giovedì 2 giugno 2011

Avventura ai confini della realtà

CAPITOLO PRIMO.

La tempesta stava progressivamente perdendo forza e le onde dell’Adriatico permettevano al “Baltimora” di rimanere ormeggiato con sicurezza alla estrema punta della diga del Des Bains in attesa di imbarcare il misterioso ospite, il cui arrivo era atteso da un momento all’altro. Le strade del Lido erano praticamente deserte e tutta la popolazione, come era stato vivamente consigliato dalla televisione, era rintanata nelle case, che da quattro ore erano rimaste tra l’altro saltuariamente prive di energia elettrica. Una cupa atmosfera pervadeva l’isola d’oro, mesta atmosfera oramai comune a tutta la popolazione mondiale che attendeva gli eventi con estrema apprensione. Tutto era improvvisamente iniziato una settimana prima in un modo apparentemente banale con una stranissima nebbia insistente che aveva avvolto progressivamente tutta la terra, nebbia seguita poi da una serie di tempeste che, con la loro inusitata violenza, avevano flagellato l’intero pianeta…il sole,in fine, era rimasto ovunque nascosto da una fittissima coltre di nubi ribollenti che avevano fatto piombare il pianeta in un qualcosa che pareva assomigliare al tanto temuto inverno nucleare. Buio bi notte, buio di giorno…..completo impenetrabile ed assoluto. Ma nessun ordigno atomico era stato sganciato da chicchessia…..era semplicemente per un oscuro capriccio della natura che tutto ciò si stava inesplicabilmente verificando e questa volta l’uomo pareva assolutamente incolpevole nel “rovinare” l’armonia della natura e, purtroppo impotente a porre rimedio ai danni che si stavano verificando. In una settimana l’economia mondiale aveva subito un inevitabile tracollo, ma mentre nei paesi del terzo mondo le tenebre incombenti avevano scatenato da subito saccheggi e distruzioni, nei paesi evoluti la civiltà aveva per ora avuto il sopravvento: la popolazione terrorizzata si era limitata a rimanere confinata nelle proprie abitazioni e gli spostamenti erano stati limitati all’indispensabile e alle emergenze…..tutto ancora funzionava, quando l’energia non veniva a mancare per svariate ore, centri commerciali industrie uffici, ma tutto ad un ritmo estremamente ridotto….tutti gli spostamenti e tutto il lavoro era destinato per ora, fino a quando la crisi non fosse stata superata, alla mera sopravvivenza dei cittadini. Le tempeste, violente e di durata inusuale, non avevano però creato danni irreparabili…..qualche albero abbattuto, qualche limitata inondazione…..ma in generale i guasti subiti erano stati in verità molto limitati….era il sole che non si faceva più vedere in tutto il pianeta, coperto come era da quell’incredibile ammasso di nubi e cirri turbolenti, e questo era il fatto più sconvolgente....ed il problema più grave.

CAPITOLO SECONDO.

Il Maggiore Aldo Bianchi era un giovane Ufficiale dell’esercito italiano: si trattava di un eterno ragazzo che da poco aveva superato la trentina, scapolo e libero da legami sentimentali dopo la recente rottura con la sua “fidanzata storica” dovuta ad uno stato di estrema stanchezza di un rapporto che non ne voleva sapere di fare quel salto di qualità che lo avrebbe dovuto trasformare in un legame finalmente solido e finalmente duraturo. Aldo aveva scelto la carriera militare essenzialmente per ragioni pratiche, in quanto la frequenza dell’Accademia gli aveva consentito di studiare per ottenere la laurea e di essere nello stesso tempo “supportato” da un congruo stipendio……non aveva infatti particolari ambizioni di carriera nell’ambito delle forze armate ma aveva al contrario intenzione di congedarsi dopo un paio di anni e di intraprendere la libera professione aprendosi uno studio per conto suo nel campo dell’ingegneria applicata. Aldo quel giorno si trovava nell’ufficio del Comandante di Reggimento per discutere i provvedimenti da intraprendere per fornire un eventuale aiuto alla popolazione terrorizzata. Il reparto da cui dipendeva era pronto ad intervenire in caso di bisogno e lui, Maggiore di fresca nomina, era il responsabile dei mezzi ruotati del suo reggimento. Ma da un paio di giorni, prima soltanto in sogno, ma poi anche nella realtà di tutti i giorni, gli erano incomprensibilmente tornati alla mente”spezzoni” di ricordi di un qualcosa che aveva inconsapevolmente occultato da anni nei recessi della propria mente, un qualcosa che adesso gli stava un po' alla volta prepotentemente tornando alla memoria e rischiava di farlo impazzire. Aldo non sapeva spiegarsi assolutamente di come avesse potuto scordare o rimuovere dai suoi ricordi, delle nozioni tanto importanti e fondamentali per la sua vita….due giorni prima di tali ricordi nella sua testa non c’era assolutamente traccia… lui pensava soltanto a quando tra due anni avrebbe potuto congedarsi e lavorare da libero cittadino, a cercare di trovare finalmente una ragazza che potesse farlo felice e adesso invece tutte le sue prospettive di vita stavano cambiando: gradualmente credeva di sapere, anzi sapeva benissimo chi era in realtà e che cosa avrebbe dovuto fare. Rammentava ora, all’improvviso, la riunione cui tre anni prima aveva partecipato a Londra con tutta una serie di alti personaggi delle Nazioni Unite…..ricordava che a lui era stato dato l’incarico di assumere il comando di una unità di crisi in caso di necessità, ma il perché questo compito fosse spettato proprio a lui….questo non lo rammentava proprio. Sapeva inoltre adesso e solo adesso, che la funzione di quell’anello che non era mai riuscito a togliersi dal medio della mano destra, era quella di avvertirlo di quando sarebbe stato il momento di agire per fare quello a cui era stato predestinato.....ma il perchè di tutto quanto gli stava accadendo, lo scopo a cui erano legate tutte queste improvvise “rivelazioni”....su tutto ciò era nebbia fitta.

CAPITOLO TERZO.

Il “Baltimora”, l’ultimo e più moderno sommergibile nucleare americano della classe Ohio modificata, era all’ormeggio all’isola della Maddalena dopo aver effettuato la sua prima crociera operativa quando aveva incomprensibilmente ricevuto l’ordine di recarsi il più rapidamente possibile a Venezia per prendere a bordo un non ben definito “personaggio italiano”……l’ordine ricevuto aveva dell’incredibile….uno straniero a bordo dell’ultimo e più moderno mezzo navale degli Stati Uniti, soprattutto ora in un momento di crisi in cui tanti strani fenomeni si stavano verificando in tutto il mondo era una faccenda straordinaria. Il Comandante Norton tuttavia aveva ottemperato sollecitamente a quanto gli era stato ordinato e adesso il “Baltimora” attendeva pazientemente l’arrivo a bordo dell’ospite. Il Comandante Norton aveva aspettato per tutta la vita il momento di poter comandare un sommergibile come il “Baltimora”. Dopo l'accademia aveva seguito passo passo tutto il previsto programma di addestramento, un gradino alla volta era salito di grado e dopo aver per cinque anni prestato servizio a bordo di tre sommergibili della classe 688 come secondo ufficiale, aveva finalmente ottenuto il comando del”Pasadina” , un battello della classe Los Angeles, per un altro biennio. Ora, come ultimo comando operativo, aveva avuto l' ambitissima ma estremamente gravosa responsabilità do portare il mare il nuovissimo “Baltimora” per la sua prima missione operativa. Il “Baltimora” portava a bordo un arsenale che da solo sarebbe stato in grado di distruggere una buona metà del mondo.....oltre ai missili balistici, a quelli da crociera e ai consueti siluri, era dotato, unico mezzo del suo genere, dei nuovissimi e assolutamente rivoluzionari missili subacquei concepiti per la distruzione remota di navi di superficie e soprattutto di sommergibili nemici. Si trattava di ordigni con una mostruosa capacità distruttiva, dotati di una velocità di circa trecento nodi e assolutamente infallibili nella loro mira. Si trattava però di armi assolutamente sperimentali e ancora non del tutto affidabili.....a parte il fatto che la loro istallazione, date le dimensioni notevoli degli impianti, aveva ridotto considerevolmente lo spazio a bordo riservato ai normali siluri, il problema che si sperava di avere risolto solo adesso, era quello che in tutte le prove effettuate con vecchi sommergibili posti in disarmo.....i missili erano si partiti e avevano distrutto l'obiettivo a loro assegnato....ma avevano fatto anche esplodere i tubi di lancio e danneggiato gravemente e a volte addirittura affondato, il battello che gli aveva lanciati. I missili dovevano infatti purtroppo essere lanciati “a caldo” e non espulsi con un getto di aria compressa come quelli balistici, il carburante doveva essere per forza di cose innescato a caldo nel tubo di lancio e ovviamente il problema era stato da subito riuscire ad avere dei tubi di lancio sufficientemente resistenti. Il carburante poi aveva la caratteristica di essere particolarmente volatile e c'erano stati anche dei problemi ad individuare il giusto rapporto di combustione e a cercare di limitare in qualche modo la pressione che inevitabilmente cresceva al momento dell'accensione a dismisura nei tubi di lancio e rischiava di farli crepare e poi esplodere. Intanto Aldo continuava, mano a mano che le ore passavano, a riscoprire fatti e ricordi ben precisi che riemergevano dai recessi della sua mente…..non era come se tali nozioni non le avesse mai sapute….era invece come se tali nozioni avessero sempre fatto parte di lui ma fossero state a lui celate e nello stesso tempo negate, da un velo assolutamente impenetrabile. Aldo sapeva adesso di essere stato, in un giorno lontano, “preso in prestito” da una “entità” aliena che lo aveva trasportato in un luogo a lui completamente sconosciuto, dove il suo cervello era stato sottoposto ad una sorta di “cura” che ne aveva accresciuto enormemente le sue capacità. Aldo sapeva inoltre, che altre nozioni erano state instillate nella sua mente e che tali cose gli sarebbero tornate in mente solo al momento opportuno. Lui era destinato da qualcuno di non ben definito a qualche cosa…..non sapeva ancora a cosa ma…..un po’ alla volta era sicuro che tutto gli sarebbe tornato chiaramente in mente. La mattina seguente Aldo si era recato al lavoro come di consueto, anche se intuiva dentro di se che quel giorno in caserma si sarebbe fermato ben poco. Era andato alla consueta riunione nell’ufficio del comandante di Reggimento e nel mezzo della discussione, proprio mentre riceveva gli ordini che lo riguardavano per riuscire ad arginare l’emergenza in corso, vide l’anello che portava al dito illuminarsi di una vivida luce rossa……fu come emergere dalla nebbia che ricopriva una valle la mattina….adesso vedeva tutto e ricordava ogni cosa con la massima chiarezza: lui sapeva perfettamente quale era la situazione reale e che cosa avrebbe dovuto fare in quel momento.”Mi scusi Comandante….”Disse all’improvviso interrompendo bruscamente il suo diretto superiore. “Io devo andare via subito. Lo so che la sto interrompendo in un momento così importante, lo so che quanto lei sta per apprendere da me le sembrerà pazzesco ma, per favore abbia la compiacenza di ascoltarmi con la più grande attenzione….. controlli subito all’interno della cassaforte del suo ufficio….lei sa benissimo che li si trova una grande busta in pelle rossa che non porta indicata alcuna intestazione……lei sa benissimo che la busta deve essere aperta solo con l’esplicita esternazione, da parte di qualcuno, di tre parole chiave che lei troverà all’interno di un’altra busta, per la precisione quella piccola di carta azzurra. Io la invito ad aprire quella azzurra e a controllare che le tre parole d’accesso che io le dirò in questo momento, corrispondano perfettamente a quelle contenute, perché io e soltanto io sono il destinatario di quanto è contenuto nella prima busta. Dopo di che lei, per favore, aprirà la busta rossa e si comporterà di conseguenza dopo aver letto gli ordini che la riguardano…..ecco a lei le tre parole in ordine alfabetico: AGIRE, DIFESA, ITALIA. Controlli per favore.”Il Comandante era letteralmente allibito….era stato interrotto nel vivo del rapporto da un semplice Maggiore appena fatto, che aveva però dimostrato di essere a conoscenza di una nozione nota solo ed esclusivamente a lui…..il Comandante poteva essere anche risentito, anzi era letteralmente imbestialito e stava facendo una strana e forse anche magra figura davanti ai suoi sottoposti e si sentiva in un certo senso come sminuito e scavalcato da un giovane ufficiale con si e no una decina di anni di vita militare alle spalle….ma il Maggiore aveva dimostrato nello stesso tempo di sapere benissimo ciò che voleva, per ciò all’alto Ufficiale non rimaneva altro da fare se non ottemperare all’invito espresso dal giovane sottoposto. “Caro Maggiore…..io adesso sono costretto mio malgrado, ad interrompere l’importantissima riunione cui tutti noi stiamo partecipando e a eseguire quanto lei mi ha “consigliato” di fare…tenga presente che lo faccio solo ed esclusivamente perché lei ha nominato le due buste di cui effettivamente solo io conosco l’esistenza . Io solo effettivamente sono a conoscenza dell’esistenza delle due buste di cui lei ha parlato……io ora aprirò la cassaforte e poi subito dopo la busta azzurra….ma lei preghi Dio che le parole che vi leggerò siano esattamente quelle che lei ha pronunciato un attimo fa. La avverto solo che se saranno diverse, anche di una sola virgola,……non solo la sua carriera sarà finita per sempre ma andrà anche incontro ad una serie di denunce fatte dall’Amministrazione Militare di cui io sono qui dentro il più alto rappresentante e da me personalmente per mio conto.” Dopo di che, la cassaforte venne spalancata in un attimo nel silenzio più completo che si era creato nella ampia sala dallo stizzito Ufficiale e la busta azzurra aperta subito dopo. L’atmosfera che si respirava nel vasto ufficio era di palpabile tensione. I colleghi di Aldo, dai Tenenti freschi di corso, ai più alti ufficiali del Reggimento, erano rimasti allibiti dalla piega assolutamente imprevista che aveva preso il Rapporto. Tutti gli occhi erano come attirati magneticamente dalla bocca del Comandante che stava leggendo le parole contenute nella prima busta. “ Pazzesco….AGIRE, DIFESA, ITALIA……sono le medesime parole da lei pronunciate….ma LEI…chi è Maggiore Aldo Bianchi…..come fa a conoscere così bene notizie riservate di questo genere….cosa vuole da me?” “ Chi sono e cosa devo fare, signor Comandante…..non sono fatti suoi….non mi fraintenda per carità, non è mia intenzione assolutamente risponderle male e sminuirla di fronte ai colleghi ma le sto dicendo solo ed esclusivamente la verità. Lei, con quello che dovrà accadere a me non ha alcun rapporto, il suo compito è solo quello di aprire la busta rossa e di agire di conseguenza…..nulla più” Il povero Comandante avrebbe voluto dire…avrebbe voluto fare….ma alla fine, quasi violentando se stesso ed il proprio orgoglio, si limitò ad aprire la fatidica busta rossa. La busta conteneva un foglio ripiegato ed una serie di documenti tutti intestati al Maggiore Aldo Bianchi e solo a lui riservati…..il foglio per il Comandante si limitava a spiegare semplicemente di supportare in tutto e per tutto con la massima sollecitudine ogni richiesta che il Maggiore avesse fatto. Punto e basta. Aldo prese dalle mani del Comandante i fascicoli a lui riservati e chiese semplicemente di essere accompagnato in macchina e poi in motoscafo al Lido dove si sarebbe imbarcato su un sommergibile americano che era li ad attenderlo.

CAPITOLO QUARTO.

Il Comandante Norton attendeva con ansia l’arrivo dell’ospite. I suoi ordini erano stati estremamente chiari: attendere l’arrivo del Maggiore Aldo Bianchi del “Reggimento Lagunari Serenissima” e mettere a sua completa e totale disposizione uomini e battello. Erano degli ordini incredibili……l’ultimo e più moderno sottomarino americano messo nelle mani di un perfetto sconosciuto….di uno straniero poi ! Norton aveva cercato in tutti i modi conferma di quegli ordini pazzeschi ma quando aveva chiesto “lumi” al suo comando, si era sentito rispondere che lui e la sua nave agivano ora per diretto ORDINE PRESIDENZIALE e che se lui rimaneva ovviamente il comandante del “Baltimora”, il Maggiore Bianchi avrebbe avuto il completo e totale comando della missione. Oltre a tutto, nella cassaforte del sommergibile, accanto ai codici di lancio dei missili balistici, Norton avrebbe potuto trovare una busta che avrebbe confermato inequivocabilmente che gli ordini ricevuti via fax…erano perfettamente legittimi e andavano ottemperati. Non rimaneva altro se non attendere, con la più grande apprensione ma a questo punto anche con una grandissima curiosità.
Aldo aveva fatto presto ad arrivare….venti minuti di macchina fatti a tutta birra e poi altri venti di motoscafo. Il tempo intanto si manteneva bruttissimo….anche se la tempesta si era di molto attenuata, il cielo rimaneva sempre coperto da una incredibile coltre di nubi nere che non facevano assolutamente passare la luce del sole. Il motoscafo era arrivato rapidamente alla meta e Aldo si era arrampicato a bordo del Baltimora che torreggiava alto sopra il piccolo motoscafo. Si trattava dell’ultimo sommergibile lanciamissili americano, era entrato in servizio operativo solo quattro mesi prima ed era la punta di diamante di tutta la flotta sottomarina statunitense. Era leggermente più grande dei normali sommergibili della classe “Ohio ”, anche se non raggiungeva certo le dimensioni dei lanciamissili sovietici della classe” Tifone”, stazzava circa ventimila tonnellate, montava un modello di sonar passivo di concezione rivoluzionaria ed il suo reattore nucleare gli consentiva, spingendolo al centoquindici per cento della potenza nominale, di raggiungere agevolmente i quarantacinque nodi in immersione, velocità raggiunte in precedenza solo dai sommergibili russi della classe “Akula”. Le maggiori dimensioni rispetto ai “fratelli” della normale classe “Ohio”, erano dovute al fatto che gran parte della sezione anteriore del battello era stata riservata alla installazione e all’ alloggiamento dei nuovi missili antinave che avevano sostituito in parte i tradizionali siluri. Questi missili, come già spiegato in precedenza, erano dotati di una velocità finale di trecento nodi e di una carica esplosiva tale da farla avvicinare negli effetti, a quella di una piccola testata nucleare tattica. Istallare a bordo tali ordigni tanto rivoluzionari , non era stato affatto una impresa da poco…..nei primi esperimenti i missili tendevano immancabilmente ad esplodere nei tubi di lancio ed ad affondare di conseguenza il mezzo da cui erano stati lanciati, ma alla fine, rinforzando in maniera drastica i tubi di lancio e limitando la velocità di uscita degli ordigni, il problema sembrava essere stato del tutto risolto. Il comandante Norton aveva inizialmente accolto Aldo con un evidente misto di fastidio e di rassegnazione, tuttavia dopo avergli stretto amichevolmente la mano, lo aveva sollecitamente condotto nella sua piccola cabina e li a tu per tu….era letteralmente “esploso”:” Caro Maggiore Bianchi……” Aveva esordito,”Spero che si renderà conto dello stato d’animo in cui io mi vengo a trovare……io qui sono la più alta autorità ed ho la totale ed assoluta responsabilità di questo mezzo, delle armi che si trovano a bordo e delle persone che formano il mio equipaggio. Ora si pretende che lei, un semplice Maggiore, straniero e totalmente sconosciuto, prenda in pratica possesso del mio sommergibile…….le istruzioni che mi sono arrivate, fanno capo senza alcun dubbio ad un ben preciso ordine Presidenziale, ma capirà che per me il boccone da ingoiare è ben pesante da digerire !””Comandante Norton……mi rendo conto benissimo dello stato d’animo in cui lei si viene a trovare….io delle risposte precise alle sue domande le ho, almeno in grande parte e le posso assicurare, che quanto farò a bordo del suo battello, non è stato certamente concepito per limitarne volutamente il suo comando, ma deriverà esclusivamente da una drammatica e ben precisa emergenza planetaria della quale il suo Presidente è perfettamente a conoscenza. Stia tranquillo che io farò sempre e in ogni caso capo alla sua esperienza e non spingerò mai il sommergibile dove sarà impossibile che si possa recare. Anche se l’ultima parola in fatto della gestione e degli obbiettivi della missione che stiamo per intraprendere spetterà sempre a me, le prometto che cercherò in tutti i modi possibili di salvaguardare in ogni caso l’integrità del mezzo e l’incolumità di chi lo governa e l’autorità di chi lo comanda.”

CAPITOLO QUINTO.

