su quanto dovrai poi riferire al “Consiglio” e al Presidente stesso, cioè su chi sei, perchè sei arrivato fino a qui e da dove vieni. Ma adesso guardati attorno e ascoltami bene senza interrompere, dopo, quando avrò terminato, mi potrai domandare quello che vuoi ed io ti risponderò.”” Va bene Cat.....comincia pure io ti ascolto.”” Il pianeta su cui ti trovi è chiamato da sempre “Terra” ed è il terzo pianeta del sistema solare, costituito da nove pianeti e da una stella che ci da vita e calore..........il “Sole”. Molti, moltissimi anni fa, il pianeta era giunto ad un livello di civiltà assolutamente inimmaginabile, le scienze come l'astronomia, la medicina, l'ingegneria, erano arrivate a dei livelli avanzatissimi. I Viaggi nello spazio, con la scopetta della propulsione a ioni erano sul punto di diventare abituali e la popolazione anche se non viveva certo in pace ed armonia aveva per lo meno imparato a cercare di evitare altri conflitti globali come era avvenuto in passato. Ma Dio aveva deciso che l'ora del giudizio finale era ugualmente arrivata. Forse adirato per la superbia dell'uomo o forse perchè così era scritto nel libro della storia dell'uomo sulla terra...........in una notte di tregenda le forze della natura, che l' essere umano pensava forse di avere definitivamente imbrigliato, si erano di colpo risvegliate in una maniera assolutamente incontrollabile: terremoti devastanti legati a terribili tsunami, spostamento dell'asse terrestre con conseguente disastroso e improvviso cambio del clima e alla fine l'impatto con una cometa apparsa all'improvviso........tutto ciò in un attimo aveva posto fine alla civiltà dell'uomo. Poco si era potuto salvare. A parte gli oceani che ora ricoprono ben il novanta per cento del pianeta, a parte la totale scomparsa di tutte le città moderne, a parte un piccolo continente che un tempo faceva parte degli Stati Uniti che è quello dove noi viviamo, nulla altro è rimasto...........solo questo piccolo continente e un altro situato a diecimila chilometri di distanza, ancora più piccolo ma che stranamente è riuscito a conservare ancora l'ultima città di quello che era l'uomo moderno. Mentre noi abbiamo ricostruito per quanto potevamo ispirandoci soltanto alla civiltà passata e cercando di mantenerne per quanto possibile solo gli insegnamenti fondamentali, gli abitanti di quella città, ormai fuori dal tempo, hanno cercato testardamente di continuare il loro ritmo di vita, lasciando tutto inalterato, non rendendosi conto che mancavano oramai i presupposti per poterlo fare. Naturalmente nel giro di pochi mesi hanno progressivamente perduto ugualmente tutto...........la tecnologia in piedi da sola non poteva certo rimanere ma loro testardamente hanno voluto conservare almeno una piccola parte del loro antico stile di vita, hanno tenuto da parte le ultime risorse in fatto di carburanti ed il più possibile di tutto quello che una volta era da loro alimentato, tenendolo da parte con estrema cura e manutenzionandolo nel limite delle loro possibilità. Nei primi tempi sono riusciti a mantenere in funzione un battello sottomarino alimentato da una energia la cui tecnologia qui da noi è stata da tempo dimenticata, e con esso sono arrivati fino da noi, al limite estremo del nostro continente e hanno soggiogato a nostro danno le popolazioni che li risiedevano e che erano regredite allo stato barbarico dopo il periodo che noi abbiamo chiamato delle”Sofferenze” . Sono i componenti delle tribù dei “Noi” gli stessi che vi anno assalito e che hanno ucciso la tua compagna. Adesso puoi vedere con i tuoi occhi quanto ti circonda, quello che è diventata la nostra civiltà, la civiltà dei “Padani” che prendono il nome da una antica regione dei tempi che furono, caratterizzata come qui da grandi pianure contornate a nord da vette altissime. Per quanto possibile abbiamo mantenuto, questo si, quanto era umanamente possibile delle antiche conoscenze ma senza fare un dramma per quelle che avevamo perduto o non eravamo più in grado di far funzionare: abbiamo tutt'ora un ospedale portato avanti con risorse limitate ma perfettamente funzionante, un osservatorio astronomico, delle scuole, ma quasi nulla della antica tecnologia. In assenza di nemici naturali viviamo in pace tra noi. Questo è quanto, adesso se mi devi domandare qualche cosa, questo è il momento adatto.”Vik era perplesso..........oltre a quanto aveva appreso da Cat era pensieroso per quanto non riusciva ancora a comprendere. A quanto pareva lui attraverso quella porta temporale era stato scaraventato in un lontanissimo futuro e questo fatto poteva anche accettarlo, visto e considerato che..........si era verificato ma quello che lo tormentava era il chi ed il perchè qualcuno si fosse preso la briga di organizzare tutto ciò. E perchè su Marte poi! Per cui, visto l'appuntamento cui era atteso la sera stessa, decise di non chiedere altro. Tutto sarebbe stato chiarito si sperava, con il tanto atteso colloquio con i l “Presidente”.
CAPITOLO OTTAVO.
La sera era arrivata in fretta: Cat lo aveva portato per ogni dove, su e giù per la città. Vik aveva visto una quantità enorme di abitazioni immerse nel verde una più bella dell'altra, tutte collegate da strade in terra battuta su cui si muovevano migliaia di abitanti. Non esistevano in città servizi pubblici e tutti si spostavano a cavallo o a piedi. Le case erano illuminate dal luci a olio di colza a cui era stato aggiunto dell'alcool e per le necessità di cucina e di riscaldamento si ricorreva al fuoco di camini e caminetti. Vic aveva visitato l'ospedale che sebbene primitivo per certi aspetti era riuscito per lo meno a mantenere elevatissime condizioni di igiene. Certo le tecniche operatorie erano ovviamente molto limitate. Per la mancanza di macchinari e di energia elettrica..........di operazioni complesse come quelle effettuate nel mondo di Vik non se ne poteva certo parlare ma il possibile veniva sempre fatto, con ordine e la massima pulizia e a volte anche qualcosa in più. Ma c'erano ancora tante cose da visitare e Vik per ora aveva scelto di vedere il porto, anzi uno dei porti, quello più grande, quello che si trovava in città. Vic di fatti aveva scoperto che la città era solo il “capoluogo” di quel continente e che numerosissimi altri agglomerati urbani facevano parte di una specie di confederazione di regioni, le cui città, o meglio paesi, erano tutte unite da ottime strade tutte collegate tra loro da gigantesche carrozze a cavalli che effettuavamo regolare servizio pubblico con tanto di orari ben precisi. Gli abitanti del continente erano circa tre milioni, sparsi su tutto il territorio che era per quattro quinti pianeggiante e per il resto caratterizzato da stupende montagne e valli alpine. Il porto appariva di dimensioni notevoli e alle sue banchine erano attraccate unicamente miriadi di pescherecci a vela; facevano bella mostra di se magazzini per lo stoccaggio e la conservazione del pesce e i bacini di carenaggio con accanto i relativi cantieri. Alle otto, dopo tanto girare a piedi, Vik e Cat si erano trovati nella sala grande del “Tempio” dove erano attesi. Questa volta sotto il palco erano state poste delle sedie, una staccata dalle altre evidentemente riservata all'astronauta, le altre preparate per coloro che facevano parte di che deteneva il potere. Alle otto precise il “Presidente” aveva fatto il suo ingresso accompagnato da circa trecento anziani che si erano subito seduti sulle sedie preparate per l'occasione: si trattava di un personaggio per nulla imponente ma vestito incredibilmente con pantaloni giacca e cravatta. Al suo ingresso tutti gli astanti si erano alzati in piedi e avevano intonato l'inno nazionale americano a cui si era unita, tra lo sbalordimento generale, anche la voce dell'astronauta. Subito dopo il “Presidente” aveva preso la parola e aveva detto:” Signor Vik.........fino ad ora le è stato “spiegato” quali sono le nostre usanze, i nostri costumi e quale è la nostra origine. Le è stato mostrato quale è la nostra vita su questo ultimo continente della Terra, quale è il nostro modo di vivere e di sperare nel futuro. Adesso a lei la parola..........ci racconti per favore tutto di lei, del mondo da cui proviene e perchè è giunto fino da noi!.........Prego!”” Signor Presidente, tutto avrei pensato tranne che cantare il mio inno nazionale in una epoca così lontana dalla mia. Io signor Presidente, da quanto posso capire vengo dal passato, da prima ancora di quando la civiltà dell'uomo aveva raggiunto le vette inimmaginabili di cui mi è stato parlato. Quello che vi posso dire è che sono partito con altri diciannove compagni dalla Terra alla volta di Marte per pendere parte per la prima volta nella storia, alla sua esplorazione. Era la prima volta che l'uomo faceva un viaggio del genere e tutto sembrava andare per il meglio. Ma ad un certo punto, dopo essere atterrati sul pianeta rosso, giunti nei pressi di una grotta dall'interno della quale partivano strani segnali, la mia compagna ed io siamo stati catapultati all'improvviso qui, nel vostro mondo. Attraverso quella che deve per forza essere una porta “temporale” ma che solo in un secondo momento sono riuscito ad identificare come tale, ci siamo trovati dalla superficie inospitale, anzi letale di Marte ad una Terra di un'epoca che non ci appartiene. Non ho la più pallida idea di chi abbia voluto e predisposto tutto ciò, ne sono in grado di affermare di saperne spiegare il perchè. So solo che io sono qui e basta, ho oramai perso la mia compagna che da tre anni divideva la mia vita con me e l'appuntamento che avevo con i miei compagni che a questo punto mi hanno di certo dato per morto. Sono qui solo, orfano del mio mondo............se mi vorrete resterò qui con voi mettendo a vostra disposizione tutte le conoscenze della mia epoca che non sono ancora evolute come quelle che mi pare di aver capito che caratterizzassero la vostra Terra prima delle disgrazie che la colpirono ma conoscenze enormemente superiori a quelle che attualmente vi sono rimaste. Che cosa vi posso dire d'altro............a questo punto, se me lo consentirete, voglio proseguire nel programma di esplorazione che mi era stato affidato, invece di esplorare la superficie di Marte mi metterò a girare per questa nuova Terra.”Non c'era granchè altro da dire ne da una parte ne dall'altra. Alla fine Vik venne accompagnato di nuovo da Cat nella stanza che aveva occupato in precedenza e li rimase in attesa delle decisioni che sarebbero state prese per lui. Vik aveva intanto approfittato per mangiare e per riposarsi.........il cibo nell'astronave era in parte sintetico e in parte liofilizzato. A parte frutta e verdura prodotte nella serra idroponica, la varietà era quanto mai monotona e limitata, per cui dopo tanti mesi poter tornare ad una alimentazione equilibrata e gustosa era senza alcun dubbio una sensazione quanto mai gradita. Il sonno fatto su di un vero letto, era poi una faccenda dimenticata da troppo tempo.............la cuccetta della sua piccola cabina era si comoda ma il continuo ruotare su se stessa della navicella per produrre quel fax simile della forza di gravità, gli aveva soprattutto di notte da sempre dato una vaga, impalpabile ma noiosissima sensazione di nausea. Come la volta precedente, la mattina Vik aveva trovato accanto a se Cat, una Cat tutta sorrisi che gli aveva portato tra l'altro una graditissima colazione e che gli aveva detto:” Vedi di darti una mossa.............tra dieci minuti sei atteso dal Presidente e poi andremo assieme nella tua nuova casa, quella che sarà la tua abitazione fino a quando tu rimarrai con noi” Vik non se lo fece ripetere due volte, bevve il latte corretto da un'altra bevanda dal gusto indefinibile ma buonissimo e poi si avviò sollecitamente verso il suo nuovo appuntamento con il Capo Dello Stato. Ma questa volta l'incontro doveva avvenire in maniera meno informale, il “Presidente” infatti lo attendeva presso una delle tante case che si trovavano nel centro della città. Questa volta l'alto personaggio non era vestito come la volta precedente ma indossava una semplice tuta da lavoro con in testa un cappellino con visiera.” Caro signor Vik...........eccoci nuovamente assieme. Bene, le devo riferire le decisioni che io ed il Consiglio abbiamo preso nei suoi confronti. Primo, la casa dove ci troviamo attualmente le viene assegnata per ogni sua necessità; secondo tutti noi le chiediamo di collaborare con i nostri medici e scienziati per quanto riguarda il fatto di poter ulteriormente migliorare, con le sue conoscenze, il nostro tenore di vita; terzo, lei verrà da un nostro rappresentate accompagnato in luoghi proibiti o semplicemente sconosciuti alla stragrande massa della nostra popolazione e questo per i motivi che le verranno successivamente spiegati. Questo è quanto...........noi tutti riponiamo in lei la nostra totale fiducia e speriamo che il soggiorno che lei trascorrerà qui da noi possa dare a noi nuove speranze per un nuovo avvenire, per lei invece chissà mai, la possibilità di trovare un qualche modo per tornare un giorno non troppo lontano a casa sua. Buona fortuna e buon lavoro!”