L’equipaggio era riunito….i quadri in sala mensa e tutti gli altri invece, erano semplicemente in comunicazione tramite il sistema degli altoparlanti di bordo, non esistendo sul sommergibile un compartimento capace di contenere tutto il personale. Il “Baltimora” era veramente enorme e la sua stazza poteva essere paragonata a quella di una corazzata tascabile della seconda guerra mondiale ma lo spazio riservato all’equipaggio non era certo di dimensioni paragonabili a quello di una unità di superficie. Ovviamente ciascun membro dell’equipaggio aveva la sua branda e il suo armadietto, ribaltando un ripiano si poteva formare uno scrittoio dove poter appoggiare un portatile o qualche videogioco, esisteva una sala mensa dotata di televisore, una piccola sala ritrovo completa di macchina per il gelato…….ma niente altro. I locali lancio missili balistici e quello per il lancio di quelli subacquei di nuova concezione occupavano una grande porzione dello scafo del battello e lasciavano poco spazio per “amenità” come sale di svago e di ritrovo. Il comandante Norton cominciò con il presentare Aldo a tutto l’equipaggio e, per non complicare ulteriormente la situazione, lasciò la parola all’ ufficiale Italiano:”Buon giorno a tutti, sono il Maggiore Aldo Bianchi, anche se il grado che rivesto ed il fatto che io sia un militare, non ha assolutamente nessuna importanza sulla missione che io e voi tutti, ci accingiamo ad intraprendere……Vi prego ora di prestare la massima attenzione a quanto sto per dirvi. Prima di tutto, per dirimere ogni dubbio, vi faccio presente che io qui sul “Baltimora”, ci sono ed agisco per espresso e diretto volere e ordine del Presidente degli Stati Uniti D’America. Quello che sta accadendo sulla Terra in questi giorni, tutti gli strani e drammatici fenomeni che stanno modificando in modo così radicale le condizioni climatiche del nostro pianeta, non hanno assolutamente nulla a che vedere con le panzane previste dai così detti “ecologi”…..l’uomo non è stato non è e non sarà mai in grado di apportare delle modifiche così radicali ed repentine al clima del nostro pianeta a patto di non usare le armi atomiche capaci purtroppo di provocare il tanto temuto inverno nucleare. Ma ciò che sta accadendo era invece evidentemente stato previsto da qualcuno migliaia di anni orsono, quando l’uomo lottava ancora per sopravvivere armato di clava……..un qualcuno che ha sempre vigilato sull’umanità osservandola amorevolmente da lontano, da quando il primo essere senziente è apparso per la prima volta sulla terra. Tenete a mente, per favore, che quanto esce dalla mia bocca, è frutto di quanto la mia mente elabora di momento in momento…..un momento prima di parlare io non so ancora che cosa potrà uscire dalle mie labbra…… e io vi dico in tutta sincerità che se non ci fossero dei precisi riscontri a quanto elabora il mio cervello, se tutto quanto ho detto fino al momento di imbarcarmi sul “Baltimora” non fosse stato da me e da altri verificato e controllato, forse io stesso mi sarei preso per pazzo. Ma ora so benissimo che così non è….io sono costretto a portare il fardello di una missione di cui non ho ancora ben chiari scopi, limiti e….pericoli, so solo che io con il vostro indispensabile e fondamentale aiuto, devo eseguire quanto è necessario fare, mettendo anche in preventivo che la nostra, possa al limite risultare una missione senza ritorno. Tornando con il ricordo al passato, al mio passato per esattezza, ricordo adesso come a diciotto anni fui prelevato da questa entità “aliena” e portato in un luogo che non so assolutamente individuare……li mi fu instillato quanto dovevo sapere per cercare di aiutare l’uomo a sopravvivere…..poi tutto quanto il mio nuovo “sapere” fu messo per così dire….in naftalina, celato fino al momento opportuno in cui……sarebbe riemerso e utilizzato. Gli scienziati continuano a non sapere assolutamente a cosa sono dovuti i disastri che stanno colpendo ovunque la nostra Terra…..si sa solo che il più grave di tutti è la mancanza del sole, del suo calore, della sua luce. Nessuno è in grado di far scomparire quella incredibile coltre di nubi che ne impedisce la vista. Tutti concordano ancora, sbagliando clamorosamente, che il tutto è dovuto all’inquinamento provocato dall’uomo, ma la causa di tutto è invece un’altra…..e solo io sono stato messo in grado in grado di individuarla. Supportato da tutta una serie di documenti preparati in passato per questa evenienza, documenti che attestano incontrovertibilmente che quanto so è la pura e semplice verità, documenti che sono stati recapitati nelle mani del vostro Presidente da persone la cui vita era imperniata solo a questo scopo, persone che però non sapevano altro se non che dovevano consegnare nelle mani giuste tali “prove”, io ho agito di conseguenza. Adesso so esattamente quanto è successo e quanto dovremo fare per tentare di scongiurare la catastrofe…..e lo farò, anzi lo faremo tutti assieme……a costo di qualsiasi sacrificio”Un silenzio irreale pervadeva ora il sommergibile…..troppe cose incredibili si stavano accavallando nella mente dei membri dell’equipaggio: di colpo ciascuno di loro aveva appreso una grande quantità di nozioni che era estremamente difficile accettare. Non che ciascuno di loro non credesse a Aldo…..era piuttosto la “qualità” di queste “nozioni” ad essere di difficile assimilazione. Lo stesso comandante Norton era perplesso, aveva compreso benissimo che doveva assolutamente rinunciare a qualsiasi ostilità e gelosia preconcetta nei riguardi di Aldo, era difatti troppo intelligente per negare l’evidenza dei fatti……rimaneva ora solo il peso della responsabilità di portare il “Baltimora” a compiere la missione più incredibile e pericolosa di tutta la sua vita operativa….anche se Norton non aveva ancora la più pallida idea di quale missione si potesse in realtà trattare. Intanto Aldo aveva ripreso a parlare:”Il problema che affligge la Terra, è in realtà provocato da delle gigantesche masse di magma incandescente che risale inopinatamente dal nucleo del pianeta in corrispondenza dei due poli. Praticamente o la crosta terrestre a causa di terremoti sotterranei si è in quelle zone indebolita o assottigliata, o la pressione all’interno del nucleo terrestre è aumentata in modo esponenziale provocando una inopinata risalita del magma verso gli strati più superficiali della crosta terrestre. Tutto ciò implica che i ghiacci polari si stanno rapidamente sciogliendo……se per fortuna l’acqua sciolta, invece di alzare il livello dei mari in modo drammatico, evapora…….crea con questo fenomeno assolutamente incontrollabile, però quell’incredibile massa di nubi che nasconde completamente il sole con le conseguenze che possiamo vedere su tutto l’ecosistema. Quello che so al momento è solo che noi ci dobbiamo recare a grande profondità per indagare…..poi, per adesso non so dire a voi e a me stesso altro ma al momento opportuno sono sicuro che, quanto dovremo fare, mi sarà di nuovo chiaro. Comandante Norton, dobbiamo arrivare in prossimità della fossa delle Marianne, immergerci a undicimila metri di profondità e……vedere li il da farsi. No, la prego non mi interrompa….so benissimo, pur non essendo sommergibilista, che il suo battello non è assolutamente in grado di raggiungere nemmeno lontanamente tali profondità abissali….so che la profondità massima prima di quella di “collasso” si aggira attorno ai quattrocento metri….ma so anche che prima di effettuare l’immersione in tali profondità ci dobbiamo recare in aereo, io, l’ufficiale addetto ai motori del “Baltimora” e….ovviamente lei, alla cosiddetta “Area Cinquantuno” negli Stati Uniti, dove c’è qualcuno che ci aspetta per consegnarci qualche cosa.”Le novità più sbalorditive sembravano non terminare mai….un paio di giorni prima il comandante Norton credeva di essere in procinto di cominciare la sua tanto agognata prima missione di pattugliamento in mare con il “Baltimora” al suo comando e adesso si ritrovava prima di tutto ad avere a bordo uno straniero più qualificato di lui al comando e adesso si trovava addirittura nella necessità di abbandonare il sommergibile per un lasso di tempo indefinito alla ricerca di un qualche cosa che nemmeno il suo ospite era in grado di identificare. Si trattava di una situazione quanto meno “irreale” ma….c’era un ben preciso ORDINE PRESIDENZIALE da eseguire….e per ciò era assolutamente necessario uniformarsi ed ubbidire. Mezz’ora dopo il medesimo motoscafo che aveva accompagnato Aldo al sommergibile, si era ripresentato a fianco del “Baltimora” e Aldo con i due ufficiali vi si erano sollecitamente imbarcati. Chi lo avesse di nuovo inviato restava un mistero….il capobarca, interrogato su ciò, non aveva dato che delle vaghe risposte: lui sapeva che a tal ora si doveva presentare li e…nulla più. Comunque oramai il dado era tratto….era necessario adeguarsi all’inesorabile scorrere degli eventi e basta. Il viaggio in motoscafo era stato rapidissimo, una mez’ora al massimo ed i tre si erano trovati a bordo di un”Mistere” dell’aeronautica americana che li attendeva all’aeroporto Marco Polo. Il viaggio era durato varie ore….dal finestrino al decollo si notavano solo masse compatte di cirri nero violacei che turbinavano senza fine ma all’altezza di diecimila metri il sole era di nuovo esploso in tutto il suo splendore illuminando un cielo di nuovo azzurrissimo.

CAPITOLO SESTO.

Le leggende che erano fiorite sull’”Area Cinquantuno” non erano mai state ne smentite ne confermate…..se vi erano stati effettivamente negli anni sessanta portati dei resti di un disco volante con i suoi occupanti, nessuno era stato in grado ne di negare ne di confermare tale fatto. La base invece era nota a tutti per essere da sempre sede di collaudo dei nuovi mezzi aerei Americani e sede nello stesso tempo di ricerche avanzate di carattere segretissimo. I tre, dopo l’atterraggio erano stati accolti dal comandante della base che li aveva introdotti, senza spiegare dove li avrebbe portati, all’interno dei laboratori sotterranei. Aldo, all’improvviso, aveva cominciato a spiegare ai due compagni dove stavano andando e lo scopo della loro visita:” Comandante Norton…..adesso so con certezza il motivo della nostra venuta fino a qui…..ci stiamo recando in uno dei laboratori più segreti di tutta la base, qui troveremo l’equipe del dottor Braun, che sta studiando, anzi che ha appena terminato con pieno successo, di collaudare il dispositivo che ci serve. Si tratta di una macchina rivoluzionaria in grado di “ricoprire” il “Baltimora” con una sorta di indistruttibile campo di forza impenetrabile a tutto, dunque anche alla pressione prodotta dall’acqua della profondità degli abissi, ed adattabile a un qualsiasi mezzo, terrestre o appunto…subacqueo. Avete per caso in mente gli “schermi protettivi” dell’Astronave Enterprise dei telefilm degli anni settanta?….ecco si tratta di un qualche cosa di simile.….ma questa volta non fantascientifico ma estremamente reale.” Mentre Aldo stava spiegando ai due compagni dove si stavano recando, il gruppetto dopo aver sceso parecchi livelli, era giunto davanti alla porta del laboratorio N° 44. All’ingresso era ad accoglierli il professor Braun in persona che li fece entrare sollecitamente nel suo “regno”. Non si trattava alla prima occhiata di un locale fantascientifico…..i tre erano stati introdotti semplicemente in un ufficio di modeste dimensioni dove troneggiava una grande scrivania in legno massiccio. Il professor Braun dopo averli fatti accomodare davanti a lui aveva cominciato a parlare rivolto ai tre compagni con queste esatte parole:” Signori…..sono stato informato dal Presidente in persona che quanto è stato concepito in questo laboratorio da me e dai miei colleghi, risulta di estrema importanza per voi…..ma nulla altro mi è stato detto in proposito, ne a cosa vi serve, ne il perché. Ora non è per pura curiosità che voglio delle informazioni….almeno non solo per legittima curiosità. Io adesso ho assolutamente bisogno di sapere in che cosa il dispositivo qui creato verrà impiegato….….soprattutto per valutare se può o no essere effettivamente usato per le vostre esigenze e necessità.” Ad Aldo non rimaneva altro che spiegare quanto sapeva e…come al solito più parlava più le parole gli uscivano facili e chiare dalla bocca:” Professore….non ho tempo per spiegare tutto quanto vorrei dirle…..le posso solo far capire nel più breve tempo possibile che mi è necessario sapere se il dispositivo di cui lei e la sua squadra siete gli inventori, può o no essere “montato” a bordo di un sommergibile nucleare della classe Ohio e se si, quale efficacia possa avere nel proteggere il battello alle profondità abissali.” Il professore era rimasto perplesso a sentire quale fosse la richiesta di Aldo, perplesso ma nello stesso tempo affascinato. Lui aveva fin dall’inizio, fin da quando si era reso conto che la sua invenzione effettivamente funzionava, pensato alle sue svariate applicazioni possibili nel campo militare e della ricerca pura. Lo scienziato si era reso conto che le dimensioni attuali della sua scoperta non consentivano l’utilizzo per esempio a protezione di un aereo o di un carro armato……per essere installata e per poter funzionare l’apparecchiatura aveva bisogno di spazio e cosa ancora più importante, di una fonte molto grande di energia. “Cari signori…..il problema di dotare un sommergibile nucleare di quanto da voi richiesto….è effettivamente di possibile soluzione. Sarà solo necessario fare un po’ di spazio a bordo e a fare in modo che il reattore del battello funzioni, quando il dispositivo resta acceso, sempre al massimo della sua potenza nominale. Voi se non sbaglio siete imbarcati su un Ohio modificato….io, qui sul mio computer ho senza dubbio accesso alle caratteristiche tecniche del mezzo in questione…..datemi qualche minuto del vostro prezioso tempo e vedremo assieme se quanto mi domandate è o no fattibile. Ecco vediamo….classe Los Angeles, classe 688….ecco classe Ohio modificata…..si, date per favore un’occhiata: proprio dietro alla camera sigillata del reattore troviamo, prima del locale generatori a turbina il locale preposto all’uscita di emergenza di poppa…..ed è proprio qui che si può installare il congegno di cui pare abbiate un gran bisogno. Per fare il tutto avrò bisogno solo della presenza del “direttore di macchina” qui presente e di tutta la attrezzatura che porterò da qui….per terminare il lavoro occorreranno dai due ai tre giorni al massimo. Poi, vi posso dire con la massima certezza che il vostro battello, con il campo di forza attivo, sarà praticamente invulnerabile a qualsiasi arma lanciatagli contro, anche nucleare…..e potrà sopportare qualsiasi con la massima indifferenza e in totale sicurezza, ripeto….qualsiasi carico di pressione gli venga imposto. L’unico problema sarà sempre quello legato al perfetto e costante funzionamento del reattore di bordo…..fino a quando l'afflusso dell’energia rimarrà costante, tutto andrà bene ma se a diecimila metri il reattore “desse forfait” per qualsiasi motivo….sarebbe “Game Over” in un battito d’ali….non so se mi spiego.” Tutto era certamente molto chiaro…..confortante da un lato…..preoccupante da un altro. Tutto sembrava legato al perfetto funzionamento del cuore atomico del sommergibile…..ma questa non era certo una novità: che il battello si trovasse alla profondità di trecento metri o di diecimila, il mancato funzionamento del reattore avrebbe prodotto sempre e comunque i medesimi effetti. L’unica differenza era che una eventuale avaria a diecimila metri avrebbe provocato una morte istantanea per schiacciamento ed implosione, invece che una lenta straziante agonia.

CAPITOLO SETTIMO.

Mentre i lavori per l'istallazione dell'apparecchiatura del dottor Braun a bordo del Baltimora venivano effettuati con la massima rapidità, la situazione sulla superficie del pianeta era ulteriormente peggiorata. I paesi in via di sviluppo erano definitivamente collassati ricadendo nella barbarie e tutto quanto si era sforzato negli anni di costruire e di modernizzare, era stato irrimediabilmente distrutto. Nei paesi civili invece, il desiderio di tutti di non perdere quanto l’uomo aveva nei secoli conquistato, era stato per adesso ancora più forte della paura e la civiltà occidentale anche se a stento, continuava ad imperare. Ma una soluzione doveva essere trovata al più presto…….l’energia scarseggiava via via di più, i mercati internazionali erano completamente paralizzati e i generi alimentari e le medicine se non scarseggiavano ancora, avevano già grandi difficoltà nella distribuzione. Negli ultimi giorni quasi più nessuno si era recato al lavoro e praticamente tutta la popolazione viveva chiusa in case che sempre più spesso rimanevano al buio. Erano fatalmente incominciati i primi saccheggi che l’esercito stentava sempre di più a tenere sotto controllo. Il giorno prima che il “Baltimora” fosse di nuovo dichiarato operativo, si era diffusa a bordo la grave notizia dell’ammutinamento di due sommergibili nucleari russi, uno della classe “Tifone” e uno Killer della calle “Alfa”, con a bordo la capacità di distruggere con i loro missili a testata multipla, gran parte del mondo occidentale. Cosa volessero i comandanti russi ed il perché del loro “gesto” era un mistero inquietante che si andava drammaticamente ad aggiungere alle preoccupazioni di Aldo e di Norton. I Russi avevano avvertito sollecitamente di ciò gli Stati Uniti e li aveva invitati a distruggere senza preavviso i due battelli se solo qualche sommergibile americano fosse stato in grado di intercettarli.

CAPITOLO OTTAVO.