CAPITOLO NONO.
Un altro giorno era incominciato a Tokio, un triste giorno come tutti gli altri. La popolazione rimasta in città dopo la “catastrofe” continuava la sua grigia vita di sempre. Delle isole che caratterizzavano il Giappone solo Okaido era rimasta abitata, anzi anche le altre erano popolate ma solo le campagne mentre le città erano da tempo diventate dei veri e propri cimiteri ed erano state abbandonate e recintate. Nessuno vi poteva accedere.......oramai non c'era al loro interno nulla che potesse tornare utile se non palazzi in rovina e macerie ovunque. Troppo tempo era passato perchè la natura non avesse ripreso il sopravvento sulle opere edificate dall'uomo. La ruggine, l'umidità e l'inclemenza del tempo con le bufere tropicali che oramai imperversavano in quel clima impazzito, avevano portato avanti la loro opera di distruzione, riducendo a cumuli di rovine quelle che erano state orgogliose città irte di grattacieli. In città i residenti non superavano ormai il milione, mentre in tutta la regione che aveva caratterizzato l'antico Giappone, Tokio compresa, si contavano al massimo due milioni di esseri umani. Dopo la serie di catastrofi che avevano colpito tutto il mondo, il Giappone, che non era per nulla stato colpito se non per il cambiamento del clima, ma si era trovato di colpo senza la possibilità di attingere dall'esterno alle risorse alimentari ed energetiche di cui aveva la necessità giornaliera per poter sopravvivere. Nonostante l'immediato ricorso ad un governo di emergenza, militare e totalitario, la gente ben presto aveva incominciato a morire letteralmente di fame e nel giro di tre mesi solo una frazione della popolazione originaria era ancora viva. Non c'era nessun posto dove andare, si poteva solo morire di stenti senza alcuna speranza. Il governo aveva preso in mano la situazione con una violenza ed una decisione inusitate: Le centrali atomiche erano da subito state presidiate, tutte immediatamente spente ad eccezione di una sola, quella che dava energia alla capitale che aveva continuato a funzionare. Praticamente nel giro di un anno il Giappone si era ridotto a Tokio e alle campagne che lo caratterizzavano. Dopo altri mesi di stenti, quando la popolazione si era oramai ridotta ai livelli attuali, la ex capitale era stata per così dire ripulita.......le macchine abbandonate per le strade rimosse, le case svuotate dai cadaveri che ancora giacevano abbandonati nelle case e nei palazzi. Una parvenza, anzi una illosione di normalità era ricomparsa: grazie all'elettricità che grazie alla centrale nucleare ancora funzionante era tornata e quasi tutto in città aveva incominciato a funzionare di nuovo. Certo le industrie erano ormai definitivamente ferme per mancanza di personale e di materie prime necessarie per farle funzionare, per ciò quando qualche apparato elettronico si guastava non lo si poteva produrre di nuovo ma ce ne erano tanti altri abbandonati in giro e bastava gettare quello rotto e prenderne un 'altro nuovo da un negozio o da una casa abbandonata. Il governo aveva cercato in tutti i modi possibili di mantenere con una testardaggine incredibile, almeno il ricordo dello splendore di un tempo, tutto in città doveva essere orientato in ogni maniera possibile a mantenere lo status quo: la polizia che pattugliava le strade del centro, i negozi aperti con le insegne accese anche se non avevano quasi più nulla da vendere, le scuole che funzionavano come una volta............ma si trattava tutto di fumo negli occhi dovuto ad una crescente disperazione e al rifiuto di accettare la realtà. Ma gli anni arano passati, anzi i secoli.......e tutto quello che l'uomo aveva progettato e costruito stava oramai per cessare definitivamente di funzionare. La centrale nucleare aveva resistito fino ad allora grazie alla cannibalizzazione sistematica in pezzi di ricambio da quelle che erano state spente, ma oramai funzionava solo al trenta per cento della sua funzionalità originaria tra mille inconvenienti. In città oramai mancava tutto, dalle lampadine, agli elettrodomestici, agli impianti e macchinari ospedalieri......e la gente era sempre più scontenta e demoralizzata. Mancavano assolutamente le risorse per poter ricominciare, il Giappone era povero di tutto, di risorse minerarie, di petrolio........le campagne avevano la possibilità di sfamare tutti i pochi che erano rimasti ma nulla di più era disponibile per il progresso. La prospettiva più immediata era quella tragica e drammatica di un crollo totale della civiltà cui erano tutti abituati e che il governo aveva in maniera ossessiva cercato di mantenere per tutti quegli anni. Ma adesso era finita e il destino ineluttabile era quello di un ritorno definitivo ad una società agricola e tribale. Tanto tempo prima, ancora nei primi anni dopo la catastrofe, un sommergibile nucleare russo era arrivato sulle coste giapponesi non sapendo più dove attraccare ed il suo equipaggio era stato “inglobato” in quel poco che era rimasto della Marina Giapponese. Con a bordo un equipaggio misto il battello si era avventurato verso l'unico continente che era rimasto di tutte le terre emerse del pianeta. Il suo equipaggio aveva osservato di nascosto la civiltà che si era sviluppata dopo la catastrofe e aveva concluso che, essendo il Giappone situato ad una distanza così grande da quelle terre, attualmente non era purtroppo ne possibile, ne conveniente pensare di trasferire parte della popolazione in quelle zone, ricche e molto più appetibili delle loro isole, per impiantarvi delle colonie. Alcuni giapponesi, una decina al massimo, erano voluti rimanere e con le armi che avevano a disposizione, si erano autoproclamati re della popolazione abitante quelle coste e avevano guidato quelli che erano la popolazione dei “Noi” in scorribande saltuarie contro la civiltà dei “Padani” Poi, il sommergibile era ripartito per non fare più ritorno, infatti il sommergibile una volta attraccato in Giappone, aveva esaurito la “carica” di uranio a disposizione e nell'impossibilità di rifornirlo era stato abbandonato in porto. Takeo Mosumoto era un giovane di trent'anni, uno dei tanti giovani che si trovavano in quel momento sull'orlo della disperazione. La città si stava fatalmente riducendo ad un cumulo di rovine: la luce elettrica veniva a mancare sempre più spesso e anche quando era presente serviva oramai a ben poco. Nulla più o quasi funzionava ancora e quanto rimaneva del Giappone si stava avvicinando sempre più al punto di non ritorno. Le campagne erano oramai stanche di “foraggiare” la città in rovina, fino a quando Tokio garantiva per tutti le cure mediche, l'assistenza tecnica per la manutenzione di trattori e trebbiatrici, fino a quando resisteva un governo “forte” e autoritario che garantiva un livello di vita accettabile per tutti.........bene ma adesso con il crollo incombente di tutto ci sarebbe stata senza dubbio una contrapposizione violenta tra chi produceva con fatica e sudore e chi in città...........mangiava per così dire a sbafo, non concedendo più assolutamente nulla da offrire come contropartita. Lui si era reso perfettamente conto di ciò da anni e non voleva trovarsi costretto a combattere per le sua sopravvivenza quando il momento sarebbe inevitabilmente arrivato.
CAPITOLO DECIMO.
Takeo non aveva certo atteso l'ultimo momento per tentare la fuga da quel mondo sul punto di impazzire. Già da cinque anni aveva incominciato in gran segreto a mettere in atto il suo progetto assieme ai suoi due amici di sempre, Tanaka e Kimono. In una baia nascosta avevano trainato con sforzi immani una vecchia motovedetta della marina giapponese. Dato che dopo tanti anni trascorsi tutti gli impianti di bordo erano un unico ammasso di ruggine, la avevano completamente svuotata lasciando solo lo scafo e le sovrastrutture limitate allo stretto indispensabile. In pratica era rimasto solo lo scafo in vetroresina, la timoneria e il ponte principale. Tutto il resto fumaiolo compreso era stato asportato. I locali all'interno erano stati arredati nuovamente con mobili in legno, rozzi, artigianali ma nello stesso tempo funzionali, e la propulsione era data da un grande albero ricavato da un larice e dalle rispettive vele. Ci erano voluti ben cinque anni per portare a termine il progetto. Lo scopo era quello di andarsene dal Giappone con le rispettive famiglie non appena la situazione fosse diventata insostenibile. Le tre famiglie vivevano in campagna e a loro obbiettivamente non mancava nulla ma sapevano benissimo che la situazione era sempre più instabile e che tutto avrebbe potuto cambiare in un attimo cadendo di colpo in una inevitabile spirale di anarchia e nella guerra tra cittadini affamati e contadini. Dopo cinque anni dunque la “nave” era pronta, carica all'inverosimile di viveri, e soprattutto molto ben nascosta! La situazione era sul punto di precipitare: la centrale nucleare era stata forzatamente chiusa per sempre e il flusso di elettricità si era definitivamente interrotto. Contemporaneamente ogni forma di energia aveva cessato di esistere.............le campagne non potevano più nemmeno contare sull'irrigazione automatica dei campi, sul funzionamento degli ultimi macchinari ed impianti di depurazione che aiutavano il contadino e limitavano la fatica di tutti i giorni. Inoltre i guasti ai trattori e alle trebbiatrici, talmente vecchi e usurati e soggetti per questo motivo a continue rotture, non potevano più essere riparati in città perchè le officine si erano fermate per mancanza di forza motrice. Gli ospedali avevano praticamente chiuso e fornivano quel po' di assistenza che potevano ancora dare solo a chi a chi abitava in città, delegando l'assistenza degli altri giapponesi residenti nelle campagne ai piccoli e assolutamente inadeguati Pronto Soccorso locali. Allora i contadini si erano rifiutati di vettovagliare la città e i cittadini affamati avevano incominciato ad assaltare le campagne............ed era stato il caos. Takeo, Tanaka e Kimono avevano già notato la settimana precedente la chiusura della centrale, che la situazione stava arrivando al punto di rottura. Takeo aveva raccolto la confidenza di un tecnico che lavorava nella sala di controllo dell'impianto nucleare, che affermava che i giorni di funzionamento erano oramai veramente contati e dopo avere avvertito i due amici, aveva preparato tutto per l'esodo. La sera del giorno dopo si erano ritrovati tutti a bordo della nave che avevano battezzato “Arca”: si trattava di dodici persone, otto adulti e quattro adolescenti, tutti quanti decisi quanto mai ad andarsene e a cercare fortuna nell'ultimo grande continente che restava alla vecchia Terra, a migliaia di chilometri di distanza. Con il favore della corrente avevano drizzato l'unica grande vela ed erano salpati verso l'ignoto.
CAPITOLO UNDICESIMO.