Il tempo stringeva……l’installazione del dispositivo era terminata a tempo di record ma non c’era il tempo di collaudarlo. Il “Baltimora” era partito appena possibile con a bordo oltre all’equipaggio, Aldo ed il professor Braun. Il battello si era sollecitamente immerso e aveva viaggiato alla massima velocità per tutto il percorso. Alla fine erano arrivati alla meta…..sotto di loro si apriva la “fossa delle Marianne” il punto più profondo del pianeta, raggiunto solo una volta dal batiscafo “Trieste” negli anni sessanta. Norton aveva convocato in cabina Aldo….e gli aveva detto testualmente:”E adesso, Signor Bianchi, che siamo arrivati fino a qui, cosa dobbiamo fare?” Aldo guardò negli occhi il comandante del Baltimora e rispose con aria pensosa:”Comandante Norton…..onestamente adesso, che è il momento in cui dovrei dare le disposizioni necessarie….non so cosa dire…..penso che a questo punto dovremmo attivare il dispositivo di protezione ed immergerci fino a toccare il fondo della fossa……purtroppo non so che dirle altro per il momento, ciò che le “consiglio” di fare è solo il frutto della logica ma non è in questo caso, purtroppo assolutamente frutto di una mia ben precisa convinzione.”” Maledizione, signor Bianchi…..siamo venuti fino a qui muovendo mari e monti…… e lei adesso mi dice di non sapere assolutamente cosa fare……ma si rende conto che qui tutto è imperniato sulle sue presunte”folgorazioni”…..si rende conto che a tutta questa pazzesca impresa pare sia legato il destino del mondo!” “ Certo comandante….lei ha perfettamente ragione…..ma io non posso dire quanto non so….io non sono assolutamente ancora in grado di fare il punto sulla situazione e dare a lei delle precise direttive….ora come ora se siamo arrivati fino a qui, la cosa apparentemente più logica, è quella di arrivare sul fondo e di stare a vedere. Fino ad ora, quando è stato necessario, ho sempre “saputo” cosa sarebbe stato necessario fare e ho la massima fiducia che lo saprò anche in futuro. Vede, io avrei potuto anche stare zitto, e dire che sapevo che l’unica cosa da fare sarebbe stata quella di immergerci…..ma con lei ho voluto essere onesto e sincero e farla partecipe soprattutto dei miei dubbi. Abbia fiducia comandante Norton….se non in me, almeno in quel colui o qualcosa che guida il nostro cammino e che ci ha inviato nostro malgrado fino a qui.” Altro da dire non c’era…..al comandante non rimase altro che dare l’ordine a Braun di “accendere” il suo dispositivo e all’equipaggio di prepararsi per l’immersione. Il Baltimora era dotato di due grandi “casse di zavorra”, una posta a poppa tra il compartimento riservato alla “camera di manovra” e il locale del timone ed una a prua situata tra la “sfera del Sonar” ed i magazzini. L’immersione o il riaffioramento in superficie del sommergibile erano dovute al riempimento/ svuotamento di tali casse. La direzione ed il grado di appruamento in immersione, erano determinati dai” piani di controllo di poppa” che si trovavano proprio a ridosso dell’elica. Tutti gli strumenti di bordo erano perfettamente funzionanti e il meccanismo attivato dal professor Braun era stato acceso con l’unico apparente risultato di veder comparire su un display una serie di lucette verdi. Il battello era sceso oramai a duecento metri quando dal locale sonar arrivò all’improvviso un drammatico avvertimento:”Sala controllo….qui Sonar. Siluri in acqua….rotta zero, due, zero in rapido avvicinamento….due siluri, anzi…tre. Tutte le eliche in cavitazione. La situazione si era di colpo fatta drammatica……evidentemente il “Baltimora” era stato, non navigando in modalità silenziosa, individuato facilmente da uno dei sommergibili russi che si erano ammutinati e che evidentemente avevano deciso di intraprendere una loro guerra personale contro il battello americano. Il “Baltimora” aveva reagito istantaneamente…..il comandante Norton aveva immediatamente dato l’ordine di”avanti tutta” e di caricare nei tubi lanciasiluri di poppa, gli unici rimasti dopo i lavori di modifica, due” falsi bersagli Mark 21 e di lanciarli.” Il Baltimora si stava trovando nella situazione più difficile in cui un sommergibile si potesse trovare… si era verificato l’incubo con cui nessun comandante avrebbe mai voluto venirsi a confrontare…...in fuga cioè da dei siluri che per quanto il sommergibile potesse accelerare…..nel giro di qualche minuto lo avrebbero fatalmente raggiunto e distrutto. A terra sul simulatore, il Comandante per ben sei volte si era trovato in una situazione simile….e per sei volte non c’era stato modo di evitare l’affondamento. Norton dette l’ordine di portare il reattore al centoventi per cento della potenza e il battello così fu in grado di accelerare fino alla velocità di quasi quarantasette nodi. Il disperato aumento della potenza era riuscito in realtà a regalare al Baltimora solo qualche nodo in più, a causa della “resistenza idrodinamica” che aumentava all’aumentare della velocità dell’oggetto in movimento, pagando il prezzo di far surriscaldare i cuscinetti dell’albero dell’elica e di far quasi schizzare i motori dai rispettivi banchi cui erano saldati. Anche il livello delle radiazioni, essendo stato portato il nucleo del reattore ad un livello “ultracritico”, si era pericolosamente elevato ma la potenza dell’impianto all’albero, così facendo, era salita a ben 47000 cavalli. Intanto il sonar attivo aveva dato al sommergibile americano la posizione dell’aggressore ed una ottimale soluzione di tiro gestita dal computer. Norton tuttavia alla velocità cui stava andando non poteva lanciare i propri missili ne i siluri. Il secondo ufficiale aveva calcolato che, se il sommergibile avesse rallentato a soli venti nodi e avesse sollecitamente lanciato uno dei suoi nuovi missili sperimentali, al battello sarebbero rimasti solo tre minuti prima di essere colpito dai siluri russi. Norton si sentiva quasi impazzire……il suo battello, se le contromisure che aveva appena lanciato fossero risultate del tutto o in parte inefficaci, pareva condannato…..non rimaneva altro da fare che rendere la pariglia….occhio per occhio, dente per dente, sperando che i tubi di lancio resistessero alla violenza del lancio dei missili sperimentali. Invano Aldo e Braun avevano cercato di rammentare al comandante che il sommergibile era dotato dello schermo protettivo…ma Norton non aveva voluto sentire ragioni, non si fidava di lasciare senza reagire il suo battello nelle mani di una invenzione mai sperimentata a bordo di un sommergibile e agiva come se Aldo, Braun e la sua invenzione non fossero mai esistiti. Il Baltimora aveva rallentato a venti nodi e con la soluzione di tiro impostata, il missile era stato lanciato fortunatamente con successo….poi il battello aveva ripreso subito la sua forsennata andatura. Non c’era stato nulla da fare……ne per il Baltimora ne per l’”Alfa” russo….entrambi erano stati inesorabilmente colpiti. Ma mentre il sommergibile americano aveva evitato, con le contromisure lanciate da Norton al momento opportuno, ben due dei tre siluri…..il piccolo e velocissimo sommergibile russo era stato inesorabilmente colpito in un attimo dal missile americano che lo aveva raggiunto e distrutto nel giro di un minuto. Il “Baltimora” invece, aveva sopportato l’esplosione ravvicinata, che in condizioni normali lo avrebbe di certo affondato, senza nemmeno un graffio…..gli strumenti avevano registrato semplicemente l’esplosione e nulla più…..il campo di forze aveva fortunatamente dimostrato di funzionare perfettamente. Norton aveva subito dato l’ordine di ridurre drasticamente la velocità e di passare immediatamente alla navigazione silenziosa. Ma chi non era rimasto per nulla in silenzio era stato Aldo, che preso da parte nella sua cabina il comandante aveva cominciato ad inveire:”Comandante Norton….è forse impazzito? Ma cosa le è saltato in mente di lanciare quel missile sperimentale…..non sa forse che se ci fosse stato qualche problema a quel “cazzo “di missile il “Baltimora” avrebbe potuto esplodere! Chi gliela fatto fare poi a portare il reattore al centoventi per cento della potenza nominale mettendo a rischio la riuscita della nostra missione! Lei sarà anche il comandante del sommergibile…..ma il vero e unico responsabile di questa missione vitale per il mondo intero, sono io e solo io anche se le assicuro che di questo”potere” ne farei volentieri a meno. Se noi ci siamo messi nelle mani del professor Braun e della sua invenzione dobbiamo avere totale fiducia in loro……se l’apparecchiatura che abbiamo montato sul SUO battello non funzionasse, per noi sarebbe stato tutto finito in ogni caso, uccisi prima dall’”Alfa” russo o dopo dalla pressione che troveremo immergendoci in profondità! Ma la sua decisione di lanciare il missile e di portare al massimo e oltre del funzionamento il reattore…..è stata completamente arrischiata e, se non fosse stato per il Professor Braun, tra l’altro, assolutamente inutile. Comandante…. Lei mi deve comprendere e scusare ……so benissimo a che punto di stress lei possa essere sottoposto…..comprendo perfettamente al situazione in cui lei, io e tutti noi ci veniamo a trovare…….mi dispiace di averle esposto con tanta violenza il mio pensiero….lei non ha certo agito nella maniera giusta, non si è voluto fidare di me e di Braun…..forse non poteva ancora farlo….mi scusi….la capisco. Resta il fatto che lei, io tutti noi, come vuole metterla lei, abbiamo commesso un errore. Adesso per fortuna, e questa è la cosa più importante per noi, abbiamo la prova che Braun aveva ed ha ragione nell’asserire che il “Baltimora” è invulnerabile a qualsiasi cosa ciò possa minacciarlo. La prego….dimentichi quanto le ho detto….se la ho offesa mi perdoni, non era mia intenzione farlo...... anch’io sono vittima della tensione provocata da una situazione in cui mai avrei pensato e soprattutto voluto venirmi a trovare. L’importante ora è che impariamo finalmente a fidarci uno dell’altro e di agire in sintonia per il bene comune….” Norton aveva capito a sua volta tutto….si era reso conto di avere sbagliato e di aver messo inutilmente in pericolo il suo battello, ma adesso sapeva di avere per compagno una persona completamente aliena al puro piacere del comando, sapeva di poter contare su Aldo come si può contare su di un amico che tra l’altro aveva dimostrato, non per suo merito, di saperne più di lui…e questa era la pura e amara verità. Norton poteva anche avere sbagliato ma sapeva riconoscere da uomo eccezionale il suo errore.:” Signor Bianchi….Aldo se la posso chiamare così…..non è solo con lei che mi devo scusare…..so che lei comprende benissimo il perché del mio comportamento avventato……ma tutto serve a comprendersi meglio per il bene comune……finiamola li, se vuole, e andiamo avanti con la missione.”
Dieci minuti dopo il “Baltimora” aveva iniziato il suo viaggio verso l’ignoto……la profondità veniva scandita dall’addetto al sonar, visto che l’indicatore di profondità arrivava al massimo a cinquecento metri……seicento, settecento, ottocento…e il sommergibile non dava segno alcuno di cedimento strutturale, anzi i cigolii e d i rumori caratteristici delle grandi profondità dovute alla deformazione dello scafo sottoposto al peso della pressione crescente, non si erano per nulla manifestati. Il battello risultava protetto da una” guaina” invisibile che lo rivestiva completamente…..novecento, mille millecento, milleduecento metri….e giù, sempre più giù in un abisso che pareva senza fine….poi ecco apparire il fondo. Il silenzio a bordo era quasi assoluto….la tensione si era poco a poco stemperata nella concentrazione e nella curiosità per quanto stava loro accadendo. All’improvviso Aldo disse a Norton:”Comandante…..a venti miglia dritto davanti a noi si trova una grande caverna in grado di contenere agevolmente il “Baltimora”. Questa caverna tende a scendere per tutta la sua lunghezza e ci porterà esattamente la dove noi dobbiamo arrivare, cioè a cento chilometri esatti di distanza dalla calotta del polo nord e alla profondità di…..no, questo non glielo so purtroppo ancora dire.
A trenta nodi di velocità in poco meno di un’ora il sommergibile era giunto in prossimità del suo obbiettivo. Il Sonar attivo aveva ben presto scoperto quello che sembrava l’ingresso di una titanica apertura, proprio dove la fossa abissale cominciava a risalire verso l’alto. Le dimensioni permettevano ampiamente al Baltimora di addentravisi e Norton dette sollecitamente l’ordine di procedere in avanti a bassa velocità. Il sommergibile non era dotato solo dei sistemi sonar attivi e passivi e del sistema di navigazione inerziale ma era anche dotato di una serie di telecamere ad alta definizione che su di uno schermo panoramico riportavano con la massima chiarezza le immagine dell’esterno. Non che in quel luogo ai confini del mondo ci fosse molto da vedere….il buio era rotto solo dal faro del sommergibile e lasciava a tratti intravedere un fondo roccioso completamente spoglio di vita animale e vegetale. Le telecamere avevano anche inquadrato il tunnel che il Baltimora si apprestava a percorrere……il fondo continuava a scendere con una pendenza che via via aumentava sempre di più fino a trasformarsi ad un certo momento in una specie di pozzo che scendeva verticalmente verso il basso. Tredicimila metri, quattordicimila…..ventimila e la discesa continuava ancora. Il reattore, vero cuore pulsante del Baltimora, per fortuna continuava a funzionare a dovere. Per mantenere perfettamente efficienti tutti gli impianti di bordo e la complessa apparecchiatura che creava il campo di forza che li proteggeva da ogni insidia, il “bollitore”, come il reattore veniva affettuosamente chiamato, doveva lavorare costantemente al cento per cento della potenza…..tutto dipendeva dal suo corretto funzionamento….per dire il vero mai a bordo di un sommergibile della classe Ohio il reattore aveva dato dei problemi; la tecnologia impiegata non era certo approssimativa come quella dei sommergibili sovietici degli anni ottanta e la sicurezza per l’equipaggio e per l’ambiente che circondava il battello era salvaguardata al massimo. La discesa del Baltimora aveva dell’incredibile….nessuno aveva mai ipotizzato l’esistenza di quel budello che puntava diritto verso le più remote profondità. Ad un certo momento la temperatura dell’acqua aveva cominciato gradatamente ad aumentare, segno questo che la crosta terrestre stava per lasciare il posto al”Mantello” dove la temperatura si aggirava attorno a centinaia di gradi centigradi. La terra, infatti, si può paragonare in un certo senso ad una gigantesca mela di cui la buccia è la crosta terrestre, la polpa il mantello ed il torsolo il nucleo. Norton si era accorto subito della progressiva variazione di temperatura esterna e aveva domandato lumi ad Aldo.”Comandante Norton….noi stiamo compiendo un viaggio inverosimile, noi stiamo andando dove nessuno mai aveva pensato di poter arrivare. Il Baltimora è ora in procinto di arrivare al limite estremo della crosta terrestre all’interno di questo “pozzo” che continuiamo a discendere….fra poco la discesa si arresterà e noi potremo entrare in un mondo incredibile dove sosteremo per un certo periodo prima di poter proseguire per la nostra ultima destinazione. Altro di più preciso non sono per ora in grado di dirle…..come al solito io vengo a sapere cosa sta per succedere o cosa sia necessario fare solo al momento opportuno e non prima.”

CAPITOLO NONO.

Il Comandante Norton aveva abbozzato e si era defilato pieno di delusione mista ad un sordo rancore, inoltre era sempre più perplesso e preoccupato…..era riuscito ad accettare, dopo un grande conflitto interiore, di essere costretto a fare una semplice parte da comprimario in quello che aveva sempre considerato il suo piccolo mondo; si era rassegnato ad essere partecipe come una semplice comparsa, di una impresa che non sentiva per nulla sua e che tra l’altro lui non era assolutamente in grado di comprendere e di gestire. Ma Norton era assolutamente incapace a rassegnarsi al fatto di non sapere quale potesse essere il destino del suo battello…..dove il “SUO” “Baltimora” stesse andando e…perchè. Ma purtroppo Norton sapeva ormai per esperienza, che lo stesso Aldo non era in grado di dargli le necessarie delucidazioni se non quando lui stesso ne veniva a conoscenza…..la situazione era purtroppo quella che era e bisognava per forza di cose rassegnarsi e sperare per il meglio. Alla fine il sonar aveva colto un eco di ritorno dal fondo……ancora poche miglia in discesa e avrebbero raggiunto il fondo dell’abisso. Le creature dell’abisso esistevano da prima che l’uomo facesse la sua prima apparizione sulla terra. Erano arrivate a bordo di una gigantesca astronave provenienti da un mondo lontano migliaia di anni luce, mondo che era stato distrutto da una immane catastrofe cosmica a cui nemmeno la loro intelligenza e la loro sviluppatissima tecnologia, avevano potuto porre rimedio. Prima della partenza erano state “aiutate” a trovare la soluzione dei loro problemi da una misteriosa entità, manifestatasi negli ultimi giorni disperati in cui tutto sembrava perduto, entità assolutamente indefinita che però le aveva indirizzate a quel pianeta verde azzurro tanto diverso e lontano dal loro, un mondo strano e alieno, che avrebbe potuto per loro costituire l’ancora di salvezza di cui avevano bisogno per sopravvivere. Ora anche il mondo di adozione dopo migliaia di anni era a rischio di distruzione……il magma che aveva trovato strada verso l’alto e che con il sui calore stava facendo sciogliere le calotte polari, stava nello stesso tempo avanzando verso il loro rifugio e se non si fosse trovata rapidamente una contromisura adatta, tutta la loro razza sarebbe scomparsa in un uragano di fuoco. La loro intelligenza era senza dubbio sviluppatissima come la loro tecnologia……ma le creature dell’abisso non avevano mai rivolto la loro attenzione a qualunque branca della scienza che potesse ricondurre ad armi di distruzione. Loro potevano far fronte ad una infinita serie di avversità della natura, riuscendo il più delle volte a dominarle o a respingerle…..ma questa volta, per fermare il disastro sarebbe stato necessario, anzi indispensabile, ricorrere a dei mezzi estremi che però….non erano mai stati in loro possesso e mai lo sarebbero stati. Loro sapevano da anni quello che sarebbe accaduto…..loro erano state, in una delle rarissime”incursioni” sulla superficie del pianeta, a rapire ed “istruire”Aldo e a predisporre tutto quanto era stato fatto per avvertire preventivamente il Presidente Americano e quanti avrebbero dovuto aiutare Aldo affinché si potesse imbarcare a bordo del “Baltimora”. Era stato difficilissimo per loro fare in modo di contattare una ristrettissima cerchia di “umani”, far eseguire loro quanto era stato necessario fare e far dimenticare il tutto a loro fino a quando il momento cruciale non fosse giunto…….MA ERA STATO FATTO ! . Il Baltimora adesso sarebbe servito per un duplice scopo…..salvare loro e, nello stesso tempo, il genere umano.

CAPITOLO DECIMO.

Il “Baltimora” finalmente era arrivato alla fine dell’abisso di cui, mai prima d’ora, l’uomo aveva sospettato l’esistenza. Ora davanti alla prua del sommergibile si apriva una sorta di antro gigantesco, una specie di mare interno sotterraneo. Ma quello che era sbalorditivo era il fatto che una sorta di canale subacqueo era come segnalato dalla inquietante presenza di segnali luminosi verdi a destra e rossi a sinistra…..era un chiaro invito ad avanzare verso il cammino così indicato ed era anche la certezza che qualcuno o qualcosa alla fine di quel misterioso canale li stava aspettando. Aldo alla domanda di Norton aveva risposto che si…..dovevano avanzare nella direzione indicata e che fra breve avrebbero entrambi avuto una adeguata risposta a tutte le domande che avevano in testa ed a cui non avevano saputo dare alcuna risposta. Dopo una ventina di minuti di navigazione, Aldo aveva detto a Norton che era venuto il momento di emergere: il profondimetro adesso diceva inequivocabilmente che si trovavano solo a cinquanta metri dalla superficie…..da una superficie che a sua volta si trovava a migliaia di metri da dove il cielo baciava le onde. Il Baltimora era emerso in quello che risultava essere uno specchio d’acqua sormontato da un cielo di roccia. Il “soffitto” era situato ad una altezza di un centinaio di metri e la caverna che richiudeva il tutto aveva un aspetto circolare ed un diametro di una diecina di chilometri. Ad un chilometro circa dal punto in cui erano emersi, si delineava una piccola banchina con delle bitte di attracco……era senza dubbio un chiaro invito e Norton dette sollecitamente l’ordine di dirigersi proprio li. Poco dopo, il sommergibile, fermati i motori, e assicurate le cime d’ormeggio…….sembrava aver concluso il suo viaggio. Incredibilmente li sotto la pressione che avrebbe dovuto essere di valori inimmaginabili, era invece scesa a valori perfettamente nella norma della superficie terrestre… Era tutta una faccenda inverosimile……l’abisso senza fondo in cui si erano calati, il fatto che erano stati guidati fino a li da Aldo che fino a pochissimo tempo prima era per loro un perfetto sconosciuto, lo stesso luogo in cui si trovavano dove mai nessuno, a parte gli scrittori di fantascienza, aveva mai concepito di poter arrivare…….Ma la fantasia questa volta sembrava proprio essersi tramutata in realtà. Intanto però nessuno al di fuori del Baltimora si era fatto vivo…..ad accoglierli non c’era apparentemente nessuno. Al di la del pontile d’ormeggio si stendeva una landa desolata assolutamente piatta alla cui estremità si trovava un grande ammasso di rocce: nulla che invitasse qualcuno ad avventurarsi in quel deserto, niente che potesse assomigliare ad un invito o che potesse solo fare immaginare una direzione verso la quale potersi incamminare. Per di più l’aria che si trovava all’esterno era si ricca di ossigeno ma presentava anche in dose massicce del cloro, presenza questa che la rendeva assolutamente irrespirabile per gli esseri umani. La temperatura dell’esterno era poi prossima ai cinquanta gradi, e nuvolette giallognole di vapore davano a tratti alla spianata un che di nebbioso. Anche Aldo questa volta non sapeva cosa dire e cosa fare…..in precedenza le risposte, quando si era presentato un problema, gli erano venute in mente al momento opportuno, ma questa volta alle domande incalzanti del Comandante anche lui non sapeva proprio come rispondere…….erano arrivati fino a li e la cosa più ovvia era quella di attendere:” Comandante, abbia pazienza……se siamo arrivati fino a qui una ragione ci deve ben essere….non siamo certamente arrivati in questo posto fuori dal mondo per caso o per le mie”fantasie”. Io adesso non so cosa dirle, non so cosa dobbiamo fare e l’unica cosa che mi sento di dirle è di avere pazienza…….la logica ci dice di attendere perché qualche cosa assolutamente indipendente dalla nostra volontà, succederà di certo.”

CAPITOLO UNDICESIMO.

Proprio al momento del cambio della guardia, quando Norton stava per recarsi a riposare qualche ora in cabina, una specie di tunnel bianco fu visto avvicinarsi lentamente dalla parete rocciosa all’approdo del Baltimora. Era un tunnel simile a quelli di plastica che fanno da collegamento tra le stanze sterili dei laboratori di emergenza in dotazione alle squadre mediche che devono operare in ambienti contaminati. Piano piano l’apertura del tunnel si avvicinava all’apertura del boccaporto della torretta del sommergibile e dopo aver superato lo spazio tra il Baltimora e la banchina, vi si era saldata perfettamente. Ora non restava altro da fare se non aprire la porta stagna e….entrare. L’aria all’interno del cunicolo risultava questa volta respirabile e la temperatura accettabile. Aldo e Norton avevano deciso di avventurarsi entrambi all’interno del tubo e il comando del Baltimora sarebbe passato provvisoriamente al Secondo Ufficiale. I due si erano chiusi alle spalle il portello della camera stagna….adesso a dividerli dall’ignoto restava solo il portello esterno:”Mai caro signor Aldo avrei pensato di trovarmi in una situazione simile…..non sono mai stato appassionato di film o romanzi di fantascienza e non sono per nulla dotato di una fervida immaginazione….eppure eccoci qui ad un passo dall’ignoto””Comandante Norton…..cosa dovrei allora dire io?Io che sono solo un povero Maggiore della Motorizzazione, abituato ad una vita tutto sommato monotona e comoda….io che mi ritrovo da qualche giorno soltanto con la testa piena di idee ed informazioni che sono progressivamente venute alla luce nel mio cervello rischiando di farmi impazzire….io che mi trovo al centro di un qualcosa programmato nei minimi particolari da non so chi e non so quando….io che mi trovo a bordo di un sommergibile nucleare negli abissi sconosciuti di un pozzo senza fondo, protetto solo da una invenzione fantascientifica di cui fino a poco fa nessuno aveva nemmeno sentito parlare!!!!!…..sa cosa le dico?….smettiamo di pensare e apriamo quel maledetto portello!” E questa era ovviamente la cosa più logica da fare in quel contesto: il volantino venne girato e la luce inondò la camera stagna del Baltimora. Si trattava di una luce meravigliosa: non era sempre dello stesso colore ma cambiava come soggetta a delle pulsazioni. Norton, appena entrato nel tunnel, si era trovato immediatamente in una situazione come di “stallo”: non andava ne aventi ne indietro e galleggiava come cullato a mezz’aria da una dolce corrente: Non aveva certo paura, anzi rea circondato da una sensazione di pace ed appagamento…..sapeva adesso che non era lui che avrebbe dovuto procedere oltre, lui avrebbe dovuto attendere il ritorno di Aldo, attendere li mentre i suoi pensieri e le sue preoccupazioni svanivano in un meraviglioso oblio…….era come se si fosse recato”in vacanza”, sapeva che, per tutta la sua permanenza li, non avrebbe dovuto preoccuparsi più di niente…..doveva solo lasciarsi andare dolcemente e godere appieno di quanto gli sarebbe capitato in quell’ambiente meraviglioso: il tubo piano piano si era come dissolto e lui fluttuava in un mare multicolore cullato da una musica celestiale….era in pace con se stesso e con il mondo intero. Aldo invece procedeva strisciando carponi all’interno del tubo. Si era subito accorto dell’assenza di Norton che era rimasto subito indietro ma adesso sapeva che l’appuntamento cui non poteva mancare era riservato a lui e lui solo. Non sentiva per nulla fatica….il pavimento del passaggio era morbido e dava una piacevole sensazione di calore. Ben presto, dopo solo una decina di metri, Aldo si trovò all’improvviso davanti ad una biforcazione: dritto il tubo continuava diretto verso la parete rocciosa da cui sembrava fosse fuoriuscito, ma a sinistra proseguiva per un due, tre metri verso un portello ancora chiuso. Aldo sapeva che era arrivato alla meta e dopo aver svoltato sollecitamente a sinistra si accinse ad aprire il diaframma che lo separava dal luogo dove sperava che le sue domande avrebbero avuto finalmente adeguata risposta. Tutto era stato oramai predisposto per l’incontro……da tanti, tantissimi anni la decisione di coinvolgere la razza aliena, che abitava la superficie del pianeta, nella salvezza del pianeta stesso, era stata definitivamente presa. Non erano mancate le più aspre discussioni tra le varie fazioni dei “saggi” che detenevano il peso del potere…..c’era chi avrebbe preferito riprendere la via dello spazio alla ricerca di un nuovo pianeta da abitare, ma questa volta nessuno era intervenuto per assegnare loro una rotta ben definita come era accaduto nel passato. Qualcun altro avrebbe preferito cercare una inprovabile salvezza nel tentativo di proteggersi dall’arrivo del magma sprofondando il loro ambiente vitale ancora di più negli abissi dell’oceano….ma oramai la loro posizione era già pericolosamente vicina alla fine della crosta terrestre ed un ulteriore avvicinamento al mantello esterno, avrebbe creato tutta una serie di problemi che avrebbero potuto essere anche di natura insormontabile. Per cui, anche se la natura violenta e irrazionale dei cosiddetti “umani” non era gradita a nessuno di loro……si era deciso che solo con il loro aiuto si sarebbe potuto sperare di superare la crisi e di sopravvivere. Aldo non aveva in realtà avuto bisogno di prendere alcuna decisione…..il portello che si trovava alla fine del breve corridoio di sinistra si era illuminato di una luce verde e aveva incominciato ad aprirsi lentamente. L’uomo allora si era cautamente avvicinato e aveva sbirciato al di la del portello che oramai risultava quasi completamente aperto lasciando intravedere un locale molto piccolo su cui troneggiava una sedia dall’aspetto anatomico. L’invito era chiarissimo e la tensione vivissima di quei momenti era mitigata di molto dalla presenza di una musica tranquillizzante e da un vivido gioco di colori che si alternavano in sintonia con lo scorrere delle note. Aldo non aveva perso tempo a sedersi e subito era come piombato in qualche cosa di simile ad un ipnotico sonno profondo. Paesaggi alieni gli balzavano alla mente scorrendo uno dopo l’altro….tutta la storia di un popolo e di una razza così diversa da quella umana, gli passavano davanti. Secoli e secoli di vita scorrevano davanti agli occhi della sua mente spalancati dallo stupore…..un mondo mai in lotta ma dedito alla contemplazione, al rispetto reciproco e all’amore. Si trattava di una razza che aveva già raggiunto da un’epoca immemorabile, quel livello superiore della vita cui gli esseri umani erano destinati a raggiungere solo in un ancora lontanissimo futuro, futuro che ancora vanamente agognavano riuscendo solo a volte ad intravederlo. Loro, i Mir….avevano da millenni lasciato alle spalle i vizi, gli egoismi e le paure che continuavano tutt’ora a distruggere l’esistenza degli umani….ma adesso i Mir….avevano bisogno dell’aiuto dell’uomo per sopravvivere e per aiutare, nello stesso tempo, a sopravvivere anche la razza umana. Era necessario agire solo ed esclusivamente in un ben determinato modo e farlo entro le prossime due settimane….altrimenti sarebbe stato troppo tardi per tutti e sarebbe accaduto l’inevitabile. Se tutto fosse andato per il meglio….ci sarebbe stato un secondo incontro e forse anche l’uomo avrebbe potuto imparare da questa esperienza a percorrere la via, quella giusta, per poter finalmente riuscire ed arrivare a sua volta ad evolversi. Dopo di ciò Aldo si era ritrovato di colpo esattamente alle spalle di Norton che a sua volta era riemerso dal suo stato di torpore. Entrambi si trovavano ad un passo dalla camera stagna del Baltimora e Norton chiese immediatamente ad Aldo:” Signor Aldo…..io ho la mente confusa…..mi sento come appena svegliato da un sonno meraviglioso……ma lei è ancora qui….non deve procedere oltre per cercare quel contatto che tanto sta cercando?Che cosa fa ancora qui?””Comandante……anche se a lei può sembrare strano, e le posso assicurare che anch’io ho perso la concezione del tempo, io la mia missione qui…..la ho già espletata. Torniamo subito a bordo che le spiegherò tutto quanto so e quanto dobbiamo fare adesso.” Rientrati in sala di controllo, era risultato che tra la loro uscita ed il loro rientro, erano passato solo tre minuti….il tempo esatto che Aldo aveva impiegato per arrivare al corridoio del portello e….a ritornare a bordo. Come al solito cercare una adeguata risposta era una inutile perdita di tempo e cercare di esaminare il perché del verificarsi di un tale fenomeno, era stato rimandato a tempi migliori.