Vik intanto, aveva cominciato la sua nuova vita. La mattina si alzava con tutto il suo comodo e poi, come diceva lui, si recava al lavoro. Si era reso immediatamente conto di una situazione paradossale che era venuta a verificarsi in quell'angolo di mondo: lui difatti era capitato in una civiltà che come conoscenze di base era da ritenersi molto più evoluta e progredita di quella che aveva lasciato sulla “Sua” Terra. Tutto il sapere di quegli anni così fulgidi era infatti meticolosamente stato conservato all'interno di migliaia e migliaia di testi che si trovavano conservati al sicuro, testi che venivano regolarmente studiati e consultati dagli scienziati del luogo. Ma quasi nessuna di tali conoscenze poteva più essere utilizzata: i componenti dei computer, pur essendo descritti nei minimi particolari, non potevano più essere ne costruiti ne assemblati, i macchinari favolosi che avevano inorgoglito così tanto gli antichi abitanti del pianeta non potevano essere realizzati per la mancanza di materiali lavorati che dovevano costituire i loro componenti, le scoperte della medicina non potevano essere tradotte in pratica a causa della mancanza degli strumenti e delle apparecchiature necessarie a fabbricare sieri e medicine di livello superiore. Tutto si era fermato al drammatico, immediato “dopo” la terribile catastrofe, senza possibilità alcuna di poter ricominciare da capo. Per poter riprendere il discorso interrotto, sarebbe stato necessario ripartire completamente da zero, tenendo ovviamente buona e cara la sterminata messe di notizie e spiegazioni rimaste fortunatamente ben visibili sui testi. Per prima cosa si sarebbe dovuto procedere con l'apertura di nuove miniere per ricavare le materie prime indispensabili, poi sarebbe stato necessario aprire le prime officine e fonderie per poter lavorare adeguatamente i metalli e tramutarli in utensili e componenti per produrre oggetti e macchinari via via più complessi. che con la loro costruzione e successiva messa in opera, ne avrebbero prodotto a loro volta altri ancora e così via. Si sarebbero poi dovute costruire centrali elettriche e raffinerie per ristabilire ovunque la forza motrice. Ma quanto tempo sarebbe stato necessario per poter raggiungere un livello accettabile di vita “tecnologica” e quanto tempo ci sarebbe voluto per poter arrivare agli altissimi livelli di sviluppo ottenuti prima della catastrofe quando il discorso iniziato si era drammaticamente interrotto? E tutto ciò sarebbe stato possibile con una forza lavoro così ridotta? E ne sarebbe soprattutto valsa poi la pena? Veramente qualche piccolo passo era anche stato compiuto in tal senso: di officine ne esistevano già e molti manufatti venivano in effetti costruiti ex novo in loco ma tutto faceva parte della limitata vita di tutti i giorni e non era invece parte attiva di un disegno di ben maggior portata come sarebbe invece stato necessario per ottenere un ben altro progresso che potesse portare a sua volta ad un grandioso salto di qualità. Vik aveva visitato queste sterminate biblioteche, aveva anche ammirato la costanza e la preveggenza di chi aveva pensato di raccogliere e mettere al sicuro tutte quelle migliaia di testi antichi salvandoli dall'oblio. Aveva avuto l'occasione di prendere in mano con profondo rispetto volumi che aveva già visionato in passato sulla “sua” Terra ed altri ancora che aveva scoperto qui per la prima volta. L'astronauta veniva spesso accompagnato nelle sue visite da un giovane scienziato che si chiamava Hansen: si trattava di un ragazzo che si prestava benissimo a fare da accompagnatore, sempre pronto ed interessato a qualsiasi argomento, entusiasta ma nello stesso tempo misurato e riflessivo. Con Vik costituiva oramai coppia fissa e nei momenti di relax non smetteva mai di farsi spiegare come si vivesse sulla Terra prima della partenza per Marte. Cat invece aveva diradato non poco le sue visite, il suo incarico di “Vestale” non le lasciava molto tempo libero, visto che il suo compito principale era quello di curare i malati dell'ospedale e così Vik aveva avuto poche occasioni per godere della sua compagnia. Dopo tre mesi di una vita francamente monotona, l'astronauta era stato nuovamente convocato dal “Presidente” per un colloquio che si sarebbe dovuto tenere alla “Casa Bianca”. Vik era stato condotto all'ora stabilita in una bellissima villa non dissimile in verità da quelle adiacenti ma caratterizzata, unica nel suo genere, da una serie di colonne, reggenti un porticato, che sorgevano proprio davanti all'ingresso. In cima ad un pennone sventolava orgogliosa alla brezza serale, la bandiera a stelle e strisce. Dopo i saluti di rito il presidente aveva esordito col dire:” Caro amico, come lei sa io tre mesi fa le avevo in un certo senso affidato una missione.............vedere cioè se tra quello che si trova sui libri, quel poco che noi siamo in grado di fare e di produrre e di quanto lei conosce del suo vecchio mondo, esiste la possibilità di poter ottenere per noi e il nostro mondo un qualche significativo progresso”. “Vede signor Presidente......la faccenda è tutt'altro che semplice. In teoria noi con le conoscenze che abbiamo e con l'aiuto pratico che io potrei darvi, si potrebbe fare qualsiasi cosa, Il problema non risiede su una mancanza di conoscenza ma su una totale incapacità di riuscire a costruire in questa situazione nulla di più complesso di un normalissimo utensile. Nel vostro paese esistono falegnami, fabbri ferrai, piccole fabbriche a conduzione familiare in grado di costruire piccoli manufatti, una sviluppata industria conserviera, della avviate fabbriche di mattoni e terracotte varie e piccole imprese di questo genere. Ma con solo ed esclusivamente ciò a disposizione si può fare purtroppo molto poco.............manca letteralmente tutto solo per poter pensare di iniziare. Avevo pensato a cercare di produrre per lo meno energia idroelettrica ma chi ci fornisce i cavi necessari per trasportare la forza motrice e le bobine, chi ci costruisce le indispensabili turbine e.............oggetti semplicissimi come le lampadine? No, signor Presidente, io onestamente, con quello che potete mettermi a disposizione, non so proprio come poterla aiutare..........qui non esiste assolutamente nulla che possa consentire di ottenere un qualcosa che possa radicalmente cambiare lo stato di cose attuale.”” Ho capito perfettamente la situazione, lei ha perfettamente ragione. Ma se io le dessi invece la possibilità di avere, tutto o in parte quello che le manca per cominciare?” “Allora signor Presidente le cose potrebbero essere viste forse in un'ottica completamente diversa...........bisognerebbe però sempre vedere che cosa si ha a disposizione ma a che cosa si sta riferendo? C'è forse qualcosa che io non ho ancora visto?”” Non lo so, non so assolutamente di cosa si tratti............non so nemmeno se si tratti di una leggenda o di verità. So solo che all'estremità opposta del nostro continente pare esista un luogo dove sono conservate ancora, alcune delle vestigia del nostro passato. Le ripeto che non sono assolutamente a conoscenza di che cosa si possa trattare, nessuno di noi le ha mai viste ne è mai andato a cercarle visto che ad una certa distanza dai nostri possedimenti la natura in quei luoghi diventa inaccessibile e di una violenza inaudita ma se io le organizzassi una spedizione verso quei luoghi sconosciuti, lei sarebbe disposto a farne parte? Noi viviamo forzatamente in un mondo condannato. Se le cose restano così, noi saremo per sempre costretti ad una forzata staticità. Il progresso, caratteristica fondamentale della razza umana, qui non potrà mai essere messo in moto e noi resteremo per sempre condannati ad una vita simile a quella della antica “Arcadia”. Ma l'essere umano non è fatto per questo! Ben altre vette con la nostra intelligenza ed il nostro ingegno eravamo destinati a raggiungere e avevamo raggiunto.” “Certo, signor Presidente, lei ha perfettamente ragione. É un fatto incontrovertibile che al giorno d'oggi nulla potete fare stando così le cose per avere qualche speranza di progredire...........almeno che, appunto come mi dice lei, non ci sia veramente un qualcosa di più e di diverso che ci possa aiutare a spostare il peso della bilancia in nostro favore!”
CAPITOLO DODICESIMO.
In un contesto politico semplice come quello che vigeva in “Padania”, le novità non venivano mai nascoste alla popolazione. Chi arrivava al “potere” non lo faceva per ottenere gloria o potere personale ma per un puro spirito di collaborazione e per poter dare agli altri, alla popolazione, il meglio di se stessi. Tutti avevano saputo della partenza della spedizione e a grandi linee del suo scopo. Si trattava di un primo sintomo di cambiamento dopo tanti anni e una sensazione di vivo entusiasmo aveva pervaso una popolazione abituata da un tempo immemorabile all'immobilismo più assoluto. A Vik era stata assegnata una squadra di quattro uomini della “Compagnia Di Sicurezza”, quanto cioè si potesse avvicinare di più ad una Forza Armata in quei luoghi pacifici. Della partita faceva parte, per espresso desiderio dell'astronauta, anche Cat, anche se ottenere il permesso di poterla portare con se non era stato affatto semplice. Cat difatti lavorava a tempo pieno in ospedale e Vik era riuscito ad ottenere alla fine di averla con se, solo facendo presente che la partecipazione di un esperto in medicina era essenziale per la riuscita dell'impresa. La ragazza era rimasta sorpresa quando le era stato comunicato che avrebbe fatto parte della spedizione, sorpresa ma nello stesso tempo lusingata e compiaciuta. A parte il fatto che lei era una ragazza estremamente sveglia e amante delle novità, Cat era lusingata dall'interesse che Vik aveva dimostrato nei suoi confronti. Tra loro, nei colloqui che avevano avuto in passato, traspariva da sempre una certa stima reciproca e mentre la ragazza considerava il giovane un po' come un qualcosa di “suo” avendogli salvato la vita, Vik nello stesso tempo aveva trovato in lei un qualche cosa che poteva forse cominciare a sostituire la mancanza della costante presenza e compagnia di Susi. La partenza era avvenuta la settimana seguente al colloquio avuto con il “Presidente”. I Sei esploratori erano partiti verso il nord del Paese a bordo di una della grandi carrozze tirate da cavalli che collegavano i vari borghi della “Padania” I territori che avevano attraversato erano caratterizzati da paesaggi tutti molto uniformi: campagne vastissime solcate da fiumi, colline basse e piccoli agglomerati urbani dediti ad una agricoltura intensiva. Dopo tante pianure, erano poi incominciate le prime montagne, prima basse poi sempre più alte. I paesi avevano incominciato a cambiare aspetto, le ville basse avevano lasciato il posto a costruzioni con il tetto adatto a sopportare il peso della neve invernale e tutto appariva estremamente lindo e pulito. Erano apparsi anche i primi pascoli dove greggi e mandrie pascolavano indisturbate. Dopo aver superato vari passi montani i sei erano finalmente giunti al confine con la così detta “zona a rischio”. Li la strada terminava bruscamente dopo una curva, un cartello scritto in caratteri cubitali diceva testualmente:” ZONA AD ALTO RISCHIO. PROIBITO PROSEGUIRE OLTRE” In apparenza le montagne non sembravano essere per nulla differenti da quelle che avevano visto fino a quel punto, la vegetazione appariva assolutamente identica e non si notava alcun pericolo apparente. L'unica differenza era data dal fatto che li, su quell'ultimo passo montano, la strada che avrebbe dovuto
discenderlo.............non esisteva per nulla. La spedizione aveva abbandonato la comoda carrozza e si era avviata in fila indiana verso il fondo valle. La discesa non era stata particolarmente difficoltosa, ad un certo punto avevano anche trovato una sorta di sentiero che scendeva zigzagando verso il basso usato forse da cacciatori che si erano avventurati in quella zona deserta. Erano poi risaliti e scesi su e giù per varie volte, notando che più andavano avanti più le montagne continuavano a digradare. Per arrivare ad una sorta di pianura avevano impiegato otto giorni ma alla fine avevano lasciato alle spalle le alture per ritrovarsi in una landa caratterizzata da boschi di sterpaglie. Fino a quel momento non si erano mai imbattuti in forme di vita a parte le cornacchie e le marmotte nella zona montuosa e il cibo portato al seguito cominciava a scarseggiare. Per l'acqua invece fino ad allora non c'era stato alcun problema essendo la zona attraversata ricca di torrenti, ma adesso in mezzo a quelle sterpaglie anche l'acqua incominciava a scarseggiare. La temperatura inoltre aveva incominciato a salire e rischiava di fare capolino il rischio della disidratazione. Vik allora che essendo astronauta aveva anche partecipato a parecchi corsi di sopravvivenza, aveva dirottato la spedizione leggermente ad est, alla ricerca di quel fiume che avevano visto scendere dai monti. Non ci avevano messo molto a trovarlo: si trattava di un corso d'acqua notevole che avrebbe garantito oltre che il necessario per dissetarsi anche pesce per sfamarsi. Inoltre si erano imbattuti in alcuni maiali selvatici intenti ad abbeverarsi che loro malgrado avevano offerto agli esploratori delle ottime bistecche. Il primo segno di vita umana lo avevano trovato il nono giorno. Camminando lungo il fiume, Cat aveva notato che a qualche chilometro di distanza il fiume stesso sembrava essere attraversato in parte dai resti di una costruzione che sembrava proprio un ponte ad arco, anzi..............da quello che ne rimaneva. Avvicinandosi i sei avevano potuto notare che accanto al ponte, alla sua sinistra, sorgevano ancora i resti di quella che doveva essere stata un tempo lontanissimo, una grande città. Di colpo avvicinandosi ulteriormente, si erano ritrovati circondati dalle macerie: si trovavano al centro di una grande arteria stradale che si dirigeva verso il ponte. Ai lati si innalzavano le rovine di quelli che dovevano essere stati orgogliosi palazzi, ai cui lati si aprivano ancora i resti di altre strade. Ma a parte le macerie nulla altro si era salvato, sembrava che un'onda gigantesca avesse spazzato via tutto dopo aver demolito i grattacieli, il tempo aveva fatto il resto.”Qui non c'è più nulla che possa essere identificato” Disse Vik” Non è rimasto più nulla............secondo me la città deve essere stata colpita da un gigantesco tsunami che ha prima demolito e poi portato via tutto”” Hai ragione”Rispose Cat” Qui non restano altro che rovine e non c'è altro da vedere. Non è certo questo il punto che noi siamo venuti a cercare” “No......certamente no qui c'è solo un deserto di massi.......voglio solo arrivare a quel ponte, a volte sul suo basamento c'è una targa che ne descrive la classe di appartenenza e il nome della città dove è stato costruito. Ho il vago sospetto di sapere dove ci troviamo ma voglio averne la conferma.” E così i sei esploratori si incamminarono verso il ponte: ad un certo punto la strada cominciava a salire verso il fiume e Vik si mise a cercare la targa che lo interessava ma senza trovarne traccia alcuna. Ma la tragedia era li ad attenderli............in testa camminavano i quattro addetti alla loro sicurezza, avanzavano attenti ma nello stesso tempo rilassati visto che fino a quel momento non c'era mai stato alcun pericolo che avesse potuto preoccuparli. Vik e Pat camminavano più indietro di una decina di metri al massimo, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa che potesse colpire la loro attenzione. Ad un tratto i quattro che camminavano davanti a loro scomparvero di colpo inghiottiti da una voragine che all'improvviso si era aperta sotto i loro piedi. Pat e Vik si erano precipitati immediatamente in loro soccorso............per scoprire che era tutto inutile: i quattro erano caduti per una ventina di metri nel vuoto, sfracellandosi sui binari di quella che una volta era stata la metropolitana della città. I due giovani erano rimasti da soli in un deserto di rovine completamente disabitato.