CAPITOLO DODICESIMO.

“Comandante Norton…..mi ascolti per favore e risponda prima di tutto a questa semplice domanda: lei è autorizzato e di conseguenza in grado di lanciare missili balistici intercontinentali verso obiettivi ben definiti senza preventiva autorizzazione presidenziale……..io penso di no, ma la prego, mi risponda ugualmente.”” Ma cosa mi sta mai chiedendo….Signor Aldo? Capisco benissimo l’anormalità della situazione in cui ci troviamo…..ma da questo a farmi esplicitamente delle domande su nozioni coperte da segreto militare….ce ne corre, se permette!!!!!”” Certo, Comandante…..in tempi normali lei avrebbe perfettamente ragione a comportarsi in tale maniera….ma adesso io la assicuro che quanto le ho chiesto non mi serve certo per sapere se lei ha la possibilità e il modo di distruggere autonomamente un ipotetico nemico, scatenando contro il suo paese reazioni incontrollate…… la prego Comandante di capire che tutto quanto abbiamo fatto finora, tutto quello di incredibile ci è successo finora, ha uno scopo ben preciso che solo adesso mi appare chiaro alla mente dopo l’incontro che io ho avuto mentre lei “galleggiava in un mondo irreale”….la prego, Comandante adesso mi risponda.””Signor Aldo……ebbene si adesso le darò la risposta che cerca……Tenente Moreland” disse Norton rivolgendosi al suo Secondo”….Per favore, ascolti questa conversazione, la registri e la metta sul libro di bordo….se tutto andrà per il meglio….bene, ma se tutto dovesse rivelarsi un gigantesco “raggiro” ai danni miei, del “Baltimora” e degli Stati Uniti, io per primo, grazie alla testimonianza sua e a quanto verrà registrato sul libro di bordo, ne pagherò le conseguenze. Se lei Tenente Moreland avrà sentore di ciò….HA L’ORDINE DI SOLLEVARMI IMMEDIATAMENTE DAL COMANDO E DI CONFINARMI NEL MIO ALLOGGIO ASSIEME AL QUI PRESENTE SIGNOR ALDO. E adesso sono da lei Signor Aldo…..ora siamo veramente nella stessa barca. Per il lancio di anche uno solo dei miei missili balistici ho bisogno prima di tutto dell’ordine presidenziale e, cosa ancora più importante, della trasmissione della inequivocabile conferma dei codici di lancio che sono presenti nella cassaforte di bordo di cui io ed il Signor Moreland abbiamo una chiave ciascuno. Tali codici, necessari per armare i missili e trasmessi via radio alla bisogna, devono essere identici a quelli presenti nella cassaforte. Purtroppo da qui le trasmissioni anche eseguite in onde radio cortissime…..sono impossibili, per cui si rende necessario risalire ad una quota più vicino alla superficie e mettersi in contatto con chi è preposto a ricevere la mia comunicazione di autorizzazione al lancio ed a farmi eventualmente trasmettere i codici richiesti.”” Ho capito Comandante….ma adesso io le dico che nella cassaforte del Baltimora, cassaforte che lei non ha più aperto dalla partenza, lei potrà trovare sia l’autorizzazione scritta del Suo Presidente al lancio a sua discrezione dei missili, sia la copia richiesta dei necessari codici di lancio. Potrà trovare il tutto all’interno di una piccola valigetta che lei pensava contenesse, come di consueto, i codici di lancio di riserva…..non mi chieda, per favore, come faccio a sapere tutto questo….lo so e basta e adesso la prego di controllare. Comandante….per l’ennesima volta la prego di non fraintendermi. Il comandante del “Baltimora” è lei e solo lei…..io non voglio assolutamente usurpare il suo posto o darle ordini o disposizioni. Io, Lei tutti noi qui….stiamo agendo per un qualcuno tanto più grande di noi e, sopratutto, per dare una speranza di sopravvivenza al genere umano. Pensi solo quanto è pesante per me portare questo fardello…per me che fino a pochi giorni fa avevo solo la responsabilità degli automezzi di un Reggimento Meccanizzato e di tutta questa faccenda che ci sta togliendo il sonno non ne sapevo assolutamente nulla.” Norton era ancora allibito…..la richiesta pazzesca di Aldo, il rendersi conto che l’Italiano era al corrente di cose che nemmeno lui conosceva, il rendersi conto che Aldo stesso cercava esclusivamente di fare il suo dovere e cercava di farlo cercando di non sminuire l’autorità di Norton a bordo…..non si trattava certo di una situazione facile da sbrogliare….al Comandante non restava ormai altro da fare che procedere: aprì assieme a Moreland la cassaforte con le due chiavi in loro possesso, trovò la cartellina e si rese conto che tutto quanto Aldo aveva previsto rispondeva una volta di più perfettamente alla realtà.

CAPITOLO TREDICESIMO.

Intanto sulla terra la situazione rischiava di precipitare…….le nubi sempre più fitte continuavano a nascondere la luce del sole. I temporali e le tempeste sembravano per ora essersi calmate ma il freddo avvolgeva ormai tutto il pianeta. Il nuovo pericolo che adesso si profilava all’orizzonte era quello che le masse di vapore che avvolgevano i poli in evaporazione, si scontrassero con quelle che si erano già raffreddate e che si trovavano nei pressi della zona equatoriale generando prima uragani di intensità mai vista e poi l’avvento di una nuova era glaciale. Anche se i media avevano fatto di tutto per tranquillizzare la popolazione, oramai il terrore stava prendendo il sopravvento. Gli accaparramenti incontrollati di viveri, i saccheggi e le intemperanze non si contavano già più ed erano fattori quasi incontrollabili. Ma nei paesi in via di sviluppo il caos era diventato totale: l’Africa aveva perso anche quella “patina” di civiltà che con tanta fatica le era stata data dai paesi occidentali ricadendo nella totale barbarie, e quello che era più grave era stata la guerra nucleare scatenata dall’India ai danni del confinante Pakistan….che ovviamente aveva risposto a dovere. Il mondo intero era sull’orlo della distruzione e se qualche cosa di diverso che avrebbe potuto “cambiare la situazione”non fosse al più presto accaduto, l’uomo avrebbe rischiato di tornare all’età della pietra. Aldo aveva convocato una riunione di emergenza nella mensa del Baltimora: una volta di più i microfoni del sommergibile erano aperti e tutti potevano partecipare al rapporto in prima persona.”Comandante Norton….equipaggio del Baltimora…..ormai il tempo stringe e noi dobbiamo passare all’azione il più presto possibile. Sotto i due poli del pianeta masse incontrollate di magma incandescente stanno sciogliendo i ghiacci e causando di conseguenza tutti quei fenomeni che stanno devastando la superficie del nostro pianeta. Inoltre lo stesso magma mette in pericolo l’evolutissima civiltà, che risiede negli abissi dove tutt’ora ci troviamo, che ci ha contattato con la speranza che noi possiamo riuscire dove loro, pur così evoluti, non possono arrivare. La responsabilità che grava sulle nostre spalle è enorme……solo noi abbiamo la possibilità di salvare il nostro mondo e quello degli abissi. Adesso noi dovremo agire con una azione che si svolgerà in due tempi……prima di tutto ci occuperemo di “salvare” la razza aliena che ha chiesto il nostro aiuto e, subito dopo, ci occuperemo della “nostra” Terra, della nostra civiltà. Buona fortuna a tutti!!!” Aldo poi, aveva preso da parte Norton e con la massima calma gli aveva spiegato quanto stava accadendo e quanto si sarebbe dovuto fare. Il magma che stava risalendo impetuosamente dalle profondità della terra, passava attraverso una titanica fenditura che su era prodotta al confine tra la crosta terrestre ed il mantello. Come e perché si fosse verificato questo cataclisma….non era dato saperlo…..richiudere tale squarcio era al di la delle possibilità di chiunque.”Vede Comandante……il posto dove ci troviamo, il gigantesco antro dove siamo tutt’ora ormeggiati, non è altro che l’anticamera di quel mondo sconosciuto che è la casa e la Patria dei Mir. Il loro mondo si trova al di la di quel sottile muro roccioso da cui è fuoriuscito il tunnel di collegamento dove noi due siamo entrati in precedenza. Ora tra tre settimane al massimo il magma farà irruzione proprio dove noi ci troviamo adesso e distruggerà in brevissimo tempo tutto quanto si trova al di la della parete rocciosa. Solo noi forse, e dico forse, siamo in grado di impedire questa tragedia……Noi dobbiamo retrocedere a distanza di sicurezza entro il tunnel d’ingresso esattamente da dove inizia il pozzo che porta alla superficie, lanciare tre dei nuovi missili antinave sostituendo le testate convenzionali con tre di quelle nucleari e riemergere il più rapidamente possibile. L’obiettivo da colpire è la volta della grande caverna e farla crollare……bisogna in pratica fare in modo che il magma, quando irromperà in questa zona, trovi ad ostacolare il suo cammino non solo un piccolo lago…..ma una muraglia impetrabile di roccia che fermi per sempre il suo letale avanzare. Il pericolo per noi è duplice…….se è vero che noi siamo invulnerabili a qualsiasi attacco esterno, c’è la possibilità che la ricaduta della volta rocciosa diventi incontrollabile coinvolgendo anche noi, ci seppellisca e in pratica ci condanni a rimanere sepolti e immobilizzati a morire di fame. Inoltre mi risulta che il lancio di tali missili, ancora sperimentali, è tutt’ora “critico”….ovviamente una esplosione interna dovuta allo scoppio dei tubi di lancio, sarebbe per noi letale e…..chiuderebbe drammaticamente la partita.....con il sottomarino russo il lancio dei missili è andato per fortuna bene ma siamo sicuri che la fortuna continuerà ad assisterci? Le prospettive immediate sono queste…..se tutto andrà bene come spero e credo…..ci potremo dedicare alla seconda parte del nostro piano, quella che dovrebbe salvare la nostra civiltà.” Adesso il comando passava effettivamente nelle mani di Norton: lui aveva avuto le direttive e solo lui adesso sapeva come eseguire il piano nella maniera migliore per fare in modo che tutto andasse per il verso giusto. Norton aveva fatto retrocedere in immersione il Baltimora di una ventina di chilometri all’interno del tunnel, poi lo aveva arrestato e aveva iniziato la complessa procedura di lancio dei tre missili. La sostituzione delle testate aveva portato via poco più di un’ora, compreso il tempo necessario a verificare che tutto apparisse in ordine, poi gli ordigni erano stati armati e la loro destinazione finale impostata nei piccoli ma potenti computer di bordo in dotazione a ciascuno di loro. I tre missili sarebbero stati lanciati ad un intervalli di quindici secondi uno dall’altro, in modo da non creare uno stress eccessivo ai tubi di lancio che confinavano uno con l’altro. Se qualcosa fosse andato male , non ci sarebbe certo stata via di scampo, ma Norton fece ugualmente chiudere le paratie stagne come se il Baltimora si trovasse in combattimento. Il momento critico era arrivato….i codici di lancio autorizzavano la partenza dei missili, le due chiavi avevano ruotato simultaneamente nei rispettivi blocchetti…..non restava altro che premere in sequenza i tre interruttori e attendere. Lancio……fuori uno fuori due….fuori tre!!! I tre missili erano per fortuna usciti con successo dai rispettivi tubi di lancio e si dirigevano ad altissima velocità verso il loro bersaglio. Per fortuna non si erano verificati problemi e lo spauracchio di una incontrollata esplosione si era definitivamente allontanato. A Norton non era rimasto altro che ordinare una immediata emersione di emergenza attraverso quel pozzo che avevano disceso in precedenza:” Tenente Moreland…….ci porti su il più presto possibile….aria alle casse di zavorra, timoni a salire e macchine pari avanti tutta…… emersione rapida di emergenza!” Il Baltimora ubbidiente aveva sollecitamente iniziato il suo viaggio di ritorno verso la superficie quando una gigantesca ondata proveniente dal basso cominciò a sballottare le sue ventimila tonnellate in tutte le direzioni come se il gigantesco sommergibile fosse un turacciolo di sughero: le tre bombe nucleari avevano impattato ed erano esplose causando quella tremenda onda d’urto subacquea che, senza la protezione del campo di forza generato dall’apparecchiatura ideata e costruita da Braun, lo avrebbe senza dubbio sfracellato. “Ecco fatto Signor Aldo……i missili hanno fatto il loro dovere….adesso bisognerebbe sapere se tutto ciò è servito oppure no”” Certo Comandante, lei ha perfettamente ragione, ma ora noi ci dobbiamo occupare del “nostro” problema….per i Mir abbiamo fatto tutto quanto era in nostro potere per aiutarli….speriamo che il nostro intervento sia effettivamente servito e bastato a salvare la loro civiltà” I due stavano ancora discutendo su ciò mentre il Baltimora emergeva, per modo di dire, sul fondo della fossa delle Marianne, quando una musica celestiale si diffuse in tutto il sommergibile seguita da una danza di colori di una bellezza senza fine……era la risposta che attendevano mescolata al ringraziamento di coloro che erano riusciti a salvare….ce l’avevano fatta, i Mir erano salvi!

CAPITOLO QUATTORDICESIMO.