CAPITOLO TREDICESIMO.
Nella disgrazia che gli aveva colpiti, l'unica fortuna era quella che prima di avviarsi verso il ponte, avevano provvisoriamente lasciato tutti gli zaini in un unico mucchio proprio nel punto in cui si erano introdotti nella città abbandonata. Adesso avevano a disposizione i viveri anche di chi non c'era più e la loro autonomia era così notevolmente aumentata. Restava da decidere che cosa fare:” E adesso come la mettiamo Cat? Cosa ci conviene fare? Potremmo tornare indietro senza alcun problema, la strada la conosciamo, sappiamo che è faticosa e tutta in salita ma scevra di pericoli. Andare avanti in due mi sembra un azzardo ma se tornassimo indietro non credo che ci verrebbe consentito di ritentare con un'altra squadra. Cosa ne dici........vogliamo proseguire o lasciamo perdere tutto?””Sono d'accordo con te. Sono assolutamente convinta che se tornassimo a casa adesso il progetto verrebbe definitivamente accantonato. Secondo me ci conviene proseguire almeno fino a quando lo riterremo possibile, per un'altra settimana almeno, poi se non troveremo nulla allora potremo anche rinunciare ma non prima!”Sul far dell'alba i due erano usciti dalla città e sempre costeggiando il fiume arano avanzati verso nord. Il paesaggio dava la netta impressione di essere in un tempo oramai lontanissimo stato colpito da una gigantesca onda: la vegetazione aveva avuto tutto il tempo di ricrescere rigogliosa ma il terreno era tutt'ora costellato di massi giganteschi. Ad un certo punto si erano anche imbattuti in una grande massa ferrosa tutta contorta che Cat non riusciva assolutamente ad identificare: si trattava come le aveva spiegato Vik nientemeno che dei resti di un treno passeggeri, di cui non era rimasto altro che lo scheletro arrugginito e i massiccio blocco motore. L' onda dello tsunami che aveva travolto e distrutto la città, esaurito il suo impeto distruttivo, rifluendo aveva trascinato con se ogni cosa. Dopo altri tre giorni di cammino estremamente monotoni, Cat aveva deciso di concedersi un bagno su di un tratto del fiume che si prestava perfettamente allo scopo. Mentre Vik vigilava per prudenza, la ragazza si era completamente spogliata e si era immersa nell'acqua fresca che scorreva placida la accanto. Vik la guardava assorto nei suoi pensieri: da quando Susi era morta lui non aveva avuto altro contatto femminile se non con Cat. Ma mentre Susi era da lui sempre stata considerata una compagna di lavoro anche se tra loro due più di qualche volta la forzata costante vicinanza era sfociata in appaganti rapporti intimi, con Cat il rapporto era da subito stato molto diverso: A parte una ben più forte attrazione fisica provata dall'astronauta nei confronti della giovane, era subito sfociata tra loro una singolare e soprattutto spontanea comunione di intenti, una similare visione delle cose che li aveva immancabilmente accumunati. Non si trattava ancora di amore ma presto provabilmente amore vero sarebbe potuto diventare. Cat intanto sguazzava felice nell'acqua bassa ma la ragazza non si era resa conto del pericolo che si stava profilando dietro di lei. In fondo al fiume la dove si allargava e dove la corrente impetuosa creava mille mulinelli, tre teste piatte si stavano velocemente avvicinando a pelo d'acqua. Da lontano Vik le aveva distrattamente osservate scambiandole per tronchi trascinati dalla corrente ma quando le aveva viste virare verso lo specchio d'acqua dove nuotava la giovane, si era subito reso conto del pericolo incombente che la minacciava. Subito le aveva gridato di raggiungere al più presto la riva e Cat, spaventata dalle urla del compagno, si era precipitata ad ubbidire. Ma dietro di lei a venti metri di distanza tre esseri mostruosi erano emersi dall'acqua. Assomigliavano a dei coccodrilli ma camminavano eretti sulle zampe posteriori. Le teste erano caratterizzate da delle bocche mostruose irte di denti e al posto della coda possedevano una serie di tentacoli che si agitavano in perenne movimento.
Senza l'intervento di Vik la ragazza sarebbe stata certamente perduta...........ma il giovane aveva sollecitamente puntata la pistola laser e aveva cominciato a colpire all'impazzata i tre mostri. Il primo era stramazzato in acqua a dieci metri da Cat, il secondo a quattro e il terzo non ne voleva sapere di morire. Era stato oramai colpito ripetutamente ma continuava imperterrito ad avanzare. Finalmente Vik lo aveva nuovamente colpito in mezzo agli occhi e il mostro, perso l'orientamento, aveva continuato la sua folle corsa piegando a destra ed andando a sfracellarsi contro il tronco di una quercia. Cat era piombata a tutta velocità sulla riva ancora completamente nuda, assolutamente terrorizzata e Vik la aveva presa tra le braccia per calmarla. Poco a poco la ragazza si era tranquillizzata e alla fine si era completamente abbandonata alle carezze di Vik che piano piano erano diventate sempre più appassionate fino a quando.............La mattina seguente i due si erano rimessi in cammino sperando di non fare più brutti incontri. Vik aveva pensato camminando in silenzio a quanto era accaduto ed era francamente molto perplesso: se lui si trovava adesso catapultato nel futuro, se la Terra che lui conosceva era adesso ridotta solo a parte del continente americano, se la stessa Terra era stata distrutta da calamità naturali e non da una guerra atomica.........allora da dove saltavano fuori quegli strani mutanti che avevano rischiato di ammazzare Cat e lui stesso? Era questo un altro bel problema da risolvere e la soluzione per ora non sembrava proprio trovarsi a portata di mano.
CAPITOLO QUATTORDICESIMO.
Un po' alla volta la vegetazione caotica della sterpaglia aveva lasciato il posto a campi di grano e granturco: non si trattava di coltivazioni ordinate come si usava nelle campagne curate dall'uomo ma di residui di coltivazioni impiantate una volta dall'uomo, che adesso si riproducevano assolutamente indisturbate da sole Le piantagioni ricoprivano valli e basse colline ed erano inframezzate da alberi da frutto che avevano dato la possibilità ai due di variare adeguatamente la loro dieta. Vik inoltre con l'ultima carica della pistola laser che era stata di Susi, aveva abbattuto un cinghiale che avevano scovato nutrirsi di pannocchie dorate e aveva imbandito un vero e proprio banchetto La spedizione fino a quel momento era stata un successo. Non si era trovato in verità nulla di quello che erano venuti a cercare, almeno fino a quel momento, ma avevano trovato che le nuove terre, quelle che erano stare considerate pericolose e di conseguenza proibite, erano invece almeno in parte fertili prive di pericoli e adattissime ad essere colonizzate. C'era da risolvere è vero il problema dei coccodrilli mutanti ma a parte loro, non c'era stato fino a quel momento null'altro di pericoloso. Il problema più grosso per l'evoluzione della “Padania” era il numero ridotto dei suoi abitanti, numero che non poteva essere aumentato più di tanto per la ristrettezza del territorio adatto alla vita. Ma adesso che si era scoperto che le vita era possibile senza problemi particolari anche al di la delle montagne, in futuro una seria evoluzione avrebbe potuto finalmente ricominciare. A forza di camminare, anche la zona delle coltivazioni spontanee era stata superata e i due esploratori erano arrivati ad una zona desertica dove in apparenza non cresceva nemmeno una foglia. Si trattava di una decina di chilometri da attraversare prima di poter arrivare ad uno strano altipiano che appariva invece ricco di vegetazione. Scarpinare per quei dieci chilometri non era stato affatto piacevole, il terreno appariva sabbioso come la sabbia del deserto africano e la temperatura con il sole che batteva a picco si era notevolmente alzata. Oltre a tutto il resto la morfologia del terreno era caratterizzata da una infinita serie di dune sabbiose, alte anche una cinquantina di metri, che per procedere in avanti dovevano essere alternativamente scalate e ridiscese. Il tutto con i piedi che affondavano nella sabbia morbida che aumentava notevolmente lo sforzo. Avevano perso ben una intera giornata in quell'impresa e quando erano arrivati sulle pendici dell'altopiano erano veramente esausti. Il giorno dopo si erano potuti fortunatamente rinfrescare sulle rive di un torrente che scorreva in mezzo al deserto scendendo dall'altipiano che si apprestavano a scalare........era stranissimo anche li dove c'era l'acqua non cresceva nulla solo sabbia su sabbia! In tutti quei dieci chilometri di deserto non avevano trovato nessun essere vivente, nemmeno una formica o uno scorpione niente di niente come se la zona fosse stata sterilizzata. Inoltre il misuratore di radiazioni che Vik si portava al seguito aveva registrato un tasso radioattivo molto più alto del normale che aumentava vertiginosamente mano a mano che si scavava nella sabbia. In superficie la radiazioni non erano pericolose ma già a un metro di profondità aumentavano per diventare a lungo andare letali a tre metri nel sottosuolo. L'acqua del torrente, che proveniva dall'altipiano, appariva invece assolutamente incontaminata. Alla fine i due avevano deciso di affrettarsi, meno rimanevano in quella zona radioattiva e meglio era. Salire per il ripido pendio non era stato particolarmente difficoltoso, di appigli ce n'erano in abbondanza e l'altezza da raggiungere molto ridotta. Alla fine erano arrivati in cima e si erano subito trovati immersi in un paesaggio surreale. La vegetazione era di fatto rigogliosa ma qui c'era anche qui un qualche cosa di strano: gli alberi infatti, non superavano i due metri di altezza, le felci che costituivano il sottobosco apparivano anche loro di dimensioni molto più ridotte del normale mentre Vik e Cat si erano più volte imbattuti in colonie di formiche che avevano le stesse dimensioni di grosse vespe. Anche gli animali che vivevano in quel territorio, presentavano delle caratteristiche anomale: avevano notato dei cavalli completamente glabri che si spostavano al trotto solo con il favore delle tenere come se avessero paura della luce del sole e dei conigli, grandi come maiali che si spostavano su sei zampe. Era ovvio che i due esploratori si trovavano davanti ad evidenti mutazioni genetiche, ma Vik non poteva ancora sapere che cosa le avesse potute provocare. Al centro dall'altipiano i due esploratori si erano imbattuto in una strana costruzione: si trattava di una specie di ingresso ad una struttura sotterranea, circondata dai resti di quelle che dovevano essere state delle palazzine. I due si erano avvicinati cautamente e avevano incominciato a scendere una serie di gradini Vik si era fermato su di un pianerottolo e vedendo che la struttura continuava a scendere nel buio più assoluto aveva lasciato Cat ad attenderlo e accendendo la torcia elettrica aveva proseguito da solo la discesa. I gradini erano rovinati e ricoperti di muschio e Vik doveva fare attenzione per non scivolare. Aveva lasciato a Cat uno dei due comunicatori che aveva in dotazione in modo tale da rimanere sempre in contatto audio e appena possibile aveva contattato la compagna:” Ecco Cat, sono arrivato alla fine delle scale: davanti a me vedo una stanza con una porta a tenuta pneumatica parzialmente aperta. Proseguo fino alla porta, la apro in modo da poter passare e., si …..si apre senza sforzo........ecco, entro in una serie di stanze una adiacente all'altra. Sai Cat, questo posto una volta era un laboratorio di ingegneria genetica, qui è pieno di frammenti di vetro di provette.......ecco dei frigoriferi ancora parzialmente pieni e qui le gabbie che una volta contenevano gli animali da laboratorio che contengono ancora degli scheletri. Ma adesso non c'è più alcun senso a proseguire sai............qui ho trovato la risposta alle domande che mi stavo ponendo, adesso risalgo piano piano e poi ti spiegherò ogni cosa” Era stata questione di minuti e poi Vik era riapparso alla luce del sole. Subito aveva preso per mano la ragazza e l'aveva invitata a lasciare al più presto l'altipiano dove avevano trovato tante anomalie. Avevano sceso a precipizio il ripido pendio e poi si erano di nuovo ritrovati sulla superficie del deserto radioattivo. Vik aveva l'intenzione di allontanarsi il più rapidamente possibile da quel luogo di morte, ma non prima di avere trovato quello che cercava quello cioè che avrebbe dato una risposta definitiva alle sue congetture. Aiutandosi con il misuratore di radioattività alla fine Vik aveva notato che le radiazioni aumentavano in direzione di una costruzione che si addentrava nelle profondità del terreno proprio sotto l'altipiano. Sulla parete di cemento dove si apriva la porta d'ingresso era ancora ben visibile il segno di pericolo che indicava la presenza di radiazioni...........non aveva bisogno di sapere altro il mistero era risolto. Adesso era necessario allontanarsi di li il prima possibile attraversando per l'ultima volta e il più rapidamente possibile, i dieci chilometri di deserto. Alla fine si erano ritrovati da dove erano partiti, esausti e disidratati. Immediatamente Vik aveva preteso che entrambi si spogliassero completamente e che facessero un lungo bagno nel solito fiume che scorreva placido la accanto. Era difatti indispensabile reidratarsi e decontaminarsi accuratamente di tutte le radiazioni che potevano avere ancora sulla pelle e sui vestiti. Poi e solo poi si erano stesi all'ombra per riposarsi e rimettersi in forza con un buon pasto: ”Sai Cat, come ti dicevo adesso so cosa è accaduto qui il giorno che la catastrofe si è abbattuta su questi luoghi. Qui sull'altipiano che abbiamo appena visitato era installato un laboratorio di genetica ed ingegneria molecolare, che aveva come supporto energetico un piccolo reattore nucleare situato nel sottosuolo. Cosa sia effettivamente successo io non lo so ma posso supporre che questa zona non sia stata direttamente colpita da onde d'acqua causate da uno tsunami ma piuttosto che sia stata investita da un violento terremoto. Tale sommovimento tellurico deve aver danneggiato irrimediabilmente il reattore causando una massiccia fuoriuscita di micidiali radiazioni e la conseguente fuga disordinata o morte di tutti gli scienziati che lavoravano nel laboratorio che io ho visitato. Parte degli animali rimasti incustoditi sono riusciti a fuggire e rovesciando le provette si sono contaminati oppure in loro erano già in atto i risultati degli esperimenti che gli scienziati stavo conducendo sui loro corpi. Arrivati all'esterno hanno condotto nei paraggi la loro vita riproducendosi e creando quelle nuove razze che noi abbiamo visto. Il vento ha provabilmente contribuito a diffondere in zona chissà cosa d'altro e la vegetazione dell'altipiano ne ha ovviamente risentito come abbiamo potuto constatare. Ma il tutto fortunatamente si è limitato a rimanere bloccato qui. Gli animali, sia per la presenza del deserto, sia per l'alto grado di radiazioni che in esso si erano concentrate con il danneggiamento del reattore, non hanno attraversato mai la zona contaminata ad eccezione di razze come quelle di quei “coccodrilli” che ti hanno assalita, che sono invece riuscite a fuggire attraverso le acque pure e incontaminate del torrente che scendendo l'altipiano confluisce nel fiume che ben conosciamo.” “Ho capito Vik, spero solo che i “coccodrilli” siano la uniche specie mutate ad essere riuscite ad evadere dall'altipiano. Se non sbaglio a te è rimasta solo un delle pistole che avevi a disposizione e non so con quanta carica.......speriamo bene!”
CAPITOLO QUNDICESIMO.
La navigazione proseguiva nell'immensità dell'oceano senza fine. L'imbarcazione era in mare oramai da oltre tre mesi e la fine del viaggio ancora non appariva vicina. I dodici “marinai” cominciavano ad essere esausti, i viveri portati a bordo cominciavano a scarseggiare non tanto nella quantità ma piuttosto nella qualità. Stavano infatti venendo meno gli ultimi residui di frutta e verdura. Prima della partenza la parte poppiera della ex motovedetta era stata attrezzata ad orto: lo specchio di poppa era stato ricoperto di terra e prima della partenza era stato seminato con semi di cavolfiori, broccoli (tutti ricchi di vitamine) e insalata. Accanto alla cabina erano stati piazzati alcune grandi casse di legno contenenti alberi da frutta carichi di mele, pere arance e limoni. Ma i mesi passavano e le scorte stavano per esaurirsi anche perchè una violenta tempesta aveva praticamente distrutto l'orto improvvisato. Per fortuna le riserve di acqua non erano mai venute a mancare: prima della partenza quelli che erano stati i serbatoi riservati al carburante erano stati svuotai, ripuliti e riempiti di acqua dolce e poi i frequenti temporali avevano periodicamente rinnovato le riserve. Takeo aveva calcolato che per arrivare sarebbe stato necessario un altro mese, un po' di meno se la fortuna fosse stata dalla loro parte ma il guaio era che adesso si stavano avvicinando alla zona dove più frequentemente si sviluppavano le tempeste e questa era la preoccupazione più grande.
Vik e la sua compagna stavano intanto per arrivare alla fine del loro viaggio: all'orizzonte si stavano stagliando le alte cime al di la delle quali si sapeva che si trovava l'immensità dell'oceano. Un tempo al posto dell'oceano sconfinato si trovava il Canada ma adesso dopo quelle cime innevate l'acqua aveva preso il posto delle pianure. I due avevano proseguito fino a dove iniziava un bosco di sterpaglie. Li la vegetazione non appariva affatto lussureggiante come in altre zone del pianeta ma come malata e stentata. I due esploratori oltre a tutto incominciavano a sentirsi stanchi.........da soli avevano attraversato un intero continente a piedi e adesso erano arrivati al momento in cui avrebbero ardentemente desiderato fermarsi e riposare. Stavano per fermarsi per riprendere le forze e per dormire un po' anche se era solo mezzogiorno, quando dietro di loro vennero assaliti da una torma di selvaggi che di umano o avevano conservato ben poco. Attaccavano infatti completamente nudi lanciando urla belluine che poco avevano di umano. Subito Cat era stata colpita al braccio dalla punta di una lancia e la ferita pur non particolarmente profonda la faceva sanguinare non poco. Vik aveva puntato la pistola a laser e stava per aprire il fuoco sugli assalitori quando vide i selvaggi sbandare di colpo e fuggire a tutta velocità verso l'altura da dove si erano lanciati all'assalto. Un mostro in piena regola era apparso dal folto della sterpaglia e aveva immediatamente incominciato ad inseguirli. I selvaggi correvano come lepri ma non c'era stato niente da fare, il mostro era troppo veloce. Nel giro di un paio di minuti li aveva raggiunti e sbranati con la massima velocità ed efficienza. Vik e Cat intanto si erano nascosti sul fondo di un burrone e avevano atteso con ansia l'evolversi degli eventi. Ma il mostro, dopo aver sfogato la sua rabbia sui selvaggi aveva individuato il nascondiglio dei due esploratori e si era lanciato al loro inseguimento. I due giovani erano allora balzati fuori dal crepaccio dove avevano trovato rifugio e si erano messi a correre disperatamente in mezzo alla boscaglia.