Risalire dalle profondità abissali era stato un sollievo per tutti. Passato il momento dell’euforia, l’equipaggio si era ora concentrato nella seconda parte della loro missione. Il Baltimora si era attestato alla profondità di trecento metri sotto la superficie del mare in viaggio a quaranta nodi verso l’equatore quando si era verificato il primo serio inconveniente dall’inizio della missione. Il dispositivo di protezione del sommergibile ideato dal Dottor Braun, aveva difatti improvvisamente cessato di funzionare con il risultato di far diventare il Baltimora vulnerabile come tutti i sottomarini del mondo. La prima reazione di Norton era stata quella di ridurre drasticamente la velocità di crociera a soli venti nodi…..a tale velocità infatti il Baltimora era praticamente impossibile da individuare da chiunque, la seconda quella di portare il funzionamento del reattore all’ottanta per cento della potenza. Norton e Aldo al verificarsi dell’imprevisto difetto di funzionamento del dispositivo che creava il campo di forza, si erano guardati negli occhi rendendosi entrambi conto che se il guasto si fosse verificato solo qualche ora prima quando il sommergibile si trovava a profondità abissali…….la partita sarebbe stata già chiusa da tempo nell’arco di qualche secondo. Ma per fortuna il guaio era accaduto solo adesso, anche se però si trattava purtroppo di un guaio irreparabile. Braun aveva infatti asserito che si erano bruciate due” bobine di campo”, che i pezzi di ricambio a bordo non erano disponibili e che il Baltimora d’ora in poi avrebbe fatalmente dovuto fare a meno della sua “protezione aggiuntiva”. Il problema non sarebbe certo stato particolarmente grave se in giro non ci fosse stato ancora in giro il sommergibile russo disertore……d’ora in poi sarebbe stato necessario fare la massima attenzione ed attuare scrupolosamente la navigazione silenziosa. Attorno a loro comunque in quel momento non c’era assolutamente nessuno….il Baltimora proseguiva nella sua rotta che lo avrebbe rapidamente portato presso la nuova zona di lancio.
Il magma che stava riscaldando le calotte polari era fuoriuscito da due fenditure che si erano prodotte tra la crosta terrestre ed i sottostante mantello. Se era umanamente impossibile chiudere tali anomalie, si doveva trovare un’altra maniera per far “sfogare” all’esterno quell’immane calore che si sviluppava verso l’alto a pressioni pazzesche. Aldo, per fortuna anche questa volta sapeva che cosa fare e, chiamato presso di se Norton, gli espose quanto era necessario fare per tentare di porre rimedio alla incombente tragedia.”Comandante…..lo so che io rimarrò nei suoi incubi per tutta la vita…..abbia per favore pazienza ancora una volta, mi perdoni e….mi ascolti. La situazione attuale glielo ho già spiegata, lei sa ormai tutto delle fenditure, del magma e del catastrofico scioglimento dei poli. Adesso ho la necessità impellente di parlare personalmente con il suo Presidente perché ho assoluto bisogno del suo aiuto, perché senza di lui potremmo trovarci nella situazione di aver salvato il pianeta dall’inclemenza della natura….per poi farlo distruggere in un olocausto nucleare”
Negli Stati Uniti intanto si attendevano febbrilmente notizie della missione del Baltimora. L’instabilità della situazione, il progressivo sbriciolarsi dell’autorità costituita, dovuto alla crisi sempre più grave, aveva consigliato lo Staff della Casa Bianca a rifugiarsi al “Norad” all’interno delle montagne rocciose. Per fortuna l’unico ganglio vitale che dava ancora ampie garanzie di stabilità era l’apparato militare, difesa strategica compresa. Il Presidente era in costante contatto con i principali capi di stato delle nazioni civilizzate e la situazione veniva monitorata di comune accordo per tutto il tempo disponibile. Il “Norad” aveva registrato le tre esplosioni nucleari sotterranee e attendeva con ansia che il Baltimora si mettesse in comunicazione con la superficie.
Norton era intanto emerso a profondità di periscopio e aveva indirizzato, tramite la trasmissione radio in onde ultracorte, la richiesta urgente di essere messo in contatto con il Presidente. La chiamata era stata dirottata immediatamente al “Norad” e nel giro di qualche minuto il Presidente era pronto a parlare con il sommergibile.” Signor Presidente…..buon giorno, sono il Capitano di Vascello Nik Norton, comandante del “Baltimora”……qui con me c’è, come Lei ben sa, il Maggiore Aldo Bianchi che è ansioso di conferire con Lei.””Buon giorno a tutti, Signori….e spero veramente che lo sia! Maggiore Bianchi, la prego, mi dica tutto.””Buon giorno a Lei signor Presidente…..mi ascolti la prego: sono felice di dirle che la prima parte della nostra missione ha avuto buon esito; adesso per cercare di mettere rimedio allo scatenarsi della natura, ho bisogno del suo aiuto e della sua collaborazione. Le spiego subito….. fermare l’afflusso del magma incandescente che fuoriesce dal mantello terrestre riscaldando le calotte polari risulta purtroppo una faccenda al di fuori della nostra portata, ma non si spaventi…..la soluzione del problema non è nel fermare il magma ma di fare in modo che possa “sfogare” in qualche altro modo all’esterno raffreddandosi un po’ alla volta al contatto con il mare. In pratica noi dobbiamo fare in modo di colpire in qualche modo la corrente ascensionale del materiale incandescente e farlo uscire in una sorta di vulcano all’esterno. Per tentare di fare ciò, ho già la Sua indispensabile autorizzazione ad usare l’arsenale nucleare del “Baltimora”…..ma mi rendo anche conto che il lancio di un certo numero di missili balistici intercontinentali dal sommergibile in cui sono imbarcato, potrebbe venire interpretato dai russi o dai cinesi, sopratutto in questo momento in cui il terrore regna sovrano sulla terra, nella maniera sbagliata, magari come l’inizio di una possibile aggressione. Per cui, signor Presidente, ho la necessità che Lei avverta preventivamente chi di dovere su quanto verrà fatto quanto prima a bordo del “Baltimora”, e questo per evitare altri catastrofici ed assolutamente indesiderati guai planetari.””Maggiore Bianchi…..ho capito perfettamente la situazione ed ovviamente concordo in pieno con lei. Le assicuro che farò subito quanto è in mio potere per avvertire preventivamente e tranquillizzare per quanto possibile russi e cinesi sul lancio dei missili balistici dal Baltimora. Vi saluto tutti e…che Dio Onnipotente ci protegga tutti.”Terminata la conversazione il Baltimora era tornato sollecitamente alla profondità di trecento metri e aveva ripreso il suo avvicinamento all’equatore. Il piano elaborato da Aldo era in realtà molto semplice: come al solito aveva chiarissimo in mente quanto si sarebbe dovuto fare…..conosceva esattamente l’esatta zona di lancio. Il numero di megatoni necessari per ottenere lo scopo, il numero di missili che era necessario lanciare e, naturalmente, le esatte coordinate dei due punti d’impatto. Questa volta Norton non aveva nulla da ridire, era combattuto dall’eccitazione per l’azione imminente e la delusione di non essere lui a”menare la danza”….ma non c’era nulla da fare era andata così e basta. Alla fine erano arrivati nel punto previsto….avevano iniziato la consueta sequenza per il lancio ed iniziato il conto alla rovescia. I missili balistici da lanciare sarebbero stati in tutto sei, tre per il Polo nord, tre per il Polo sud. Ogni missile era dotato di otto testate a rientro indipendente con una potenza distruttiva spaventosa. Tutte le testate avrebbero dovuto colpire un punto che si trovava ad una distanza di trecento chilometri da ognuno dei due poli, esattamente al di sopra della corrente di magma che stava sciogliendo i ghiacci eterni. Lanciare un tale potere distruttivo dava una scarica di adrenalina non indifferente e anche se i missili non erano fortunatamente destinati agli obiettivi per i quali erano programmati in origine, l’emozione provata era comunque di una intensità tutta particolare. Dopo aver effettuato i lanci programmati, Norton aveva portato il Baltimora alla consueta profondità di trecento metri: questa volta non sarebbe stato compito loro verificare il successo o meno della missione appena svolta. Aldo, per la prima volta dopo tanti giorni di tensione spasmodica, si sentiva la testa vuota…..capiva perfettamente che il compito assegnatoli era da considerare ormai esaurito, anche se nei recessi della sua mente continuava ad apparire una frase enigmatica che stava via via che il tempo passava, stava diventando ricorrente:”rimane da chiarire ancora…..” Aldo ormai era propenso ad accettare qualsiasi messaggio che potesse annidarsi nel suo cervello, ma aveva anche imparato a non arrovellarsi per ottenere prima del tempo una qualche risposta…a tempo debito, tutto gli sarebbe apparso come al solito chiaro.
Ma., come spesso accade, quando la tensione si abbassa a pericolo scampato, è il momento in cui è necessario prestare particolare attenzione. Il “Baltimora” stava proseguendo la sua rotta per arrivare in Florida dove era situata la sua base operativa, quando il sofisticato sonar passivo di bordo intercettò quello che, presso le coste americane ormai pericolosamente vicine, nessuno avrebbe mai voluto trovare: La traccia sonar era purtroppo inconfondibile e si riferiva al sommergibile russo “Konovalov” appartenente alla temutissima classe “Tifone” quello che si era ammutinato assieme al sommergibile killer affondato in precedenza dal “Baltimora”. Si trattava della più grande piattaforma subacquea esistente per missili balistici intercontinentali, costruita dall’uomo, piattaforma, che mai avrebbe dovuto trovarsi a distanza così ravvicinata dagli Stati Uniti. Ad una distanza tanto ridotta dal continente americano, se per ipotesi il “Konovalov” avesse avuto intenzione di lanciare i suoi missili…..agli obiettivi prefissati sarebbero rimasti solo alcuni drammatici minuti prima di essere colpiti. Per fortuna la tecnologia russa non era certo pari a quella statunitense….se il gigante russo era stato subiti “sentito” dal “Baltimora”…. il “Baltimora” stesso non sarebbe mai potuto essere captato dal “Tifone”. Cosa stesse facendo il “Konovalov” in quelle acque era un mistero per tutti. Norton era terribilmente preoccupato: era la posizione del russo che era completamente anomala e senza senso……il gigante russo non aveva assolutamente necessità di avvicinarsi tanto alle coste americane, rischiando come poi era effettivamente accaduto di farsi intercettare, per effettuare un eventuale lancio. Lui era stato costruito per nascondersi in profondità in mezzo ai ghiacci polari per, in caso di bisogno, lanciare nascosto da tutti il suo carico di morte; lanciare da vicino o da lontano non avrebbe fatto grande differenza visto che lo “scudo Spaziale” americano non era ancora operativo e che anche con pochi minuti di preavviso gli americani avrebbero avuto tutto il tempo di reagire e di cancellare per rappresaglia la Russia dalle carte geografiche. Fatto sta che il “Konovalov” era proprio li. Il “Baltimora”, lanciando l’ultimo rimasto dei suoi nuovi missili antinave, avrebbe senza alcun dubbio potuto distruggere il russo nel giro di una trentina di secondi chiudendo definitivamente il problema……ma dopo l’attacco effettuato contro il sommergibile killer che lo aveva attaccato in precedenza, i grandi tubi di lancio si erano inopinatamente deformati non consentendo più di essere utilizzati per la missione in corso. Al Baltimora restavano ormai solo i tradizionali siluri M.51 che per colpire anche da distanza ravvicinata il Tifone, ci avrebbero impiegato almeno tre o quattro minuti, tempo tuttavia sufficiente perché il russo, che aveva senza alcun dubbio il dito appoggiato sul grilletto…….lanciasse i suoi missili balistici. Era necessario avvertire in Patria e prendere le adeguate contromisure. Norton conosceva la posizione di tutte le navi americane…….il suo suggerimento era stato quello di far avvicinare a non più di dieci miglia il “Konovalov” dalla portaerei “America”, che sapeva incrociare in quella zona, senza dare però l’impressione che gli americani conoscessero l’esistenza e la posizione del sommergibile russo….assolutamente nessun elicottero antisommergibile in volo, nessuna ricerca sonar in corso in profondità……nulla assolutamente nulla che potesse impensierire in qualche modo il russo e far capire che era stato scoperto. L’”America” si sarebbe dovuta limitare a tenere costantemente “in aria” trenta F18……sempre al di la delle dieci miglia dal Konovalov…..ma pronti in un attimo ad intervenire. I missili balistici a testata multipla, una volta raggiunta una certa altezza, sono praticamente impossibili da intercettare, ma restano estremamente vulnerabili nei primissimi momenti dopo il lancio, quando la loro velocità è ancora relativamente bassa. Ecco perché i trenta F18, pronti costantemente ad intervenire nel momento stesso del lancio, avrebbero sicuramente impedito ai missili di prendere quota e di far danni. Questo era il piano suggerito da Norton……e la comunicazione a terra venne fatta con il semplice lancio di una boa SLOT per trasmissione al satellite di comunicazione UHF in orbita geostazionaria:”Data/ora: trasmissione rapporto contatto su boa UHF. Flash, Flasch, Flash, Flash….Da USS “Baltimora” A: CincNavForceAtl OGGETTO: Rapporto contatto: SCI/Top Secret - Earli Retirement //BT// 1. Segue rapporto contatto. 2. Posizione 100 miglia nautiche costa Florida. 3. Inizio attacco.4. Imminente ed inevitabile lancio missili balistici da bersaglio. 5. Richiesto posizionamento immediato portaerei USS “America” distanza miglia dieci da mia posizione, no ricerca subacquea con boe acustiche, no lancio elicotteri antisomm, si permanenza continua in volo stormo F18 sempre pronti ad intercettare/distruggere missili ostili subito dopo lancio. Alt.” Restava il perchè della posizione anomala del sommergibile russo e, come al solito, fu Aldo a risolvere l’enigma, non perché come in precedenza disponesse già delle giuste risposte che erano da tempo istillate nel suo cervello, ma questa volta solo con il proprio ragionamento. Aldo si era avvicinato a Norton come al solito e lo aveva pregato di ascoltarlo ancora una volta:” Comandante…..e se il “Konovalov” fosse qui non per lanciare i missili contro Gli Stati Uniti ma bensì contro la Russia……cosa penserebbero i Russi vedendosi piombare addosso degli ordigni nucleari partiti vicino alle vostre acque territoriali….e come pensa che reagirebbero?”Norton per poco non cadde dalla sedia su cui era seduto…..il ragionamento di Aldo non faceva una grinza, si trattava, se Aldo aveva effettivamente ragione, di un ragionamento dalla logica ineccepibile e….di una situazione disperata…..c’era solo da sperare che in superficie qualcuno avesse ascoltato ed approvato il suo piano….altrimenti sarebbe stato troppo tardi per intervenire.

CAPITOLO QUIDICESIMO.

A bordo del “Konovalov” il tempo passava lentamente…..come al solito solo il Comandante e gli Ufficiali Superiori conoscevano la natura della missione, il resto dell’equipaggio era convinto di eseguire una normalissima missione di pattugliamento ed addestramento. Da quando erano partiti dalla penisola di Kola ed avevano interrotto le comunicazioni con la madre patria, quasi tutti a bordo erano convinti di star effettuando delle complesse ma inoffensive esercitazioni di routine. I ventiquattro missili balistici a testata multipla sempre pronti al lancio, non erano dotati di esplosivo nucleare, e nemmeno di esplosivo convenzionale….si trattava solo ed esclusivamente di testate da esercitazione. Le testate, quelle vere, erano invece custodite a poppa al sicuro e al momento non erano neppure state attivate. La diserzione era stata organizzata dal K.G.B. che per l’occasione si era”alleato” con frange estremiste di nostalgici dell’Unione Sovietica. Il piano era quello di bersagliare la Russia con missili balistici a testata “inerte”, missili che dovevano partire proprio nei pressi delle coste Americane….per “costringere” la Russia a sentirsi minacciata e ad attaccare per rappresaglia gli Stati Uniti e “cancellarli” dalla faccia della terra. Certo che se il “Konovalov” avesse potuto disporre come in passato di tutto il suo arsenale nucleare…..non sarebbe stato necessario allestire tutta questa manfrina, ma dopo la fine della guerra fredda i sommergibili russi andavano in missione con solo un frazione del loro potenziale distruttivo…..sui trenta missili imbarcati attualmente, due soltanto erano armati con le originarie testate nucleari…..troppo poche per distruggere gli Stati Uniti! Per l’inizio della sequenza di lancio mancavano solo sei ore: ad un certo momento il comandante Kirov aveva pensato di essere stato scoperto quando una portaerei americana si era materializzata dal nulla e si era pericolosamente avvicinata…..ma poi si era fermata ad almeno dieci miglia di distanza e si era limitata a lanciare un numero imprecisato di aerei che si erano sempre tenuti ben distanti dalla loro posizione, non c’era stato nessun minaccioso decollo di elicotteri, ne erano state lanciate le tanto temute boe acustiche che avrebbero potuto individuare la loro posizione. Evidentemente il gigante americano si trovava nei pressi per svolgere semplicemente una esercitazione di routine. Norton intanto aveva pure lui captato l’arrivo dell’America ed il decollo degli F18, comprendendo così con grande sollievo che il suo piano era stato recepito ed accettato. Non c’era e non poteva esserci nessun’altra spiegazione…..non si poteva assolutamente attendere la prima mossa del “Konovalov”: Norton chiamò l’equipaggio ai posti di combattimento, tutte le porte stagne vennero chiuse ermeticamente e subito in camera di manovra si accese la luce rossa. La distanza tra i due battelli era salita a dieci miglia nautiche…..per poter colpire il russo era necessario che i siluri compissero un certo tratto di strada per attivarsi e il “Baltimora” doveva anche proteggersi dagli effetti delle esplosioni multiple che si sarebbero verificate quando i siluri avrebbero impattato il loro bersaglio. “Comandante: i siluri sono pronti” Cominciò a dire il Tenente Moreland.” La soluzione di tiro è stata impostata e da questa distanza non c’è possibilità alcuna che il Tifone ci possa sfuggire” La differenza tecnologica tra i due battelli, consentiva infatti all’americano di aver individuato il russo senza a sua volta permettergli in alcun modo di…..farsi “sentire” a sua volta. Uno dei punti deboli dei battelli russi era proprio l’arretratezza dei sistemi sonar e l’inadeguatezza rispetto a quelli americani. I russi avevano per la verità impiegato ogni risorsa delle loro tecnologia militare in quei mostri marini. I “Tifone” erano dotati inoltre di una abitabilità per i componenti l'equipaggio assolutamente sconosciuta ai sommergibili moderni....a causa della lunghezza delle missioni programmate e delle inusitate dimensioni dei battelli, a bordo si era trovato posto addirittura per una piscina ed una palestra. Ma nonostante tutto i sistemi di individuazione di un potenziale nemico e la silenziosità degli impianti di bordo non potevano ancora essere considerati alla pari di quelli americani ed inglesi. A bordo del “Baltimora” dunque tutto era pronto per il lancio: “Bene Signori, ci siamo “Disse il comandante con la massima calma apparente”……fuori i siluri 1, 2, 3, e 4……ora!!” “Comandante….”Rispose Moreland.” Tubi allagati, portelli aperti…..siluri lanciati.” A bordo del “Konovalov” il Comandante Kirov aveva immediatamente captato i rumori di cavitazione delle eliche dei quattro M.51 e si era reso subito conto che la sorte del suo battello era irrimediabilmente segnata. I quattro siluri che erano stati lanciati dal “Baltimora” avrebbero impiegato solo cinque minuti prima di colpire se il sommergibile russo avesse mantenuto la posizione attuale…..otto o nove se il Konovalov invece di lanciare i missili avesse tentato la fuga al massimo della velocità. Gli M51 americani erano stati lanciati troppo da vicino perché il “Konovalov” potesse in realtà solo sperare di tentare la fuga. Qualsiasi manovra tentata sarebbe stata perfettamente inutile e Kirov questo lo aveva compreso subito molto bene. Nel giro di pochi attimi Kirov si era reso conto che il suo battello stava per morire, la sua scelta fu dunque la più ovvia e la sua reazione immediata:”Lancio immediato di tutti i missili balistici” Gridò rivolto al suo secondo che era da tempo pronto a chiudere l’ultimo contatto che consentiva il lancio.” Lanciare due siluri nella direzione di provenienza di quelli nemici, anche se non abbiamo il tempo di impostare una adeguata soluzione di tiro e, subito dopo effettuati i lanci, motori pari avanti tutta, reattore al centocinquanta per cento della potenza, lanciare due falsi bersagli e chiudere tutte le porte stagne” Kirov aveva fatto tutto quanto era in suo potere per portare a termine la missione e per cercare di salvare nello stesso tempo il suo battello….aveva anche cercato in qualche modo di reagire lanciando a sua volta, anche se alla cieca, due siluri contro colui che lo aveva attaccato. Kirov non sapeva se ad averlo trovato era un sommergibile americano o russo inviato alla sua ricerca….ma, in definitiva, il risultato non cambiava Di tutte e tre le sue manovre….due avevano avuto almeno un parziale successo…..i ventiquattro missili balistici erano regolarmente partiti e i due siluri lanciati, si stavano dirigendo verso il sommergibile americano. I ventiquattro lampi di calore intanto erano immediatamente stati registrati da un satellite militare russo che aveva a sua volta trasmesso immediatamente la notizia al centro di controllo e avvistamento russo posto sui monti Urali. Il personale preposto, sbalordito, non era però andato in panico e si apprestò con la massima calma a dare la drammatica notizia alle autorità di Mosca. Il Colonnello responsabile dell’impianto attendeva con la mano sulla cornetta, solo di sapere la rotta iniziale dei missili per avere la sicurezza che la loro rotta portasse effettivamente le testate nucleari verso la Russia. In tale caso sarebbe stato necessario fare presto……dal momento della sua telefonata……ci sarebbe stato molto poco tempo a disposizione prima che qualcuno avesse il tempo di prendere una decisione che sarebbe stata certamente quella di ordinare una totale e definitiva rappresaglia che avrebbe incenerito gli Stati Uniti. Fortunatamente anche la portaerei America aveva visto benissimo le ventiquattro scie dei missili alzarsi dal mare. Qui tutto era stato fortunatamente già predisposto…..lo stormo degli F18 era sempre in volo pronto ad intervenire e appena ricevuto l’ordine di attacco, i caccia di ultima generazione si scagliarono contro gli obiettivi assegnati. Si trattò di un “tiro al piccione”…..i ventiquattro missili non avevano ancora raggiunto una velocità sufficiente per poter evitare l’attacco sferrato da chi li attendeva da ore….nel giro di tre minuti dall’inizio dell’attacco la faccenda era per fortuna conclusa. Nel centro di controllo situato sugli Urali, la tensione era al massimo: il Colonnello comandante aveva alla fine chiamato Mosca ed una conversazione concitata stava avvenendo nella paura generale. “Si certo signor ministro….ventiquattro missili balistici lanciati probabilmente da un sottomarino americano a cento miglia di distanza dalla costa della Florida……no…..non si conosce ancora la rotta, ma il satellite ce la comunicherà tra qualche istante. Ecco, signor ministro le tracce sono apparse proprio adesso sul nostro radar di ricerca….si tratta inequivocabilmente di ventiquattro tracce di oggetti in veloce ascesa….l’angolazione suggerisce che gli oggetti assumeranno delle rotte convergenti sul nostro territorio….altezza attuale stimata a millecinquecento metri in ascesa….ma, UN MOMENTO.... cosa sta succedendo adesso? Adesso le tracce sono di colpo diminuite.....ora si sono ridotte a venti, no, mi correggo...ne sono scomparse altre dieci….. non c'è alcun dubbio.... i missili stanno progressivamente diminuendo di numero! Ora sono sei. Quattro, due……TUTTE LE TRACCE SONO ADESSO SCOMPARSE…….NON, ripeto NON ci sono più missili in volo. Non so dirle cosa sia accaduto ma NON ripeto NON siamo sotto attacco o per lo meno non lo siamo più. Di tutto quanto stava accadendo, sul “Konovalov” nessuno sapeva nulla: i missili erano regolarmente partiti e il battello filava a venti nodi e la velocità continuava a crescere……ma ormai per il sommergibile russo non c’erano più margini di manovra….i quattro siluri, eludendo il tardivo lancio dei due falsi bersagli, erano esplosi in prossimità del centro dello scafo del Konovalov. Il sommergibile russo era gigantesco e protetto da un doppio scafo in titanio e da una miriade di porte stagne…..ma l’impatto di ben quattro siluri M.51 era assolutamente impossibile da sopportare. I siluri avevano avuto il risultato di spezzare il Konovalov in due: la parte anteriore era stata totalmente invasa dall’acqua dell’oceano, ma quella di poppa era stata protetta dalle porte stagne che avevano resistito. Mentre per la prua del battello c’erano state da subito morte e distruzione….la poppa quasi miracolosamente era stata staccata di netto, senza che nemmeno una goccia di acqua fosse entrata all’esterno. All’interno ovviamente l’onda d’urto aveva disattivato per sempre il reattore di poppa, contorto in maniera irrimediabile i tubi del vapore e fatto letteralmente saltare dai sostegni li grandi motori del sommergibile….ma la struttura in se stessa aveva in qualche modo retto. Per ulteriore regalo della sorte, quanto rimaneva del “Konovalov” si era adagiato sul fondo ad una profondità inferiore a quella di collasso.

CAPITOLO SEDICESIMO.

I due siluri lanciati dal battello russo non avevano impostata alcuna soluzione di tiro essendo mancato il tempo per calcolarla ed impostarla, ma Kirov conosceva ovviamente la direzione da cui provenivano i siluri americani e era riuscito a calcolare approssimativamente la distanza da cui erano stati lanciati, per cui aveva impostato l’esplosione dei siluri ad una distanza che aveva calcolato essere quella del sommergibile americano….e aveva fatto centro! Per fortuna Norton appena dati gli ordini di lancio siluri, aveva anche ordinato” Rotta a 180 gradi e macchine avanti tutta” e il “Baltimora” prima dell’esplosione dei siluri russi, aveva così guadagnato, se non certo la distanza di sicurezza, per lo meno alcune centinaia di preziosissimi metri. I due siluri deflagrarono a circa duecento metri dal bersaglio e ed una profondità superiore di solo una ventina di metri dal “Baltimora”. Se le due esplosioni erano fortunatamente insufficienti a sventrare il sommergibile, la loro violentissima onda di pressione aveva scaricato la sua violenza sullo scafo del battello causando due effetti devastanti: il primo era l’arresto di emergenza immediato del reattore del sommergibile, che aveva causato la totale assenza della vitale energia a bordo, il secondo quello di incastrare in posizione di discesa gli stabilizzatori orizzontali che erano stati bloccati verso il basso. Il Baltimora che viaggiava già ad oltre trenta nodi, pur con tutti gli impianti completamente spenti, aveva assunto così una elevatissima e incontrollata inclinazione di discesa verso il basso……a bordo tutto quello che non era stato fissato aveva cominciato a rotolare verso prua e a nulla per ora era servito l’ordine di Norton di svuotare le casse di zavorra visto che l’energia per fare ciò era venuta a mancare. Il sommergibile si trovava in pratica in una situazione drammatica: stava scendendo in maniera incontrollata a oltre trenta nodi di velocità verso l’abisso, le superfici di controllo rimanevano “inchiodate” verso il basso spingendo il “Baltimora” verso la catastrofe: lo scafo del sommergibile era collaudato per sopportare la pressione dell’acqua fino ad un certo punto……la quota di”collasso” era calcolata attorno ai 450 metri ma il fondale di quella zona scendeva a oltre 500. Il Baltimora…avrebbe resistito alla pressione di tale profondità o sarebbe imploso?380 metri…400, 450, 490…..a 515 metri il sommergibile impattò con il fondo melmoso a quasi dieci nodi di velocita: molti componenti l’equipaggio vennero sbalzati verso l’alto riportando ferite e lacerazioni più o meno gravi, tutto quanto non era adeguatamente fissato andò in mille pezzi e con un boato tremendo il Baltimora si adagiò immobile sul fondo dell’oceano. Ma il sommergibile non era morto…non ancora per lo meno. Il suo doppio scafo aveva egregiamente resistito finora sia alla pressione in eccesso, sia al terribile impatto sul fondo. Certo al suo interno nulla più funzionava, i feriti e, purtroppo, i morti giacevano scompostamente sul pavimento foderato di gomma, e solo le luci di emergenza illuminavano quello che stava diventando un antro spettrale. Il comandante Norton era svenuto dopo aver battuto la testa con estrema violenza al momento dell’impatto sulla consolle del timoniere, ma dopo qualche attimo si era ripreso alzandosi in piedi. Aldo, legatosi con le cinghie alla sua cuccetta, non aveva subito danni…..mentre il professor Braun e otto membri dell’equipaggio erano purtroppo morti. All’interno del battello regnava il silenzio…..il rombo attutito ma sempre presente delle turbine taceva, i ventilatori con il loro soffio d’aria vitale erano fermi e….il reattore completamente inerte. Adesso era proprio il reattore il problema principale in tutti i sensi: che avesse o meno la possibilità di essere riattivato, per prima cosa infatti, era assolutamente prima di tutto necessario raffreddarlo per prevenire una catastrofica esplosione. Il reattore infatti era passato di colpo da una potenza portata, nel tentativo di allontanarsi dal battello russo, da oltre il 100% a zero. Ma il reattore non può certo essere spento come si fa con una lampadina……difatti così facendo il nucleo continua ad essere radioattivo anche dopo che le barre di sicurezza sono scese ed hanno interrotto la reazione. In pratica, stando così le cose, era come se il reattore funzionasse alla potenza del 15%…..ma senza essere raffreddato……..continuando ad irradiare un calore pazzesco che presto avrebbe potuto fondere il nucleo. Fortunatamente a bordo c’era un sistema ausiliario di emergenza per sopperire ad inconvenienti di questo genere: era il sistema XC un sistema di raffreddamento di emergenza che, mediante l’apertura di particolari valvole, permetteva al nucleo del reattore di essere adeguatamente raffreddato mediante la circolazione in un apposito circuito, con acqua di mare fredda. Era stata proprio la mancanza di questo apparato ausiliario di emergenza che aveva provocato la catastrofe a bordo del sommergibile sovietico K19 alla fine degli anni cinquanta. Norton, sebbene ancora stordito, non ci mise molto ad individuare le grosse valvole dotate di volantino, a ruotarlo in posizione di apertura su ciascuna di loro……fino ad udire con sollievo l’acqua che scorreva nell’apposito circuito. Il reattore era stato messo in sicurezza ed ora si poteva pensare a curare i feriti, a rimettere ordine a bordo e ad eseguire le riparazioni più urgenti….poi si sarebbe fatto il punto della situazione e se tutto fosse risultato ancora in ordine…….si sarebbe rimesso in funzione “il bollitore” e il “Baltimora” avrebbe forse avuto una possibilità di risvegliarsi.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO.

A bordo non funzionava più nulla….il reattore era andato, la parte anteriore dello scafo era implosa, degli Ufficiali non era rimasto che il capo motorista ufficiale di macchina che però era ferito ed in stato di incoscienza. Il più alto in grado era il sottufficiale responsabile delle turbine. Il Capo Bondarciuk si aggirava come un fantasma tra le rovine del battello. Non conosceva ne la profondità di quello che rimaneva del Tifone, ne la sua esatta posizione. Attorno a lui, nei tre compartimenti stagni che si erano salvati, si aggiravano trentacinque marinai e graduati di truppa tutti spaventati a morte. L’interno dei tre locali, che costituivano circa un terzo dell’intera struttura, era tutt’ora illuminato dalle fioche luci di emergenza. Al Tifone erano rimasti in pratica il locale motori, la sala sigillata del reattore poppiero che, però a causa di alcune infiltrazioni d’acqua risultava completamente allagata, la camera di lancio poppiera, quella che conteneva solo i due missili balistici dotati di ogive nucleari, ed il locale batterie di poppa. Ad un primo esame le batterie risultavano ancora funzionanti e soprattutto fortunatamente cariche, il che avrebbe consentito di far funzionare almeno per un certo tempo i depuratori dell’aria e le luci di bordo. Altro da far funzionare non era certo rimasto……l’apparato radio se n’era andato con tutto il resto della sezione di prua…..a tutti loro non rimaneva altro da fare se non attendere di essere salvati o di morire. Bondarciuk e tutti gli altri non riuscivano a concepire il motivo per cui erano stati attaccati ed affondati da un sommergibile americano…….loro, ignorando la tragica verità, credevano di aver effettuato solamente dei lanci di prova programmati e autorizzati anche dalla NATO al largo delle coste della Groenlandia…….nessuno di loro infatti sapeva della vera natura della missione, dell’ammutinamento e tanto meno conosceva la loro vera posizione attuale.
Messo ordine all’interno, portati i nove cadaveri nella cella frigorifera e curati il meglio possibile i feriti Norton e il secondo ufficiale si stavano ora dedicando a cercare di rimettere in funzione il reattore.” Comandante Norton, i livelli di energia nelle batterie sono per fortuna ottimali e segnano 280 Volts. Adesso bisogna mettere in linea i fusibili dell’impianto elettrico, poi i generatori per avere la corrente alternata che ci serve per alimentare gli impianti di bordo con il reattore che ancora non funziona. Se tutto andrà bene e non ci saranno cortocircuiti, faremo il passo successivo e potremo forse tentare di riattivare il “bollitore”.” Proceda pure Moreland….e che Dio ce la mandi buona!”. Dieci minuti dopo le luci si erano riaccese, i ventilatori avevano ricominciato con il loro caratteristico fruscio il ricambio dell’aria che già cominciava ad essere viziata e la strumentazione aveva ripreso vita. Fortunatamente l’energia rimasta era ampiamente sufficiente per riavviare il lungo programma di riaccensione del cuore del Baltimora……dopo altri quaranta minuti Norton potè finalmente comunicare all’equipaggio attraverso l’interfono:” Signori…..ho il piacere di comunicarvi che SIAMO ANCORA VIVI!!!”
In definitiva i danni subiti dal sommergibile americano, erano solo quelli marginali causati alle attrezzature che non erano state assicurate prima dall’inclinazione anormale della discesa incontrollata e poi al violentissimo urto sul fondo. Pochi danni in definitiva…..ma nove compagni non erano più con loro. Dopo tre ore, passate dall’equipaggio a passare a setaccio il sommergibile Norton finalmente diede l’ordine tanto atteso da tutti:” Aria alle casse di zavorra…..emersione, macchine pari avanti mezza.” Il Baltimora ubbidiente come un cagnolino aveva subito cominciato a muoversi ed a risalire verso la superficie. Nessun rumore che non fosse di origine naturale turbava la sua lenta risalita. Anche se si sapeva che i sommergibili russi che avevano disertato erano andati distrutti, Norton continuava a navigare in modalità silenziosa:” Caro signor Aldo, siamo ormai fuori dalle peste ma….la prudenza non è mai troppa, non si sa mai…..con tutto quello che sta accadendo nel mondo non vorrei che qualcun altro “uscisse di testa e pensasse di darci ulteriori fastidi” Aldo infatti era sempre li nei pressi, non riuscendo più a staccarsi dalla camera di manovra: era rimasto affascinato da tutto quanto si svolgeva li dentro ed era ammirato dalla capacità e dalla competenza del comandante e di tutto il suo equipaggio. Alla quota di trecento metri, il sottufficiale addetto al sonar aveva improvvisamente captato i suoni inconfondibili di un reattore nucleare che, pur essendo spento, dava ancora segni di vita. La radioattività in zona si era di colpo manifestata al di sopra della norma e l’ecoscandaglio, regolato in funzionalità attiva, aveva scoperto il rottame della poppa del sommergibile russo. I rumori che provenivano dallo scafo dei Tifone erano quelli di un reattore in fase di raffreddamento: evidentemente all’atto dell’esplosione dei siluri, l’acqua si era infiltrata nella camera sigillata provocando l’immediato spegnimento dell’impianto e contemporaneamente consentendo il progressivo raffreddamento del nucleo. La massa del sommergibile russo era notevole….almeno un centinaio di metri di scafo erano ancora più o meno intatti e giacevano ad una profondità di circa trecento metri e Norton aveva concluso, d’accordo con i suoi ufficiali, che esisteva la possibilità che qualche membro dell’equipaggio fosse ancora in vita. A bordo del “Konovalov” intanto la situazione era sempre la stessa…..i ventilatori continuavano a fornire ai resti dell’equipaggio l’aria depurata da respirare, le luci illuminavano i locali rimasti, ma niente altro funzionava. Inoltre Bondarciuk aveva calcolato che le batterie di bordo avrebbero garantito la vitale energia per non più di ventiquattro ore….poi il buio avrebbe regnato sovrano e l’aria respirabile sarebbe rapidamente finita privando quella trentina di disgraziati, del necessario per sopravvivere. Purtroppo erano irrimediabilmente soli….le boe di emergenza da sganciare in caso di pericolo per segnalare la propria posizione, erano tutte situate nei pressi della camera di manovra che ….adesso non esisteva più e nessuno poi conosceva nemmeno la posizione del sommergibile. Per quanto Bondarciuk si sforzasse di pensare…..soluzioni per sperare in una loro salvezza non se ne vedevano proprio: era solo questione di tempo, poi tutto si sarebbe concluso rapidamente con la morte di tutti loro. Il sottufficiale aveva pensato anche di far uscire l’equipaggio attraverso i portelli di emergenza, dieci, dodici marinai alla volta attraverso le camere stagne……si era recato presso l’ingresso delle “uscite di emergenza”, aveva verificato i portelli di uscita….per rendersi conto che l’esplosione dei siluri li aveva irrimediabilmente deformati bloccandoli. Norton intanto aveva fatto avvicinare il Baltimora ad una ventina di metri dal sommergibile russo, lo aveva fatto girare intorno al relitto per poi fermarsi a cinquanta metri dalla sua poppa. Le radiazioni emesse dal reattore del “Konovalov” erano molto elevate non immediatamente mortali ma molto vicine alla massima dose di assorbimento, ma per l’equipaggio del sommergibile americano protetto dalle scafo in titanio, non c’era alcun pericolo di contaminazione. L’unico modo per vedere se a bordo dello scafo affondato ci fosse o no vita era quello di lanciare degli impulsi sonar in una sequenza tale da potersi fare capire con il linguaggio morse. “Tenente Moreland…..trasmetta per venti volte, con un intervallo di dieci secondi, queste semplici parole: SE C’E’ ANCORA QUALCUNO VIVO SI FACCIA SENTIRE BATTENDO SULLO SCAFO” “Subito, Comandante” e i caratteristici “ping” del sonar attivo, colpirono lo scafo del “Konovalov”. A bordo del sommergibile russo i colpi degli impulsi sonar arrivati di colpo nel silenzio spettrale….avevano fatto balzare in piedi i marinai: “Capo Bondarciuk….ci hanno trovato!!! Sono venuti a salvarci!” Ma il vecchio sottufficiale aveva invitato subito tutti alla calma ed al silenzio:”State tutti in silenzio e fatemi ascoltare con attenzione” Difatti Bondarciuk si era reso subito conto che gli impulsi sonar avevano un loro schema e una cadenza ben precisi…..si trattava certamente del vecchio codice Morse e qualcuno stava domandando loro se a bordo del relitto ci fosse qualcuno ancora in vita. Prese subito tra le mani una pesante chiave inglese che si trovava ancora attaccata al suo alloggiamento e cominciò a battere ritmicamente sulla parete metallica dello scafo nel vecchio ritmo di colpi del codice caduto in disuso ma per fortuna mai dimenticato:”Trentacinque superstiti, reattore andato, batterie cariche per ancora diciotto ore, impossibilità utilizzare uscite emergenza” A bordo del Baltimora i colpi di chiave inglese si erano uditi benissimo e avevano fatto balzare sulla sedia il comandante Norton. Gli occupanti la sala di controllo si erano messi ad applaudire ma Norton gli aveva subito zittiti:”E’ inutile gioire….o dare false speranze a quei disgraziati…..noi purtroppo non siamo assolutamente in grado di fare assolutamente nulla per aiutarli, mi dispiace , ma ho sbagliato nel cercare di comunicare con loro illudendoli per nulla. Tenente Moreland…..mi dica per favore che mi sto sbagliando……ma io credo che anche lei non possa fare altro che darmi ragione”” Ha perfettamente ragione, comandante….noi ci troviamo ad oltre trecento metri di profondità, con il battello danneggiato, non possiamo uscire dal nostro battello, non possediamo attrezzature adatte ad un tentativo di salvataggio e non c’è il tempo materiale per fare intervenire i soccorsi, soprattutto in questo momento in cui il mondo è sull’orlo della catastrofe. Però, avevo pensato…..se noi portassimo il “Baltimora” con i due boccaporti delle camere pressurizzate il più vicino possibile ai tubi lanciasiluri di poppa del “Konovalov”, aprissimo le porte stagne esterne e avvertissimo i russi di uscire dai tubi lanciasiluri dopo aver allagato il locale dove essi si trovano e li facessimo entrare metà per parte in ognuna delle nostre camere pressurizzate…..cosa ne dice, sarebbe fattibile o no?”” Tenente Moreland….siamo a trecento metri e oltre di profondità….la pressione qui è terribile già per uno scafo come il nostro ed i marinai russi non dispongono nemmeno di scafandri, maschere e respiratori. Dovrebbero in pratica allagare la camera di lancio aprendo al mare i tubi lanciasiluri, anzi uno solo di essi e nello stesso tempo cercare di tenersi defilati il più possibile dall’impeto dell’acqua che entra, riempito completamente il locale e non prima, poi dovrebbero uscire nel buio, nuotare fino alle nostre camere di compensazione, ammesso che le trovino al buio quasi completo, entrarvi ed attendere che l’acqua venga evacuata dopo la loro chiusura. Quanti secondi ci vorrebbero? Riusciranno a trattenere aria sufficiente nei polmoni per evitare di annegare?Bisogna tenere conto anche della paura e della assoluta mancanza di esperienza per compiere una tale manovra…..non so, non so proprio se si possa nemmeno proporre loro di tentare una manovra del genere.” “ Certo Comandante….si tratta senza dubbio di una manovra disperata, ma se noi riuscissimo ad avvicinarci a non più di cinque metri dai tubi di lancio del “Konovalov”, se tenessimo accese le luci all’interno delle due camere di compensazione in modo da indicare il cammino da percorrere….forse i russi ce la potrebbero fare. Venticinque secondi per uscire tutti dal battello, altri cinque per individuare il cammino da percorrere…..trenta per trovare l’ingresso, venti per chiudere i portelli stagni e far defluire l’acqua. In tutto poco meno di un minuto e mezzo, ovviamente sulla carta e senza considerare gli imprevisti. Inoltre riuscendo a far capire ai russi quanto devono fare, solo con la trasmissione effettuata con il sistema Morse…..Una bazzeccola! Ma secondo me vale la pena di tentare” Il dado era tratto. Norton con infinita cautela aveva posizionato il Baltimora a tre metri dai tubi lanciasiluri di prua del “Konavalov”, più vicino di così non si poteva veramente e aveva aperto al mare le due camere di compensazione. Poi Moreland aveva comunicato con il consueto sistema ai russi quanto ci si attendeva che facessero ed avevano atteso una risposta. Tutto quanto gli americani avevano potuto fare era stato fatto….adesso la palla passava definitivamente ai russi. All’inizio, dopo aver recepito il messaggio, i marinai del “Konovalov” erano stati restii ad affrontare il pericoloso trasferimento: alcuni di loro speravano ancora che fosse sufficiente attendere per essere salvati in modo meno pericoloso, in fondo si trovavano si immobilizzati…..ma erano al caldo, in un ambiente a loro familiare ed illuminato…..e qualcuno sarebbe certamente prima o poi arrivato da loro: Bondarciuk stava sudando le classiche sette camicie per cercare de convincerli a seguirlo. Bisognava inoltre fare in fretta…..l’energia più passava il tempo più veniva a mancare e c’era il pericolo che, attendendo ancora, non ne rimanesse a sufficienza per aprire i due portelli che mettevano in comunicazione il mare con il locale dove si trovavano. Alla fine tutti si erano convinti, tutti meno il cambusiere di bordo. Lui era solo al mondo…..il sommergibile era diventato la sua casa e adesso aveva l’occasione di vivere al suo interno da solo….non importa per quanto tempo gli sarebbe bastato l’ossigeno. Lui si sarebbe ritirato nel locale missili e sarebbe vissuto fino a quando ci sarebbe stata aria da respirare. Aveva calcolato che attingendo all’energia residua delle batterie solo quando era necessario per ricambiare l’aria, respirando in quei locali immensi da solo….avrebbe potuto sopravvivere per settimane. Se qualcuno si fosse offerto di recuperare il Konovalov…..bene, altrimenti sarebbe morto in pace nella branda….nella sua “casa”. Non c’era stato modo di convincerlo….e alla fine lo avevano lasciato nel locale attiguo serrando il portello stagno.
La cosa più pericolosa e difficile da effettuare, era senza dubbio il fatto di poter resistere all’impeto dell’acqua che sarebbe entrata una volto aperto al mare il portello lanciasiluri, spinto dalla pressione esterna. Per cercare di proteggere i trentaquattro superstiti, Bondarciuk li aveva fatti sistemare il più alto possibile e defilandoli dall’ingresso diretto dell’acqua marina. E Quando avevano aperto al mare, ra stato terribile vedere l’acqua ribollire come impazzita e salire, salire sempre di più. Era un getto mostruoso quello che entrava dal portello spalancato….sembrava avere addirittura una consistenza solida. Per cercare di uscire era stato necessario attendere il completo riempimento del locale e che l’acqua avesse calmato il suo furibondo turbinio. Poi, prima che il mare avesse terminato di riempire il locale, tutti avevano ventilato i polmoni al massimo e dopo aver trattenuto più aria possibile….si erano gettati nuotando verso l’apertura. Gli orecchi di dieci di loro non avevano resistito alla pressione terribile che li schiacciava e per il dolore lancinante dell’esplosione del timpano….avevano aperto la bocca in un urlo disperato ed erano rapidamente annegati. Dei rimanenti ventiquattro solo dieci arrivarono all’interno dei locali di compensazione del Baltimora….gli altri o non trovarono l’apertura o esaurirono l’aria troppo presto……ma era stato tuttavia un successo a cui pochi avevano in precedenza creduto.

CAPITOLO DICIOTTESIMO:

Dopo essere stati asciugati e confortati, Bondarciuk si era qualificato come il più alto in grado e aveva espresso il desiderio di parlare con il comandante. Norton aveva fatto accomodare l’ospite nell’intimità della sua cabina e si era preparato ad ascoltare quanto il russo gli avrebbe detto.” Comandante…..sono il capo di prima classe Bondarciuk…..come sente parlo abbastanza bene la sua lingua. Prima di tutto la voglio ringraziare di quanto lei ed il suo equipaggio avete fatto per salvarci…..purtroppo siamo rimasti solo in dieci…ma questa è l’amara legge del mare. Poi volevo chiederle se siete stati voi a distruggere il nostro sommergibile ed il perché, se siete stati effettivamente stati voi, come credo, vorrei sapere perchè…….vi siete poi presi”tanto disturbo” per venirci a salvare. Noi stavamo compiendo solo una esercitazione di routine, il lancio dei missili intercontinentali, con testate inerti, era stato dal nostro governo notificato alla NATO e da lei autorizzato; i missili erano puntati verso il territorio russo e non verso quello americano…..in definitiva comandante….se siete stati voi ad affondarci….perché l’avete fatto?””Caro signor Bondarciuk…..lei afferma di essere stato a conoscenza degli “ordini operativi” del vostro sommergibile…..ma i veri ordini, fatto questo che lei non poteva assolutamente conoscere, erano certamente ben diversi e a lei non erano certamente stati comunicati. Noi qui, abbiamo concluso dopo una infinita serie di ipotesi e di ragionamenti, che il suo comandante, d’accordo con non so quanti altri ufficiali, abbia agito in maniera completamente diversa da quella che lei può credere......di sua iniziativa e contravvenendo ad ogni logica e buon senso……..La verità pura e semplice è purtroppo quella che non era mai stato assolutamente in possesso di alcuna autorizzazione per lanciare i suoi missili, ne russa ne tantomeno americana o della N.A.T.O. Il suo scopo invece, fatto di cui quasi tutti i membri del vostro equipaggio erano all’oscuro, era quello di lanciare i missili dotati si di una testata inerte, indirizzati si verso la Russia….ma con il recondito scopo di provocare un attacco di rappresaglia totale della Russia contro gli Stati Uniti….Russia che si sarebbe considerata minacciata visto che sembrava essere attaccata da dei missili lanciati dai pressi del territorio americano.”Bondarciuk era impallidito alle affermazioni di Norton….lo aveva ancora ringraziato ed era andato a riunirsi con aria depressa ai restanti nove componenti del suo equipaggio. I missili lanciati dal “Baltimora” avevano intanto compiuto il loro dovere… si erano inabissati proprio dove era stato previsto ed erano esplosi in profondità proprio dove dovevano. Tutto quanto si poteva tentare era stato fatto….adesso non restava altro da fare se non attendere.....e sperare. Era molto strano che le terribili armi di distruzione di massa concepite e costruite con lo scopo preciso di distruggere, fossero state questa volta utilizzate per un compito atto a salvare l’umanità….questa volta dal male era scaturito il bene. Nei due punti di impatto, in mezzo al mare, la crosta terrestre sottomarina si era squarciata in profondità…..migliaia di tonnellate di acqua e detriti erano stati scagliati verso l’alto seguiti poi da due “fontane” di vapore e magma incandescente che risalivano nel cielo per oltre trecento metri prima di ricadere in mare raffreddandosi. C’era da sperare che tutto ciò fosse ora sufficiente e che l’afflusso di magma incandescente non affluisse più sotto i poli ma attraverso quelle due valvole di sfogo create artificialmente con le due serie di esplosioni nucleari……per sapere qualche cosa di definitivo ci sarebbe voluto ancora qualche giorno di trepida attesa. Il Baltimora ora si stava dirigendo, sempre in immersione, verso il porto di Boston. Li avrebbe fatto tappa per “scaricare” Aldo e i marinai russi ed entrare in bacino di carenaggio per una adeguata manutenzione e messa a punto. Oltre ai danni subiti dallo scossone sul fondo, c'erano da sostituire i tubi di lancio dei missili rimasti danneggiati e per fare tutto ciò....ci sarebbe voluto tempo. Ad Aldo il fatto di lasciare il sommergibile adesso dava un certo senso di vuoto….li a bordo si era ambientato benissimo, si era veramente sentito come a casa. Il difficile rapporto con il comandante Norton alla fine si era trasformato in una vera salda amicizia ed ora il distacco sarebbe stata una faccenda se non certo dolorosa….almeno triste. Aldo adesso si sentiva”libero” di tutti i pensieri che avevano occupato la sua testa in quei giorni difficili….era tornato finalmente “solo” con se stesso senza avere più “contatto” con quelle premonizioni che avevano occupato i suoi pensieri….ma dentro di se, sapeva che tutto non era ancora concluso…..ci doveva ancora essere un incontro, con chi, dove e quando…..non lo sapeva ancora….ma un incontro ci sarebbe stato e avrebbe deciso il suo destino futuro. All’arrivo a Boston era stato prelevato da una limousine nera che lo aveva portato alla sede dell’Ammiragliato. Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale lo stava attendendo….sia per avere un rapporto più dettagliato possibile sull’evolversi della situazione sia per fornirgli i mezzi per poter tornare a Venezia, visto che Aldo si era imbarcato sul Baltimora con solo cento euro in portafogli…… Ovviamente Aldo era accompagnato dal comandante Norton che aveva lasciato il sommergibile nelle capaci mani del Tenente Moreland. Ma l’aereo che avrebbe dovuto portare Aldo in Italia…..avrebbe dovuto ancora aspettare…..nel bel mezzo del colloquio infatti, mentre Aldo stava esponendo quanto era accaduto in quei giorni……accadde nuovamente che un qualche cosa di ben definito cominciò a riemergere dalla memoria dell’italiano che stava per terminare la sua relazione sui fatti recentemente accaduti.” E questo, signor Consigliere, è quanto è accaduto….ed ora, comandante Norton….la prego non mi guardi così……so anche cosa dovrò ancora fare….altro che tornarmene a casa! Adesso per una volta di più so bene che cosa dovrò fare e dovrò ancora chiedere il vostro aiuto e tutta la vostra collaborazione .Ora in pratica ho bisogno si di un aereo ma non diretto a Venezia come speravo con tutto il cuore….io devo recarmi con la massima urgenza nella nuova base americana situata nei pressi del polo nord e li….vedrò il da farsi perché come al solito….ancora non lo so.””Ecco signor Consigliere con chi e con che cosa ho avuto a che fare fino ad ora…….decisioni improvvise da prendere solo sulla scorta dei”lampi” improvvisi di questo individuo! Adesso ci risiamo di nuovo…proprio quando pensavo che tutto fosse finito…..ma questa volta sono cavoli suoi e fortunatamente per me….non più miei!” Sbottò il Comandante Norton che poi subito dopo scoppiò a ridere. Aldo era naturalmente subito stato accompagnato all’aeroporto ed era sollecitamente decollato con un piccolo jet messo a sua disposizione dalla “Casa Bianca” con destinazione Groenlandia, da li si era imbarcato su di un bimotore attrezzato per i climi artici. Il volo nel buio più completo era durato alcune interminabili ore….avevano dovuto fare scalo in un piccolo aeroporto avvolto dai ghiacci che, si notava benissimo, si erano notevolmente assotigliati e ritirati a causa del calore sprigionato dalle masse di magma. Ma verso il polo sia Aldo sia l’equipaggio dell’aereo, avevano notato come la massa compatta di nubi tendesse decisamente ad assottigliarsi……era certo una buona notizia da comunicare al mondo….ma prima di farlo era necessario avere la conferma che il problema, grazie all’intervento del “Baltimora”, era stato effettivamente risolto. All’arrivo Aldo era stato introdotto nell’avveniristica struttura inaugurata solo tre anni prima e si era subito incontrato con il Professor Fermi, responsabile scientifico dell’impianto. Li la situazione si stava effettivamente evolvendo per il meglio……l’afflusso di magma sotto la superficie del polo si era interrotto e sfogava ora come sperato e previsto all’esterno ad una distanza di sicurezza ricadendo in mare aperto. La temperatura della banchisa polare stava progressivamente rientrando nei canoni consueti e già i primi raggi di sole filtravano attraverso gli squarci sempre più frequenti delle nubi. Fermi aveva calcolato che al massimo in una settimana il sole avrebbe potuto di nuovo risplendere in tutto il mondo. Aldo, pur felice che il problema andasse verso una giusta soluzione, non sapeva però ancora perché lui si trovasse in quel posto dimenticato da Dio…..era anche stanco di sentirsi sempre in attesa di un qualcosa che lui avrebbe dovuto sapere ma che ancora gli era celato…..tuttavia sapeva benissimo, che ci voleva una estrema pazienza da parte sua e che, come al solito, al momento opportuno….avrebbe saputo quanto sarebbe stato necessario fare. Era oramai trascorsa una settimana…..il sole stava progressivamente tornando ad illuminare il pianeta ma la situazione restava quasi ovunque gravissima. Se il mondo occidentale aveva superato la tragedia con danni abbastanza contenuti, a parte il quasi tracollo dell’economia, la paralisi dei servizi ed i guai energetici e sociali….il resto del mondo era ripiombato nella barbarie. L’Africa nera aveva perso ovunque quella patina di civiltà che si era imposta con il lento progredire di quei popoli verso un modo di vivere finalmente diverso ed era ripiombata indietro di duecento anni….solo Israele ed i paesi limitrofi, più civilizzati di quelli dell’Africa nera, avevano in qualche modo resistito, facendo anche fiorire una completamente imprevista collaborazione tra di loro che faceva ben sperare per il futuro; l’Asia a causa dell’inferno radioattivo scatenato dalla repentina guerra tra India e Pakistan, a parte Cina e Giappone, era diventata una landa avvelenata. Si prospettava un futuro ricco di incognite, sacrifici e lutti…..ma questa era la pura realtà del momento e, data la gravità della crisi appena passata, era anche andata bene.

CAPITOLO DICIANNOVESIMO.

Per ingannare il tempo, Aldo aveva preso l’abitudine di passeggiare all’esterno della base. Era affascinato da tutto quell’immenso candore che pareva non avere mai fine. Le sue passeggiate non duravano mai a lungo….c’era da fare attenzione ai repentini cambiamenti del tempo che in quelle lande desolate potevano trasformare quel silenzio irreale in un furibondo turbinio di neve ghiacciata. Aldo, quel giorno, aveva girovagato come di consueto senza meta tutto preso dai suoi pensieri e, completamente assorto e distratto dal corso dei suoi recenti ricordi, non si era accorto dell’arrivo di una tempesta di ghiaccio e vento che si stava per scatenare. Quasi di colpo si era trovato avvolto da aghi ghiacciati che lo colpivano da tutte le parti impedendogli di vedere dove stesse andando e sospinto verso nord da un vento la cui forza lui non era assolutamente in grado di contrastare. Ad Aldo non era rimasto niente altro da fare se non cercare di raggiungere una collinetta di ghiaccio che si stagliava a cento metri di distanza sulla sua sinistra e di cercare li un po’ di riparo. Arrivarvi non era certo stata una faccenda semplice….per fortuna il vento lo sospingeva alle spalle facendolo praticamente “volare”, aveva più di una volta rischiato di cadere a terra con il rischio di non riuscire più ad alzarsi, ma alla fine ce l’aveva fatta. Li il vento si sentiva un po’ di meno ma il freddo era veramente tremendo. Aldo stava cercando di avvicinarsi il più possibile alla montagnola fini quasi a toccarla, quando si accorse di essere capitato accanto a quello che pareva l’ingresso di una cavità. Avvicinatosi, Aldo si rese subito conto, che si trattava proprio di una sorta di cunicolo, del diametro di una decina di metri che restringendosi sempre di più, si addentrava nella collinetta. Oltre a tutto adesso l’uomo si era accorto di “sapere” che proprio li, si doveva addentrare, perché la dentro avrebbe trovato le risposte alle domande che da giorni ormai lo stavano assillando. Non aveva in verità dovuto procedere molto in profondità……aveva trovato quasi subito quanto era venuto a cercare: si trattava di una semplice targa di metallo appoggiata in una rientranza della caverna di ghiaccio. La targa aveva impresse solo dei gruppi di cifre, alcune consecutive le une alle altre, altre separate da uno spazio e in basso quella che sembrava essere una data che diceva 23 dicembre 2012. Aldo non aveva certo tempo di pensare al significato di quell’incredibile ritrovamento, si era limitato ad attendere la fine della tempesta ed a rientrare sollecitamente nella base. La targa era in verità molto piccola…..si trattava di un quadrato con il lato di trenta centimetri e Aldo la aveva tenuta nascosta all’interno del giaccone felpato. Del suo ritrovamento non aveva fatto cenno ad alcuno….si era limitato ad avvertire che li la sua missione era giunta al termine e che avrebbe subito dovuto tornare negli Stati Uniti per conferire con chi di dovere. Al suo ritorno aveva trovato ad attenderlo, come aveva richiesto, il Consigliere per la Difesa Nazionale, accompagnato dal professor Fell, consulente scientifico della NASA. Fell, aveva lungamente rigirato nelle mani ossute il reperto per poi dire ad uno sbalordito Aldo:”Caro signore, signor Consigliere….non so con che cosa abbiamo a che fare….il metallo che ho per le mani mi appare diverso da qualsiasi altro abbia mai maneggiato….potrebbe trattarsi di una qualche strana lega……ma non saprei. Quello che comunque è importante non è di che cosa è composta tale lega o se ho per le mani un metallo a noi sconosciuto….questo lo si potrà verificare solo ed esclusivamente in laboratorio. Ripeto che quello che ci interessa è il messaggio in esso contenuto che per me risulta chiarissimo. Vedete….i gruppi di cifre, spaziate le une dalle altre, sono senza ombra di dubbio delle coordinate spaziali che indicano certamente un qualcosa di non ben definito, anche se io ho una idea su che cosa si tratti, idea di cui non vi voglio mettere a parte fino a quando non ne sarò ben sicuro….la data finale non fa altro che rafforzare la mia ipotesi. Dovete avere pazienza…..devo far verificare da Hubble, l’osservatorio nello spazio e poi vi farò sapere.” Aldo aveva atteso invano notizie per tutta la settimana e la sua curiosità era sempre più grande ma oltre al desiderio di sapere quanto gli scienziati avevano scoperto, si era diffusa in lui una buona quantità di paura che aumentava sempre di più.
Alla fine era arrivata per lui la convocazione tanto attesa, ma in un luogo dove lui non si sarebbe mai sognato di mettere piede: era atteso per il giorno dopo niente meno che nello Studio Ovale della Casa Bianca. Aldo si ricordava benissimo la tensione che provava, lui giovane poco più che trentenne, quando doveva recarsi a rapporto dal suo Comandante di Reggimento…..adesso , che l’appuntamento era con un individuo tremendamente più importante, invece si sentiva stranamente calmo. Comunque alle otto del giorno seguente era stato introdotto nella sala ed era stato fatto accomodare, al cospetto del Presidente, assieme al Consigliere per la Sicurezza Nazionale e al professor Fell:”Signor Presidente, signor Aldo, signor Consigliere……..quanto ho da dirvi ha dell’incredibile ed è di una gravità eccezionale. Purtroppo quanto avevo intuito appena avevo posato gli occhi su quelle cifre misteriose, si è rivelato assolutamente esatto. Quel qualcuno che ci ha indicato il modo di salvare il nostro pianeta, intendo dire i Mir, ha voluto metterci a parte di un’altra tragedia che minaccia di cancellare ogni forma di vita dalla superficie del nostro mondo. Le coordinate spaziali che ci sono state indicate, sono quelle di un mostruoso asteroide che sta procedendo velocissimo verso il nostro pianeta. Si tratta di un mostro celeste delle dimensioni di metà della nostra luna e la data indicata per l’impatto è quella scritta in calce sul fondo della lapide ritrovata. Se non riusciremo a trovare rapidamente una soluzione adeguata, tra poco più di quattro anni la Terra come la conosciamo, non esisterà più e nessuno di noi esseri umani potrà sopravvivere. Questa volta non ci sarà posto in cui nascondersi, nessuna grotta o cavità, anche scavate all’interno delle montagne, sarà sufficiente a proteggerci. Ovviamente non siamo assolutamente in grado di proteggerci da una simile catastrofe……il lancio di missili armati di testate nucleari verso quello che minaccia di essere il nostro carnefice, è nello stesso tempo inutile ed irealizzabile e, purtroppo, attualmente non disponiamo di altro per proteggerci. Abbiamo certamente avviato già da tempo degli studi per cercare di risolvere problemi di questo tipo….ma quello che ci lega irrimediabilmente le mani e ci impedisce di agire, sono le enormi dimensioni dell’asteroide, anzi del planetoide, perché è di questo che si tratta. Qui siamo di fronte allo scatenarsi della natura….e quando la natura decide di agire con la sua forza bruta…….noi esseri umani siamo come formiche alle prese con un elefante.” “Professor Fell…”Intervenne il Presidente.” Mi rendo conto benissimo del problema e della sua gravità…..ma mi dica, non abbiamo proprio niente allo studio che ci possa aiutare in qualche modo e dare qualche speranza? Non possiamo veramente fare nulla per salvare la razza umana o almeno una parte di essa? Possibile che l’intelligenza dell’uomo non possa fare nulla per spostare da qui a li in maledetto “sasso” perché in definitiva è DI QUESTO CHE SI TRATTA!!!” Un silenzio irreale si era diffuso nella storica stanza…il Presidente dopo la sua tirata era crollato a sedere ed il Professor Fell si era chiuso in un tetro silenzio. Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale non aveva alcun argomento da proporre che non fosse quello se era opportuno oppure no divulgare la notizia alla popolazione. Solo Aldo, come al solito, stava per dire qualche cosa….era frenato dal fatto che lui era un semplice Maggiore dell’Esercito Italiano anche se di conoscenze scientifiche non era totalmente digiuno ma…quasi, ma qualche cosa, come al solito, si stava affacciando alla sua mente come si era verificato in precedenza….e all’improvviso saltò il fosso e chiese la parola:” Signor Presidente…..vedo con rammarico che nessuno è in grado di trovare una soluzione al problema che ci affligge e vedo solo angoscia e terrore nei vostri occhi. Io non sono nessuno preso come Aldo Bianchi…..ma se mi volete considerare ancora una volta come il tramite tra voi e i Mir, che ci hanno già dato la possibilità di salvarci un volta…..forse io, o quelli che rappresento con la mia voce, potrei anche essere l’ancora di salvezza di cui avete bisogno. Tenete conto che quanto sto per esporvi, scaturisce dalle mie labbra ma non è assolutamente il frutto di un mio ragionamento. Adesso io so benissimo quello che è necessario fare e ve lo esporrò nella maniera più semplice e rapida possibile: In orbita è pronto per partire il ” Mariner uno” la cui missione, verso il pianeta rosso, come tutto il mondo sa, avrebbe dovuto iniziare la settimana prossima. Gli astronauti sono già a bordo e tutto è pronto per la partenza. Ora si rende necessario caricare a bordo dell’astronave delle testate nucleari per una potenza esatta di diecimila megatoni. Andrebbero benissimo le testate di ultimissima generazione miniaturizzate che sono, per così dire sono diventate operative, l’anno scorso.....non chiedetemi come sono informato su questo argomento segretissimo.....sull'esistenza di tali testate so appunto che esistono e sono operative e questo mi basta per lo scopo che devo raggiungere. Sul “Mariner uno” si dovrà imbarcare il miglior tecnico esistente specialista di testate nucleari, per l’assemblaggio finale di quanto si dovrà costruire e, anche se non conosco ancora il perchè, purtroppo il sottoscritto. Ovviamente, essendo completamente cambiato l'obiettivo finale, tutto quanto era destinato al Pianeta Rosso dovrà venire scaricato prima della partenza, compresi purtroppo gli astronauti non indispensabili alla nuova missione. La partenza non dovrà assolutamente avvenire oltre il tredici di luglio di quest’anno per i particolari….vi saprò dire più avanti e….questo per adesso è tutto.” “Signor Aldo” Interloquì il Presidente” Spero si renda conto di quanto mi sta chiedendo…….dovrei in pratica fidarmi ciecamente di lei e di quanto mi ha riferito…..ma non faccio certo fatica ad accettare questo fatto. Sono assolutamente certo che quanto mi sta esponendo risponde alla più assoluta e completa verità. Già in passato, quanto ha saputo dai Mir, si è dimostrato come la risposta a tutti i nostri più pressanti problemi….e adesso lei mi “mette in campo” addirittura le testate nucleari miniaturizzate di cui solo pochissimi, e non certo un Maggiore italiano di una unità meccanizzata, conoscono l’esistenza…… E’ ovvio che devo darle per una volta di più credito e carta bianca. Qualsiasi cosa le serva….chieda e l’avrà!….Buona fortuna.”

CAPITOLO VENTESIMO.

Tra Aldo ed i Mir non c’era mai stato e non c’era tutt’ora alcun “legame telepatico”. Tutto quanto Aldo sapeva, era frutto di quanto gli era stato instillato nella mente quando l’uomo era stato “rapito” tanti anni prima….Aldo non finiva mai di stupirsi della capacità dei Mir di aver previsto e organizzato tutto quanto era accaduto e soprattutto, riconosceva come incredibile il fatto che fossero riusciti a manipolare il suo cervello ed a fare in modo che tutte le informazioni necessarie gli tornassero ogni volta alla luce, infallibilmente, al momento opportuno. Ma c'era anche un altro fattore che meravigliava Aldo...certo tutte le nozioni indispensabili per la salvezza dei Mir e della terra erano da tempo state programmate nel suo cervello e poi celate fino al momento opportuno, certo il ritrovamento della targa di quel metallo sconosciuto era stato facilitato da un qualcosa che era stato instillato ed era rimasto nella mente del giovane ...... ma l'esistenza delle testate miniaturizzate non potevano assolutamente essere previste da nessuno, nemmeno dagli intelligentissimi Mir..... e allora.....come aveva potuto Aldo conoscere l'esistenza di tali ordigni e le potenza esatta dell'esplosione che occorreva per salvare il pianeta? Era un mistero inestricabile. Adesso comunque, si trattava di imbastire una missione spaziale di due oltre due anni di durata nel più breve tempo possibile, con personale che non si conosceva adeguatamente e con l’aggravio della presenza di armi nucleari il cui trasporto ed impiego nel progetto iniziale di “Mariner uno”, non erano certo contemplati. Il lancio era previsto per il sedici maggio……varo, lancio….erano tutte e due parole che erano rimaste nell’immaginario dell’uomo come “emblemi” di un’epoca passata. Ormai le grandi navi non si varavano più, venendo assemblate pezzo per pezzo e poi, aprendo le paratie dei bacini galleggianti, galleggiavano un po’ alla volta senza la spettacolarità degli anni passati; per le astronavi, si trattava di una faccenda analoga….niente decolli da terra di missili avvolti da fiamme in un rombo di tuono, ma un semplice distacco dalla stazione spaziale internazionale, perennemente in orbita sopra la terra. Comunque, un mese esatto prima della data prevista per la partenza, Aldo e Victor e il Professor Nicosia, scienziato dipendente direttamente dal Ministero della difesa Americano ed esperto in costruzione ed assemblaggio di ordigni nucleari, erano partiti con lo Shuttle da Capo Kenedy, e si erano agganciati al “Mariner uno”. Si trattava della più evoluta realizzazione in campo scientifico che l’uomo avesse mai pensato di progettare e costruire…….era la prima vera astronave costruita dal genere umano. Era stata assemblate nello spazio un pezzo alla volta e per terminare i lavori di costruzione erano stati necessari ben sei anni. A volte un componente, già montato, veniva repentinamente rimosso perché ne era stato costruito uno….più efficiente. Tuttavia oramai la costruzione da sei mesi era da ritenersi ultimata e l’equipaggio, composto originariamente di venti uomini, si stava impratichendo con le attrezzature di bordo ed abituando al lungo viaggio che li attendeva. All’ultimo momento….data e destinazione erano stati improvvisamente cambiate e così lo scopo ultimo della missione. Aldo, quando si era imbarcato, era rimasto colpito dalle dimensioni interne della nave……ciascun membro dell’equipaggio era dotato di una cabina singola con doccia, a bordo del “Mariner uno” si trovavano oltre ai laboratori, la sala di controllo,la mensa, l’ osservatorio stellare, i magazzini, le serre per favorire il ricircolo dell’aria, camere di compensazione, hangar per il lancio di sonde con e senza equipaggio, modulo di discesa su Marte e quant’altro necessario allo svolgimento della missione programmata. Era presente anche un salone di ritrovo ed un bar …..automatizzato si……, ma sempre bar. L’ospedale di bordo era una delle realizzazioni più incredibili……completamente automatizzato, non aveva alcuna necessità della presenza di un medico per funzionare adeguatamente: il computer auto diagnostico di cui era dotato, era dotato della capacità di individuare e risolvere qualsiasi problema sanitario si fosse verificato a bordo, ed era anche in grado di intervenire in situazioni di emergenza come l’effettuazione di interventi chirurgici. Inoltre grazie alla continua rotazione su se stessa, la grande neve aveva al suo interno un qualcosa che si avvicinava molto alla forza di gravità Aldo sapeva che la missione, tra andata e ritorno, sarebbe durata esattamente ventotto mesi…..ma altro come al solito, per il momento, non gli era dato di sapere. Fare amicizia con il comandante Victor e con i membri dell’equipaggio, non era stato per nulla difficile per i due nuovi arrivati. Aldo si era sentito particolarmente attirato da Anna, che aveva a bordo, il compito di occuparsi durante il viaggio del perfetto funzionamento delle serre idroponiche e che avrebbe dovuto occuparsi inoltre, essendo biologa, della classificazione e dello studio preliminare delle eventuali forme di vita presenti su Marte. Anna era, tra l’altro, l’unica italiana a bordo…..era nata ventiquattro anni prima ad Aosta e si era laureata in biologia molecolare all’università di Padova. Degli altri componenti dell’equipaggio si distinguevano i coniugi Vasilov, una coppia di russi entrambi considerati “geni del computer”, per il fatto di “viaggiare” sempre in coppia, ed il secondo in comando, il Tenente Scott dell’aeronautica militare degli Stati Uniti responsabile dei sistemi di sopravvivenza. Tutti gli altri erano americani , alcuni militari di carriera, altri semplicemente scienziati. La vita a bordo scorreva tranquilla ma non certo monotona: tutti avevano i loro compiti da svolgere e il tempo libero, poco in verità, lo passavano tra rilassanti dormite, sedute in palestra ed in piscina. La sala bar era dotata di schermi televisivi e di una interminabile serie di film. Aldo e il professor Nicosia erano quelli che avevano più tempo a disposizione per loro: Aldo perché ancora non sapeva cosa avrebbe, al momento opportuno, dovuto fare…..Nicosia perché Aldo non gli aveva ancora potuto spiegare cosa avrebbe dovuto fare dei suoi adorati”giocattoli nucleari”. Aldo di conseguenza, si era accodato ad Anna e passava con lei più tempo possibile…..sia per ingannare il tempo sia perché si sentiva irresistibilmente attratto dalla bella ragazza. Anna era piccola di statura sfiorando appena il metro e sessanta ma aveva in fisico ben proporzionato ed era di una dolcezza infinita. Il suo regno era la serra idroponica e considerava ogni piantina, ogni fiore come se fossero vivi. Aldo si aggirava spessissimo con lei per il meraviglioso giardino, qui risollevando una piantina che si era piegata, li “rimboccando” la terra attorno ad un’altra. Intanto i due giovani parlavano, parlavano, parlavano in continuazione. A volte sedevano tra due alberi di fico e si raccontavano le loro esperienze di vita, i loro sogni ed anche le loro paure. Dopo una settimana erano diventati quasi dipendenti l’uno dell’altra……dopo due si erano innamorati perdutamente ….anche se ne l’uno, ne l’altra,….se ne erano resi ancora conto, oltre a tutto Aldo era tutto preso dalle domande che si poneva su quando avrebbe saputo e cosa avrebbe dovuto fare……Anna invece, pur cominciando a sentirsi piacevolmente turbata dalla continua presenza del giovane, non voleva ancora prendere alcuna iniziativa. Intanto il viaggio proseguiva……ventotto mesi da trascorrere tra andata e ritorno più il tempo necessario a compiere quella missione di cui ancora nessuno sapeva nulla.

CAPITOLO VENTUNESIMO.

Esattamente sei mesi dopo la loro partenza, mentre Aldo stava amichevolmente conversando con Nicosia che lo stava “sfottendo” amichevolmente sul fatto che lui passasse sempre più tempo in serra e non certo per cogliere margherite, Aldo disse all’improvviso come se fosse una cosa saputa da sempre:” Sa professore……lei dovrebbe da subito cominciare a fare in modo di regolare le esplosioni delle testate in modo che avvengano esattamente nello stesso istante.” Poi, recatosi dal comandante Victor, chiese che tutto il personale potesse partecipare ad una riunione…..visto che era finalmente arrivato il momento di far conoscere a tutti la natura della loro missione. C'eravamo d'accapo....Aldo sapeva nuovamente cosa si sarebbe dovuto fare per risolvere il problema che affliggeva il loro pianeta....ma NON sapeva da quale fonte gli venissero le informazioni necessarie: lui SAPEVA e BASTA!!!
La riunione venne tenuta nella sala mensa che era la più grande dell’astronave……adesso Aldo era davanti a ventuno persone e si trovava nella curiosa ma ormai consueta situazione di dover parlare loro senza sapere assolutamente quello che avrebbe detto. :” Cari colleghi, tenete presente, per favore, che io sto parlando “in diretta”, senza cioè essermi preparato in precedenza alcun discorso. Addirittura io, in questo momento non so neppure cosa dovrò dirvi……..ma sono anche certissimo che appena comincerò, le parole, anzi la natura di esse ed il loro significato, mi usciranno dalla bocca con la massima chiarezza. Dunque…..cominciamo: il problema che noi dobbiamo affrontare e risolvere è quello di far cambiare di soli tre gradi la traiettoria del mostro che andiamo ad incontrare visto e considerato che date le sue mostruose dimensioni, non siamo assolutamente in grado di poterlo distruggere. Come voi tutti sapete, non si tratta di un comune asteroide ma di un planetoide dalle dimensioni inusuali, avendo una massa pari a quasi metà di quella della luna. L’uomo purtroppo tutt’ora, se è stato ed è tutt’ora in grado di distruggere se stesso, non ha certo la capacità di frantumare un asteroide di queste proporzioni. Colpirlo con missili balistici armati di testate nucleari….servirebbe a poco. Il risultato sarebbe quello di creare sulla superficie dell’obiettivo solo dei profondi crateri e nulla più e le testate nucleari sono tutto quanto possiede attualmente l’uomo per cercare di difendersi da situazioni di questo genere. Sfortunatamente il mostro che minaccia la terra, è in grado di creare un E.L.E. (evento di livello estintivo). Risulta infatti troppo grosso, come ho detto in precedenza, per poter essere frantumato. Ma il problema per noi, a questo punto, non è più quello di ridurlo in mille pezzi….ma quello di poterlo deviare, come ho accennato in precedenza, di soli due, tre gradi al massimo, in modo che invece di impattare con il nostro pianeta, gli passi a una distanza di sicurezza. Questo, fortunatamente siamo in grado di farlo…..e adesso vi dirò come. ””Ma signor Aldo….”Interloquì il comandante Victor” E sicuro che solo tre gradi di deviazione siano sufficienti?”” Certo comandante Victor…….prima di tutto tre gradi è purtroppo il massimo che possiamo sperare di ottenere con i mezzi di cui disponiamo…..diecimila megatoni sembrano tanti…..ma noi abbiamo un planetoide da spostare! Poi le faccio presente che se noi agiamo il più lontano possibile dalla Terra, mano a mano che il planetoide deviato, subito dopo il nostro intervento, di soli tre gradi si avvicinerà….l’angolo di incidenza aumenterà in modo notevole consentendo al mostro, cui stiamo dando la caccia, di passare inoffensivamente ben lontano dalla nostra martoriata Terra. Adesso ci restano cinque mesi e mezzo per raggiungere il nostro obiettivo…..in questo lasso di tempo, come ho già preannunciato al professor Nicosia, è necessario preparare gli ordigni ad una esplosione simultanea. Poi lei, comandante Victor, dovrà calcolare una rotta che ci porti alle spalle dell’asteroide….poi una rotta di inseguimento ed avvicinamento ed, infine, sarà necessario impostare nei computer di bordo, una discesa la più dolce possibile sulla superficie del mostro. Poi l’equipaggio dovrà dedicarsi a posizionare le cariche esplosive, raggruppate in un numero di venti per sito, ad una distanza di trecento metri di distanza di un sito dall’altro. Dalla nostra parte abbiamo due situazioni diciamo fortunate…….la prima è che non abbiamo a che fare con una cometa circondata dal suo sciame di oggetti di roccia e ghiaccio, la seconda è quella che il planetoide non ha contrariamente alla Terra e alla Luna, alcuna rotazione. L’esplosione simultanea dei diecimila megatoni, spingerà il nostro nemico, sposterà la sua traiettoria di quei pochi gradi che sono necessari e noi potremo tornarcene a casa” Al termine della relazione, Aldo si era reso conto di tre cose…..innanzitutto nessuno aveva sollevato obiezioni di sorta o aveva richiesto altri chiarimenti, poi non riusciva ancora a comprendere il perché aveva potuto dare le necessarie istruzioni all’equipaggio solo adesso e non alla partenza…..perché aveva dovuto imbarcarsi per farlo e non gli era tornato tutto a mente prima di lasciare il suo pianeta…..cosa era servito imbarcarsi in una avventura che adesso per lui era diventata inutile, visto che il suo compito si era ormai esaurito. Perché obbligarlo in un certo modo a partire…..visto che adesso, all’improvviso, sapeva che lui non sarebbe più tornato?Ad Aldo non restava altro da sperare che tutto avesse un nesso logico, come in fondo fino ad ora era sempre accaduto, e sperare che il non tornare volesse significare un nuovo inizio magari da qualche altra parte e non una triste fine, soprattutto adesso che sapeva che Anna, al contrario di lui, sarebbe tornata felicemente a casa con il “Mariner uno”. In fine Aldo adesso sapeva di essere da ora libero dalle sue premonizioni….tutto quello che doveva sapere o trasmettere agli altri, era stato fatto….il suo compito appariva completamente concluso…..la salvezza della Terra passava nelle mani del comandante Victor e del suo equipaggio. Non era stato un periodo difficile o noioso da trascorrere…..tutt’altro: quei mesi in balia dello spazio profondo erano stati fonte do riflessione e inoltre Aldo si era arricchito di tutta una serie di incredibili esperienze. A parte le emozioni provocate dal vivere in un ambiente tanto diverso dal consueto, a parte la bellezza incredibile di tutto quanto li circondava all’esterno dell’astronave……c’era la stupita meraviglia di un rapporto d’amore che cominciato quasi per scherzo, aveva via via che il tempo passava, assunto sempre più il carattere di un qualcosa cercato per anni e mai trovato. E si trattava di un sentimento reciproco e non unilaterale…..i due vivevano praticamente assieme dalla mattina alla sera e la notte, nel silenzio della cabina che oramai dividevano, il loro amore aveva trovato il suo sbocco naturale. A volte passavano un paio di ore nel locale speciale che poteva dare loro l’impressione di trovarsi ovunque volessero sulla terra….avevano camminato mano nella mano sulle dune del deserto infuocato e nel vento impetuoso che accarezza la spiagge della Sardegna. Si erano addentrati, sentendosi in pace con se stessi e con il mondo, nei meravigliosi boschi delle Dolomiti o avevano navigato tra le isole incantate della laguna di Venezia. Li, tra le stelle, non erano certo soggetti a condurre la consueta vita dei comuni mortali, sempre alla ricerca di un qualcosa che non si riusciva mai a realizzare….li la carriera, lo stipendio ed il caro vita erano vocaboli senza significato alcuno…..malattie sofferenza e morte erano come state messe temporaneamente da parte. C’erano loro due e….solo loro due con il loro amore. In più Aldo aveva a disposizione la calda amicizia dei compagni di viaggio e Anna la sua adorata serra…….cosa chiedere mai di più? Ma i giorni fatalmente passavano ed il momento del loro incontro con “Apocalisse”, così avevano ironicamente battezzato l’asteroide per cui erano venuti fino a li, si avvicinava. Esattamente un anno e venti giorni dopo la loro partenza lo avevano incrociato e superato. Poi era incominciata la lenta e difficile manovra di avvicinamento: fortunatamente il mostro di roccia non era circondato da una massa di frammenti di roccia e ghiaccio come una cometa…..la superficie dell’asteroide, vista dalla distanza di trecento chilometri, era molto simile a quella della luna, deserta, brulla, grigiastra ma assolutamente priva di crateri. L’aspetto del mostro di roccia non era assolutamente sferico…..si presentava invece come un gigantesco sasso dall’estremità anteriore appuntita, quella posteriore liscia e concava, mentre il lato sinistro presentava delle profonde cavità che lo percorrevano per tutta la sua lunghezza. Il comandante Victor, in perfetta sintonia con il resto dell’equipaggio, aveva deciso di tentare l’atterraggio proprio nei pressi di quelle grotte naturali che erano la caratteristica principale del lato sinistro del mostro. Li era il punto ideale di piazzare le cariche esplosive e di fare in modo che le esplosioni nucleari che si sarebbero sviluppate, avrebbero scaricato la gran parte della loro energia verso l’esterno del masso…..facendolo deviare di quel tanto necessario per indirizzarlo verso una traiettoria che lo facesse transitare il più lontano possibile dalla vecchia Terra. In apparenza il piano era abbastanza semplice…..ma era necessario ricordare che quel pugno di astronauti, si trovava a milioni di chilometri di distanza dal pianeta madre, immerso nello spazio profondo e sottoposto a tutte le incognite precipue di quel luogo inospitale.

CAPITOLO VENTIDUESIMO.

Per fortuna il planetoide non aveva neppure una rotazione su se stesso…..si limitava a puntare dritto come un fuso, verso il suo obiettivo finale distante oramai solo due anni. A bordo della “Mariner uno” il comandante Victor, il professor Nicosia e altri otto componenti l’equipaggio , avevano preso posto a bordo dello Shuttle che avrebbe dovuto portarli sulla superficie dell’”Apocalisse” come era stato battezzato il planetoide. La navetta in questione era una evoluzione di quella che aveva per anni assicurato i collegamenti tra la Terra e le varie stazioni spaziali……..la “Sirio”, così era chiamata, era difatti perfettamente in grado di atterrare e decollare come un comunissimo elicottero. Aldo non aveva voluto partecipare alla spedizione……..prima di tutto lui non era astronauta e li si sarebbe sentito solo inutile se non di impaccio, in secondo luogo separarsi da Anna gli sembrava assolutamente improponibile ed anche la ragazza, mettendo preventivamente le mani avanti, lo aveva supplicato di non muoversi dalla astronave madre. Poi…..stranamente lui si sentiva come in attesa di un qualche cosa di non ben definito che avrebbe dovuto “recepire” li a bordo del “Mariner uno”….li e non certo sulla superficie dell’asteroide……si trattava di una impressione, di una strana aspettativa……non sapeva altro…..c’era solo da attendere e tutto si sarebbe certamente chiarito. Tutto era andato bene fino al momento di incamminarsi sulla superficie di quel piccolo mondo per recarsi a piazzare le cariche…già il camminare sulla superficie era un fatto che aveva dovuto essere subito scartato visto che la forza di gravità mancava del tutto. Gli astronauti erano stati costretti, per mantenere una rotta rettilinea ed evitare, con un movimento mal calcolato, di sfracellarsi contro le rocce, a sorvolare la superficie dell’asteroide con il sistema di propulsione delle tute pressurizzate. Anche la “Sirio” era stata assicurata al terreno con dei solidi ancoraggi. Raggiunti i punti previsti, all’interno delle grotte naturali aperte sul fianco sinistro del mostro, gli astronauti avevano fissato sotto la supervisione del professor Nicosia, gli ordigni, ne avevano sincronizzato i tempi di esplosione in modo che esse avvenissero simultaneamente, gli avevano innescati e poi si erano affrettati sulla strada del ritorno. Ma non appena usciti allo scoperto una invisibile e assolutamente imprevista pioggia di micro meteoriti, aveva cominciato a bersagliarli. Non si trattava certo di oggetti voluminosi, in una normale atmosfera….si sarebbero immediatamente inceneriti ma li nel vuoto più assoluto, avevano inesorabilmente forato le tute spaziali……nove astronauti erano morti sul colpo trapassati da quei micidiali proiettili, mentre il comandante Victor aveva solo perforata la tuta in tre punti….ma il risultato sarebbe stato lo stesso:”Mariner uno….attenzione. Non tentate di far nulla per noi….i nostri colleghi sono tutti morti ed io lo sarò tra pochi secondi. Appena vi avrò dato i codici di esplosione delle cariche allontanatevi subito a distanza di sicurezza e procedete con la missione come se noi tutti fossimo ancora con voi. I codici sono: 1999.3210.9991.7777.Buo..a fortun…..a tu….iiii..” E questo fu tutto. Quando poi, subito dopo, anche la “Sirio” esplose in un immenso bagliore di luce muta e fu evidente a tutti che il comandante Victor aveva ragione….per gli sventurati astronauti non c’era più nulla da fare ed era nello stesso tempo assolutamente necessario per loro allontanarsi da li al più presto possibile. Fortunatamente l’innesco delle cariche esplosive, poteva venire comandato solo dalla astronave madre, per cui, pur con la disgrazia appena accaduta, nulla in realtà era ancora perduto. A bordo erano ora rimasti solo in pochi e tutto l’equipaggio era intento ad allontanarsi il più possibile dall’asteroide, per evitare il pericolo di essere colpiti a propria volta da quella micidiale pioggia di meteoriti. Ma poi un altro guaio era piombato come una mazzata sulle spalle di quel gruppo di valorosi astronauti: il professor Nicosia aveva portato con se sull’asteroide il comando del detonatore per sincronizzarlo con gli ordigni nucleari, comando che era inevitabilmente andato distrutto con l’esplosione della “Sirio”. A bordo dell’astronave madre ce n’era ovviamente uno di riserva ma essendo di potenza ridotta….aveva un campo d’azione molto più limitato, con il risultato di coinvolgere nello scoppio chi lo avesse usato per far verificare l’esplosione. Era poi necessario sincronizzare gli ordigni e per farlo sarebbe stato necessario avvicinarsi alla superficie dell’asteroide ad almeno una cinquantina di metri….non un metro di meno, per cui chi avesse azionato il “pulsante” di innesco…..sarebbe inevitabilmente perito in un uragano di fuoco e detriti. A bordo dell’astronave era oramai rimasto solo il personale indispensabile per riportarla a casa….con la perdita di coloro che erano periti sotto la pioggia di asteroidi, era assolutamente necessario che ciascun membro rimasto dell’equipaggio rimanesse al proprio posto….per cui, anche se nessuno aveva osato dirlo…..era evidente a tutti che era proprio Aldo colui che si sarebbe dovuto sacrificare per il bene comune. Aldo aveva capito immediatamente a cosa sarebbe dovuto andare incontro…….non aveva paura di morire, in fondo prima o poi doveva toccare a tutti, ma aveva il rammarico di doversene andare senza aver vissuto appieno la sua giovinezza…..tanti sacrifici per diventare Ufficiale, tanti sogni che sarebbero stati fatalmente irrealizzati. Certo lui sarebbe stato ricordato nei secoli come uno dei salvatori della Terra……ma, in definitiva si sentiva pervaso da una grande tristezza. Inoltre era estremamente “scocciato” di essere stato manovrato e indotto a comportarsi come aveva dovuto fare per il bene comune della razza umana e di un’altra razza a lui completamente aliena che a lui francamente nulla aveva dato se non preoccupazioni e pensieri più grandi di lui! Ma era andata così….ora avrebbe dovuto rinunciare a tutto, anche all’amore che aveva trovato a bordo dell’astronave….ma non c’era nulla da fare, era necessario procedere e sperare….in chissà cosa mai……non lo sapeva neppure lui….ma a qualche cosa si doveva pur attaccare per non impazzire!

CAPITOLO VENTITREESIMO

I saluti erano stati particolarmente commoventi….tutti avevano qualcosa da dirgli ma alla fine Aldo, sentendosi come liberato da un peso, si era infilato la tuta spaziale e si era introdotto nella camera di compensazione. Dall’interno il portello esterno era stato aperto e L’improvvisato astronauta si era diretto con i razzi direzionali dello zainetto propulsivo di cui era dotato, verso il suo obiettivo. Dopo aver raggiunto la distanza ottimale per procedere all’allineamento delle cariche…..era morto…..nel senso che aveva raggiunto e superato il punto di non ritorno a bordo dell’astronave. Ora niente e nessuno avrebbe potuto salvarlo anche se l’asteroide fosse miracolosamente scomparso nel nulla. L’astronave se ne era andata alla massima velocità per mettersi in salvo e a lui rimaneva ormai solo un’ultima ora di aria…ecco perché si considerava già “morto”. Gli rimaneva ormai ben poco da fare…..aveva acceso il trasmettitore di impulsi che avrebbe tra poco comandato le esplosioni, aveva con la massima precisioni programmato e sincronizzato le esplosioni ed era pronto a fare quello che sarebbe stato l’ultimo movimento della sua vita….premere il pulsante! Aldo non aveva voluto attendere oltre….non desiderava certo attendere di esaurire l’aria a disposizione e morire lentamente di asfissia…..non voleva inoltre essere più assalito da alcun genere di pensiero, recriminazione o paura….basta il momento era veramente arrivato e la sua vita terminò in un attimo in un olocausto di fuoco. L’esplosione apocalittica aveva appena scalfito la superficie dell’asteroide….ma il risultato sperato era stato raggiunto: la forza sprigionata dell’olocausto nucleare era riuscita a cambiare di ben otto gradi la rotta del mostro dello spazio e la sua nuova rotta lo avrebbe portato a sfiorare la Terra senza però crearle alcun tipo di problema. L’astronave aveva potuto da subito verificare il successo della missione ed avvertire a Terra che la minaccia era stata definitivamente sventata. Di una tale notizia il mondo, anzi quanto era rimasto del mondo del ventunesimo secolo, aveva un gran bisogno…….il sole era fortunatamente tornato e la vita poteva ricominciare. Ci sarebbero certo voluti anni per tornare all’antico livello di civiltà…..c’erano interi continenti da civilizzare praticamente ripartendo da zero, c’era l’economia dei paesi industrializzati da ricostruire, c’era una nuova fiducia nell’avvenire da ritrovare. Ci sarebbe voluto tempo, tanto tempo, fatica e sacrifici poi, alla fine….si sarebbe visto cosa l’innato ingegno dell’uomo avrebbe potuto fare, forse ci sarebbe finalmente stata la rinuncia a guerre e allo smodato desiderio di potere…chissà….forse la razza umana avrebbe trovato una volta per tutte la strada per fare quel salto di qualità nella gerarchia degli esseri viventi a cui il Creatore l’aveva destinata il giorno della Genesi.

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO.

L’esplosione era stata un qualche cosa di apocalittico…..i nervi ottici di Aldo l’avevano registrata ma non avevano fatto in tempo a trasmetterla al cervello……le radiazioni, il calore tremendo e la pioggia di detriti avevano straziato il corpo dell’uomo….ma il dolore non era stato portato dai nervi al suo cervello…..non c’era stato il tempo. Un momento prima Aldo aveva premuto il bottone e un attimo dopo stava guardando gli effetti dell’esplosione dall’alto ad una distanza che non era in grado di stimare. Anche senza alcuno strumento per poterlo calcolare sapeva che l’operazione aveva avuto successo……ma lui adesso dov’era? Era veramente morto e se si, cosa lo stava aspettando? Si sentiva libero, assolutamente libero……..la tuta spaziale era scomparsa come d'altronde il suo corpo….eppure lui pensava, vedeva….VIVEVA!!!Ma cosa era mai diventato e cosa avrebbe fatto…..dove sarebbe andato e….ADESSO COSA SAREBBE ACCADUTO????? Lui non aveva paura….era immerso in quella moltitudine di stelle avvolte dal nero dello spazio senza fine e si sentiva appagato e sereno. Adesso, all’improvviso, sapeva anche quale era la sua destinazione ultima…..ora la vedeva….eccola li la luce che attendeva tutti dopo la morte…..eccola che si avvicinava a lui sempre di più diffondendo avvicinandosi un senso di infinito amore e di una immensa completezza era……….la sua ricompensa per tutto quanto aveva fatto era il suo connubio con il Creatore.

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