Vic stava correndo il più velocemente possibile tra la vegetazione sempre più fitta. Di tutto il suo equipaggiamento non gli era rimasto altro che la pistola laser con le ultime tre cariche a disposizione: lo zaino contenete tutto quanto si era da mesi portato dietro con estremo sacrificio, era ormai perduto nel burrone che il giovane aveva da poco abbandonato. Cat, correva al suo fianco con addosso solo la corta tunica che un tempo era stata bianca e che adesso stracciata in più punti le lasciava scoperte le belle gambe fino alle cosce ambrate e ben tornite. Il mostro scatenato che li inseguiva era un incredibile misto tra un gigantesco, velocissimo leone e una “testa” assolutamente indefinibile con una gigantesca bocca apparentemente senza denti che si apriva e chiudeva in continuazione e che lanciava ritmicamente ad almeno due metri in avanti, una lingua mostruosa tutta ricoperta di ventose. L'incredibile creatura li aveva scovati nonostante i due giovani si fossero nascosti sul fondo del burrone convinti di essere perfettamente al sicuro dalla belva assatanata ma si erano evidentemente sbagliati. Era stato l'odore del sangue che ancora usciva dal braccio ferito della ragazza ad attirare la bestia. Adesso l'unica alternativa rimasta ai due era...........correre, correre disperatamente nella speranza di stancare l'animale o di riuscire a trovare un rifugio sicuro. Il bosco di sterpaglie non accennava a terminare, anzi davanti ai due fuggitivi si apriva adesso una grande palude maleodorante mentre alla loro sinistra una parete rocciosa impediva loro di poter avanzare in quella direzione. Non restava altra soluzione se non quella di “piegare” a destra e sperare. Ma purtroppo Cat non ce la faceva più, oltre che stanca la ragazza era anche ferita e la perdita di sangue la aveva inoltre indebolita. La bestia si trovava oramai a non più di una decina di metri dalla coppia in fuga e si avvicinava sempre di più. Vic avrebbe voluto risparmiare gli ultimi tre colpi che aveva a disposizione ma alla fine fu costretto ad inginocchiarsi, a puntare l'arma e a premere il grilletto una, due, tre volte. La bestia colpita in pieno nei suoi gangli vitali, per un attimo continuò imperterrita nella sua corsa per poi finalmente schiantarsi agonizzante al suolo ad appena un paio di metri da Cat. Ma non era ancora finita, quell'essere infernale non era affatto moribondo come poteva essere sembrato in un primo momento, Vik si accorse subito che le tre ferite lentamente ma inesorabilmente avevano incominciato a rimarginarsi e che tra una decina di minuti al massimo la bestia sarebbe stata in grado di riprendere il loro inseguimento. Era diventato indispensabile trovare un rifugio, il più rapidamente possibile. Davanti a loro e a sinistra il cammino era sbarrato dalla palude e dalla parete rocciosa, ma a destra pareva aprirsi uno spiazzo illuminato dal sole.........non restava altra alternativa possibile, non c'era nessuna altra apparente via di uscita. Vik aveva preso sotto braccio la ragazza e l'aveva trascinata con se senza dire una parola, avevano percorso a tutta velocità l'ultimo tratti di sterpaglia ed erano sbucati in un'ampia radura completamente sgombra di vegetazione. Il posto dove i due erano sbucati aveva dell'incredibile: erano capitati in una piazza circolare incastonata tra una serie di altissimi edifici che apparivano ancora in buone condizioni. Sul fondo dello slargo si stagliava una grande chiesa. La strada era costellata di carcasse di automobili ferme sulle ruote oramai prive di pneumatici ma ancora perfettamente identificabili per marca e tipo. Naturalmente solo il metallo arrugginito era rimasto e nulla più.......plastica, gomma, pelle, si erano da tempo deteriorate ed erano scomparse polvere nella polvere ma le auto erano ancora li a testimoniare la grandezza di un passato che mai sarebbe potuto ritornare. Tuttavia adesso non c'era tempo per guardarsi intorno più di tanto, bisognava nascondersi e farlo al più presto. Vik aveva scorto la porta aperta di quello che una volta era stato un supermercato, la aveva spalancata e si era rifugiato trascinando dietro di se la ragazza ferita. Il mostro intanto si rialzato apparentemente in perfette condizioni ma aveva preferito un pasto sicuro con coloro che aveva appena ammazzato, piuttosto che una dubbia avventura di caccia con due esseri sconosciuti che tra l'altro erano riusciti a ferirlo.......... e se ne era fortunatamente andato per la sua strada. Dove si trovavano adesso non c'era nulla di interessante da vedere a parte scaffali quasi ridotti in polvere e una indefinibile massa di generi caduti sul pavimento oramai assolutamente indefinibili, per cui i due erano tornati all'esterno e si erano incamminati verso la parte opposta della piazza. Ma la cosa più incredibile era il fatto che Vik questa volta, sapeva benissimo dove si trovavano e che cosa sorgeva li vicino: loro due erano capitati nientemeno che in una frazione isolata di Denver, di cui guardando bene con il binocolo più avanti si scorgevano le rovine. Ma non era la città o quanto ne restava ad interessare l'astronauta ma il fatto che li vicino era situata una base operativa della Difesa Aerea degli Stati Uniti, una base sotterranea di cui pochissimi conoscevano l'esistenza. Ed era li che i due si erano diretti. In città non c'era assolutamente nulla che li potesse aiutare. Anche se palazzi e grattacieli erano ancora li in piedi, al loro interno non c'era assolutamente nulla che potesse tornare a loro utile.........troppi erano gli anni passati dopo la catastrofe e nulla li si poteva essere conservato a parte cemento e rovine.
CAPITOLO SEDICESIMO.
Per lasciare la città avevano impiegato ore, le strade erano ingombre di auto ma lo spazio per passare era ugualmente ampio. Il problema erano le dimensioni stesse della città e la distanza dal luogo dove si dovevano recare:” Cat lo so che sei stanca e affamata, anch'io sono vicino a non farcela più ma siamo vicini alla meta, al luogo per il quale siamo venuti fino a qui. Se saremo fortunati troveremo un luogo dove poterci fermare e riposare, altrimenti nella peggiore delle ipotesi so dove potremo trovare per lo meno delle armi che ci permettano di cacciare la selvaggina che abbiamo intravisto non molto distante da qui e sfamarci.” “Spero che tu abbia ragione ma spero che si avveri la prima delle tue due ipotesi perchè io ho bisogno di cure e ho paura che il mio braccio abbia bisogno di un qualcosa di più di acqua fresca e foglie medicamentose. Io sono una “Vestale” e so riconoscere una infezione in atto.” “Stai tranquilla amore mio, vedi quello spiazzo circondato da alberi che costeggiano il viale che conduce li...........li troveremo la nostra risposta”. Effettivamente erano alla fine giunti all'ingresso di quello che una volta doveva essere stato un magnifico viale d'ingresso ad una bassa costruzione che si trovava al centro di una piazza. Ma adesso degli alberi che un tempo si alzavano orgogliosi verso il cielo, ne erano rimasti si e no la metà, gli altri abbattuti dall'età e dalle intemperie, giacevano infatti marciti al suolo. Anche della palazzina rimaneva ben poco, solo rovine e mozziconi di muri invasi dall'erba alta ed incolta. Vik, che sapeva dove andare, aveva ignorato la parte anteriore della struttura e girando attorno a quella che un tempo era stata una costruzione di notevoli dimensioni, si era invece addentrato nel retro della costruzione, alla ricerca di un particolare punto di accesso al sottosuolo. Cat era rimasta seduta nei pressi in attesa di essere chiamata dal compagno: non ce la faceva veramente più a proseguire, il braccio attorno alla ferita causata dal colpo di lancia appariva rosso e gonfio e la febbre saliva adesso sempre più alta, la ragazza sapeva benissimo che per potersi salvare la vita, era assolutamente indispensabile andare in cerca di una muffa particolare che si trovava su certi alberi che aveva intravisto alcuni chilometri da li, sarebbe stato necessario mandare Vik, appena fosse tornato, a raccoglierla perchè lei a camminare non ce la faceva veramente più . Li vicino aveva notato anche delle foglie con cui avrebbe potuto il giorno prima fare un impacco sulla ferita ma adesso questa soluzione era diventata, con il manifestarsi della febbre, solo un inutile palliativo. A furia di cercare tra quelle rovine, che avevano reso irriconoscibile una zona che Vik conosceva tanto bene, l'astronauta aveva finalmente trovato su un pilastro una antica tastiera, anzi............quello che ne rimaneva. Attaccata al muro, di sghimbescio, si poteva ancora riconoscere il fondo arrugginito di una specie di scatola metallica e nulla più. Dove una volta si ergeva incastonata nel muro la gabbia di un ascensore, adesso c'erano solo polvere calcinacci e un buco nero la cui superficie era seminascosta da una marea di sterpaglie. Vik non si era mai illuso di trovare l'ascensore intatto e funzionante, sapeva benissimo che troppi annii erano passati dal giorno della catastrofe, era già un miracolo aver trovato quell'antico sito e di averlo ancora potuto riconoscere per quello che era stato. Ma il giovane sapeva anche che doveva procedere, sapeva che se c'era un luogo che poteva aver conservato qualcosa dell'antico passato, ebbene........si trovava proprio la sotto. Vik allora aveva cercato la tromba delle scale di emergenza e l'aveva trovata li accanto proprio dove ricordava che dovesse trovarsi. Aveva allora chiamato Cat e la ragazza lo aveva raggiunto barcollando in preda alla febbre:” Senti Cat, adesso dobbiamo prendere una decisione: o resti qui ad attendermi o vieni giù con me. Nel primo caso resteresti sola ad attendere mie notizie in preda all'infezione che ti sta divorando, nel secondo ti dovrei portare con me fino a giù ma non sarei mai in grado di riportarti sulla superficie se non trovassimo nulla di quanto spero di scoprire qui. Io, francamente non so cosa proporti:” “ C'è anche un'altra alternativa Vik..........quanto mi hai proposto di fare, le due soluzioni che mi hai prospettato, secondo me sono comunque un azzardo, in entrambi i casi provabilmente non ne uscirei viva. Ma se tu ti sbrighi potresti invece tornare sui tuoi passi e raggiungere l'estremità della città che noi abbiamo appena lasciato. Li su dei tronchi abbattuti dalle intemperie, potrai trovare delle particolari muffe di cui io ho già notato la presenza, che possono produrre la medicina di cui ho bisogno per non morire. Devi portarle qui e una volta arrivato, le devi lavare accuratamente con l'acqua della borraccia, masticarle fino ad ottenere una poltiglia omogenea senza mai inghiottire. Poi una volta sputate, le devi mescolare violentemente con acqua e diluirle il più possibile. In fine io devo assolutamente bere l'intruglio ottenuto. Ti dico adesso queste cose perchè quando tornerai da me non sarò più in grado di parlare.” A Vik non era rimasto altro da fare se non ubbidire, si era sollecitamente incamminato verso le rovine della città e aveva raccolto le muffe richieste. Non aveva avuto difficoltà particolari a compiere la missione, era solo dovuto stare molto attento a non farsi scorgere dal mostro che in precedenza li aveva assaliti che aveva intravisto aggirarsi a circa un chilometro di distanza proprio in mezzo ad una piazza. Ma era andata bene.............e il giovane era potuto tornare rapidamente nei pressi della ragazza. Cat non era in se e Vik era stato costretto, come previsto, ad agire da solo: aveva preparato come gli era stato spiegato la ributtante bevanda e dopo averla fatta bere con molta fatica alla ragazza, era piombato anche lui in un sonno pesantissimo. Era stata Cat a svegliarlo, una Cat pimpante come non mai. Vik invece aveva stentato non poco a ritrovare la consueta lucidità. La ragazza allora gli aveva accarezzato con dolcezza la nuca e gli aveva deposto un lungo dolcissimo bacio sulle labbra secche. “ Grazie amore mio.......mi hai salvato la vita, adesso siamo pari!”” Come va il braccio” Aveva risposto Vik” E la febbre ce l'hai ancora?”Ma Cat appariva fortunatamente in buona salute e la ferita oramai quasi rimarginata, aveva perso ogni gonfiore. “Adesso che stai bene, dobbiamo scendere la sotto e cercare quello per cui siamo venuti fino a qui, non so cosa mai potremo trovare, nell'ipotesi più accreditata nulla a parte le consuete rovine ma c'è una remota possibilità che in questo sito tutto sia rimasto come lo conoscevo un tempo. Io qui ho lavorato prima di diventare astronauta e so benissimo come questo sito era stato progettato e a che scopo. Se è rimasto al mondo un luogo dove poter trovare quanto siamo venuti a cercare........ebbene quel luogo si trova qui.”
CAPITOLO DICIASSETTESIMO.
A forza di navigare le tre famiglie imbarcate sull”Arca” avevano superato il punto d'arrivo previsto. In pratica avevano aggirato il continente e invece di sbarcare nei pressi della terra abitata dai “Noi”, avevano avvistato la costa che si trovava al di la delle montagne che situate dove Vik e Cat avevano trovato la città di Denver. Era stata la moglie di Takeo ad avvistare per prima la costa urlando di gioia e Tanaka che in quel momento si trovava al timone, aveva repentinamente cambiato la rotta dirigendo il natante verso la costa. Dopo un paio di ore i dodici navigatori erano approdati in una bellissima baia ricca di alberi che la circondavano completamente. Avevano preso terra su di una spiaggia sabbiosa e scesi a terra avevano visto allontanarsi pigramente da loro, una mandria di bovini. Alle loro spalle sorgevano maestose montagne innevate, le stessa catena che li separava da Denver e dai due esploratori. Li in apparenza c'era tutto quanto serviva loro per iniziare una nuova vita: mucche che pascolavano placide, acqua corrente, una radura adattissima ad essere coltivata con i semi che si erano portati appresso, legna in abbondanza per accendere il fuoco e per costruire. Si trattava senza dubbio di un nuovo inizio, la nascita di una nuova comunità. Per cominciare avrebbero tutti assieme reso vivibile quel posto ora selvaggio, avrebbero edificato case e barche per la pesca e........si sarebbero moltiplicati. Poi, una volta sistemati definitivamente, sarebbero partiti per l'esplorazione dei territori adiacenti, alla ricerca di altro spazio vitale e, alcuni di loro, avrebbero intrapreso il viaggio di ritorno alla ricerca di altri sopravvissuti da portare con loro in quella terra meravigliosa.
CAPITOLO DICIOTTESIMO.
Scendere le vecchissime scale non era stato affatto facile. Si trattava infatti di una scala a chiocciola in ferro e dopo tanti anni degli scalini rimaneva ben poco. Tutti erano divorati dalla ruggine e alcuni mancavano proprio. Per fortuna il pilone centrale su cui faceva perno la scala aveva tenuto egregiamente essendo stato costruito in acciaio inossidabile e su quello Vik aveva fissato la corda che li legava per maggiore sicurezza. Alla fine dopo una serie di contorcimenti e di manovre estenuanti che li avevano portati a scendere con estrema lentezza da un gradino all'altro, erano arrivati sul fondo. Sulla parete di destra si poteva scorgere un portello circolare chiuso ermeticamente con l'apertura comandata da un semplice volantino. Vik sapeva tutto di quel luogo e la prima impressione che aveva avuto era che incredibilmente tutto fosse in ordine:” Cat.......siamo arrivati. Ascoltami bene:questo posto è stato concepito ai miei tempi per uno scopo ben preciso, la difesa cioè del territorio americano in caso di attacco. Qui, in tempo di pace, non c'era nessuno ma tutto era pronto e predisposto per far vivere e lavorare qui sotto ben trecento individui in caso di un qualsiasi attacco. Qui sotto tutto è comandato da un gigantesco computer, dormiente come tutto qui ma pronto ad un automatico ed immediato risveglio in caso di necessità. All'interno di questo complesso quando non c'è nessuno al suo interno, l'aria viene pompata via e rimane solo il vuoto assoluto, come nello spazio. Così facendo, tutto quanto è contenuto qui sotto NON invecchia mai, Non deperisce ne si deteriora. Ecco perchè siamo venuti fino a qui. Se nessuno ha interferito in qualche modo con il progetto originario, tutto dovrebbe essere ancora perfettamente funzionante come un tempo. Adesso devo compiere una serie di manovre ben precise per evitare che si inneschi il processo di autodistruzione a causa di un accesso non autorizzato. Stai dietro di me e fai esattamente quello che ti dico senza prendere alcuna iniziativa.” Per prima cosa Vik aveva avvicinato la mano ad uno schermo che si trovava li accanto, così impolverato che sembrava essersi fuso con la parete di roccia, vi aveva posto sopra la mano e aveva premuto un tasto rosso che si trovava li accanto. Con un ronzio lo schermo si era illuminato di una luce verde e una scritta era apparsa sopra la mano premuta sullo schermo.” CONTROLLO IMPRONTE DIGITALI POSITIVO. PER CONTINUARE DIRE PROPRIO NONE, COGNOME E GRADO PER ULTERIORE CONTROLLO VOCALE.” Vik si era affrettato ad ubbidire e un'altra scritta era allora apparsa:”CONTROLLO VOCALE POSITIVO, SCANDIRE ORA IL NUMERO DI IDENTIFICAZIONE E QUELLO DI AUTORIZZAZIONE DI ACCESSO ALLA STRUTTURA, POI LEVARE LA MANO DALLO SCHERMO.”
Anche in questo caso Vik aveva ottemperato alla richiesta e subito un'altra scritta era apparsa:”SPIEGARE MOTIVO ACCCESSO ALLA STRUTTURA” Vic aveva allora detto con la massima chiarezza possibile:”Ordine Presidenziale di emergenza 444666123.Richiedo autorizzazione ingresso ulteriore agente esterno con procedura di emergenza 999/ categoria 3 su Autorizzazione Presidenziale n° 51. Richiedo inoltre riattivazione ed accensione dell'impianto.” A questo punto lo schermo si era spento e una voce metallica aveva detto:” LE RICHIESTE SONO STATE ACCOLTE PER NUMERO UNO ADDETTO ALLA STRUTTURA ED UN VISITATORE ESTERNO LA CUI PRESENZA E' STATA AUTORIZZATA. LA PROCEDURA DI ACCENIONE E' STATA AVVIATA. POTETE ENTRARE PER LA DECONTAMINAZIONE” Vik allora aveva girato il volantino e i due avevano potuto accedere al locale successivo. Appena entrati il portello si era nuovamente chiuso alle loro spalle e sigillato, sul fondo era aperta la porta di un ascensore e i due giovani vi entrarono sollecitamente. Arrivati alla fine della discesa ad attenderli avevano trovato due cabine trasparenti, una voce di donna molto calda e tranquilla aveva imposto ai due di spogliarsi completamente e di entrare tra le pareti di vetro dove getti di acqua calda li avevano colpiti da tutte le parti disinfettandoli accuratamente. Cura particolare era stata riservata al braccio di Cat, la ferita era stata automaticamente ricoperta di una particolare schiuma antibiotica e sigillata da una similpelle trasparente. Dopo un tale trattamento, getti di aria calda li avevano asciugati e i due avevano potuto rivestirsi con comode tute di un tessuto che assomigliava alla carta.
CAPITOLO DICIANNOVESIMO.
Dopo il ciclo di disinfezione e disinfestazione Vik e Cat avevano attraversato la porta che introduceva nel cuore della struttura. Vik prima di tutto aveva pilotato la ragazza verso una sala dove erano sistemati tavoli e sedie e con una tastiera sigillata al muro si era fatto servire dal computer un succulento pranzo per due. Erano oramai giorni che non si potevano concedere un pasto decente e le energie andavano adeguatamente reintegrate ogni volta che ciò era possibile. Terminato di mangiare Vik aveva controllato che tutto risultasse in ordine, il mega computer con la sua incredibile quantità di nozioni incamerate nella sua illimitata memoria, funzionava perfettamente come l'impianto idroelettrico per la produzione di energia. Tutto risultava a posto e non faceva altro che sbalordire ogni momento di più una curiosissima Cat. Vik aveva trascurato di recarsi nelle sale operative per la difesa aerea ne aveva perso tempo ad andare nella sala dei bottoni destinata al lancio delle ogive nucleari nascoste nei silos di mezza America. Non era venuto certo per questo motivo. Oramai la missione era stata compiuta, il computer era stato ritrovato anche se non sapeva a che cosa avrebbe potuto servire........si sarebbe visto al loro ritorno, ne avrebbe parlato con il Presidente e con lui e con i membri del Consiglio avrebbe preso una decisione sul da farsi. “Adesso cara Cat dobbiamo pensare al ritorno a casa. Non ti preoccupare.......... non ci impiegheremo che una frazione di tempo di quanto ci abbiamo messo per arrivare fin qui. Vieni con me e vedrai” Vik aveva aperto una serie di porte fino a sbucare in un gigantesco hangar che conteneva tre aerei ma che volendo ne avrebbe potuto ospitare anche altri. In bella mostra c'erano due aerei da trasporto e un caccia biposto a decollo verticale. Cat era sussultata a vedere gli apparecchi, anche se aveva intuito benissimo di cosa si trattasse avendone viste le foto sugli antichi libri ma lo sbalordimento nel vederli dal vivo era ugualmente grande. Era passata accanto a ciascuno di loro accarezzandone con dolcezza le linee slanciate come se fossero creature vive, poi chiamata da Vik si era avvicinata al caccia e spinta dal compagno si era arrampicata al posto del secondo pilota. Li il compagno le aveva infilato la combinazione di volo, la aveva legata al seggiolino, le aveva fatto indossare il casco, e aveva acceso la radio che consentiva loro di comunicare uno con l'altro, poi si era preparato a sua volta, si era seduto al suo posto e ave a abbassato il tettuccio trasparente. Prima di accendere i reattori Vik aveva per così dire, chiuso la base ma aveva però dato l'ordine al computer di mantenere questa volta accesi tutti gli impianti. Poi aveva acceso i reattori e aperto il soffitto dell' hangar sotterraneo ed erano decollati. Trovarsi nel cielo azzurro era per Cat una emozione incredibile, la terra scorreva sotto di loro a grande velocità alternando i rilievi alle pianure, ad un certo punto prima di tornare indietro, Vik aveva dirottato l'aereo verso il mare e li avevano visto la nuova “colonia” proveniente dal Giappone. Vik che si era accorto della loro presenza e dei loro saluti aveva risposto facendo ondeggiare le ali e poi era volato via verso “Padania”. Per tornare a casa questa volta Vik aveva scelto di costeggiare tutta la costa. Aveva potuto vedere che ad un certo punto erano incominciati i villaggi dei pescatori e si era reso conto, guardando dall'alto, che solo una parte dell' ancora vasto territorio americano era abitato. Alla fine avevano avvistato la capitale di “Padania” ed erano atterrati tra lo stupore generale nella piazza del Tempio. La missione affidata loro era stata compiuta con il più grande successo, anche se con il triste sacrificio di ben quattro vite.
CAPITOLO VENTESIMO.
“E questo è tutto signor Presidente. Adesso secondo me, se avete ancora intenzione di ascoltare il mio parere, è necessario prima di ogni altra cosa procedere al più presto a colonizzare le nuove terre che si trovano al di la delle montagne in modo da permettere alla popolazione di poter finalmente aumentare di numero con il nuovo spazio vitale ottenuto. Altro da fare non c'è purtroppo per lo meno a breve scadenza. Con il conseguente fondamentale aumento della popolazione, con il progressivo fiorire di nuove e più cospicue attività artigianali e un giorno industriali, con lo sfruttamento dell'energia idroelettrica e un giorno atomica..........ad un certo momento il progresso diventerà nuovamente una realtà ma questo accadrà in un lasso di tempo assolutamente indefinito ed indefinibile. Certo siamo favoriti dalle conoscenze che già possediamo e che al momento opportuno potranno essere applicate e questo è un notevolissimo vantaggio ma ripeto che l'arbitro di tutto questo potrà essere solo lui.........il tempo! “
Il guaio adesso era che Vik aveva per così dire esaurito il suo compito. Un mese dopo aveva portato con se il Presidente e lui solo, dopo il consueto breve viaggio in aereo, nei meandri della struttura sotterranea. Aveva visitato assieme a lui il gigantesco Hangar, e le sale operative da dove un tempo si sarebbe potuto scatenare l'olocausto. Ma non era per questo motivo che erano tornati fino a li.......a Vik interessava il gigantesco computer, anzi la sua smisurata memoria. L'astronauta sperava infatti che al suo interno fosse conservata la sintesi degli ultimi giorni dell'uomo moderno e della sua sbalorditiva civiltà e ancor più un eventuale accenno all'esistenza della ”porta temporale” e che lo aveva scaraventato fino a li.
E Vik.........aveva avuto ragione! Il computer aveva immagazzinato ogni cosa di quello che riguardava la catastrofe che aveva quasi distrutto il genere umano. Grazie alla rete di satelliti orbitanti perennemente in cielo, tutto era stato documentato. Sul grande schermo, con una voce di sottofondo che spiegava ogni cosa, scorrevano le terribili immagini di quello che era effettivamente accaduto........città distrutte o addirittura sprofondate in mare o nel sottosuolo, montagne al posto di pianure e oceano al posto di continenti......morte e distruzione ovunque li in massima evidenza davanti ai loro occhi spalancati. Tutto appariva perfettamente documentato dall'alto, nulla poteva sfuggire di tutta quella distruzione.
Il Presidente piangeva a vedere tutto quello scempio, l'annientamento di quella che era stata la loro civiltà non poteva assolutamente lasciarlo indifferente. Ma intanto Vik si era recato da solo nella sala accanto e si era messo a cercare tracce sull'esistenza di quello che a lui interessava di più.........ma disgraziatamente per lui, della “porta temporale” non aveva trovato alcuna traccia da nessuna parte. Poi, dopo aver girato per ogni dove, Vik aveva dovuto prendere una drastica decisione: lui era l'unico sopravvissuto del suo tempo e a lui e solo a lui spettava prendere una decisione in merito. Il Presidente non aveva nulla a che vedere con il Presidente dei suoi tempi, quello cioè che dirigeva le sorti degli Stati Uniti D'America...............per cui la decisione spettava in questo caso a Vik e SOLO a lui. Si era recato da solo nella sala di controllo e aveva digitato sul computer questo ordine operativo:” PROTOCOLLO DI EMERGENZA UNO............VVCCCP. ORDINE PRESIDENZIALE DI EMERGENZA KKK. ORDINE DI DISATTIVAZIONE COMPLETA DEL SISTEMA DI DIFESA GLOBALE. ATTUAZIONE IMMEDIATA ….....ESECUTIVO, ESECUTIVO, ESECUTIVO. Subito tutte le luci della strumentazione si erano spente , ma questo era solo un piccolo assaggio di quanto sarebbe accaduto. Nei silos rimasti ancora operativi dopo la catastrofe dislocati in tutto il territorio, ogni forma di energia era venuta a mancare e i missili erano diventati ormai degli inutili pezzi di metallo. Poi le cariche esplosive appositamente preparate erano esplose facendo crollare le pareti dei bunker sotterranei e ricoprendo per sempre di macerie i missili e le rispettive ogive nucleari. Nessuno più avrebbe in nessun modo potuto in futuro utilizzare qualche cosa di quegli oggetti forieri di morte e distruzione. Poi, recuperato un Presidente silenzioso e distrutto per quello che aveva dovuto vedere........Vik era finalmente tornato in “Padania”.
CAPITOLO VENTUNESIMO.
Il nocciolo della questione era da ricercarsi nella grotta da dove Vik e Susi erano emersi ormai un anno prima. Vik una mattina di agosto, con l'autorizzazione del presidente, aveva preso con se oltre a Cat un gruppetto di quella sorta di corpo militare di cui avevano fatto parte i quattro che erano morti nella caduta presso il ponte della città abbandonata. Lo stesso giorno era stata avviata la colonizzazione del territorio subito al di la delle montagne con la prevista costituzione dei primi nuovi otto nuovi centri abitati. Non era molto ma si trattava sempre di un inizio!
Fortunatamente questa volta i “Noi” non si erano fatti vivi e Vik aveva potuto sostare per qualche minuto sopra la tomba che custodiva il corpo di Susi. Poi si erano addentrati nella grotta.......solo l'astronauta e Cat, mentre gli altri facevano buona guardia all'esterno. Ecco la solita luminosità proveniente dal soffitto ed ecco la violenta luce sprigionarsi dal fondo della caverna:” Adesso Cat io mi avvicinerò fino a quei sassi e indosserò la tuta spaziale......poi mi avvicinerò alla luce e cercherò di entrarvi. Non temere..........non potrò mancare molto posto che riesca ad andare da qualche parte. Sulla superficie di Marte non esiste nulla che possa supportare la vita per cui.....sarò costretto a tornare qui quanto prima.”” Mi dispiace Vik............io non ho alcuna intenzione di lasciarti andare da solo. E se tutto apparisse poi diverso da quello che credi? E se tu non fossi più in grado di tornare più da me? E poi, credi forse che io mi possa lasciar scappare l'occasione di visitare la superficie di un altro pianeta? Non sono mica così stupida sai!””E va bene, amore mio.........hai perfettamente ragione, vieni qui che ti aiuto ad indossare la tuta, stai attenta solo a non strapparla. Quando la avrai sistemata ed attivata non ti preoccupare se vedrai apparire sul casco cifre ed indicazioni varie. Ecco fai così, attenta alla gamba, fammi chiudere questa cerniera.......a posto!” La luce era sempre più vicina ma stranamente questa volta nessuna “forza” sembrava spingere i due verso il suo interno. Arrivati li davanti Vik prese per mano Cat e con un ulteriore passo in avanti si ritrovarono di colpo sulla superficie del pianeta rosso. Erano ancora ovviamente all'interno della grotta ma già le cifre relativa all'assenza di atmosfera respirabile si erano rese visibili all'interno dei loro caschi. Cat provava per la prima volta in vita sua l'effetto di una gravità ridotta a quella cui era abituata e il compagno le aveva caldamente raccomandato di mantenersi ben ancorata al suolo. Dopo un ovvio attimo di ambientamento, i due con Vik in testa si erano ovviamente avvicinati all'esterno e erano scesi sulla superficie del pianeta:” Vik...........è una cosa meravigliosa non essere più sulla Terra, guarda le stelle che meraviglia! Che incredibile sensazione di libertà e di leggerezza! Mi viene voglia di cantare!” “Stai attenta Cat........resta qui vicino a guardarti attorno mentre io vado qui avanti a vedere se è rimasto qualcosa dell'attrezzatura che avevo lasciato qui.” “Vai pure, non ti preoccupare, io mi limito a curiosare qui vicino.” Vik aveva proseguito alla ricerca di quanto aveva lasciato a terra una volta sbarcato dall'aereo ma la sorpresa più grande fu quando accanto alle attrezzature e agli strumenti di rilevazione vide che anche il piccolo apparecchio era rimasto sul posto. Forse i compagni avevano rinunciato a portarselo via, forse era accaduto a loro qualche cosa.............il fatto era che l'aereo era ancora li. Possibile che i compagni non avessero nemmeno tentato di soccorrere lui e Susi quando si erano resi conto che di loro si erano perse le tracce? A terra c'erano solo le orme dei due astronauti e basta.........nessun altro si era avventurato mai fino a li. Certo era molto strano. Vik era assorto nei suoi pensieri quando una voce chiarissima lo fece sussultare violentemente dalla sorpresa:” Base a Esp.3, base a Esp.3......rispondete per favore!” Era incredibilmente la navetta che lo chiamava dopo vari mesi dalla sua scomparsa da Marte. MA COME ERA POSSIBILE TUTTO QUESTO? Erano forse ritornati con una altra spedizione a cercarli? No.....questo non era possibile! E allora? “Base a Esp. 3…...rispondete!”Era inutile tergiversare........se Vik voleva avere una risposta era necessario mettersi in contatto. “ Esp. 3 a Base........sono qui , passo” E così tra una comunicazione e l'altra Vik si rese conto che dal momento delle sua entrata nella grotta e la sua uscita mesi dopo.......per i compagni sul suolo di Marte in realtà erano trascorsi solo centoventi minuti! Non c'era altro da dire per adesso, non c'era nulla che si potesse fare per trovare una soluzione plausibile a quanto era successo. L'unica cosa da fare era decidere il futuro di Cat e..........rientrare con o senza di lei a bordo dell' ”Europa”. Cat ovviamente non ne voleva sapere di “tornare a casa”, non aveva nessunissima intenzione ne di rinunciare a Vik, ne di perdere l'occasione di vedere la Terra com'era prima della catastrofe. Per cui si apprestò a seguire il compagno a bordo della navetta avendo cura di non parlare assolutamente con la radio che aveva in dotazione per non far scoprire anzi tempo la sua vera identità A Vik non rimase altro da fare se non comunicare via radio:. “Esp. 3 a Base: stiamo rientrando a bordo con l'aereo nei tempi previsti. Unico inconveniente è la rottura dell'impianto “intercom” di Susi. Chiudo.”
CAPITOLO VENTIDUESIMO.
Cat stava osservando completamente affascinata sullo schermo, un documentario che mostrava il suo pianeta natale ruotare nello spazio. Si trattava sempre della vecchia Terra ma era nello stesso tempo un pianeta quasi completamente diverso da quello della sua epoca. Le terre emerse apparivano molto più numerose ed estese e quella che sarebbe in un futuro non molto remoto diventata “Padania” risultava ancora attaccata ad altre terre emerse, molto ma molto estese. Quando era entrata a bordo dell' ”Europa” e si era tolta la tuta, a bordo lo sbalordimento era stato ovviamente assoluto e non era stato affatto facile spiegare ai membri dell'equipaggio quello che era realmente accaduto e l'esistenza di un mondo parallelo a quello che conoscevano loro. L'esplorazione di Marte aveva invece levato alcuni dei dubbi più rilevanti che agitavano da sempre i sonni degli scienziati. Il Pianeta Rosso mai aveva ospitato la vita a base di carbonio e mai sulla sua superficie o in profondità era comparsa l'acqua. I famosi canali non erano altro che profondi crepacci creatisi con il raffreddamento della crosta marziana. Tutto sommato il caldeggiato programma di stabilire su di esso una “colonia” permanente forse non sarebbe stato nemmeno più attuato e ci si sarebbe forse rivolti a mondi più promettenti come Venere. Restava ovviamente il solo fenomeno della “porta temporale” da essere risolto e questo era il vero e l'unico motivo per cui l'uomo avrebbe dovuto tornare su quel mondo senza vita. La partenza era prevista come era stato programmato dalla tempistica per il giorno seguente e tutti a bordo si stavano preparando Cat per certi versi aveva un po' preso il posto di Susi e cercava di dare una mano li dove poteva. Era stata proprio lei ad attirare l'attenzione di Vik su di un allarme che aveva incominciato a lampeggiare con la massima insistenza. Si trattava del segnale di avvertimento del mal funzionamento di una delle pompe che avevano il compito di convogliare il carburante dai serbatoi alle camere di combustione. Vik da prima aveva pensato che si potesse trattare anche di un falso allarme ma poi la sirena di”MASTER ALLARM” aveva cominciato a suonare per tutta la navetta. Adesso si trattava niente meno che del piccolo reattore nucleare: le barre stabilizzatrici erano tutte abbassate ma la temperatura del nucleo radioattivo continuava a salire. Il sistema primario di raffreddamento costituito dalle barre abbassate non garantiva più il necessario calo di temperatura e il secondario a sua volta presentava una avaria che non permetteva al liquido di circolare e di raffreddare adeguatamente il nucleo. La situazione rischiava di diventare drammatica, se il nucleo si fosse fuso le conseguenze sarebbero state letali per tutto l'equipaggio. Non restava altro da fare se non espellerlo all'esterno con la prevista manovra di emergenza. Vik avvertì allora tutti di tenersi pronti e premette il bottone rosso che si trovava sul cruscotto accanto alla postazione dell'ingegnere nucleare, il Capitano Ostrogov. Il nucleo con il suo contenitore si staccò subito dalla navetta e venne proiettato all'esterno e lanciate lontano nello spazio. Erano salvi, almeno per adesso, ma il rientro a casa appariva irrimediabilmente compromesso. A parte la perdita degli indispensabili motori a ioni, perdita che impediva non tanto il decollo ma piuttosto l'uscita dall'orbita di Marte sia per insufficiente potenza dei motori alimentati con il combustibile tradizionale, sia per l'insufficiente quantità a bordo di tale combustibile, bastante si per coadiuvare ed integrare la potenza dei motori a ioni...........ma non certo per sostituirla in toto, era comparsa in tutta l'astronave una preoccupante e crescente contaminazione radioattiva che a lungo andare avrebbe ucciso l'equipaggio. Non c'era apparentemente nulla che si potesse fare: la superficie di Marte era completamente inabitabile, a bordo non si poteva rimanere pena una lenta e dolorosa agonia......e allora? Cosa si poteva fare? Creare un accampamento a terra forse? Ma come avrebbero fatto a sopravvivere anche utilizzando almeno parte delle attrezzature di sopravvivenza della navicella? No, nemmeno questo era pensabile. “ E allora” Disse ad un certo momento Cat” Non ci resta altra alternativa se non quella di riattraversare la “porta temporale” e di tornare tutti a “Padania”. Effettivamente l'unico modo apparente per salvarsi era proprio questo.........Cat aveva perfettamente ragione. Era necessario muoversi. La radioattività aumentava ed i margini di sicurezza apparivano essere sempre più ridotti. Vik aveva lasciato sul “Diario Del Capitano” traccia di quanto era accaduto e di dove si apprestavano a recarsi se mai qualcuno fosse arrivato a cercarli. Poi avevano indossato le tute, avevano chiuso l'astronave e si erano incamminati verso la grotta che avrebbe garantito loro vita e salvezza. Vik sapeva dove sarebbe andato..........aveva in mente di recarsi con Cat verso quell'insediamento che aveva visto dall'alto su quella spiaggia bellissima, lo stesso creato dai giapponesi in fuga dal loro mondo morente. Non sapeva in realtà chi avrebbero trovato ne se sarebbero stati accettati ma lui aveva intenzione di tentare ugualmente. Era stanco di girare come aveva fatto fino a quel momento della sua vita, era stufo di “dovere”, di addestramenti e di responsabilità. Aveva voglia solo di dedicare il suo tempo, tutto il suo tempo alla giovane compagna che la fortuna aveva fatto in modo di fargli trovare e di creare per la prima volta in vita sua una vera e propria famiglia da crescere in un mondo nuovo, in piena espansione e privo di odio e di guerra. Una bella prospettiva davvero!
giovedì 2 giugno 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento