mercoledì 1 giugno 2011

il coraggio di agire

Autore Franco Scarpari, via Alessandro Volta N° 41. 30010 Camponogara(VE). Tel:041.5140261, cell:3382476681


PREFAZIONE.

Tutte le vicende narrate in questo libro sono ovviamente puramente immaginarie, anche se basate sulla realtà di un tragico periodo della storia italiana ben definito e reale. Le date e il susseguirsi degli avvenimenti qui raccontati, possono non coincidere anche parecchio dalla realtà, realtà dalla quale, per esigenza di chi scrive, si possono discostare anche di molto. Si tratta in definitiva solo ed esclusivamente di un “romanzo” che narra una storia assolutamente immaginaria, che ha semplicemente preso spunto da un periodo storico e da fatti e personaggi invece perfettamente reali. Naturalmente anche le figure del Duce e di Re Umberto sono completamente idealizzate e diverse da quelle che appaiono invece nella realtà, come anche è assolutamente immaginario il “comportamento” tenuto dal Fascismo in tutta la vicenda qui narrata. L'autore si scusa poi con il meraviglioso popolo ebraico per alcune espressioni “irriguardose” che si possono trovare tra queste righe....ciò è dovuto esclusivamente a ragioni “di copione” e non a una mancanza di stima o di rispetto da parte di chi scrive. Inoltre come “vezzo” dell'autore, chi scrive si picca ogni volta che si imbatte nella parola “provabilmente” di scriverla appunto...così e non come dovrebbe essere invece scritta con la b invece che con la v. Abbiate pazienza....tutti noi abbiamo le nostre manie!

INTRODUZIONE.

Le responsabilità oggettiva sui tragici fatti verificatisi in Italia all'atto dell'armistizio siglato con gli Americani e gli Inglesi l'otto di settembre del millenovecento quarantatrè, sono da attribuire ad un vario numero di personaggi, che agirono, pur compatibilmente e comprensibilmente con le tragiche difficoltà del momento, certamente nel peggiore possibile dei modi, dando adito e purtroppo anche in un certo senso giustificazione, alla successiva e a quel punto inevitabile aggressione tedesca nei confronti dell'Italia. Il Re Vittorio e Badoglio, si dimostrarono personaggi completamente incapaci, pavidi ed egoisti e assolutamente non in grado di gestire la pur difficile situazione del momento e, con il loro comportamento ambiguo, riuscirono solo ed esclusivamente ad anteporre i loro interessi personali a quelli del loro Paese e, così facendo, a mettere in risalto il lato peggiore del carattere dell'italiano medio, causando in questa maniera la violenta reazione dei tedeschi e purtroppo in questo caso, in parte addirittura........giustificandola e facendo così piombare la Nazione ormai stremata in una terribile guerra civile tra poveri.........ma questa è solo STORIA!

CAPITOLO PRIMO.
La sera stava calando su una Berlino già in parte devastata dai feroci e continui bombardamenti americani....nonostante il Maresciallo dell'Aria Herman Goering avesse spergiurato all'inizio del conflitto, che mai un aereo nemico avrebbe potuto bombardare il suolo tedesco. L'amara verità era stata, alla resa dei fatti, ben diversa.....la grande città appariva al calar delle tenebre ancora più spettrale del solito, con le ampie strade deserte, l'oscuramento totale in atto e la popolazione rintanata nelle case pronta alla fuga nella relativa sicurezza delle gallerie della metropolitana e del rifugio antiaereo più vicino. La guerra continuava inesorabile oramai da quattro lunghissimi anni, a pretendere una messe di vittime che, con il tempo, aumentava inesorabilmente sempre di più.....in Russia il calvario delle Forze armate tedesche un tempo tanto baldanzose, pareva adesso disgraziatamente non finire mai e il morale dei combattenti, oltre a tutto, non era certamente più quello di primi anni di guerra, gli anni delle grandi avanzate quasi incontrastate quando tutto, ogni impresa, ogni azione, anche la più ardita, pareva realizzabile come era stato promesso dal Fuhrer. Anche la popolazione civile era se non depressa, certo un po' disillusa.....era evidente che gran parte delle promesse non era stata mantenuta: la Germania era si ancora padrona incontrastata di quasi tutta l'Europa continentale ma i primi clamorosi rovesci in Russia e i ripetuti bombardamenti fattisi sempre più insistenti mano a mano che il tempo passava, avevano incominciato inesorabilmente a minare il morale e le certezze di tutti. Solo la martellante e onnipresente propaganda, unita a volte da una fede cieca e a qualche successo parziale che ancora ogni tanto si verificava, permettevano ancora ai tedeschi di sperare nonostante tutto in una auspicata vittoria finale definitiva. Ma qualcuno in città, era invece oramai certo che la tanto attesa e desiderata svolta del conflitto si trovava adesso proprio li, dietro l'angolo e che tale svolta epocale era dovuta in gran parte ai risultati del suo lavoro, della sua dedizione e, perchè no....del suo genio: il reattore ideato e costruito con mesi di sacrificio e di indefesso lavoro e anni e anni di precedenti programmazione e sviluppo, questa volta, dopo una interminabile serie di apparentemente vani tentativi infruttuosi, funzionava....funzionava davvero e la reazione nucleare a catena adesso si auto manteneva da sola e in modo stabile, dando come sottoprodotto il tanto desiderato uranio arricchito. Il Dottor Wolf, supportato dai suoi valentissimi tecnici, dunque questa volta ce l'aveva fatta per davvero, ogni ostacolo era stato finalmente superato: adesso restava solo da continuare per la strada intrapresa, fornire cioè l'uranio arricchito in quantità necessaria a chi di dovere....a coloro cioè, che avrebbero assemblato l'arma assoluta, quella che avrebbe fermato una volta per tutte l'avanzata dei russi e fatto comprendere agli altri nemici, che la Germania AVEVA ORMAI VINTO LA GUERRA.
Il venticinque luglio del quarantatrè la situazione del Paese in guerra da tre lunghi anni, appariva già da tempo in Italia ormai disperata.....l'Impero conquistato con tanta fatica, già dall'inizio del conflitto, appariva purtroppo, per la cronica impossibilità di poterlo rifornire di armi moderne e munizioni, oramai definitivamente perduto, la Sicilia invasa, i bombardamenti sempre più feroci e distruttivi sulle città di tutta la penisola......fame, sfiducia e miseria ovunque. Si era trattato di anni di continue, brucianti sconfitte, alternate solo raramente, a pochi, illusori sprazzi di speranza ma ora la fine si stava rapidamente avvicinando, inesorabile. Quel giorno fatale il Gran Consiglio del Fascismo aveva dovuto per forza di cose, prendere gravi misure, per evitare una inevitabile prossima ribellione ed un conseguente sfascio totale dalle imprevedibili conseguenze. Il primo bombardamento di Roma risaliva solo a pochi giorni prima e l'Italia intera ne era rimasta letteralmente sconvolta. Erano seguiti inevitabilmente i primi scioperi di protesta nelle industrie dell'Alta Italia e l'odio verso chi aveva “gettato” a torto o a ragione l'Italia e gli italiani in quella maledetta guerra aumentava sempre di più. Era diventato necessario prendere alcune drammatiche decisioni, non solo più per il bene del Partito ma per la salvezza della Patria stessa. Si era deciso, con il Duce pienamente consenziente, di rimettere nelle mani del Re il potere esecutivo, in modo da poter dare una “sferzata” di orgoglio al popolo italiano e subito dopo, sopra ogni altra cosa, di cercare in tutti i modi di uscire nella maniera più indolore possibile, dal conflitto che minacciava di distruggere tutto e tutti. Era ormai da tre mesi che il Sovrano era stato messo a parte di questo intento....non si trattava certo di una decisione improvvisa dettata dalla disperazione del momento. Il Re aveva naturalmente accettato in linea di massima la fondatezza di quanto era stato stabilito ma nello stesso tempo, aveva rifiutato categoricamente di prendere in mano in prima persona, il peso di tale stato di cose e aveva anche deciso di abdicare e così facendo di “passare la mano” al figlio Umberto di Savoia. Vittorio Emanuele oltre che stanco invecchiato e sfiduciato, era anche in quei tragici frangenti, irrimediabilmente compromesso con tutti per il fatto di avere da sempre sostenuto il Regime che ora veniva a trovarsi in difficoltà e non godeva certo più di grande credibilità e stima e fiducia soprattutto al di fuori del Paese. Avallando passivamente l'entrata in guerra dell'Italia, aveva decretato praticamente la sua fine. Non si trattava poi affatto del valoroso “Re soldato” di cui si era tanto favoleggiato nel corso della Grande Guerra......la realtà era difatti ben diversa! Re Vittorio, era si stato spesso ripreso dai cinegiornali dell'epoca, in vari teatri bellici, ma solo ed esclusivamente per pura e semplice propaganda e mai si era specificato che il Sovrano aveva visitato solo ed esclusivamente retrovie ritenute assolutamente tranquille, sicure e soprattutto ben lontane dai combattimenti, che Vittorio Emanuele mai si era degnato nemmeno una volta di condividere al fronte il rancio con i suoi soldati, preferendo ostentatamente consumare ”panini al formaggio“ portati da casa, come quasi la sua augusta presenza tra le truppe combattenti, fosse da lui considerata alla stregua di una ”scampagnata” e che infine, aveva dimostrato di essere in possesso di una enorme indifferenza per le sofferenze e le tragedie di chi combatteva e moriva per davvero per l'Italia e....per lui. Ci voleva adesso, per dare speranza al popolo e alle Forze Armate, un “uomo nuovo” che avesse la possibilità prima di tutto di avere credito da subito con i paesi vittoriosi e fosse soprattutto in grado di poter trattare, certamente meglio di Vittorio, con Americani, Inglesi e soprattutto con i Tedeschi. Ecco in realtà il problema più grave e spinoso fra i tanti....la reazione che Hitler avrebbe avuto alla notizia che il suo alleato più importante aveva deciso di cedere improvvisamente le armi ......e proprio per questa ragione si rendeva necessaria la presenza di un personaggio “nuovo” di cui i Tedeschi avessero, se non certo fiducia, per lo meno rispetto e non solo odio e disprezzo. Dunque tutto sarebbe stato fatto in più fasi ma nello stesso tempo, in fretta per cercare un passo alla volta, il modo migliore per riuscire a ricucire con cura il tutto e ad uscire da quell'incubo, con danni che fossero il più limitati possibile per la Nazione. Si trattava veramente di una situazione disperata.....l'esercito provato dalle fallimentari Campagne di Grecia, d'Africa e di Russia, era adesso allo stremo e quasi allo sbando....mancavano quasi del tutto armi moderne, la logistica era paralizzata dalla cronica penuria di materie prime, l'aeronautica non era più in possesso di mezzi sufficienti a tenere lontane dal cielo italiano le fortezze volanti nemiche che distruggevano industrie, porti, nodi ferroviari e purtroppo, disgraziatamente le indifese città. La flotta era angustiata dalla oramai abituale penuria di carburante e dalla cronica mancanza dell'indispensabile appoggio aereo. Non c'era più nulla o quasi per contrastare lo strapotere del nemico.....la guerra che avrebbe nelle intenzioni di Mussolini durare solo pochi mesi.....si trascinava purtroppo invece ormai da tre anni. Il Duce aveva pensato moltissimo a quei momenti che stavano drammaticamente per arrivare.......mai aveva temuto in passato, dopo la crisi verificatasi per l'omicidio dei giornalista Matteotti tanti anni prima, che un giorno lontano sarebbe stato costretto a compiere quel passo estremo per la salvezza del suo Paese. In mente gli erano tornati una volta di più, gli anni del consenso e dei trionfi di cui la Nazione era stata protagonista nel mondo.......la vittoriosa e travolgente guerra in Etiopia, le trionfali trasvolate atlantiche, i record di velocità degli aerei italiani, la messa in mare del REX e del CONTE DI SAVOIA il dirigibile Italia che avevano sorvolato il polo nord...e in Italia la vittoria della “battaglia del grano”, la bonifica delle “paludi pontine”, la costruzione dell'acquedotto Pugliese e di nuove città nel centro sud della penisola, i risultati ottenuti nel “sociale”, la costruzione in pratica delle basi di una nuova moderna e grande Nazione. Si trattava adesso di salvare il salvabile anche a costo di mettere in discussione se stesso e il Partito, anche a costo di sacrificare anche la sua vita per il supremo bene comune.....quello che era necessario, sarebbe stato fatto, tutto e fino in fondo. Mussolini, per la verità, non aveva mai amato più di tanto Hitler e la Germania......la potenza e l'organizzazione tedesche lo avevano si da un lato affascinato ma in verità era stato costretto a sottoscrivere il “patto d'acciaio” solo per non rimanere completamente isolato in Europa e perchè le democrazie occidentali gli avevano voltato le spalle nel trentacinque, imponendo a suo danno le “sanzioni economiche”, quando l'Italia si era impadronita dell'Abissinia. Ma adesso a guerra inoltrata, la situazione era un po' alla volta divenuta sempre più grave, anzi si era oramai arrivati purtroppo, alle soglie della disperazione. Il Duce aveva pochi mesi prima inviato in Germania un giovane giornalista....un certo Luigi Romersa, con lo scopo di sondare presso Hitler in persona, quale fosse la verità sulla tanto discussa esistenza delle nuove sbalorditive armi segrete, ma al giornalista non era stato detto nulla di sostanzialmente nuovo e di diverso di quanto il Duce stesso conoscesse da tempo....speranze, speranze e solo vane speranze.....ormai completamente disilluse. Mussolini aveva allora dovuto riporre definitivamente nel cassetto anche questa ultima illusione di salvezza e si era rassegnato all'inevitabile. Il venticinque luglio dunque, alle otto di sera, il Re Vittorio Emanuele Terzo avrebbe abdicato nelle mani del figlio Umberto e contemporaneamente il Duce avrebbe “passato” i poteri al nuovo Re d'Italia. Il Regime tuttavia, non sarebbe assolutamente “caduto”, almeno per il momento, causando un pericolosissimo e assolutamente non voluto e pericolosissimo vuoto di potere...... il Duce si sarebbe semplicemente ritirato dalle sue cariche esecutive dello Stato ma sarebbe rimasto a capo del Fascismo che, a sua volta sarebbe sopravvissuto e sarebbe stato, almeno nelle intenzioni, sempre la “forza trainante della nazione” ma avrebbe per forza di cose, consentito la inevitabile e progressiva rinascita di alcune forze politiche moderate di opposizione, esclusi naturalmente i comunisti, forze che lo avrebbero affiancato per tutto il periodo di transizione dalla fine di un regime totalitario ad una forma di governo di concezione più democratica. Mussolini si sarebbe una volta per tutte completamente estraniato dalla vita politica dell'Italia, sarebbe rimasto solo come faro e punto di riferimento per l'inevitabile transizione e sarebbe pure stato disponibile a guerra finita, ad assumersi le sue gravissime responsabilità sul disastro che aveva fatto piombare sull'Italia.....nel bene e nel male, con l'Italia e per l'Italia.

CAPITOLO SECONDO.

Il Paese era stanco, spossato da tre anni interminabili di guerra e la notizia della “caduta” di Mussolini aveva in realtà scosso molto poco le coscienze degli Italiani. In realtà poco o niente era ancora cambiato....la guerra continuava e il potere era semplicemente “passato di mano”, in una nuova mano è vero....ma poi, in definitiva, cosa mai sarebbe potuto cambiare? Sarebbe stato il giovane e inesperto Re in grado di far uscire l'Italia dal conflitto come ormai tutti si auspicavano e chiedevano, o la ora limitata influenza del Regime avrebbe fatto piombare il Paese nella tanto temuta anarchia o peggio ancora nella guerra civile? Ma il giovane sovrano aveva le idee molto chiare...non aveva nulla in comune con il vecchio padre e da subito ci si rese conto che l'atmosfera era cambiata e che Umberto faceva sul serio. Non appena i Comunisti, alla notizia che il Duce si era “ritirato”, erano scesi trionfanti in piazza in un mare tumultuoso di bandiere rosse, il giovane Re aveva messo immediatamente in campo polizia e carabinieri che, con la massima decisione,avevano stroncato sul nascere ogni forma di manifestazione non autorizzata. Poi, tramite il Vaticano, da sempre molto vicino alla Casa Reale, un altissimo emissario americano, un generale molto vicino al presidente statunitense, si era recato in gran segreto a Roma, invitato dal nuovo Sovrano Italiano e aveva avuto subito un colloquio chiarificatore che aveva lo scopo di sondare quali fossero le intenzioni delle due nazioni anglosassoni per arrivare ad un eventuale armistizio con l'Italia. Ciò accadeva il ventisette luglio.....non c'era infatti tempo da perdere e se l'incontro era avvenuto solo in tale data, i contatti informali tra Casa Reale, Vaticano e Stati Uniti, erano in realtà iniziati nel massimo segreto già da un mese. Virginia era una delle tante ragazze di diciotto anni che vedeva di giorno in giorno svanire i sogni che aveva fatto, sogni e speranze di un futuro colmo di gioie e di aspettative. La ragazza abitava a Venezia e si era recata la settimana prima a Roma dagli zii materni come premio dei genitori per l'anno scolastico appena concluso, con l'acquisizione della tanto sospirata “maturità”. Virginia aveva trascorso quei giorni nella più grande serenità, alternando le passeggiate alla scoperta della “città Eterna” a scampagnate dalle parti di Frascati e Tivoli. Suo inseparabile compagno era stato il cugino Marco, che essendo della zona, sapeva benissimo cosa far vedere di interessante alla cugina....Roma, Palazzo Venezia, il Foro Romano il Colosseo, S Pietro. Non era stato certo difficile “scarrozzare” la cugina su e giù per la città.....Virginia tra l'altro era una bellissima giovane con dei capelli nerissimi che tradivano le sue pur lontani origini siciliane.....e tanta avvenenza non guastava proprio. Marco aveva da tre anni terminato il liceo classico ed era al terzo anno di ingegneria. Non che lo studio lo affascinasse in modo particolare....ma in definitiva era in pari con gli esami e tra i voti conseguiti, il trenta faceva capolino piuttosto spesso. I due giovani erano veramente una coppia ben assortita e cercavano in quel periodo di vacanza di dimenticare le ristrettezze di quel duro periodo di guerra. Marco era stato riformato alla visita di leva per un difetto congenito al cuore, problema di cui per fortuna non sembrava in realtà risentirne affatto. Ma tutte le cose belle....alla fine svaniscono e le vacanze ormai volgevano al termine. I due giovani, adesso che il distacco era imminente, cominciavano a sentire che la lontananza che stavano per affrontare sarebbe stata per entrambi più dolorosa del previsto e avrebbe lasciato a tutti e due un vuoto certamente difficile da riempire. Tra loro in quel periodo spensierato non c'era mai stata per la verità alcuna intimità......si erano trattati l'un l'altro come dei fratelli senza mai mettere, nemmeno in preventivo, che la loro amicizia, un giorno avrebbe potuto trasformarsi in qualche cosa di diverso. Avevano in realtà pensato solo a divertirsi non rendendosi per nulla conto di quanto stava maturando dentro di loro. Una sera, sul tardi a Ostia avevano addirittura, con il favore del buio, fatto il bagno in mare completamente nudi, avendo lasciato a casa i costumi.....ma non avevano per nulla badato alla loro nudità....avevano scherzato, riso e giocato senza alcuna malizia.....proprio appunto come due fratelli e poi, tornati a riva, si erano sollecitamente rivestiti come se il tutto fosse la cosa più naturale del mondo. Solo adesso che si stavano per lasciare, Marco si rendeva conto ripensandoci, a come era morbido e luminoso il corpo di Virginia e la ragazza invece a come fossero calde e forti le braccia del giovane. Ma nessuno di loro aveva ancora voluto esternare all'altro il proprio pensiero.......e alla fine era stato Marco a prendere una decisione. A lui restava ancora più di un mese prima di riprendere l'Anno Accademico e aveva così deciso di accompagnare Virginia a Venezia e di trascorrere con lei un paio di giorni ancora. Li, nella città dell'amore certamente ci sarebbe stata la possibilità di.....aprirle il suo cuore e....si sarebbe visto cosa sarebbe potuto accadere. Intanto nei cieli della Francia a seimila metri di quota, un grande bombardiere B 29 si stava abbassando sempre di più nel cielo nebbioso. Da venti minuti ormai la quota di volo era progressivamente scesa per vistoso calo di potenza di due dei quattro motori. Era una cosa incredibile, che mai si era verificata prima di allora e a cui l'equipaggio non era purtroppo in grado di porre rimedio, per lo meno fino a quando l'aereo rimaneva in volo. Il Comandante Mallory le aveva provate tutte... aveva cercato di riguadagnare quota scaricando sulla superficie di un lago tutte le bombe di cui disponeva, bombe che in origine erano state destinate a Berlino....aveva invertito poi la rotta cerando di tornare alla base, ma il gigante dell'aria, dopo un promettente ma solo momentaneo sussulto verso l'alto, aveva ampiamente dimostrato che non ne voleva proprio sapere di risalire e di rimanere in aria. Ad un certo punto Mallory si era reso conto che mai in quelle condizioni,avrebbero potuto riattraversare la Manica per tornare alla base e che ormai erano rimaste per loro solo due opzioni: o paracadutarsi e far schiantare l'aereo, o cercare di atterrare in qualche pista isolata della Francia occupata e cercare di riparare i motori per poi decollare nuovamente. L'esplosione del quadrimotore avrebbe immediatamente però allertato i tedeschi presenti in zona, mentre un atterraggio in un luogo isolato, forse, con un po' di fortuna, sarebbe anche potuto passare inosservato, per cui, a patto di trovare una zona adatta......Mallory aveva deciso di tentare di atterrare. Il generale Pearson era il rappresentante delle “forze Armate Americane” che riscuoteva più degli altri colleghi la fiducia da parte del Presidente, si trattava di un militare perspicace, dotato di un carattere equilibrato e capace di prendere decisioni importanti in piena autonomia assumendosi sempre in prima persona le proprie responsabilità. Il Presidente gli aveva praticamente dato carta bianca per le trattative informali che l'alto ufficiale avrebbe avviato con il suo interlocutore italiano. L'unica condizione a cui il Comandante in capo degli Stati Uniti non avrebbe rinunciato per nessun motivo per concedere l'immediata fine delle ostilità, era ovviamente la richiesta di una resa incondizionata da parte dell'Italia. Il problema più spinoso per il rappresentante americano, non era tanto quello di ottenere la resa del nemico ormai stremato e sull'orlo del baratro, ma piuttosto quello di prevenire la reazione dei tedeschi ad un inevitabile armistizio con l'Italia. Lo Stato Maggiore americano non aveva alcuna intenzione di incalzare le divisioni corazzate di Hitler in ritirata su per la penisola italiana e non intendeva assolutamente invadere la Germania attraverso il baluardo quasi insormontabile delle Alpi. I “disegni” per il futuro del conflitto erano ben altri e riguardavano come era ormai noto a tutti, l'apertura del tanto atteso “secondo fronte” con lo sbarco in Normandia.
VENTINOVE LUGLIO................. Estratto del colloquio riservatissimo avuto da Sua Maestà Umberto Secondo con il Generale americano Pearson: Convenevoli vari...... e invito del Re al generale a sedersi di fronte a lui. “Generale Pearson......lei non so se possa rendersi conto del peso che grava adesso sulle mie spalle, per quanto sta accadendo al mio Paese e...... per la natura di quanto sono sul punto di comunicarle. Adesso io la prego gentilmente di fare in modo di non interrompermi nella mia esposizione e di ascoltare con la massima attenzione quanto ho da riferirle. Poi......ci farà ovviamente conoscere quelle che saranno le sue condizioni per poter finalmente porre fine alle ostilità, ed io potrò adeguarmi ad esse e agire di conseguenza. No NO, la prego..... so benissimo che è lei che può e deve dettare le condizioni.....ha perfettamente ragione.... ma prima per favore....mi dia almeno la possibilità di renderle noto, con la massima rapidità possibile, quello che è il mio pensiero. Ora, prima di tutto, le chiedo se lei è autorizzato dal suo Presidente a prendere autonomamente le decisioni del caso o no.....le faccio presente, che sarebbe opportuno che una decisione definitiva, mi riferisco ovviamente alla cessazione delle ostilità da parte dei nostri Paesi, venisse presa se possibile oggi stesso o comunque al più presto, per l'ovvio problema, oltre a quello quanto mai pressante di far cessare la strage, di eventuali interferenze e prese di posizione da parte di Hitler. Se una decisione definitiva dovesse, come mi auguro, essere presa al termine del nostro colloquio, io infatti intendo recarmi al più presto a colloquio con il dittatore tedesco, con la massima urgenza,trasparenza e onestà e metterlo al corrente delle decisioni che io e lei prenderemo.” Il generale americano non sapeva più come comportarsi....”friggeva” letteralmente seduto sulla sua poltrona ma per ora aveva deciso di rispettare la richiesta del suo interlocutore e si disponeva ad ascoltarlo nel più assoluto silenzio. Intanto senza ulteriori indugi il Re aveva ripreso a parlare dicendo:”” Ed ecco, caro generale, le mie proposte: PRIMO, termine più rapido possibile delle ostilità tra Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna; SECONDO, ovvia accettazione incondizionata da parte nostra, della naturale, inevitabile e spero temporanea presenza di forze ex nemiche di occupazione sul territorio italiano; TERZO, accettazione incondizionata da parte nostra delle clausole dell'armistizio dettate da voi che saranno da voi ritenute necessarie; QUARTO, smobilitazione delle Forze Armate Italiane, anzi di quel poco che ne rimane, SOLO a guerra definitivamente conclusa e ciò solo ed esclusivamente per garantire la nostra sicurezza da eventuali possibili attacchi provenienti dalla Germania Nazista; QUINTO, assicurazione che il territorio italiano NON venga da voi in alcun modo usato per il prosieguo del conflitto contro la Germania. Inoltre, Vi faccio presente che l'Italia NON ha alcuna intenzione, se non attaccata, di instaurare uno stato di guerra di alcun genere contro Hitler, ne contro nessun altro.....l'Italia non ne può più di guerra e di lutti e oltre a tutto non si scaglierà mai, e lo ripeto nuovamente, se non direttamente attaccata, contro qualcuno che in questo momento risulta a torto o a ragione essere ancora un suo alleato. Noi possiamo essere stati inetti, scalcinati, impreparati …..ma non siamo e non saremo mai dei traditori voltagabbana! Ma se dovesse accadere che disgraziatamente la Germania dovesse attaccarci, allora si sarei costretto a chiedere il vostro aiuto e allora si darei la nostra collaborazione al vostro sforzo bellico....MA SOLO IN QUESTO DISGRAZIATISSIMO CASO E SOLO PER DIFENDERCI ALL'INTERNO DEI NOSTRI CONFINI. Io, oltre a tutto, non penso che gli Stati Uniti abbiano bisogno dell'Italia come trampolino di lancio per proseguire la loro avanzata verso la Germania.....la barriera degli Appennini e poi soprattutto quella ben più impegnativa delle Alpi, potrebbe risultare se non certo invalicabile, per lo meno estremamente carica di dolore e sangue e so quanto voi tenete alla vita dei vostri soldati e io vi ripeto che mai, se non attaccati, vi aiuteremo nel vostro sforzo bellico e se attaccati ci limiteremmo a difenderci e a lottare entro e per i nostri confini e basta. Vedo, caro generale, l'espressione allibita del suo viso mentre mi ascolta......lei forse si aspettava di avere di fronte un uomo pronto ad accettare passivamente tutto quanto gli fosse stato da voi proposto, anzi....IMPOSTO....ma io purtroppo ho sulle spalle l'enorme responsabilità di cercare di salvare in tutti i modi la mia Patria, il suo onore e la memoria delle migliaia di giovani che fino ad ora si sono sacrificati cadendo in questa maledetta guerra. Abbiamo sbagliato, non c'è dubbio.....tutti quanti, dal primo all'ultimo, il Duce prima di tutti, mio padre, io stesso come italiano......vi abbiamo dichiarato guerra tra l'altro senza un valido motivo, vi abbiamo causato danni gravissimi, morti e lutti tremendi è vero! Ma è altrettanto vero che l'Italia ha già ampiamente “pagato” con un grande tributo di sangue durato tre anni e non ancora concluso. Abbiamo perso oltre a tutto, tutto quanto avevamo conquistato con anni di paziente lavoro.....l'Impero appena conquistato, le nostre più belle colonie, la Libia, la Sicilia....le nostre città sono un cumulo di rovine e il morale del popolo è a terra....fame, miseria, privazioni e nessuna prospettiva per il futuro che possa darci fiducia nell'avvenire del paese. Eppure, nonostante ciò e a dispetto di tutto ciò, siamo ancora in piedi, barcollanti ma in piedi!. Abbiamo già abbondantemente pagato e pagheremo certamente ancora a pace conclusa....quello che è giusto e quello che ci verrà richiesto ed imposto dai trattati di pace, non perchè sia a priori giusto ma perchè siamo sconfitti e non possiamo fare altrimenti. Il Duce stesso quando tutto sarà finito, è disposto, se richiestogli, ad essere tradotto in vostra mano e ad essere processato, non ha alcun problema a farlo e lo farà certamente....le ripeto per l'ennesima volta: chi ha sbagliato...PAGHERA'. E questo per ora è tutto.”
“ Certo Maestà....che ascoltandola ho avuto per un attimo l'impressione di essere a colloquio con un alleato, piuttosto che con un nemico, ripeto....NEMICO che chiede, sconfitto e ripeto SCONFITTO, di cessare le ostilità.....Lei afferma di voler accettare una resa incondizionata......ma invece tutto il suo discorso non ha fatto altro che suggerire, se non addirittura imporre, delle condizioni. Ma come può pensare di venire a dettare condizioni di qualsiasi genere all'America e all'Inghilterra che sono sul punto di schiacciarvi......certo lei è tutt'altro che uno stupido e alcuni suoi argomenti sono senza ombra di dubbio logici e sensati....ma da qui non dico ad accettarli ma solo a discuterli se permette.....ce ne corre! Voi dovete semplicemente dirmi se accettate o no il nostro “diktat” e basta....poi si potrà vedere cosa, quanto e quando si potrà eventualmente fare un qualcosa di diverso e di più favorevole per voi.”” Caro generale........lei ha perfettamente ragione....nessuno tra noi osa mettere in dubbio che voi siete i vincitori e noi disgraziatamente solo gli sconfitti.....io intendo certamente accettare una resa totale e senza condizioni, capirà benissimo che non mi restano altre alternative valide ma qui, se permette, io insisto a parlare con lei perchè si tratta solo di risparmiare vite umane, non solo italiane ma anche americane. Pensi solo che, se noi, per esempio non ci arrendessimo subito, voi sareste costretti a continuare a combattere per un certo periodo contro di noi, a casa nostra, contro quel poco, tra l'altro stanco e demoralizzato che ci resta, ma soprattutto con le divisioni tedesche stanziate in Italia che oltre a tutto con la scusa di aiutarci, stanno aumentando vistosamente di numero ogni giorno di più. Ancora morti, feriti e lutti insanabili, per noi e inevitabilmente anche e ancora per voi. Tenga anche ben presente che l'Italia tra l'altro, ha ancora a disposizione la sua flotta in gran parte ancora intatta e che se essa venisse usata per disperazione contro di voi in Sicilia o nello sbarco che sta per essere fatto a Salerno o in qualsiasi luogo noi lo ritenessimo utile necessario ed opportuno, finirebbe si senza dubbio distrutta ma....a quale prezzo di sangue per voi? Si parla e lo sapete benissimo, di ben cinque corazzate, di cui tre sono tra le più potenti del mondo, e di otto incrociatori....navi che sarebbero scortate per l'occasione da.....tutto quello che ancora vola per la loro ultima ed estrema protezione e che se solo riuscissero ad arrivare a tiro delle vostre forze da sbarco..... Vale dunque la pena di spargere ancora tanto sangue tra di noi? O forse è meglio dare un taglio a tutto ciò e accettare la nostra proposta di compromesso. In definitiva....la vittoria è vostra senza alcuna ombra di dubbio......è evidente e ineluttabile che i danni di guerra li pagheremo, le colonie e l'Impero gli abbiamo già persi .......il nostro suolo nazionale è in parte invaso e distrutto dai vostri bombardamenti e il territorio ancora sotto la nostra sovranità è percorso in lungo e in largo dalle pericolosissime divisioni corazzate tedesche. In fondo cosa chiediamo....comprensione per noi, in cambio di vantaggi reali e tangibili per voi!”” Ho capito....Maestà....ho capito benissimo e mi rendo conto che mentre lei sta ragionando con il cuore.....io devo ragionare solo ed esclusivamente con la logica, la logica che porti più acqua possibile al mio mulino di VINCITORE!.Comunque, se soprattutto lei si impegna a “bocce ferme” a consegnarmi il Duce ed i gerarchi cui si deve ascrivere la responsabilità di quanto è accaduto....posso provare ad interpellare il mio Presidente e stare a sentire cosa lui pensa di tutto questo e quali saranno in ultimo le sue decisioni”

CAPITOLO TERZO.

Come Umberto Secondo aveva previsto e sperato, il fatto di poter sperare di risparmiare senza colpo ferire tante vite americane.....aveva alla fine raggiunto il suo scopo e dopo essersi a lungo consultato con i suoi collaboratori il Presidente Americano aveva dettato in prima persona le sue ultime condizioni per porre fine alle ostilità: Oltre a tutto le truppe che l'America sperava adesso di risparmiare, levandole in gran parte dal teatro di guerra italiano, sarebbero state disponibili e utilissime per aprire magari in anticipo sui tempi il famoso e tanto atteso “secondo fronte” .....lo sbarco cioè sulle coste della Francia ancora occupata. Le offerte del Re sarebbero state dunque in linea di massima accettate a patto che, ad armistizio avvenuto, ogni decisione in politica estera presa dall'Italia fosse stata vincolata e approvata preventivamente dagli Stati Uniti che, a loro volta, avrebbero permanentemente mantenuto a Roma, negli uffici che erano stati del Duce, un loro plenipotenziario permanente, che a fine guerra Mussolini avesse subito un regolare processo effettuato da una corte militare americana, che la temutissima flotta Italiana fosse da subito trasferita a Taranto e messa sotto strettissimo controllo americano e disarmata nel momento stesso che la possibile minaccia tedesca fosse svanita e che la stessa sorte di grande ridimensionamento avrebbe subito il Regio Esercito compresa l'Aeronautica Militare. Il Re era stato avvertito dei termini della resa il trenta di luglio.....subito Umberto, resosi conto di esser riuscito ad avere dal Presidente americano veramente il massimo possibile in quei tragici momenti e che di più non si sarebbe mai potuto sperare di ottenere, si era messo in moto ed aveva chiesto di conferire urgentemente con il Fuhrer in un incontro da tenersi al confine del Brennero. A Berlino intanto la preoccupazione per il comportamento dell'alleato italiano era vivissima. La notizia dell'estromissione del Duce dal potere, aveva insospettito e preoccupato più che mai il Fuhrer che si aspettava e paventava oramai un clamoroso voltafaccia dell'Italia simile a quello fatto prima dell'inizio della grande guerra. Di Mussolini Hitler si fidava fino ad un certo punto....degli Italiani, senza più il loro capo, assolutamente NO. Hitler aveva anche temuto che il potere levato al Duce, venisse affidato a un personaggio equivoco e dichiaratamente anti tedesco come ad esempio il Maresciallo Badoglio ma poi, aveva appreso con sorpresa, dell'abdicazione di Re Vittorio, da sempre inviso alla Germania e della conseguente nomina di Umberto, che sembrava aver preso saldamente in mano la situazione. Quando poi aveva ricevuto la richiesta di un immediato incontro al confine del Brennero, il Fuhrer si era notevolmente stupito ma aveva immediatamente aderito, curioso tra l'altro, di vedere con chi avrebbe avuto in realtà a che fare e cosa il nuovo Re d'Italia avrebbe voluto proporgli. Come al solito lo Stato Maggiore tedesco era naturalmente già da tempo preparato ad ogni scenario possibile e....Hitler si sarebbe ovviamente come era logico attendersi, comportato di conseguenza. Oltre a tutto le decisioni erano già da tempo state prese....con la caduta del Fascismo, per lo meno come supremo organo decisionale, si presentava la tanta attesa occasione di inglobare parte della penisola italiana nell'universo Nazista e di ottenere i tanto agognati sbocchi nel Mediterraneo.

CAPITOLO QUARTO.

Dopo tanto cercare, sotto il bombardiere alla fine era apparso un grande spiazzo erboso che si stagliava proprio al centro di una densa foresta di querce.........non si trattava certo di una comoda pista in cemento ma il suolo sembrava ugualmente abbastanza compatto e adatto al rullaggio dell'aereo. Non c'era più oltre a tutto oramai molta possibilità di scegliere........il B 29 continuava a perdere potenza e uno dei quattro motori si era addirittura spento. Provabilmente il danno consisteva semplicemente nella ostruzione delle prese d'aria dei due motori incriminati, ostruzione forse dovute a uno stormo di uccelli che erano stati risucchiati dal vortice creato dalle eliche. L'unica cosa che rimaneva da fare era adesso di allineare al più presto l'aereo a quel simulacro di pista .....di farlo venire giù nel modo più dolce possibile e con un po' di fortuna effettuare le riparazioni del caso e....ripartire per la propria base. Fortunatamente tutto sembrava andare bene....il cielo era limpido e terso e il vento era completamente assente. Oltre a tutto non era la prima volta che il comandante effettuava atterraggi di fortuna così alla fine, il bombardiere era riuscito a fermarsi senza alcun danno tra infiniti sobbalzi, proprio al limitare della radura....disgraziatamente nello stesso istante in cui un grosso reparto di SS, facenti parte di una Divisione Meccanizzata, sbucava dal folto del bosco......la vita degli aviatori americani era salva ma la loro prigionia e la cattura del velivolo.......purtroppo assicurate. Il colloquio, avvenuto il primo agosto, non fu per il giovane Re certo una faccenda piacevole.......si era aspettato, pur avendo studiato a scuola e conoscendo perfettamente il tedesco,di avere ben poca occasione di parlare e sapeva che avrebbe dovuto “subire” a lungo gli sproloqui del Fuhrer.....ma quello che aveva da dire lo aveva ugualmente detto, a testa alta chiaro, conciso e soprattutto....senza pavesare alcun timore reverenziale. L'Italia aveva oramai definitivamente deciso irrevocabilmente e unilateralmente di abbandonare l'impari lotta, trovandosi nell'assoluta impossibilità di continuarla ma non aveva nello stesso tempo, assolutamente intenzione di creare problemi di alcun tipo all'alleato e alla auspicata evacuazione delle divisioni tedesche dalla penisola, anzi la avrebbe favorita in tutti i modi. L'Italia aveva anche avuto la massima assicurazione dagli ex nemici e qui il Re si era impegnato con Hitler sul suo onore, per evitare qualsiasi malinteso, che il territorio italiano non sarebbe assolutamente mai stato usato per una invasione della Germania attraverso le Api o il Mare Adriatico da parte degli Anglo Americani e inoltre il Re aveva garantito al Fuhrer che tra i due paesi ex alleati, soprattutto se i tedeschi fossero al più presto rientrati al di la delle Alpi, sarebbe sopravvissuta la tradizionale amicizia cementata da anni di lotte in comune. L'Italia si sarebbe semplicemente arresa al nemico.....e nulla più. Come “risarcimento” per l'aiuto dato dalla Germania all'Italia....il Re si era anche spontaneamente impegnato con Hitler, a rinunciare all'Alto Adige di lingua tedesca, cercando con questo atto disperato.....di limitare a questi territori da annettere al Terzo Reich, la bramosia del dittatore tedesco. Hitler alle offerte e alle assicurazioni del Re, non aveva battuto ciglio, aveva addirittura ritenendolo superfluo, rinunciato a fare una delle sue consuete “tirate”.....si era semplicemente girato di scatto e se ne era andato, senza dare risposta di sorta e senza nemmeno salutare, seguito da presso dal codazzo dei suoi gerarchi. Purtroppo la decisione su quanto era necessario fare, era stata già presa da tempo e per l'Italia non si sarebbe certo trattato di una decisione piacevole ed indolore. Tutto era pronto da mesi.....appena caduto il Duce poi, in Germania si sapeva che il momento dell'uscita di scena dell'Italia era non solo, inevitabile....ma anche imminente. All'inizio si era pensato di impadronirsi subito di tutto il nord della penisola, soprattutto se l'esercito italiano si fosse sciolto come neve al sole e il Regime fosse completamente crollato instaurando in Italia un periodo di anarchia o peggio una sanguinosa guerra civile. Ma nessuno di queste due ipotesi si era verificata e inoltre per ottenere quanto desiderato, sarebbe stato necessario impiegare una quantità di truppe indispensabili invece per altri teatri di guerra......e la dura realtà era che la guerra con la Russia andava sempre peggio e che divorava ogni giorno che passava truppe su truppe, in un pozzo che appariva senza fondo. Per cui si era ripiegato su un piano diverso e meno ambizioso, con l'obiettivo più limitato di annettersi solo Trentino Alto Adige, parte del Piemonte e della Lombardia, Friuli e naturalmente il Veneto. Si era dovuto forzatamente rinunciare, almeno per ora, ad uno sbocco sul mar Tirreno a La Spezia....ma per fare ciò si confidava in un prossimo futuro, quando le nuove armi segrete sarebbero state disponibili e la situazione bellica definitivamente rasserenata. Allora si che tutto il nord Italia sarebbe diventato Germania, allora si che si sarebbe potuto, con l'Inghilterra ormai terra, costringere la Spagna a riprendersi Gibilterra o meglio a occuparla militarmente, allora si che il Mediterraneo avrebbe potuto diventare un lago tedesco! Adesso era necessario resistere a tutti i costi ed arroccarsi nelle conquiste fin qui ottenute soprattutto ora che si sapeva che gli “Alleati Anglo Americani” non avevano intenzione di attaccare la Germania dalle montagne italiane.

CAPITOLO QUINTO.

All'atto dell'armistizio, il ritiro delle divisioni tedesche dall'Italia centro meridionale procedeva apparentemente spedito e senza ostacolo alcuno......gli Americani intanto erano sbarcati ad Anzio con un intero “Corpo d'Armata” e proseguivano velocemente alla volta di Roma senza che più nessuno gli ostacolasse. L'Esercito italiano, cessati finalmente i combattimenti, si limitava a rimanere confinato nelle sue caserme in attesa dell'ordine di smobilitazione ma ancora perfettamente inquadrato e operativo per quel poco che ne rimaneva; la flotta invece agli ordini dell'Ammiraglio Bergamini, si era per ora rifugiata nella rada della Maddalena in Sardegna da dove i tedeschi se ne erano già andati ed Inglesi ed Americani non erano ancora arrivati, pronta ad auto affondarsi piuttosto che a consegnarsi nelle mani dell'ormai ex nemico. Ma contemporaneamente alla ritirata dal centro sud, altre truppe Naziste, di nascosto da tutti, erano velocemente ed assolutamente indisturbate, penetrate attraverso i passi montani del Friuli e dell'Alto Adige sguarniti di difesa alcuna, se non quella assicurata dai piccoli presidi delle Guardie di finanza, e quelle che erano arretrate dal centro sud della Penisola si erano di colpo fermate impadronendosi di fatto di tutto il territorio italiano a nord del Po. La bomba era scoppiata ben presto......le caserme Italiane nelle regioni interessate erano state assalite all'improvviso e le forze italiane prontamente disarmate da preponderanti, fresche e soprattutto ben motivate,forze tedesche. Solo alcuni reparti erano riusciti a fuggire a sud nello sbando più completo o a resistere per un po' arroccate nelle proprie posizioni. La notizia dell'invasione era arrivata, prima ancora che al Re, al Servizio Segreto Americano.......ma nessuno era stato preso alla sprovvista, essendosi semplicemente verificato il più ovvio degli scenari previsti. Umberto, il cinque agosto, era stato convocato d'urgenza a Palazzo Venezia dal rappresentante in Italia del presidente Americano appena insediato nella Città Eterna ed era stato messo a parte della novità. Il Re non era certo arrivato impreparato all'incontro......e si era preparato una serie di argomenti da trattare con l'ex nemico ma l'americano, dopo aver gentilmente fatto accomodare il Sovrano, questa volta lo aveva anticipato e gli aveva testualmente detto:” Maestà, in questi pochi giorni in cui ho avuto il piacere, anzi l'onore di trattare con Lei, mi sono reso conto che la persona cui sto di fronte, possiede una mente aperta e può capire senza tanti giri di parole quanto sia grave per lui e per il Paese che rappresenta, la situazione che si sta evolvendo di ora in ora. L'Italia oramai è quasi completamente sotto il controllo americano, le Forze Armate italiane sono confinate nelle loro caserme in attesa di essere smobilitate come deciso dalle clausole dell'armistizio. La fotta Italiana si è “auto confinata” alla Maddalena ma è circondata e sorvegliata dalla flotta inglese che si tiene prudentemente nei paraggi....e anche questo fatto, anche se diverso da quanto era previsto dalle clausole dell'armistizio,almeno per adesso......mi sta ugualmente bene. Il problema che voi avete, VOI, noti bene....e NON noi.......è la forzata annessione delle vostre province al di la del Po, al Terzo Reich. Non so cosa voi abbiate in mente di fare e....possiate tra l'altro effettivamente poter fare. Noi, ovviamente in questa faccenda non ci vogliamo assolutamente entrare......il teatro di guerra italiano, adesso che il suo Paese ha ceduto le armi contro di noi, come lei sa molto bene, non ci interessa più per il prosieguo della guerra. Per cui da noi NON, ripeto NON aspettatevi alcun aiuto materiale ne tanto meno un intervento in vostro aiuto o sostegno da parte delle nostre Forze Armate. Si ricordi, Maestà....e SE LO RICORDI MOLTO BENE E NON LO DIMENTICHI PIU', che fino a pochi giorni orsono noi eravamo nemici, che voi vi siete arresi e che adesso con l'armistizio in corso voi siete solo e comunque gli sconfitti....e NOI i vincitori e che voi NON potete assolutamente chiederci alcunchè di diverso che non siano aiuti umanitari per la popolazione affamata. Comunque noi nello stesso tempo, abbiamo deciso che vi lasciamo liberi di difendervi e se lo potete, di cercare di riprendere ai tedeschi quello che è vostro, solo ed esclusivamente però, con i mezzi che noi, cioè io.....vi autorizzerò ad usare. Le ricordo che le clausole dell'armistizio parlano chiaramente di smobilitazione delle vostre Forze Armate....per cui vedremo “a tavolino” quello che vi permetteremo di mantenere e di usare e quello che DOVRETE per forza di cose smobilitare o distruggere” Certo che per il giovane Re il compito era veramente arduo.....ora si trovava completamente solo con il peso sulle spalle di una nazione allo sfascio costretta per di più a dover inopinatamente ricominciare una guerra che pareva si, disgraziatamente e definitivamente persa ma per lo meno....finalmente terminata. Cosa fare?.....abbandonare le regioni invase non era possibile, agendo così avrebbe rinnegato in pieno l'opera compiuta con tanti sacrifici dal suo bisnonno e avrebbe vanificato i sacrifici compiuti dai morti del Risorgimento e della Grande Guerra. Ma cosa restava all'Italia da opporre alla strapotenza tedesca e quante di queste forze gli americani avrebbero voluto permettergli di impiegare? E poi....ci sarebbe stato ancora qualcuno disposto a combattere di nuovo ancora dopo tanti anni di delusioni, lutti e sofferenze?

CAPITOLO SESTO.

La situazione nelle zone occupate era caotica e drammatica. Delle dieci divisioni presenti all'atto dell'armistizio, divisioni che già si presentavano incomplete negli effettivi, male armate e quasi prive di carri armati di supporto che non fossero i patetici “carri L” e qualche raro M13.....era rimasto ben poco. Tutte le risorse “migliori” della logistica italiana, tutti i mezzi migliori e più moderni, pur nella loro scarsezza e drammatica inadeguatezza, erano stati sacrificati in Africa e nella disastrosa campagna di Russia. La maggior parte degli effettivi era stata sollecitamente disarmata dai tedeschi quando le caserme erano state assaltate e trasferita in Germania come “forza lavoro coatta”. Solo venticinquemila Alpini, facenti parte dell'Ottava Armata, che era stata costituita di recente con i reduci di Grecia e Russia integrati dai nuovi complementi, erano riusciti ad eludere almeno per ora, la cattura e perfettamente inquadrati ed equipaggiati si erano rifugiati provvisoriamente tra gli amati monti. Si trattava, come già specificato, in parte di reduci del fronte russo e della Grecia a cui si erano unite le nuove leve. I loro comandanti, alla caduta del Regime, avevano previsto uno scenario simile a quello che poi si era effettivamente verificato ed avevano agito preventivamente di conseguenza. Per la verità erano stati seguiti in tutto e per tutto dai loro “veci” che non avevano alcuna intenzione di essere catturati da quello che appariva essere il nuovo....vecchio nemico. La decisione che era stata presa era quella di evitare in ogni modo di sostare in territorio italiano e di marciare a tappe forzate verso i monti che si trovano nell'entroterra della Dalmazia, non volendo assolutamente coinvolgere la popolazione italiana in eventuali provabili ritorsioni da parte dell'esercito tedesco. In quanto ad armi e munizioni, erano reparti perfettamente equipaggiati anche se i cannoni erano ancora quelli della Grande Guerra ma per fortuna si trattava almeno di uomini perfettamente vettovagliati per un certo tempo e che portavano con se quanto occorreva loro per sopravvivere senza dover coinvolgere le popolazioni del luogo esponendole a possibili rappresaglie da parte dei tedeschi. Nelle regioni invase erano invece presenti ben quattrocentomila militari tedeschi distribuiti in svariate divisioni tra le quali alcune erano organici costituiti delle famigerate SS. Anche in questo caso si trattava di divisioni con gli organici incompleti, ma si trattava ugualmente di reparti perfettamente motivati e soprattutto ottimamente armati, ben riposati e dotati di artiglierie e mezzi corazzati in abbondanza. Per adesso dunque, anche volendo.....non c'era assolutamente niente da fare.......adesso era necessario ricostruire, non dal nulla, ma quasi, un esercito dalle ceneri di quello appena sconfitto dagli americani. Umberto, per sperare di poter fare qualche cosa, aveva bisogno assoluto dell'aiuto degli ex nemici.....ma ottenerlo non sarebbe stato per nulla facile. Il Presidente americano gli aveva fatto dire con la massima chiarezza, nell'incontro avuto con il suo rappresentante a Palazzo Venezia, che gli italiani si sarebbero dovuti arrangiare per i fatti loro e che quel teatro di guerra non riguardava ormai più gli Stati Uniti. Ma Umberto sapeva invece che insistendo, qualcosa avrebbe invece potuto ottenere, sventolando soprattutto ai quattro venti degli ovvi interessi comuni, per cui si apprestò a chiedere un secondo colloquio agli americani. Intanto nella zona dell'Italia controllata dal Re, con l'onnipresente supervisione degli americani, il Fascismo viveva un difficile momento di transizione. Il Duce, da Villa Torlonia dove si era trasferito, si limitava ad osservare i primi passi mossi dal nuovo Sovrano e li valutava con occhio critico. Lui seguiva l'incedere degli eventi dalla sede del Fascio di Roma dove si recava tutti i giorni. Dopo il passaggio di poteri, non era mai uscito dai suoi appartamenti se non per recarsi, come diceva lui,”in ufficio”. Lui avrebbe al contrario ardentemente desiderato uscire e ricominciare ad avere con quello che era stato il suo popolo il solito rapporto con qualche discorso tenuto in una piazza della Capitale ma si era reso conto dello sforzo immane cui il Sovrano era sottoposto e preferiva per ora non interferire con la sua ingombrante presenza. La struttura dello Stato non era per nulla cambiata e l'apparato del Partito continuava a funzionare come al solito con l'unico drammatico particolare che Lui....non era più a capo del suo popolo e non lo sarebbe stato mai più. Il Duce sapeva benissimo che a pace conclusa Lui sarebbe dovuto per forza di cose essere consegnato nelle mani dei vincitori e che ciò non si era ancora verificato solo per il timore di scatenare una guerra civile tra gli italiani. Adesso a Lui era rimasto il difficilissimo compito di “pilotare” il radicale cambiamento a cui il Fascismo avrebbe dovuto essere sottoposto se voleva in qualche modo continuare ad esistere e ad essere ancora una colonna portante per l'Italia.. anche quando il Duce fosse scomparso. Aveva pensato per un momento, anche di recarsi personalmente in Germania dal Fuhrer per cercare di farlo recedere dal fatto ormai compiuto di annettersi i territori dell'alta Italia di cui Hitler si era impadronito, ma poi aveva pensato bene che nessuno al mondo avrebbe fatto recedere quel pazzo dai suoi intenti. Ecco l'errore più grande che il Duce sapeva di aver fatto.....non tanto quello di essere entrato in una guerra che sembrava già vinta ancora prima di essere iniziata ma quello di aver seguito quel pazzo sanguinario nella assurda e presuntuosa illusione.....di essere lui l'uomo forte e di..... poterlo dominare. Mussolini poi, adesso pensava giustamente che, se la Germania come sembrava alla fine avesse perso la guerra.....tutto sommato forse questo sarebbe stato il male minore. Certo l'Italia era umiliata e sconfitta, con le sue città ridotte in rovina e con l'economia disastrata.....ma cosa sarebbe a Lei accaduto se la guerra l'avesse alla fine vinta veramente Hitler? Anche se vittoriosa di riflesso, l'Italia sarebbe certo stata in balia della Germania e nel migliore dei casi....sua vassalla! Maledetti quegli “spocchiosi” degli Inglesi e quegli invidiosi dei francesi che avevano gettato letteralmente il Duce tra le mani di quel pazzo assassino! Accidenti a Lui che non si era reso conto che si stava cacciando in un vicolo senza uscita! Ma era andata così e adesso in qualche modo si sarebbe dovuto rimediare, anche a costo della libertà personale o addirittura....della vita stessa.......ma Lui era pronto a tutto, anche a questo estremo, per il bene del suo amato Paese.


CAPITOLO SETTIMO.
Nelle regioni occupate la situazione era per adesso tutto sommato tranquilla.......l'Esercito Italiano era stato con la massima rapidità ed efficienza completamente disarmato dai tedeschi che ormai consideravano la zona occupata, come destinata ad essere annessa col tempo definitivamente alla Germania. Gli occupanti avevano lasciato per ora al loro posto le strutture dello Stato Italiano preesistenti, limitandosi a controllarle strettamente e da vicino. Podestà, Prefetti, funzionari di polizia e gerarchi del Partito, tutti erano rimasti volenti o nolenti al loro posto e continuavano ad espletare le loro funzioni abituali, con la sola differenza che gli ordini non provenivano più da Roma....ma dal Comando tedesco in Alta Italia. Pochi tra di loro si erano opposti e subito avevano subito la medesima sorte dei prigionieri di guerra. Solo i Carabinieri, legati dal giuramento di fedeltà al Re si erano rifiutati in gran parte di collaborare ed erano stati tradotti pure loro in Germania a lavorare nelle industrie belliche. Il Re intanto si era di nuovo consultato con gli americani che gli avevano fatto alla fine, dopo estenuanti trattative, alcune concessioni, riconoscendo che un tentativo di reazione dell'Italia contro i Tedeschi, in fondo tornava tutto a loro favore. Era dunque stato deciso che: 1. l'Esercito Italiano avrebbe da subito completamente smobilitato come previsto dalle clausole dell'armistizio, tranne le forze necessarie e destinate a sostenere il nuovo sforzo bellico; 2. si sarebbe fatto in modo di far rimpatriare sollecitamente con l'appoggio aeronavale americano i venticinquemila Alpini che si erano rifugiati sulle montagne e che proprio loro avrebbero formato assieme ad altri reparti racimolati in giro per la penisola e alle “Legioni di Camicie Nere” ancora disponibili, il primo nucleo delle nuove Forze Armate; 3. gli ex nemici avrebbero fornito agli italiani, contrariamente a quanto da loro stabilito in origine, gli armamenti necessari ad equipaggiare i nuovi reparti che si sarebbero formati, con armamento leggero e pesante di moderna concezione; 4. sarebbe stato consentito, anzi incoraggiato nelle zone di operazioni e solo li, l'uso dell'aeronautica italiana in supporto alle truppe di terra per quanto riguardava sia la caccia, su Macchi 500 e bombardamento su SM 79 Sparviero; 5. gli italiani tuttavia, nonostante tutto ciò, NON sarebbero assolutamente stati assolutamente considerati come alleati o cobelligeranti, ma solo ed esclusivamente come SCONFITTI cui era stato solo concesso il diritto e la possibilità di difendersi dall'invasione tedesca; 6. i vincitori NON avrebbero per NESSUN motivo partecipato in alcun modo e in alcuna occasione alle operazioni belliche in Alta Italia; 7. l'apparato del Partito Nazionale Fascista sarebbe rimasto provvisoriamente in piedi, solo per non creare altri traumi alla Nazione Italiana e questo stato di cose sarebbe durato solo ed esclusivamente fino al termine delle ostilità. Il Fascismo poi avrebbe dovuto essere bandito, per lo meno nella forma attuale, dalla vita italiana e il Duce con i suoi collaboratori avrebbero dovuto essere alla fine imprigionati e processati da un tribunale internazionale. A questo punto tutto o quasi era stato deciso......restava da definire i particolari dell'evacuazione di quanto restava dell'ottava armata dai Carpazi e di rendere operativo il riarmo delle forze designate a continuare a combattere.

CAPITOLO OTTAVO.

RIORGANIZZAZIONE REGIO ESERCITO:
1) Corpo D'armata Alpino composto da: Divisione Alpina “Italia”,Divisione di “artiglieria da montagna” “Iulia”, Divisione Alpina”Tridentina” (forze costituite dalla disciolta ottava Armata che, con convogli marittimi da Pola, scortati dalla Marina Militare e dalla Aeronautica statunitense, stavano rientrando velocemente in Patria).
2) Corpo d'Armata “Piave” composto da: “Prima Legione Camicie Nere”, dalla Divisione Paracadutata “Nembo” (rientrata dalla Sardegna), dall'Undicesimo Reggimento meccanizzato dei “Bersaglieri”, dal solo parzialmente ricostituito Ventiquattresimo Reggimento meccanizzato “Bersaglieri”, e dalla Divisione corazzata “Ariete” (su carri M.13 e poi su Schermann), Tre gruppi di Artiglieria pesante dotati dei modernissimi 149/40, 210/22 e dai più vecchi ma ancora efficienti 105/32 preda bellica della Grande guerra, tranne questi ultimi, tutti pezzi entrati in servizio a guerra iniziata. Era anche presente un certo numero di cannoni tedeschi da ottantotto, da usare sia come pezzi anticarro sia come antiaerei, che erano stati ottenuti dall'ormai ex alleato, poco prima dell'invasione della Sicilia. In fine, come protezione e supporto dell'Artiglieria, facevano parte di questo contesto delle forze italiane, il Battaglione di Fanteria di Marina “S. Marco” e il nuovissimo “Reggimento Lagunari Serenissima” dotato di armamento leggero di fabbricazione Americana.
3) Due Battaglioni del “Genio Pontieri”, Un Battaglione del “Genio Guastatori”, un Battaglione di “Arditi” delle Camicie Nere.
4) L'aeronautica era costituita da centonovanta caccia “Macchi cinquecento”,(gli unici sopravvissuti ed in grado di volare), da cinquanta S.M.79 da bombardamento e da cinquanta biplani C.R. 42 da usare esclusivamente per la ricognizione.
Per il momento queste erano le forze che gli americani consentivano all'Italia di poter mettere in campo....ne di più, ne di meno. Era anche vero il fatto che per il Re sarebbe stato difficile reperire nella nazione spossata molto di più..... le fabbriche avevano di colpo cessato la produzione bellica e gli italiani, di guerra non ne volevano veramente più sentir parlare e quei pochi che avrebbero risposto alla chiamata lo avrebbero fatto per puro senso del dovere ma non certo con entusiasmo. La smobilitazione di chi non era interessato alla formazione dei nuovi reparti era difatti iniziata e tra breve si sarebbe conclusa. Anche la Regia Marina aveva oramai accettato i termini dell'armistizio.....le grandi navi si erano recate sotto scorta dalla Maddalena a Taranto e li gli equipaggi, tranne il personale strettamente necessario alla manutenzione delle navi, era stato sbarcato e smobilitato. Se non fosse stato per la situazione creata dai tedeschi.....delle Regie Forze Armate sarebbe rimasto veramente ben poco!

CAPITOLO NONO.
LE FORZE TEDESCHE IN CAMPO:

Il sapere che dalla penisola italiana nessun pericolo poteva più verificarsi per le forze tedesche sul campo, era stato per Hitler una insperata iniezione di fiducia. Adesso la Germania avrebbe potuto dislocare altrove le truppe che fino allora avevano cercato, con alterna fortuna, di contrastare in Italia le preponderanti forze anglo americane. Certo si trattava di un successo solo momentaneo ed apparente visto che tali forze sarebbero state certamente in un prossimo futuro dislocate contro la Germania in altri teatri di combattimenti e magari impiegate a rafforzare ancora di più quelle destinate al previsto sbarco in Francia.....ma intanto la direttrice dell'attacco all'Italia e in Italia....avrebbe definitivamente cessato di creare problemi. Nelle zone appena annesse al Reich sarebbe stato infatti necessario destinare solo un numero relativamente ristretto di grandi unità. A difendere le regioni ex italiane si trovavano dunque: 1)il 75° Corpo d'Armata composto dalla 34 Divisione di fanteria meccanizzata Branderburgo, composta da quattro Reggimenti e per la precisione dall'80°,dal 3°,dal 253°, dal 34° di artiglieria da Campagna e da un Battagione di Cacciatori di Montagna.
2)La 5 Divisione Gebirgsjager composta a sua volta da tre Reggimenti e per la precisione dall'85°, dal 100° e dal 95° di Cacciatori di Montagna a cui si aggiungeva l'85° gruppo Caccia carri Pantzer.
3.Due Divisioni Corazzate SS ( parzialmente incomplete ma che potevano contare sull'arrivo dei primi carri “Tigre”), quattro Divisioni Meccanizzate SS anche loro a ranghi ridotti ma in via di rapido completamento con i nuovi complementi e soprattutto con i carri leggeri di nuova generazione.
3) Per quanto riguardava l'Aeronautica, la Germania metteva in campo ben 300 Me 109, 50 Me 110, 100 Stukas e di rinforzo in qualsiasi momento quanto sarebbe stato ancora necessario.

CAPITOLO DECIMO....CONSUNTIVO.

Le forze in campo in apparenza erano abbastanza equilibrate, almeno sulla carta. La Germania che non aveva alcun interesse ad attaccare e un Italia che invece attaccare in teoria... doveva.....ma non era assolutamente in grado di farlo....per cui si prevedeva almeno per il momento, una assoluta situazione di “stallo”. Il problema dell'Italia era quello che le sue forze erano strutturate esclusivamente per una difesa del territorio, potevano forse ancora dare filo da torcere ad una eventuale aggressione difendendosi efficacemente con l'artiglieria e con la forza dettata dalla disperazione....ma in quanto a sviluppare un attacco in grande stile di qualche efficacia....era tutta un'altra faccenda! Oltre a tutto il morale del soldato italiano era visibilmente depresso e rinforzi da ottenere di difficilissimo reperimento sia per quanto consisteva in materiale umano sia per quanto concerneva i mezzi. Ben diversa la situazione della Germania che poteva “pescare” in Patria molto ma molto di più almeno per quanto concerneva mezzi e materiali. Ora come ora non c'era nulla da fare....scatenare adesso una offensiva generale con quel poco che si aveva, sarebbe equivalso ad un suicidio e se il morale fosse completamente crollato...l'esercito italiano sarebbe questa volta svanito nel nulla con le ovvie e più gravi conseguenze. Eppure il Re sapeva che qualche cosa invece era necessario fare e presto, se si voleva continuare a sperare in un futuro meno nero.

CAPITOLO UNDICESIMO.

Il primo di ottobre un Fuhrer stranamente euforico aveva tenuto il consueto rapporto nella “Tana del Lupo”. La situazione in Russia, con l'arrivo del rinforzo delle Divisioni che erano state di stanza in Italia e soprattutto con l'inizio della stagione delle piogge che aveva ridotto il campo di battaglia in un pantano inestricabile, si era provvisoriamente stabilizzata, il tanto sbandierato “secondo fronte” non era stato ancora aperto e il pericolo dell'avanzata del nemico dall'Italia non c'era più. Certo era una situazione di stallo solo provvisoria e la situazione del conflitto continuava a rimanere drammatica..... ma intanto la Germania poteva prendere un po' fiato e soprattutto tempo. Era infatti il tempo il fattore di cui Hitler aveva più bisogno. Il tempo necessario a cominciare a costruire in serie i nuovi sommergibili della classe 21 capaci di navigare a venti nodi in immersione e di riemergere in superficie solo saltuariamente, i nuovi caccia a reazione capaci di volare a novecento chilometri l'ora e di difendere finalmente città e industrie tedesche che adesso dovevano subire le devastazioni dei sempre più violenti bombardamenti, i missili V1 e V2 capaci di bombardare Londra, i giganteschi carri armati “Tigre e Tigre Reale” e soprattutto quella che sarebbe diventata l'arma assoluta, quella di cui ancora nessuno disponeva...quella in grado di distruggere con un unico ordigno una città intera o una armata disposta sul terreno. Tempo, sempre TEMPO...ancora un po' di TEMPO e poi la Grande Germania avrebbe dominato incontrastata per almeno mille anni tutto il mondo. Umberto di Savoia invece doveva fare presto e ottenere soprattutto un successo, anche parziale, che potesse risollevare l'orgoglio del combattente italiano. Con lo Stato Maggiore dell'Esercito si era deciso di tentare se non una assolutamente impossibile ed irrealizzabile offensiva generale, per lo meno di effettuare una azione dimostrativa di un certo peso che potesse dare ai tedeschi qualcosa.....da pensare. Il piano approvato dallo Stato Maggiore era quello di concentrare un violento ed improvviso attacco dal cielo e dal mare contro la Divisione Corazzata SS che si trovava nella località veneziana di Malcontenta e che proteggeva da li l'aeroporto del Lido di Venezia, dove erano di base ben 50 Me 109. Poi, ad attacco effettuato, due Gruppi di Artiglieria da campagna, quelli con in dotazione i 149/40 e i 210/22, avrebbero spianato la strada all'irruzione dell'11° e del 24°
Reggimento Meccanizzato Bersaglieri, alla Divisione Corazzata “Ariete” rinforzata dai primi carri “Schermann” ceduti dagli americani e alla “Prima Legione camicie Nere”. Contemporaneamente sarebbero stati effettuati due lanci di paracadutisti della “Nembo” sull'aeroporto del Lido e su Malcontenta. Tutto ciò sarebbe stato fatto per liberare Venezia dall'invasore e per inserire nello stesso tempo un cuneo di forze italiane nel vivo dell'esercito tedesco di occupazione. Non si trattava certo di una azione da poco......e l'esito era quanto mai incerto per tutta una serie di fattori. Faceva paura soprattutto l'impiego dei carri M13 palesemente e drammaticamente inferiori ai Pantzer tedeschi e quello dei pochi carri americani concessi, anche loro tremendamente inadeguati davanti ai “Tigre”. Era essenzialmente per questo motivo che la Divisione Corazzata presente a Malcontenta doveva essere preventivamente annientata dall'attacco aereo. Nelle grandi battaglie nella sconfinata steppa sovietica i nuovi carri tedeschi avevano dimostrato tutti i pregi e i difetti di cui erano “portatori”: come potenza, precisione di tiro e protezione passiva si erano dimostrati enormemente superiori anche ai più “rustici” “T 34” sovietici ma avevano anche palesato una estrema fragilità e un troppo complesso progetto di costruzione, rispetto alla rustica semplicità di quelli russi. Praticamente.....carro contro carro non c'era storia ma se un singolo carro tedesco doveva vedersela con un nugolo di T 34 il vantaggio passava decisamente dalla parte sovietica. Sul campo di battaglia italiano invece, il numero dei carri a disposizione di Re Umberto era addirittura largamente inferiore a quello dei carri tedeschi....per cui un attacco diretto ed in massa non avrebbe certo sortito effetto alcuno e i carri M13 e Schermann sarebbero certamente andati incontro ad una sicura distruzione. Mentre il Sovrano italiano veniva divorato dai dubbi, il Duce intanto trascorreva le sue giornate nella tristezza più assoluta. Lasciava il suo alloggio a Villa Torlonia solo per recarsi nel suo ufficio alla sede del “Fascio”. Da li poteva constatare ogni giorno di più il progressivo disfacimento di quel gigantesco apparato che lui stesso aveva creato negli anni. Lui era sempre il “Duce” ma la sua popolarità scemava di giorno in giorno. Non più guardia armata davanti al suo ufficio, non più questioni di primaria importanza da dipanare, non più direttive da impartire. L'apparato del Partito andava ancora avanti per forza d'inerzia ma ogni giorno che passava qualcuno dei suoi collaboratori veniva a mancare all'appello. In quelle stanze ormai deserte Mussolini si sentiva sempre più inutile e solo e sapeva che di li a poco.....sarebbe stato anche prigioniero in attesa di un implacabile giudizio. Non aveva paura di morire.....aveva anche pensato di evitare ulteriori sofferenze e di farla finita con un colpo di pistola, ma poi aveva pensato che forse il destino avrebbe voluto regalargli l'occasione di una uscita di scena diversa e meno squallida. Il due di settembre era improvvisamente arrivata una inattesa telefonata: il Re Umberto attendeva “Sua Eccellenza Benito Mussolini” per un riservatissimo colloquio per il pomeriggio del giorno stesso. Il Duce si era dunque recato “a Palazzo” curioso di quanto gli sarebbe stato comunicato dal Sovrano.....forse era finalmente arrivato il tanto atteso momento della resa dei conti e lui, il Duce degli italiani sarebbe stato arrestato e imprigionato. Ma invece Umberto, che di Mussolini aveva avuto sempre una grande stima, voleva solo comunicargli l'intenzione che aveva di effettuare il previsto attacco per il primo di ottobre. Il Duce aveva annuito sollevato, non perchè non si era parlato per nulla del suo destino futuro ma perchè si era come aperto nella sua mente tormentata uno spiraglio che gli aveva fatto comprendere come avrebbe potuto forse mettere fine alla sua vita in modo utile e costruttivo per il Paese che tanto amava. Adesso forse sapeva che cosa avrebbe fatto....e dopo tanto tempo si sentiva finalmente sereno ed in pace con se stesso.

CAPITOLO DODICESIMO.

Nella settimana che era trascorsa tutti i preparativi erano stati effettuati con la massima sollecitudine e per quanto possibile soprattutto nel più grande segreto. Le forze di terra erano pronte a muovere, i paracadutisti erano già pronti a salire a bordo degli aerei, i cinquanta bombardieri SM79 carichi e pronti sulla pista scortati da cento caccia “Macchi 500” in pratica tutti gli aerei su cui si poteva contare sul territorio nazionale. La forza navale invece appariva molto ridimensionata rispetto a quanto programmato e voluto dallo Stato Maggiore italiano....gli Americani avevano difatti decisamente negato al Re l'uso di corazzate ed incrociatori per il bombardamento degli obiettivi previsti e ci si era dovuti accontentare della presenza di due soli cacciatorpediniere. Re Umberto le aveva provate veramente tutte.....ma questa volta non c'era stato nulla da fare, era stato come cozzare con la testa su un muro di plastica..... gli Americani avevano testualmente affermato che l'Italia se voleva, poteva attaccare solo ed esclusivamente con le forze navali regolarmente autorizzate da loro all'intervento. Se all'Italia quanto a Lei concesso non stava bene....i generali italiani......potevano anche rinunciare all'attacco. Intanto nell'aeroporto militare di Rimini, il Colonnello comandante aveva ricevuto una visita assolutamente imprevista. L'ufficiale, assolutamente sbalordito, si era trovato improvvisamente davanti nientemeno che il Duce in persona che, presolo da parte nell'intimità del suo ufficio, gli aveva detto testualmente: ”Colonnello Grazioli......sono qui davanti a lei per chiedere il suo aiuto. Solo qualche mese fa, la mia non sarebbe certo stata la richiesta di un uomo disperato ma un ordine ben preciso del suo Comandante in capo.....adesso invece sono qui per dare a lei, Comandante di questo stormo, la possibilità di aiutarmi a compiere il mio destino. Nella mia vita non ho mai chiesto nulla al mio amato Paese.....ora come ora mi trovo con in tasca gli stessi denari di quando ho iniziato la mia avventura. Ma adesso esigo....di essere “pagato” per quanto ho fatto per l'Italia....nel bene e nel male.....non sta certo a lei giudicarmi. So per certo, come è anche giusto, che alla fine della guerra sarò processato e so anche che il verdetto sarà COLPEVOLE e che la pena sarà LA MORTE o peggio ancora, il CARCERE A VITA. Adesso io le chiedo solo di darmi la possibilità di poter scegliere come e quando morire. Io, come lei sa, sono perfettamente in grado di pilotare un SM79.....cioè...di farlo decollare e di mantenere una rotta ben precisa di sicuro si...di farlo atterrare beh....questo non lo so, ma nel mio caso, per questa volta.....l'atterraggio non è contemplato nel mio piano di volo. Le chiedo dunque di darmi la possibilità di potermi imbarcare da solo, su uno dei suoi velivoli da bombardamento, carico di bombe e stracarico di carburante. Lei non dovrà sapere altro....ne la mia destinazione ne cosa farò. Sappia solo che la mia azione sarà rivolta esclusivamente al bene dell'Italia. Sono certo che capirà quali possano essere le mie intenzioni e che nessuno un giorno potrà mai imputarle alcunchè.....lei eventualmente se qualcuno vorrà farle carico di qualcosa, dovrà dire solo ed esclusivamente, per giustificare il suo comportamento e la distruzione dell'aereo che ha avuto in consegna, che ha agito per diretto ordine del Duce.....e questo dovrà bastare a chiunque. Le chiedo infine di far recapitare al direttore del “ Popolo D'Italia” questa lettera che è il mio testamento politico e spirituale. E adesso andiamo...SI MUOVA, per favore!”
I tedeschi intanto stavano posizionando con la massima calma le forze a loro disposizione nel nord Italia. A parte le forze di polizia tedesche venute appositamente dalla Germania che si stavano appropriando progressivamente delle città, soppiantando piano piano quelle italiane, l'esercito si era acquartierato nelle caserme lasciate libere da quello italiano. Si trattava in tutto e per tutto di forze di occupazione e la struttura dello Stato Italiano, compresi i suoi funzionari, sarebbe ancora rimasta intatta per tutta la durata della guerra. Poi, con la pace......i territori annessi sarebbero diventati Germania in tutto e per tutto, un po' alla volta ma in maniera definitiva. I tedeschi avevano intelligentemente agito senza calcare per ora la mano con la popolazione civile, non volendo assolutamente nessun tipo di fastidio. Avevano richiesto, a parte i prigionieri di guerra, forza lavoro da “esportare” in Germania ma solo su base volontaria, per il resto i soldati tedeschi entravano nei locali, consumavano quanto volevano e PAGAVANO quanto dovuto dando meno fastidio possibile.....si comportavano per adesso, ne più e ne meno come i loro colleghi si erano comportati in Francia. Anche la persecuzione verso gli Ebrei era stata in quei luoghi provvisoriamente sospesa e rimandata.....c'era tempo per tutto! Così la popolazione, non sentendosi per nulla minacciata, non avrebbe certo creato alcun problema e questo anche grazie alla voce di Re Umberto che invitava gli italiani delle regioni occupate, a non opporsi assolutamente all'invasore con inutili e assolutamente deleteri atti terroristici che avrebbero potuto scatenare le più tremende rappresaglie. A liberare le regioni del nord ci avrebbe pensato e questo era stato ripetutamente detto a tutti, appena possibile l'esercito regolare....bisognava avere solo avere una fede incrollabile nell'avvenire e..... pazienza! Le autorità italiane erano arrivate addirittura a far fucilare pubblicamente dieci “terroristi” comunisti, che dopo aver fatto saltare in aria un camion dell'esercito tedesco con a bordo dei semplici militari disarmati della “Territoriale”, erano riparati convinti di trovare salvezza e comprensione al di la del Po. Agendo in questa maniera il Re aveva così evitato una tremenda rappresaglia ai danni della popolazione innocente da parte dei tedeschi. Di assassinii, rappresaglie e logiche ritorsioni, era meglio farne a meno, per il bene e la tranquillità di tutti! Ovviamente se adesso era tutto interesse dei tedeschi mantenere la situazione il più tranquilla possibile, questo tranquillo stato di cose sarebbe radicalmente cambiato dopo la vittoria.....le liste degli ebrei da deportare nei campi di concentramento erano già state da tempo stilate, come si stavano preparando quelle dei così detti “non ariani” da trasferire forzatamente, anzi.....da “scaricare” al sud della Penisola. Il loro posto sarebbe stato progressivamente preso da tedeschi e da ariani provenienti dai paesi nordici scandinavi, che avrebbero così una volta per tutte “purificato la razza”. Poi nelle nuove regioni annesse al Reich la lingua ufficiale sarebbe divenuta ovviamente il tedesco e quella italiana sarebbe stata ”relegata” a dialetto locale. Era stato calcolato che nel giro di una generazione, le grandi città del nord sarebbero state “tedesche” in tutto e per tutto come Vienna e Berlino. Certo non si sarebbe trattato di una riedizione dell’Impero Austro Ungarico, che tutto sommato a parte la forzata sovranità sulle regioni italiane in questione, aveva anche governato con una certa efficienza e tolleranza, ma di ben altro……..tutti si sarebbero dovuti rendere conto che razza di padrone sarebbe stato il Nazional Socialismo!

CAPITOLO TREDICESIMO.

Il sommergibile U 251 navigava a quota periscopio appena fuori dal porto di Ancona. Li era ormeggiata la vecchia corazzata Giulio Cesare, unica corazzata italiana rimasta, proprio perchè vecchia e superata, nel mare Adriatico. La grande nave non era stata autorizzata come il Re sperava, a partecipare all'azione programmata nel tentativo di liberare Venezia e si trovava ancorata in banchina con a bordo solo una piccola parte dell'equipaggio, trattenuta a bordo esclusivamente per la manutenzione ordinaria degli impianti. La nave era anziana anche se era stata prima dell'inizio della guerra stata completamente ristrutturata, non era mai stata dotata come la “Roma” di radar e le sue protezioni orizzontali risalivano ancora a quelle della costruzione che era avvenuta nella Grande Guerra. Anche la protezione aerea non era certo adeguata ma i suoi grossi calibri da 320 mm sarebbero stati ugualmente utilissimi per il previsto bombardamento delle basi in mano ai tedeschi. Il sommergibile aveva tentato ripetutamente di forzare l'ingresso del porto per cercare di silurarla ma senza successo e alla fine si era diretto a lento moto verso la laguna veneta in cerca di qualche preda prima di rientrare in porto a Venezia. Hitler infatti aveva da due giorni dato via libera ad azioni di disturbo atte a recare ulteriore scompiglio alle già malandate Forze Armate Italiane, in modo tale da rendere impossibile qualsiasi eventuale possibilità di rivalsa contro lo strapotere nazista. L'U 251, primo battello veramente operativo della nuovissima classe 21, era stato l'unico sommergibile tedesco a riuscire per tutta la durata del conflitto ad attraversare in immersione lo stretto di Gibilterra ed era dunque l'unica unità navale tedesca presente in tutto il Mediterraneo. Si trattava di una unità veramente rivoluzionaria: invece del caratteristico scafo dei sommergibili dell'epoca, concepiti prevalentemente per una navigazione in superficie, era dotato di uno scafo idrodinamico a goccia, di una enorme serie di batterie che gli consentivano di passare in immersione un lasso di tempo lunghissimo a profondità talmente elevate da poter comodamente evitare gli effetti delle bombe di profondità. Intanto il cacciatorpediniere “Ardito”, partito dalla base di Ancona, si stava dirigendo nottetempo verso Venezia da dove ad attacco iniziato, avrebbe dovuto bombardare l'aeroporto del Lido e la base di Malcontenta. Il caccia avrebbe dovuto essere accompagnato dal gemello “Audace” ma all'ultimo momento la nave aveva dovuto rinunciare alla azione programmata per una improvvisa ma fatale avaria alle macchine. Re Umberto aveva sperato di avere in linea per l'attacco, almeno una corazzata, appunto la “Giulio Cesare”, un grande incrociatore, il nuovissimo “Garibaldi” e almeno quattro caccia di scorta. Sarebbe stato importantissimo in quei frangenti “far vedere” in mare il Tricolore ma Gli americani invece, bontà loro, avevano consentito solo la presenza di due caccia......che la sfortuna aveva poi ridotto al solo “Ardito”. Ma sfortunatamente le disgrazie non vengono mai sole......verso le due di notte, presso Jesolo l'U 251 aveva inopinatamente avvistato il caccia italiano in avvicinamento alla costa, l'aveva seguito avvicinandosi sempre più....per poi affondarlo con una coppia di siluri che lo avevano letteralmente fatto saltare in aria spezzandolo in due. L'attacco del sommergibile era risultato così fulmineo, che nessuno a bordo della nave aveva fatto a tempo a lanciare l'S.O.S. Per cui la perdita della bella unità venne attribuita da “Supermarina” ad un disgraziato incontro con una mina. L'azione per la riconquista di Venezia aveva inopinatamente perduto la sua componente navale. Intanto nella città lagunare i due giovani stavano trascorrendo i tre giorni più belli della loro vita: Marco aveva ben presto trovato l'occasione di mettere a parte Virginia dei propri sentimenti e aveva avuto la grandissima gioia di apprendere dalla bella ragazza, che il sentimento che Marco stesso provava, era da Virginia perfettamente ricambiato. Erano stati tre giorni vissuti dai due ragazzi con una intensità incredibile.....ogni momento della giornata lo passavano in compagnia non stancandosi mai di parlare e di raccontarsi l'un l'altro tutto ciò che avevano in cuore. Venezia appariva bella come sempre e l'unica cosa....fuori posto erano le bandiere che garrivano adesso in Piazza la domenica: al posto dei vessilli tricolori e di quello con il leone alato, sventolavano infatti tre bandiere uncinate.....sembrava che l'Impero Austroungarico, sebbene sotto un'altra ben più malefica forma.....avesse fatto ritorno.

CAPITOLO QUATTORDICESIMO.

DISLOCAZIONE DELLE FORZE E PREVISIONI PER LO
SVOLGIMENTO DELL'ATTACCO AERONAVALE ITALIANO PROGRAMMATO NELL'INTENTO DI LIBERARE VENEZIA:
A) FORZE TEDESCHE:1)Forze armate della “territoriale” dislocate in ogni capoluogo di provincia assieme a reparti di polizia militare(SS);2)nelle caserme sparse tra Rovigo e Mantova, era disposto il 75° Corpo d'Armata la cui dislocazione interessava anche Venezia, Padova, Vicenza e Verona. A Venezia poi, e precisamente a Malcontenta di Mira era acquartierata una delle due Divisioni Corazzate SS in via avanzatissima di ricostruzione. Detta Divisione era formata dai tradizionali Reggimenti di Pantzer 3 e 4 a cui erano stati già aggiunti due battaglioni di nuovissimi carri “Tigre”.
3)tra Mantova,Cremona e Pavia, interessando anche Milano, erano di stanza la 5 Divisione Gebirgsjager e l'85° gruppo cacciacarri. Più avanti, verso Torino,si poteva trovare l'altra divisione corazzata SS, questa al completo e completamente riorganizzata anche lei con due nuovissimi battaglioni di carri “Tigre”. Nei dintorni, sempre pronto all'intervento, era poi disponibile una seconda aliquota del'85° Gruppo Cacciacarri; 4) le rimanenti quattro Divisioni meccanizzate erano state dislocate nella zona di Torino, integrate dai resti di una Divisione corazzata messa insieme come ripiego, con carri di vecchia concezione.
Per concludere le forze aeree tedesche erano state dislocate al Lido di Venezia e nei vari aeroporti del Lombardo Veneto.
B) FORZE ITALIANE: L'unico vero vantaggio del Regio Esercito era quello di non dover difendere il territorio che rimaneva sotto la sua giuristizione, ben sapendo che i tedeschi avevano come unico compito quello di difendere i territori di cui si erano impadroniti e nulla più. Ciò era assolutamente vero....almeno per il momento....almeno fino a quando non sarebbero state pronte ed operative le famose armi nuove con l'uso delle quali Hitler vagheggiava di ribaltare le sorti del conflitto.......ma di questo segretissimo argomento, al di fuori di una cerchia ridottissima di altissimi funzionari tedeschi, nessuno sapeva ancora nulla. Il Regio Esercito disponeva dunque:A) per il previsto attacco per la liberazione di Venezia dei due Gruppi di artiglieria da Campagna formati da pezzi da 149/40 e da 210/22; dall'11° e 24° Reggimento meccanizzato di Bersaglieri,; dalla Divisione Corazzata “Ariete”; dalla 1 Legione “Camicie Nere” e di rincalzo dal “Reggimento Lagunari Serenissima”. All'aeroporto di Rimini sarebbero stati dislocati invece gli aerei necessari a trasportare i parà della “Nembo” e gli aerei da bombardamento e i caccia di supporto e protezione all'attacco. Tutto il resto del Regio Esercito era invece dislocato dalle parto di Parma e Piacenza sempre al di qua del Po, trattandosi di truppe da usare in un secondo tempo o inadatte come quelle Alpine ad affrontare una guerra di movimento.

CAPITOLO QUINDICESIMO.

Ma tutto era sul punto di cambiare....il destino del mondo stava per essere messo nelle mani di un gruppo di pochi uomini che con il loro intervento avrebbero deciso quale sarebbe stato il futuro del genere umano. In Germania difatti, una svolta importante, assolutamente in anticipo sui tempi previsti, era stata data sulla realizzazione della così detta “arma assoluta”. I tedeschi erano riusciti a “giocare” americani ed inglesi convincendoli, grazie all'azione dei servizi segreti, a distruggere gli ormai inutili impianti di “acqua pesante”. Quelli impianti in realtà non erano altro che degli specchietti per le allodole, visto che le ricerche e la costruzione delle nuove armi avvenivano o altrove o ben al sicuro sotto terra. In Germania la ricerca e lo sviluppo degli studi per la costruzione di ordigni atomici, avevano fin dall'inizio preso due strade ben diverse: la prima era quella basata su ricerche segrete ma, per un certo senso, “ufficiali” di cui non si sapeva nulla ma nello stesso tempo si conosceva invece....tutto. Si sapeva per esempio che se non si trattava di un vicolo cieco per tali studi, il progredire delle ricerche erano se non appunto in un vicolo cieco, per lo meno in grande ritardo. Il colpo di grazia era poi stato dato effettivamente dai bombardamenti americani. Ma c'era in realtà un altro filone, questo si veramente segretissimo, affidato esclusivamente alle SS, che aveva ottenuto fin dall'inizio rapidi e sbalorditivi risultati positivi. Presso Berlino, perfettamente camuffato all'interno della facoltà di fisica dell'università, era stato allestito e funzionava già da qualche tempo e benissimo, oramai a pieno regime, il primo “reattore nucleare” della storia in grado di produrre uranio arricchito. Gli ordigni invece venivano prodotti ed assemblati in grotte sotterranee di cui pochissimi conoscevano esistenza ed ubicazione, grotte che si trovavano nei dintorni della città di Praga sotto una serie di cave calcaree che si chiamavano stranamente “Amerika”. Gli scienziati alla fine avevano veramente bruciato le tappe e adesso, capitanati dal professor Wictor Schumacher, si apprestavano a riferire direttamente al Fuhrer sui risultati ottenuti. Era proprio questo che il Fuhrer vagheggiava e attendeva da tempo con spasmodica ansia febbrile....lui si era reso conto benissimo che tutte le altre “armi nuove”che erano state impiegate fino a quel momento, e quelle che stavano per essere solo ora utilizzate, da sole non erano certamente in grado ne di fermare il nemico avanzante su tutti i fronti, ne tanto meno di sconfiggerlo.
TANA DEL LUPO.....8 AGOSTO 1943. Relazione fatta dal Professor Schumacher al Fuhrer:” Mio Fuhrer, quanto sto per riferirle è una assoluta novità per tutti i presenti in questa sala. Nessuno di voi ha la più pallida idea di quanto sto per esporvi. Ebbene è con la più grande gioia che vi posso assicurare che nel giro di un mese al massimo la guerra sarà vinta dalla grande Germania....il compito che Voi mi avete affidato all'inizio del conflitto è giunto da tempo finalmente ad una svolta decisiva. Molte delle incredibili difficoltà affrontate fin dall'inizio di questa impresa, sono state fortunatamente, lo ripeto.... già da tempo superate, grazie alla mia costanza e al genio del mio collega Professor Wolf. Voi mi avevate chiesto di costruire l'arma atomica, capace di distruggere con un unico ordigno una intera città, e di fare in modo che potesse essere “piazzata” sulla cima di uno dei missili costruiti dal professor Von Braun........Noi, per adesso, siamo riusciti anche se solo parzialmente nell'intento: l'arma di cui disponiamo, in questo momento solo in tre esemplari, è si pronta ad entrare immediatamente in azione.......ma le sue dimensioni sono purtroppo tali, che per essere utilizzata, deve essere trasportata a bordo di un grosso camion o di una nave o al limite caricata da un grande bombardiere strategico. Per “miniaturizzarla” in modo da poterla piazzare in cima ad un missile al posto di una testata convenzionale, servono infatti ancora anni di durissimo lavoro e, per ottenere i risultati sperati, non esiste questa volta al mondo modo di accelerare ulteriormente i tempi. Non si può farlo allo stato attuale delle ricerche, non c'è alcun modo per accelerare i tempi.....oggi semplicemente non si può farlo e basta! Oltre a tutto, la tecnica che consentirà ai missili del collega Von Braun di colpire con la necessaria precisione gli obiettivi programmati, è ancora agli albori e ad essa non ci si può ancora assolutamente affidare. Ma le ripeto che il modo di utilizzare tale arma risolutiva c'è ugualmente......lei si limiti a renderci noto chi e dove vuole colpire....e al resto penseremo noi!” La notizia aveva avuto l'effetto di far letteralmente balzare in piedi il capo della Germania e di far tornare di colpo l'entusiasmo dell'inizio del conflitto al dittatore nazista, che ultimamente, a causa dell'andamento sfavorevole della guerra, era apparso depresso e isterico. Congedati gli scienziati, lo Stato Maggiore Tedesco si era messo immediatamente all'opera per individuare gli obiettivi più appropriati allo scopo di far terminare la guerra in pochi giorni.....si trattava veramente di una ”faccenda” di sbalorditiva importanza.......si sarebbe trattato nientemeno di avere la possibilità di ribaltare di colpo le sorti ormai ampiamente compromesse del conflitto e di ottenere subito una vittoria totale su tutti i fronti, con la prospettiva di poter finalmente dominare l'Europa intera e poi.....forse più tardi, anche il mondo. Hitler era ebbro di potere......le bombe avrebbero permesso alla Germania prima di tutto di ottenere in pochi giorni vittoriosamente la fine delle ostilità, poi con la pace, di fare in modo che la Nazione tedesca potesse rimarginare nel più breve tempo possibile, le terribili ferite del conflitto e sopra ogni altra cosa, di terminare di costruire un apparato bellico tale da consentirle di dominare chiunque a tempo indeterminato. Restava ora da stabilire soltanto....chi colpire quando....e come. Gli ordigni pronti per essere utilizzati erano per il momento soltanto tre......per assemblarne degli altri sarebbero stati necessari ancora alcuni altri mesi di duro lavoro, visto che il reattore nucleare costruito nei pressi di Berlino, celato da un anonimo capannone facente parte del perimetro della nuova facoltà di fisica quantistica dell'università dall'apparenza assolutamente innocente, non poteva produrre una certa quantità del preziosissimo uranio arricchito indispensabile per la costruzione degli ordigni, se non ad un ritmo estremamente ridotto. Dopo ore di discussione serratissima tutto era stato deciso: ORDIGNO N.1.La destinazione della prima bomba sarebbe stata la città di Napoli. Li si trovava tutt'ora una sterminata quantità di mezzi aeronavali e di uomini destinati dapprima all'invasione dell'Italia ed ora destinati ad essere quanto prima trasferiti e trasportati in Inghilterra, nell'intento di essere utilizzati per l'apertura del secondo fronte in Francia. Il trasporto dell'ordigno sarebbe stato fatto via mare da un mercantile dall'aspetto quanto mai anonimo e innocente, partito dalle coste della Francia occupata e camuffato da cargo americano. Il sogno del Fuhrer era però quello di bombardare New York con una bomba piazzata sul missile “A 10” che avrebbe dovuto avere una portata intercontinentale....ma ne il missile, ovvia evoluzione della V2 ,non aveva per adesso ancora mai volato, ne la bomba aveva nemmeno lontanamente le dimensioni adatte per poter essere trasportato dal missile in questione, per cui l'unico modo per colpire efficacemente gli americani e di far loro ben capire quale fosse la portata della minaccia tedesca, era proprio quella di colpire Napoli e il suo porto. ORDIGNO N.2. La sua destinazione era ovviamente Londra.......visto che la Germania non possedeva assolutamente aerei da bombardamento un grado di trasportare l'ordigno nucleare, la bomba sarebbe stata trasportata da un bombardiere “B 29” atterrato poco tempo prima nella Francia occupata, per una serie di avarie e catturato dai tedeschi praticamente intatto. ORDIGNO N.3.Il terzo ordigno sarebbe invece stato trasportato a bordo di un camion speciale fino ai vecchi confini della Polonia con l'Unione Sovietica. Li sarebbe stato attivato e fatto esplodere a distanza solo quando la marea sovietica avanzante fosse transitata nei paraggi. Dopo l'esplosione, al posto dei corazzati russi, sarebbero rimasti solo cumuli di ferro fuso e cadaveri bruciati. Era poi fondamentale che gli attacchi avvenissero il più possibile simultaneamente in modo che il nemico non potesse venire allertato in alcun modo e che il nemico stesso, a esplosioni avvenute, fosse soprattutto erroneamente convinto che all'occorrenza, altre bombe avrebbero potute essere immediatamente utilizzate sulla sua testa.

CAPITOLO SEDICESIMO.

Ovviamente i tedeschi si aspettavano prima o poi un qualche attacco delle Forze Armate Italiane, avevano anche individuato la direzione verso cui si sarebbe sviluppato ma avevano sottovalutato invece la componente aerea e paracadutata. Non si aspettavano certo una azione di così vasta portata, oltre a tutto così presto, effettuata da forze che consideravano a torto, esauste e demotivate. Quello che il Re era riuscito a racimolare era difatti il meglio che si potesse reperire in Italia in quei drammatici momenti. Alla fine, dopo tante insistenze, Re Umberto era riuscito anche a “strappare” agli americani il permesso di usare, se non la corazzata “Giulio Cesare”, per lo meno l'incrociatore leggero Giuseppe Garibaldi, al posto dei due cacciatorpediniere previsti in origine, di cui uno era stato affondato e l'altro era rientrato in porto per avarie alle macchine. La mattina del primo ottobre alle quattro, con l'aiuto del buio, gli aerei da bombardamento erano decollati, seguiti un'ora dopo da quelli che trasportavano i paracadutisti scortati questi da trenta “Macchi 500”. Contemporaneamente un singolo, solitario SM 79, di cui nessuno conosceva l'esistenza, prendeva il volo da Rimini con destinazione ignota.....a bordo c'era un unico e solitario pilota. Un'ora dopo i trimotori da bombardamento stavano già sganciando il loro carico letale sulla testa dei carristi tedeschi nella base di Malcontenta......la palazzina comando era andata subito distrutta e così le camerate e il deposito di carburanti....poi era stato il turno dei carri, ordinatamente disposti sotto le ampie tettoie e delle cisterne di carburante ordinatamente allineate nel piazzale dell'Alzabandiera. La distruzione della Divisione Corazzata era stata pressochè totale e il successo era stato innegabile. Ma sopra l'aeroporto del Lido le cose non erano andate altrettanto bene....la sorpresa era si completamente riuscita ma i bombardieri impiegati erano troppo pochi per poter sperare di distruggere tutti i Me 109 allineati in pista e negli Hangar......i serbatoi di carburante erano rimasti oltre a tutto intatti e i micidiali caccia avrebbero potuto dunque continuare a decollare. Intanto gli aerei da trasporto si stavano inesorabilmente avvicinando, scortati dai trenta “Macchi 500” aerei meravigliosi ma, come al solito in quella maledetta guerra,troppo pochi. Ma un solitario SM 79 si stava avvicinando da sud, puntolino nel cielo che ingrandiva sempre di più. Il suo pilota aveva seguito dall'alto il bombardamento, si era reso conto della mancata distruzione dei caccia al suolo e aveva preso, calcolando la distanza alla perfezione, la decisione di distruggere con un unico colpo di ariete sferrato dal suo stesso aereo, le cisterne di carburante e di conseguenza gli aerei a terra. In un attimo l'inevitabile era accaduto......il trimotore lanciatosi in una picchiata suicida che ne aveva aumentato la velocità fino a sfiorare il punto di rottura, aveva centrato in pieno uno dei silos di carburante, facendolo esplodere in un oceano di fuoco assieme agli altri due e agli aerei parcheggiati la accanto. Tutti gli altri bombardieri sulla radio di bordo avevano udito distintamente un attimo prima dello schianto fatale, due parole fatidiche urlate a piena voce: ”Viva l'Italia!!!!” Il Duce aveva donato alla Patria la propria vita, immolandosi quasi per voler espiare gli errori da Lui commessi. Intanto i paracadutisti si erano lanciati nel vuoto e atterrati avevano preso possesso dell'aeroporto, anzi....di quel poco che ne rimaneva, attestandosi saldamente a sua difesa. Contemporaneamente all'attacco aereo, l'incrociatore “Garibaldi” aveva aperto il fuoco con i suoi grossi calibri sulla base di Malcontenta, spianando in pratica ogni costruzione rimasta in piedi della base e distruggendo i pochi carri che si erano salvati dal bombardamento aereo. Fino a quel momento il successo appariva completo.....una Divisione Corazzata SS era stata distrutta e stessa sorte avevano subito i cinquanta Me 109 di base al Lido. Perdite non ce n'erano state, a parte un misterioso SM 79....quello che si era schiantato sul silos di carburanti. Il Re Umberto aveva seguito da vicino l'evolversi degli eventi restando sempre accanto ai Capi di Stato Maggiore......aveva ascoltato tramite le comunicazioni via radio con viva soddisfazione il felice esito dell'impresa ma, alla fine nuovi vivissimi dubbi avevano incominciato ad assalire la sua mente......davanti ai suoi occhi si erano come improvvisamente materializzate le immagini di chi continuava a morire per una causa giusta ma difficile da sentire veramente indispensabile, almeno in quei drammatici momenti. Dopo una guerra combattuta per tre anni e persa in maniera disastrosa, quando tutto sembrava per lo meno finito, ecco ricominciare per chi era alle armi, l'incubo della strage.....un'altra volta. Gli era anche venuto in mente quanto era accaduto anni prima dopo la disfatta di Caporetto, lo scatto incredibile di orgoglio che aveva permeato l'intera Nazione in armi seguito poi dal “miracolo” del Piave e poi di Vittorio Veneto. Avrebbe potuto ripetersi tale situazione anche ora? Sarebbe bastata la sola riconquista di Venezia a dare nuova forza ad un esercito semidistrutto nei mezzi e nel morale per tentare di ricacciare una volta di più l'invasore oltre confine?.....No, questo purtroppo non era assolutamente possibile, almeno non in quel disgraziato contesto: i sogni erano una cosa e la dura realtà, purtroppo tutta un'altra faccenda! Bisognava assolutamente accontentarsi di quanto si era riusciti ad ottenere, almeno per il momento, tenere duro e....sperare che il futuro fosse più favorevole alle sorti dell'Italia. Per cui il Re aveva detto, alzandosi in piedi di scatto e prendendo con decisione la parola, lasciando di stucco i suoi collaboratori:” Signori.....tutto considerato è meglio che ci accontentiamo e....ci fermiamo qui, almeno per questa volta. Certo continuando ancora con l'azione intrapresa, forse si riuscirebbe anche a raggiungere gli obiettivi prefissati.....ma saremmo poi in grado di mantenere le posizioni raggiunte e se si....a che prezzo e quanti altri morti ci verrebbe a costare osare tanto? Io penso che sia nostro interesse attendere, prima di intraprendere passi tanto impegnativi, che la Germania sia sul punto di crollare, in modo da poter sperare di combattere con un avversario stanco, sfiduciato e forse meno desideroso e motivato di adesso, di combattere ancora. Le sorti della guerra per nostra fortuna, stanno cambiando vistosamente sempre di più in favore di America ed Inghilterra.....dobbiamo solo avere un po' di pazienza e attendere quanto sarà necessario e limitarci solo a colpire con azioni “mordi e fuggi” come abbiamo appena fatto che, secondo me, è il massimo che attualmente ci possiamo permettere.” Detto ciò il Re a questo punto aveva dato subito ordine di bloccare sul nascere l'offensiva terrestre e aveva fatto imbarcare i paracadutisti sul “Garibaldi” che era subito dopo salpato per rientrare ad Ancona. Troppi morti......troppi lutti! Per poter e voler ancora continuare. Ma il Re, con l'incursione appena compiuta, aveva ugualmente ottenuto il suo scopo mandando un messaggio chiaro e ben preciso a tutto il mondo e un monito prima di tutto ai tedeschi, ...... ma anche ai vincitori: l'Italia era esausta e mortalmente ferita....MA, FORTUNATAMENTE, ERA ANCORA VIVA ORGOGLIOSA E SI SAREBBE CERTAMENTE RIPRESA!
Intanto l'incrociatore italiano stava facendo rotta per Ancona. Si trattava di una unità modernissima sulla quale appena qualche mese prima, erano stati montati i primi apparati elettronici di ricerca del nemico in mare, prodotti dall'industria italiana: a bordo del Garibaldi era stato infatti montato il “gufo”, il primo radar costruito in Italia su licenza tedesca ma modificato e con prestazioni aumentate, assieme ad un efficiente apparato sonar con prestazioni per lo meno pari a quelle dei modelli americani. L'inventiva degli scienziati italiani non era da sempre seconda a nessuno...purtroppo i mezzi da sempre limitati, avevano fatto in modo che....i risultati tanto attesi fossero arrivati solo a guerra finita. Era capitato infatti, anche per la Regia Marina, lo stesso problema che aveva afflitto il centro di ricerca aeronautica di “Guidonia”.....si trattava si di un centro di studi assolutamente all'avanguardia nel mondo ma che a causa della cronica mancanza di fondi, aveva potuto lavorare fino a quel momento ad una frazione soltanto delle sue teoriche notevolissime potenzialità e che di conseguenza non aveva potuto fornire i progressi tecnici che ci si era aspettato che si potessero raggiungere. Il sommergibile U 251 intanto navigava alla profondità di sessanta metri in direzione nord, con l'intenzione di uscire al più presto dal mare Adriatico, di riattraversare sempre in immersione lo stretto di Gibilterra e di rientrare in Patria. Ormai il carburante ed i viveri erano agli sgoccioli e il comandante Fritz e l'equipaggio intero non vedevano l'ora di porre fine alla missione. Si era trattato per la verità di una missione fruttuosa: per la prima volta dall'inizio del conflitto un sommergibile tedesco aveva attraversato con successo in immersione lo stretto di Gibilterra, si erano potuto testare con il più grande successo le caratteristiche rivoluzionarie del battello e oltre a tutto, l'U 251 aveva anche affondato un cacciatorpediniere italiano. Alla profondità di sessanta metri il sommergibile credeva di essere assolutamente al sicuro....la Regia Marina italiana era confinata a Taranto e nessuno a bordo del battello tedesco si preoccupava di poter essere localizzato. A bordo del “Garibaldi“ intanto i componenti della sala sonar stavano facendo pratica con le nuove attrezzature di bordo. Il tenente Sandrelli era chino sull'apparecchiatura e stava mostrando ai due sonaristi il modo in cui si sarebbe potuto individuare un qualche oggetto sommerso. Poco prima si erano imbattuti in un branco di delfini per poi incappare in un relitto che giaceva immobile a trecento metri circa di profondità. L'atmosfera era rilassata.....navi americane in zona non ce n'erano, le unità italiane erano confinate nei porti, i sommergibili tedeschi nel Mediterraneo non erano mai riusciti ad entrare.....tutto era tranquillo e per una volta la situazione risultava adattissima all'addestramento. L'ultimo “botto” della guerra c'era stato giorni prima quando l'”Ardito” era inopinatamente saltato su una mina affondando con tutto l'equipaggio....ma adesso tutto sembrava veramente finito. Ad un certo punto però il sottocapo Giannetti proruppe in una improvvisa esclamazione: ”Signor tenente.....qui c'è qualcosa di strano.....si tratta di un' eco di ritorno che mi lascia perplesso. Guardi qui.....ha dimensioni ben definite e si muove alla profondità di sessanta metri a dieci nodi.” Ha ragione, Giannetti” Disse l'Ufficiale. “Questo è un contatto in piena regola, non so ancora di cosa si tratti ma adesso vedremo. Intanto non perdetelo di vista e comunicate alla plancia che siamo in allarme e che si rende necessario adeguare rotta e velocità a quella del contatto appena scoperto e...fate venire qui subito in sala sonar il Comandante.” La situazione aveva dell'irreale.....non risultava a nessuno la presenza di sommergibili nella zona, eppure qualcosa li a poche centinaia di metri faceva credere il contrario. Il Comandante, verificata l'esattezza di quanto era stato scoperto, aveva rapidamente concluso che il sommergibile immerso doveva essere per forza tedesco e aveva intelligentemente collegato l'esplosione del l'”Ardito” ai siluri lanciati dalla fantomatica unità tedesca e non come precedentemente sospettato ad una mina vagante. Evidentemente alla fine i tedeschi erano riusciti a superare in immersione lo stretto di Gibilterra e avevano “piazzato” nell'Adriatico una o più unità sottomarine Il Comandante aveva poi considerato tra se e se:” Se il sommergibile è tedesco come credo...bene! Se poi fosse per ipotesi, per una lontanissima ipotesi....americano, visto che fino a prova contraria siamo ancora a casa nostra e che nessuno si è degnato di avvertirci della sua presenza in zona, MEGLIO ANCORA! Siamo all'interno delle nostre acque territoriali e io agisco di conseguenza nel pieno diritto di farlo!” L'attacco aveva subito dopo avuto inizio...improvviso, assolutamente imprevisto e proprio per questo motivo..... micidiale. Il contatto assolutamente ignaro per quanto stava per accadere, continuava la navigazione alla consueta profondità e velocità. Nessuna precauzione particolare era stata presa.....le paratie erano rimaste aperte e il battello procedeva alla velocità di crociera. Il “Garibaldi” aveva intanto mandato le poderose macchine al massimo e aveva lanciato ben due “scariche” di bombe di profondità regolate le prime a sessanta metri di profondità, le altre a ottanta. L'U 251 aveva sentito finalmente con gli idrofoni di bordo il rumore delle macchine dell'incrociatore ma ancora prima di poter reagire aveva subito l'esplosione ravvicinate della prima scarica di bombe: lo scafo non si era squarciato ma l'acqua aveva ugualmente cominciato ad entrare da alcune tubolature che si erano sventrate, Il comandante aveva comandato di immergersi subito in profondità ma era stato un errore visto che ad ottanta metri di profondità il sommergibile era incappato nella seconda tremenda sequenza di esplosioni. Questa volta una grossa falla si era aperta a poppa in corrispondenza della camera di lancio dei siluri. Il Comandante Fritz aveva ordinato allora:” Timoni a risalire, aria per tutto alle casse di zavorra....andiamo su se siamo ancora in tempo...PRESTO e chiudete le paratie stagne!” Per fortuna, se il battello era oramai da considerarsi perduto, le manovre ordinate dal Comandante avevano però avuto parziale successo: l'U 251 era riemerso almeno in parte e aveva permesso, prima di sprofondare per sempre, a trenta membri dell'equipaggio di fuoriuscire dallo scafo e di mettersi in salvo. Fritz a causa dell'inclinazione del suo battello si era reso subito conto che non sarebbe mai riuscito ad uscire dai boccaporti aperti e a mettersi in salvo....si era allora allontanato dalla camera di manovra e mentre l'acqua del mare proveniente dalla camera di lancio invadeva ribollendo tutto il battello, chiuse dietro di se la porta del suo piccolo alloggio, si distese sulla brandina e con in mano la foto della moglie si apprestò ad attendere la fine.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO:

In Germania intanto l'attacco italiano non aveva scosso più di tanto le “alte sfere”.....ben altre erano i fatti a cui dare importanza prioritaria di un attacco secondario subito da poche truppe italiane, attacco che era poi praticamente terminato ancora prima di iniziare....ad un certo punto infatti, proprio sul più bello, proprio quando le forze di terra tedesche erano sul punto di reagire in grande stile, da parte italiana tutto era improvvisamente terminato e il Comando tedesco aveva saggiamente ordinato di non reagire.....non era intenzione o interesse della Germania farlo in quel momento: Hitler in un primo momento si era anche infuriato per la perdita di tanti aerei, di una Divisione Corazzata SS e di un sommergibile ultimo modello ma poi, sapendo bene cosa stava “bollendo in pentola”....aveva saggiamente lasciato correre e considerando l'accaduto alla stregua di una semplice seccatura, si era di nuovo concentrato sui tre diversi piani studiati per far esplodere le tre bombe atomiche. L'ora x era stata fissata per la settimana seguente esattamente per l'otto di novembre, quando in giorni ed orari diversi i tre vettori avrebbero intrapreso il loro viaggio verso i punti di deflagrazione previsti per il giorno 11 dello stesso mese. Intanto sul “Popolo d'Italia” era apparsa, insieme alla notizia del riuscito attacco aereo contro i tedeschi e della distruzione del sommergibile da parte del “Garibaldi”, in prima pagina, a caratteri cubitali, la notizia della morte del Duce, con i particolari dello schianto volontario sul deposito di carburante, schianto testimoniato in prima persona dai piloti dei bombardieri che avevano preso parte all'azione e che solo ora si erano resi conto di chi veramente pilotasse l'aereo suicida. In seconda pagina appariva poi in ampio risalto, il testamento politico di Mussolini:” Italiani....ho scelto volontariamente di porre fine alla mia vita cercando per l'ultima volta di fare un qualcosa di utile per la mia Patria. Tutto ciò che ho fatto dal giorno della presa del potere, lo ho fatto non per mia gloria personale ma per il mio Paese, nel bene e nel male come in un indissolubile matrimonio. Ho lottato SEMPRE per rendere l'Italia grande e forte....le ho ridato l'Impero dei suoi avi, ho costruito le fondamenta di un nuovo Stato. Pochi all'estero mi hanno compreso....molti mi hanno ostacolato facendomi commettere l'unico grande errore per cui sto pagando con la vita. La cecità e l'invidia delle plutocrazie reazionarie occidentali mi hanno di fatto gettato tra le braccia di quel pazzo di Hitler chi io mi ero illuso di poter, se non dominare per lo meno dirigere e controllare. La colpa di questo mostruoso conflitto è totalmente delle plutocrazie occidentali che non hanno saputo tenere conto delle conseguenze di avere imposto alla Germania, alla fine della Grande Guerra, una pace iniqua e hanno fatto in modo che l'Italia fosse forzatamente costretta ad uscire dalla Società Delle Nazioni. La colpa di aver fatto entrare l'Italia in questa disastrosa guerra è invece ESCLUSIVAMENTE MIA ed io me ne assumo completamente la responsabilità. Ora VADO A PAGARE DONANDO ALLA PATRIA LA MIA VITA PER QUESTO MIO TRAGICO ERRORE, in prima persona, di mia volontà e.....a modo mio cercando di riscattare con la mia morte l'errore commesso. Preferisco andarmene così.....cercando di fare in modo che questo mio atto estremo sia di qualche utilità per la mia Patria e non un fatto trascurabile come sarebbe stata in futuro la mia morte davanti ad un plotone di esecuzione o peggio, quella tra le mura di un carcere. Muoio senza un centesimo in tasca, certo che il Fascismo, con la mia morte, saprà riscattarsi ed evolversi perchè il Fascismo non è Benito Mussolini.....ma è diventato oramai l'essenza stessa del popolo italiano. VORREI SOLTANTO CHE UN GIORNO GLI ITALIANI SAPESSERO RICORDARE CHE LI HO SEMPRE AMATI E CHE OGNI MIO ATTO E PENSIERO FURONO RIVOLTI SEMPRE ALLLA GRANDEZZA DELL'ITALIA. DOVETE SOPRAVVIVERE E MANTENERE NEL CUORE LA FEDE.....IL MONDO, ME SCOMPARSO, AVRA' BISOGNO ANCORA DELL'IDEA CHE E' STATA E SARA' LA PIU AUDACE, LA PIU' ORIGINALE, LA PIU' EUROPEA DELLE IDEE.....LA STORIA UN GIORNO MI DARA' RAGIONE!VIVA L'ITALIA, VIVA IL FASCISMO!!!”
La notizia della drammatica, morte del Duce e la pubblicazione del suo testamento politico, avevano sconvolto l'opinione pubblica in tutta Italia.....c'era chi piangeva, chi sedeva a terra allibito, che commentava in modo più o meno critico quanto era accaduto a colui che aveva guidato il Paese negli ultimi vent'anni, c'era ovviamente anche chi carico di odio represso, chiaramente gioiva. Certo che il Duce, andandosene in tale modo, era riuscito a dare una nuova unità al partito che aveva fondato e che sembrava sul punto di sfasciarsi e aveva spento sul nascere l'odio sopito di tanti, che mai avevano digerito la dittatura, odio che minacciava di riemergere incontrollato e di far scoppiare prima o poi una guerra civile. Colui che aveva sbagliato, colui sul quale ricadeva la terribile responsabilità di tanti dolori e tanti lutti.......aveva pagato e se ne era andato donando spontaneamente la sua vita alla Patria come atto di estrema espiazione.

CAPITOLO DICIOTTESIMO.

Da quando Marco era ritornato a Roma, la vita di tutti i giorni era fatalmente ricominciata: la mattina il giovane aveva ripreso a frequentare l'università e il pomeriggio Marco lo passava tra i libri e le lunghe lettere che scriveva alla sua Virginia. Il loro amore nei giorni trascorsi a Venezia era definitivamente sbocciato ed ora la lontananza della ragazza si faceva sentire sempre di più. Visto che le autorità tedesche, dopo essersi annesse la parte dell'Italia a nord del Po, avendo tutto l'interesse a mantenere la situazione il più tranquilla possibile, non avevano certo intrapreso azioni ostili contro il resto d'Italia e che l'Italia, da parte sua, dopo l'incursione più che altro dimostrativa su Venezia, aveva per ora rinunciato per forza di cose ad altre azioni belliche finalizzate alla riconquista dei territori sottratti dai Tedeschi, passare il confine tracciato provvisoriamente dal Po non dava in quei momenti, alcun problema particolare. Si veniva ovviamente ogni volta identificati e perquisiti sia da una parte che dall'altra e nulla più. Certo, una volta passato il confine era buona regola tenersi ben alla larga da appostamenti militari e fare attenzione ad evitare le onnipresenti SS e se ciò non era possibile, comportasi come loro si aspettavano, esibendo cioè con la più grande sollecitudine i documenti e giustificando con la massima sincerità la propria presenza nel luogo dove si era stati fermati. I tedeschi per adesso si limitavano solo ad amministrare con la più grande oculatezza possibile le terre che avevano occupato cercando in ogni maniera di non infierire in alcun modo contro la popolazione civile.....la situazione attuale di stallo e transizione, era ovviamente solo provvisoria ma nel momento che la guerra contro gli anglo americani fosse finalmente e vittoriosamente terminata, il confine sarebbe stato spostato ben più a sud e i territori di tutta l'alta Italia sarebbero diventati “Germania” a tutti gli effetti. Di questa provvisoria situazione di stallo, Marco aveva già approfittato e alla fine di settembre si era recato a Venezia per un paio di giorni. Ma questa volta la vicinanza di Virginia non gli dava come al solito quella sensazione di completezza come nel passato.....Marco aveva cominciato a sentirsi sempre di più avvilito ed in apprensione per le sorti del suo paese. Solo il fatto di recarsi da Roma a Venezia era diventato poco meno di una avventura: il viaggio che solo tre anni prima veniva percorso dal treno rapido in solo sei ore, adesso pareva tra soste e trasbordi vari, non finire mai. Molti ponti e tratti di binari erano stati distrutti dai bombardamenti, moltissime stazioni non erano più altro se non cumuli di rovine e accanto alla massicciata si allineavano infinite teorie di vagoni e locomotive distrutte. Le città poi che sfilavano una dopo l'altra, presentavano patetici scheletri di grandi palazzi che una volta si ergevano orgogliosi.........ponti distrutti, case sventrate......tutto suggeriva all'animo del giovane una tristezza infinita. Marco poi, a causa del suo difetto fisico, si sentiva anche in colpa per non aver potuto partecipare alla difesa della sua Patria e desiderava ardentemente trovare un modo qualsiasi per riscattarsi....ma non sapeva ancora cosa avrebbe potuto fare.

CAPITOLO DICIOTTESIMO.

Il comportamento adottato ultimamente dai Tedeschi, stava sempre di più preoccupando non poco i tre “grandi” riuniti a colloquio. Mentre fino a pochi mesi prima l'esercito tedesco, pur ritirandosi forzatamente ovunque a causa della crescente pressione russa, non aveva mai rinunciato a compiere violente e improvvise controffensive e aveva difeso strenuamente ogni lembo di terra che aveva dovuto lasciare ai russi avanzanti, anche a costo di lasciare sul campo migliaia di uomini e intere masse di preziosissimi materiali, adesso Hitler aveva assolutamente di colpo invertito radicalmente tale tendenza. Aveva addirittura incredibilmente autorizzato, anzi ordinato in prima persona, una improvvisa, preventiva, completa e gigantesca ritirata fino quasi ai vecchi confini anteguerra della Polonia con la stessa Russia. Si era trattato di una situazione assolutamente illogica e inconcepibile che aveva dell'incredibile, in pratica si era trattato di eseguire una rapidissima totale e assolutamente imprevista ritirata generale. Ripiegamento si.... ma compiuto con la massima organizzazione e facendo in modo che nulla, assolutamente nulla, fosse andato perduto sia in armi, materiali e vite umane. Quanto era successo non era poi assolutamente nella mentalità e nelle abitudini del dittatore tedesco e nessuno riusciva a raccapezzarsi per una decisione tanto al di fuori degli schemi consueti, Hitler aveva praticamente accettato di fare all'improvviso, quanto i suoi generali gli domandavano da tempo di mettere in pratica. Ma la cosa ancora più incredibile era il fatto che ogni risorsa difensiva della Germania era adesso stata e incanalata e finalizzata al continuo aumento della produzione bellica ed industriale a scapito anche della difesa di territori che in una diversa situazione i tedeschi avrebbero difeso con le unghie e coi denti. Addirittura alcune divisioni di fanteria di prima linea, di stanza in Normandia, nella Francia occupata, erano state provvisoriamente smobilitate e i loro componenti avviati al lavoro nelle fabbriche. I risultati si erano visti da subito.....la produzione fatta con manodopera tedesca e non eseguita con il lavoro coatto dei prigionieri e degli Ebrei, era aumentata visibilmente di colpo sia per quantità sia per qualità. Dapprima erano cominciati ad apparire sempre più numerosi, i nuovissimi caccia per la difesa aerea con una rivoluzionaria propulsione a reazione, aerei che surclassavano in velocità i più moderni aerei degli alleati anglo americani, subito dopo di conseguenza, questi caccia preposti appena messi in linea, alla difesa delle industrie, avevano consentito a tali impianti di produrre altri aerei e altri ancora fino al punto di rendere adesso addirittura problematici i bombardamenti sulla Germania. I Russi, così erano si riusciti ad avanzare quasi di colpo di centinaia di chilometri ma il verificarsi così improvviso di tale opzione metteva francamente apprensione in tutti: perchè mai adesso si stava verificando tutto ciò? Che il dittatore tedesco avesse una buona volta deciso di agire come gli veniva domandato da tempo dallo Stato Maggiore o che, peggio ancora.....potesse avere invece qualche assolutamente imprevisto “asso nella manica” di cui nessuno era a conoscenza? Il mondo aveva già dovuto purtroppo cominciare a confrontarsi con le prime “armi nuove” messe in campo dalla Germania.....le V1, le V2, i nuovissimi caccia a reazione e gli aerei razzo, i primi sommergibili praticamente imprendibili, i nuovi rivoluzionari carri “Tigre”. e”Tigre Reale”.......certo tutto ciò non era assolutamente sufficiente per condurre i Tedeschi ad un punto di svolta della guerra.....ma se ci fosse stato anche dell'altro? Meno male che le fabbriche di “acqua pesante” erano state definitivamente distrutte con una serie di bombardamenti a tappeto, altrimenti ci sarebbe stato anche da confrontarsi con la paura di un ipotetico “rischio atomico”.Hitler MAI aveva regalato qualcosa a qualcuno senza un qualche scopo recondito e un ritiro così grande e assolutamente improvviso ed imprevisto, dava effettivamente molto da pensare. E così di fatti era.....il nuovo piano strategico del Reich era quello di ridurre al massimo, almeno per ora, la distanza delle sue Divisioni Corazzate dalla madre Patria, alleggerire il più possibile lo sforzo immane sostenuto fino ad allora dalla logistica, ridurre drasticamente i chilometri di confine da difendere, aumentare per quanto possibile la costruzione dei nuovi rivoluzionari aerei, carri armati e sommergibili, in attesa di poterli utilizzare, e questa volta in massa, per quello che sarebbe accaduto dopo la pace vittoriosa ottenuta con il lancio delle tre nuove bombe. Inoltre la Russia, con la vastità del suo territorio, non faceva adesso più parte dei piani di espansione del Reich.....adesso sarebbe stato assolutamente indispensabile per la Germania limitarsi a distruggere una volta per tutte, prima il suo esercito e poi, in seguito, il suo capo e tutto l'apparato del Partito Comunista. Anche la costruzione del “Vallo Atlantico” preparato contro l'invasione dal mare, era stata improvvisamente sospesa......anche se era noto che tutto era oramai pronto per l'assalto Anglo Americano alla Francia occupata. Ma nessuno sapeva che tra poco tutte le difese approntate non sarebbe servite più e in Francia sarebbe stato sufficiente mantenere solo truppe di occupazione di secondo piano in attesa di poter compiere anche li i “cambiamenti epocali” che Hitler aveva in mente.

CAPITOLO DICIANNOVESIMO.

IL NUOVO “ORDINE MILLENARIO”: si trattava di un sogno che si stava fatalmente avverando.....fatalmente perchè il Fuhrer era oramai convinto che il destino, Dio o chi per Lui, avesse deciso la sua nascita e la sua inarrestabile ascesa a capo del suo paese e forse un giorno non lontano....del mondo; ancora pochi giorni e l'umanità sarebbe stata nelle mani della Grande Germania vittoriosa. Con le tre esplosioni atomiche, le prime nella storia dell'umanità ma non certo le ultime, Hitler avrebbe potuto agevolmente ricattare il mondo intero e averlo ai suoi piedi. Tutto era stato pianificato con la massima cura.....in Europa il destino finale sarebbe stato diverso per ogni singolo stato. La Germania per prima cosa avrebbe ampliato i suoi confini nazionali da est a ovest, inglobando varie porzioni di territori appartenenti ad altre nazioni. La Francia avrebbe per esempio dovuto rinunciare un'altra volta nella sua storia, e questa volta per sempre,all'Alsazia e alla Lorena, alla striscia di costa del Tirreno fino a Nizza e Marsiglia e per finire, anche alla Savoia. Le due città e la regione montana sarebbero state direttamente annesse ai territori dell'Alta Italia che sarebbero a pieno titolo diventati Germania....Livorno, Genova, La Spezia sarebbero “cambiate di proprietà” e dall'altra parte della penisola sull'Adriatico, medesima sorte sarebbe toccata a tutto quanto si trovava da Ancona compresa in su. Il resto dell'Italia sarebbe stato di fatto lasciato indipendente ma sotto il diretto controllo di un Goulaiter tedesco che avrebbe “posto residenza” a Roma e considerato niente di più di terra di vacanza per il popolo eletto. Anche la Francia avrebbe subito una sorte molto simile....avrebbe si ottenuto anche lei una parvenza di indipendenza ma sempre sotto gli occhi vigili del “vicino di casa”. Entrambe le nazioni sarebbero poi state private per sempre di aver diritto di possedere qualsiasi forma di “forza armata” a parte le forze di Polizia atte a mantenere l'ordine pubblico. Un destino molto simile sarebbe toccato al piccolo Belgio, mentre per le nazioni “nordiche” sarebbe iniziato da parte nazista, a partire naturalmente e sopratutto dai giovani, un tambureggiante programma di “germanizzazione” e “arianizzazione” fatti soprattutto a scuola, con lo scopo di plasmare nel tempo le razze nordiche da affiancare a quella dominante tedesca. I paesi dell'est europeo, purificati una volta per tutte dal “Veleno Ebraico”, e da tutti gli “indesiderati”, di razza inferiore, sarebbero diventati nuovi territori atti ad essere abitati e colonizzati, dalle nuove leve tedesche. Per l'Inghilterra il destino, se possibile sarebbe stato ancora più atroce.....a parte la prevista e totale preventiva distruzione iniziale di Londra, la Nazione Inglese avrebbe dovuto cedere tutta la flotta alla Germania, smobilitare completamente esercito ed aeronautica, ridare l'indipendenza all'Irlanda del Nord, e scindere la Scozia, che avrebbe ritrovato l'indipendenza, dal resto del Paese. Ovviamente, per concludere, l'Inghilterra avrebbe dovuto restituire immediatamente Gibilterra alla Spagna. Al primo tentennamento o rifiuto.....un'altro ordigno nucleare o addirittura se necessario più di uno, avrebbe “aiutato” quello che rimaneva del governo britannico a prendere una adeguata decisione. Per quanto riguardava la Russia Sovietica, l'unico problema era diventato ormai quello impellente di renderla inoffensiva. Basta con una inutile e sanguinosa guerra di conquista.....tre o quattro bombe nucleari sulle maggiori città russe.....e il problema, con la scomparsa tra l'altro di Stalin, sarebbe per sempre stato risolto. Sulla Spagna invece....non si era fatto per ora alcun progetto: la Nazione Iberica aveva un regime per certi versi molto simile a quello Tedesco ed era considerata a tutti gli effetti un ottimo alleato. Fino a quando gli interessi spagnoli non avessero contrastato quelli germanici, lo stato di cose attuale sarebbe andato più che bene. L'unica grande nazione con cui fare i conti.....sarebbe stata invece l'America. Se è vero che con la fine del conflitto in Europa gli Stati Uniti poco o nulla avrebbero potuto fare contro la Germania, essendo tra l'altro ancora impegnati con la guerra nel Pacifico contro il Giappone, anche la grande Germania era per adesso impotente a chiudere definitivamente il conto con gli Americani. Trasportare ordigni atomici via mare al di la dell'oceano Atlantico risultava si fattibile, almeno in teoria ma nello stesso tempo anche estremamente azzardato e rischioso. Per cui si rendeva assolutamente necessario attendere prima il collaudo e poi la messa in servizio dei giganteschi missili A 10 progettati da Won Braun e poi riuscire a miniaturizzare le testate atomiche che ora come ora avevano le dimensioni di una grossa automobile.....ma per ottenere tale risultato non sarebbero bastati nemmeno cinque anni.....e se tutto fosse andato avanti senza intoppi. Eppure qualche cosa era necessario fare; era indispensabile, prima di tutto, mantenere il grande vantaggio ottenuto e fare assolutamente in modo di essere i primi a ottenere la possibilità di avere a disposizione ordigni più piccoli e missili intercontinentali collaudati,efficienti.....e precisi. Tuttavia forse gli Stati Uniti non avrebbero forse costituito mai un vero problema.....nemmeno quando all'inizio del conflitto la Francia era stata clamorosamente sconfitta e l'Inghilterra era stata sul punto di essere invasa, l'America aveva voluto scendere in campo, nemmeno quando un U Boat aveva per errore silurato ed affondato un cacciatorpediniere statunitense......nonostante le pressioni degli alleati europei il presidente americano, appoggiato dalla maggioranza della popolazione, aveva cocciutamente rifiutato di entrare nel conflitto e si era limitato a fornire all'Inghilterra solo ed esclusivamente aiuto materiale e appoggio tattico logistico e strategico. Gli Stati uniti per la verità, erano poi entrati in guerra solo perchè attaccati direttamente e proditoriamente da Giapponesi ma Hitler era convinto, e forse a ragione, che se non si fosse verificato questo fatto, provabilmente mai l'America si sarebbe gettata nella mischia. Per cui in definitiva il Fuhrer aveva pensato che, anche se in futuro la Germania non fosse riuscita a bombardare gli Stati uniti con i missili progettati da Won Braun e anche se l'America fosse riuscita a dotarsi pure lei un giorno lontano di armi atomiche......provabilmente il mondo era tanto grande che ci sarebbe stato posto anche per due superpotenze che in pratica avrebbero potuto agevolmente spartirsi il dominio mondiale senza necessariamente entrare in conflitto l'una contro l'altra.

CAPITOLO VENTESIMO.

Era l'alba dell'otto di novembre.......e un bombardiere B 29 volava solitario verso l'Inghilterra a diecimila metri di altezza sopra il “canale Della Manica”. Non si trattava però di un aereo americano di ritorno da una missione di bombardamento effettuata sopra i cieli della Germania ma del medesimo B 29 che poco tempo prima era stato costretto ad effettuare un atterraggio di emergenza in territorio francese. Ovviamente l'equipaggio ai comandi non era certo quello originario......e il carico che trasportava non era questa volta costituito dalle consuete bombe ma bensì da un unico micidiale ordigno di morte destinato alla capitale dell'Impero Britannico. Nello stesso momento, nel Mediterraneo, un apparentemente innocuo cargo, battente bandiera Panamense si avvicinava a velocità di crociera al golfo di Napoli. A bordo oltre alle merci la cui natura era regolarmente e minuziosamente specificata nella lista di carico, aveva trovato collocazione, nascosta alla perfezione in un compartimento sigillato, la gemella della bomba trasportata dal B 29. La nave era partita di notte con un equipaggio della marina mercantile tedesca da un fiordo nascosto della Norvegia, dove la bomba era stata caricata ed accuratamente nascosta a bordo, aveva costeggiato nottetempo il più sotto costa possibile il Canale Della Manica, era approdata sempre di notte in un porto ben lontano da occhi indiscreti, dove aveva cambiato tutto l'equipaggio con uno composto da cinesi e marocchini. Poi la nave era salpata e col favore delle tenebre, si era inserita di nascosto nella rotta che le navi provenienti dagli Stati Uniti facevano per recarsi nel Mediterraneo. Il cargo in questione era effettivamente di proprietà di una piccola compagnia di navigazione Panamense che faceva però “capo” ai servizi segreti tedeschi che di volta in volta ne gestivano nella massima segretezza l'uso. Tutto quanto a bordo era ovviamente perfettamente in regola.....i libri di bordo, l'assicurazione, l'elenco del carico trasportato, l'elenco dell'equipaggio formato solo da cinesi e marocchini che naturalmente erano completamente all'oscuro di tutto. Prima di arrivare a Gibilterra la nave era addirittura stata fermata da un cacciatorpediniere inglese che aveva fatto a bordo una minuziosa perquisizione di routine....ma tutto era risultato in perfetto ordine e il viaggio aveva potuto proseguire senza altri ulteriori intoppi. Contemporaneamente, all'altezza di quello che era stato il confine tra Polonia e Unione Sovietica, un grosso camion circondato da un reparto di SS, attendeva il momento.....di entrare in azione. A bordo era stata infatti collocato il terzo ordigno nucleare, pronto ad esplodere all'apparire delle forze Sovietiche sul punto di invadere prima la Polonia e poi....la Germania. I russi stavano effettivamente per sferrare un gigantesco attacco che speravano si sarebbe dimostrato decisivo. Erano avanzati di colpo, con l'improvvisa ritirata tedesca,di centinaia di chilometri, riconquistando in un lampo quel terreno che avevano perso in tre anni di continue disfatte. Sapevano tuttavia che sfondare non sarebbe stato certamente facile......con il ridursi del fronte i tedeschi avevano adesso la possibilità di potersi difendere adeguatamente, inoltre le loro divisioni corazzate con le nuove costruzioni di carri “Tigre” e “Panter”, erano adesso notevolmente superiori in qualità a quelle russe. Da parte sovietica c'era......il numero sterminato di uomini e mezzi, si poteva parlare senza paura di discostarsi dal vero, di un rapporto di quattro a uno.....ma sarebbe stato sufficiente? Lo scopo delle esplosioni delle tre bombe nucleari, era quello ben preciso di dare prima di tutto un monito al mondo intero con una lampante dimostrazione di “cosa” i tedeschi avessero per le mani.....poi un monito ed una minaccia ben precisa che sarebbe fatalmente diventata una realtà di distruzione se i nemici non avessero immediatamente cessato le ostilità ed in seguito ottemperato ai diktat di Hitler. Ci si può dunque rendere perfettamente conto di quale fosse lo stato di ansia e di tensione che permeava un po' tutti nella “Tana Del Lupo” dove il dittatore nazista ed il suo entourage attendevano notizie sulle tre esplosioni: era la prima volta in assoluto che tali armi di distruzione di massa venivano impiegate sulla terra......nessuno sapeva veramente cosa sarebbe potuto accadere, visto che la teoria era una cosa e la realtà pratica un'altra. Gli scienziati tedeschi erano convinti che tutto sarebbe andato come previsto e che la nuova arma avrebbe funzionato come tutti si attendevano.....erano solo preoccupati che tali armi potessero funzionare anche troppo bene, incendiando per esempio, come effetto secondario, l'atmosfera di tutto il pianeta.....ma a questo punto del conflitto la Germania era arrivata ormai al punto di non poter certo “andarci piano” il punto di non ritorno era già stato da un pezzo raggiunto e superato e si trattava solo ormai di....O VINCERE O MORIRE, per cui era imperativo procedere in ogni caso e....sperare che tutto potesse questa volta andare per il meglio. Comunque ogni precauzione possibile era stata presa ed il personale che avrebbe dovuto compiere le operazioni sul campo, dopo essere stato scelto con la massima cura, perfettamente istruito e addestrato. Hitler intanto che da mesi non si presentava ormai più in pubblico, aveva fatto un improvviso e non previsto viaggio fino a Berlino e allo stadio olimpico aveva tenuto uno dei suoi deliranti discorsi come al solito tra una marea di folla osannante. Solo un mese prima tutto ciò non sarebbe stato possibile per paura dei bombardamenti e sotto sotto anche per una vaga paura che oltre ai consueti applausi fiorissero anche assolutamente indesiderati per la prima volta accenni di stanchezza e insoddisfazione.....ma adesso che il cielo tedesco era di nuovo tornato se non sicuro per lo meno molto meno soggetto ad incursioni devastanti, e soprattutto con il Jolli che il Fuher aveva in saccoccia pronto per essere giocato, Hitler aveva voluto il suo ennesimo “bagno di folla”. Sembrava in questa occasione di essere tornati indietro nel tempo, prima dell'inizio del conflitto......il Fuhrer che urlava e la folla che applaudiva freneticamente come un sol uomo. Si trattava in effetti di uno spettacolo incredibile...perfino bello coinvolgente e grandioso nella sua follia! I discorsi del Duce in Italia, i suoi bagni di folla, le sue adunate “oceaniche” avevano, pur nella grandiosità del momento, mantenuto sempre un certo che di “caldo e umano” ,un certo che di “festa popolare”. Ma le adunate di Hitler erano diverse....più grandiose, più “perfette” nella loro glaciale imponenza....bellissime nella loro incredibile coreografia ma emananti sempre un che di freddo e malvagio. Hitler in verità all'inizio del discorso non aveva detto nulla di nuovo....le solite “tirate” contro il pericolo ebraico, le consuete invettive contro le democrazie occidentali che non volevano riconoscere alla Grande Germania lo spazio vitale e il sacrosanto diritto di esistere, la presunta superiorità del popolo Ariano su tutti gli altri....sempre le solite cose trite e ritrite ma, alla fine del discorso, dopo una pausa ad effetto di completo silenzio...il Fuhrer aveva, tra lo sbalordimento generale, giurato che ormai la guerra era da considerarsi definitivamente vinta......e aveva dato addirittura a tutti una data per la cessazione definitiva delle ostilità....una data che incredibilmente non parlava come di consueto di anni ma nemmeno di mesi.....la data indicata era li dietro l'angolo....si trattava niente meno di un giorno ben preciso della......settimana seguente. L'annuncio, anzi l'incredibile annuncio del Fuhrer alla folla osannante, aveva lasciato” di stucco” e in preda ai dubbi più atroci, Inglesi ed Americani......come poteva Hitler affermare con tale e tanta sicurezza davanti a oltre centomila Tedeschi che la guerra sarebbe stata vinta nel giro di pochi giorni? Un conto era la consueta propaganda fatta di promesse che si diluivano in un tempo lontano, promesse che mai sarebbero potute essere mantenute....ma questo era un fatto completamente novo e diverso, questa volta si parlava e molto chiaramente di vittoria certa e totale e non da ottenersi in un lontano ipotetico e brumoso futuro ma bensì di una vittoria completa e assoluta che sarebbe stata ottenuta nel giro di una settimana o poco meno! O Hitler era un pazzo ad asserire ciò e in questo caso si stava scavando la fossa da solo....oppure.....ci doveva per forza essere in ballo, dopo le V1 e V2 qualche altra nuova mostruosità. Il fatto era che purtroppo e questo era il grave, nessuno sapeva nulla....assolutamente nulla.....si brancolava nel buio più assoluto e a questo punto, nel terrore. La verità fino a quel momento fatidico, era che la Germania apparentemente avrebbe potuto resistere allo strapotere degli Stati Uniti e dei suoi alleati per un altro anno al massimo prima di incominciare a disgregarsi e poi inevitabilmente a crollare....e invece il Fuhrer asseriva adesso che addirittura nel giro di pochi giorni la guerra la Germania la avrebbe al contrario vinta. C'era veramente da impazzire. In verità....poco restava da fare: l'unica opzione possibile era quella di prestare la massima attenzione a ciò che accadeva su tutti i fronti....altro non restava da fare, non ci si poteva difendere da un qualche cosa di non definito, da qualcosa che non si sapeva neppure se esistesse e se sarebbe o no potuto accadere. L'equipaggio della nave mercantile recante la prima bomba, non sapeva ovviamente assolutamente nulla del carico trasportato. Si trattava di marinai cinesi e marocchini dipendenti dalla società di navigazione panamense cui la nave apparteneva e nulla di più, convinti tra l'altro di trasportare un innocuo normalissimo carico destinato alle truppe americane di stanza in Italia. Solo il Comandante era un Ufficiale delle SS, a cui era stato fornita alla partenza dalla Norvegia, nel più grande segreto, una sorta di scatoletta nera delle dimensioni di una comune valigetta 24 ore, all'interno della quale su di una “scatola” metallica più piccola, erano posti in rilievo tre bottoni: uno giallo, uno verde ed uno rosso. A lui, e solo a lui era stato ordinato di effettuare, nella massima segretezza una volta giunti in porto, delle semplici ma importantissime operazioni ma solo quando la nave fosse giunta in rada e assolutamente NON prima! Tale compito era quantificato nel: 1) alzare la piccola antenna che si trovava su di un lato della scatoletta interna, premere in sequenza il bottone giallo e subito dopo.....quello verde. Fatto ciò.....ripiegare accuratamente l'antenna e riporre al sicuro la scatoletta. Tutto giusto, tutto regolare.....tutto di una estrema semplicità. L'unica cosa che il Capitano non doveva sapere ed effettivamente NON sapeva, era quella che appena premuto il bottone verde, che lui credeva servisse solo ad inviare degli impulsi radio ben precisi a chi attendeva nascosto in città, nave equipaggio e l'intera Napoli non sarebbero invece esistite più! In caso di una malaugurata cattura del cargo, la procedura da seguire era invece la seguente: alzare sempre la piccola antenna, premere ancora il bottone giallo e subito dopo il rosso...…..poi buttare a mare la scatoletta. Nel giro di qualche minuto un U Boat sarebbe apparso dal nulla e li avrebbe salvati. Questo....solo in teoria....perchè la triste realtà sarebbe stata invece quella di una immediata e catastrofica esplosione che avrebbe fatto affondare istantaneamente la nave, il suo equipaggio.....e naturalmente soprattutto la bomba. Per l'operazione ai confini della Polonia con la Russia sovietica si era per forza di cose agito in maniera completamente diversa. Il camion a tre assi con a bordo il grosso ordigno, sarebbe stato lasciato immobile sul campo, perfettamente mimetizzato in un fitto bosco di betulle e protetto da un battaglione di SS che si sarebbe appostato nei dintorni a sua protezione e difesa. Il congegno esplosivo sarebbe stato comandato invece da un piccolo aereo che si sarebbe librato a duecento metri di altezza, protetto in continuazione da una squadriglia di Me 109. A bordo del velivolo in questione si sarebbe trovato un altro ufficiale delle SS che all'ora x, convinto di far esplodere il camion contente dei gas nocivi e nulla più, avrebbe invece chiuso un contatto dando origine all'esplosione che avrebbe istantaneamente vaporizzato assieme alle truppe Sovietiche in avvicinamento, il reparto di SS, il suo piccolo aereo e la scorta di caccia. La nave con il suo equipaggio.....gli aerei con chi li guidava....il reparto di SS! Altre vittime da sacrificare sull'altare grondante sangue del Nazional Socialismo di cui Hadolf Hitler era il “gran sacerdote”.
Gli unici “fortunati” a salvarsi dai tre attacchi e a “godersi lo spettacolo” sarebbero stati invece i componenti l'equipaggio del B 29 destinato a sganciare la bomba su Londra. Sia il fatto che il bombardiere era assolutamente necessario per altre future azioni, ma soprattutto il fatto che l'equipaggio aveva effettivamente la possibilità di salvarsi a lancio avvenuto, allontanandosi rapidamente dalla zona dell'esplosione a tutta velocità, avevano contribuito a fare in modo che la vita degli aviatori potesse in questo caso essere loro risparmiata. Innanzitutto in questo caso l'equipaggio sapeva benissimo dove andava, perchè e, vagamente, cosa trasportava......ovviamente gli effetti della bomba a loro erano noti solo a grandi linee e loro stessi avrebbero, a lancio avvenuto, dovuto fare con la massima attenzione da testimoni a quanto sarebbe accaduto la in basso.....alla povera città condannata.

CAPITOLO VENTUNESIMO.

Gli Stati uniti erano impegnati con tutte le loro forze nel gigantesco sforzo bellico: il Giappone dopo aver raggiunto l'apice delle vittorie nel 1942, l'anno successivo aveva dovuto incassare le prime rovinose sconfitte. La fine della guerra del Pacifico certo non si intravedeva ancora ma lo shok iniziale dell'attacco a bruciapelo era per lo meno ampiamente superato. L'industria bellica americana produceva di tutto a ritmo forsennato sia per se stessa sia per sostenere la lotta degli alleati in Europa. Ecco....proprio nel Vecchio Continente le cose avevano già da un pezzo iniziato a girare per il verso giusto: l'Italia era uscita sconfitta dal conflitto, si stava per aprire il tanto auspicato “secondo fronte” in Francia, la Russia Sovietica era stata, anche grazie alla improvvisa ritirata generale tedesca,quasi completamente liberata portando i Russi quasi alle porte della Germania e le tanto strombazzate armi nuove tedesche non erano da sole riuscite a ribaltare la situazione. Certo i bombardamenti sulle industrie e città tedesche ultimamente con l'apparire dei primi caccia a reazione tedeschi, erano diventati se non impossibili almeno estremamente rischiosi e costellati di perdite sempre più gravi....ma in generale in America si pensava che nell'arco dell'anno successivo, con l'invasione della Francia e l'inevitabile sfondamento russo a est, provabilmente tutto si sarebbe finalmente concluso. Restava però sempre l'incognita delle incredibili parole che Hitler aveva pronunciato dinnanzi al suo popolo osannante....parole che costituivano una promessa di minaccia per il mondo intero e si sapeva per amara esperienza che il Fuhrer non parlava mai a vanvera. Nel deserto del Nevada intanto, gli scienziati americani lavoravano alacremente per costruire l'arma atomica da usare contro i giapponesi a porre così fine al conflitto nel Pacifico. Per quanto riguardava invece la Germania si era ormai convinti che, con la distruzione della fabbriche di “acqua pesante”, i tedeschi avessero già da un pezzo rinunciato a costruire quella che veniva considerata come l'arma assoluta e che un eventuale uso di un ordigno atomico americano non sarebbe stato invece necessario in Europa visto che si prevedeva tra l'altro di terminare la guerra contro Hitler ben prima che tale ordigno fosse pronto per l'uso.

CAPITOLO VENTIDUESIMO.

Il solitario B29 stava sorvolando a diecimila metri di altezza la capitale dell'Impero Britannico. Nessuno aveva cercato di ostacolare la sua avanzata o di intercettarlo, avendolo la difesa aerea inglese riconosciuto come “amico”. La città sotto di lui svolgeva freneticamente le sue attività consuete e mai i suoi abitanti avrebbero pensato di doversi preoccupare di quel puntolino che volava così in alto nel cielo stranamente terso. L'epoca della battaglia d'Inghilterra era fortunatamente da tempo tramontata e gli unici pericoli per la metropoli derivavano ormai esclusivamente dalla caduta delle V1 e V2 lanciate dalla Francia occupata. Le V1 addirittura, adesso in gran parte venivano distrutte ancora in volo dall'antiaerea e dai caccia sempre in agguato, la loro velocità non era infatti abbastanza elevata da poter eludere completamente le difese aeree inglesi. Il discorso era purtroppo del tutto diverso per i missili balistici V2.....contro di loro non esisteva purtroppo difesa alcuna e l'unica loro grave limitazione era la loro grande imprecisione nel colpire il bersaglio loro assegnato. Si trattava di armi ancora sperimentali...non erano ancora assolutamente in grado di colpire obbiettivi ben definiti come ponti, dighe o strade ma il colpire nel mucchio una città gigantesca come Londra, seminando il terrore, non costituiva invece per loro nessun problema.
A Napoli invece il mercantile “Glorius” battente bandiera panamense, era sul punto di attraccare ad uno dei pontili di scarico. A fatica il suo Comandante aveva trovato un punto dove poter gettare l'ancora.....il porto era tutt'ora ingombro di una miriade di navi che trasportavano di tutto: armi, munizioni, vettovaglie per le forze di occupazione e per il sostentamento della popolazione affamata, medicinali e attrezzature di ogni tipo. Erano poi attraccate ben tre anziane corazzate americane, otto incrociatori, due portaerei inglesi e una miriade di navigli minori compreso un centinaio di mezzi da sbarco di svariati tipi e misure. Si trattava di un fiume continuo di materiali e mezzi che, sbarcati dalle Liberty da trasporto, venivano subito indirizzati verso le loro destinazioni. Molto di tutto ciò però purtroppo....spariva incredibilmente nel nulla, rubato dalla camorra locale che aveva tentacoli ovunque e serviva per “ingrassare” qualche “mammasantissima” del posto.
Al vecchio confine russo polacco intanto, un grosso camion stazionava pigramente mimetizzato alla perfezione in un bosco di betulle. Attorno al mezzo e a sua difesa, era nascosto perfettamente alla vista di chiunque, un reparto di SS. Il camion era l'avamposto tedesco più avanzato verso la marea sovietica avanzante a pochi chilometri di distanza. Il piano era quello di rimanere perfettamente nascosti li nel folto del bosco, lasciarsi sopravanzare dai russi avanzanti ai lati del bosco dove lo spazio non mancava certo e attendere l'ordine di “infiltrarsi” tra i russi e farne scempio lanciando il camion, che tutti loro credevano imbottito di esplosivo e di gas asfissianti, contro la colonna corazzata. La verità era certo....ben diversa ma di cosa sarebbe dovuto accadere veramente nessuno per ovvi motivi, sapeva assolutamente niente.

CAPITOLO VENTITREESIMO.

La prima esplosione aveva avuto luogo a Napoli. Il Comandante della “Glorius”, appena la nave si era finalmente ormeggiata al molo, si era ritirato nell'intimità della sua cabina, aveva chiuso la porta a chiave e aveva tirato fuori dalla cassaforte incassata nella parete, la valigetta che gli era stata consegnata prima della partenza. Addosso si sentiva una strana sensazione.....quasi che quell'oggetto potesse rappresentare per lui un qualche cosa di pericoloso e malefico....si trattava solo di un vago senso di disagio a cui il Comandante non dava però alcun peso non potendo mai immaginare il destino a cui lui stava assolutamente inconsapevolmente per andare incontro. Il Comandante aveva dunque posto la valigetta sulle ginocchia dopo essersi seduto sul letto, l'aveva aperta e aveva estratto la strana scatoletta che si trovava al suo interno e aveva una volta di più osservato con grande curiosità i tre pulsanti colorati. Poi si era accinto a fare con la massima sollecitudine quanto doveva, convinto che nei pressi del porto, ci fosse qualcuno in attesa di ricevere il segnale che lui era convinto di essere sul punto di inviare. L'uomo, dopo aver alzato l'antenna, premette dunque in sequenza il pulsante giallo e poi quello verde: All'interno della valigetta un segnale radio era a quel punto effettivamente partito ma non nella direzione della città ma verso le profondità della nave. Un circuito era stato chiuso, poi di conseguenza un altro.....il detonatore era esploso e subito dopo la reazione a catena era iniziata. Dopo tre microsecondi il Comandante, la nave e tutto nel raggio di tre chilometri si era vaporizzato in un lampo di energia....poi mentre un bagliore accecante di luce vivissima illuminava il cielo, mentre l'onda d'urto radeva al suolo l'intera città e i paesi limitrofi, un mare di nuvole ribollenti dalla caratteristica forma di fungo, si ergeva verso il cielo per migliaia di metri. Purtroppo, disgrazia nella disgrazia, la violentissima onda d'urto che aveva praticamente raso al suolo la città, era arrivata fino alle pendici del Vesuvio, incanalando la sua forza mostruosa in una fenditura da cui da anni sgorgava la lava incandescente. La pressione interna, tenuta a bada per anni dalle pareti della montagna, era così finalmente riuscita, a causa di quella mostruosa onda di pressione che aveva colpito il vulcano,a far saltare il fianco intero del Vesuvio indebolito dall'onda di pressione causata dall'esplosione della bomba ed il vulcano era letteralmente esploso in un mare di fuoco cenere lapilli e naturalmente lava incandescente. Chi era riuscito a in un primo momento salvarsi dall'esplosione nucleare,era stato travolto dai massi eruttati dalla deflagrazione del Vesuvio, inghiottito dalla nube piroplastica o letteralmente “sciolto” dal fiume di lava che, assolutamente incontrollata, tutto travolgeva e che non accennava a fermarsi. Il colpo di grazia era stato dato dal maremoto che si era prodotto per la caduta dei milioni di tonnellate di detriti del vulcano fino in mare ad una velocità spaventosa. Un'onda alta venti metri, dotata di una velocità di trecento chilometri all'ora, aveva distrutto quanto rimaneva della città arrivando fino a quelle che erano state le pendici del vulcano e si era diretta verso la Sicilia, la Sardegna e la Corsica. Non solo Napoli non esisteva più....ma tutta la geografia del golfo, delle isole e dell'entroterra appariva per sempre modificata.....Ercolano e Pompei erano di nuovo e questa volta per sempre state cancellate dalla faccia della terra e il Vesuvio ora praticamente era ridotto ad un montarozzo di appena cinquecento metri di altezza, con un immenso cratere da cui continuava ad uscire di tutto. Dopo un paio di ore dal cielo oscurato da nuvoloni neri, era oltre a tutto cominciata a cadere una pioggia formata da grosse gocce nerastre altamente radioattive che avevano contaminato tutto quello con cui entravano in contatto. Nessuno, assolutamente nessuno si era potuto salvare dall'olocausto.....la distruzione voluta dall'uomo si era sommata a quella imposta da una natura impazzita. Case, monumenti, uomini, automobili, navi.......niente, Niente, NIENTE........NON ESISTEVA Più NULLA A PARTE UNA LANDA VETRIFICATA DI TRINITITE. Le coste delle isole maggiori erano state a loro volta devastate dall'impeto dell'onda assassina.....l'acqua impazzita era arrivata per chilometri nell'entroterra devastando paesi e città: Cagliari, Messina, Palermo Reggio Calabria....erano ridotte ad un cumulo di rovine. L'isola d'Elba appariva completamente “spianata” come Capri, Ischia e Procida. Anche alcune città straniere erano state colpite dallo tsunami anche se in maniera più marginale....danni si erano segnalati dalla costa della Francia, del Marocco e della Libia. Si trattava di una catastrofe gigantesca, la più terribile che avesse colpito il Mediterraneo da quando esisteva la storia dell'uomo moderno. Il destino di Londra era stato invece molto diverso: il B 29 che aveva sganciato l'ordigno, aveva potuto notare nei minimi particolari quanto stava accadendo al suolo. La bomba, appesa ad un piccolo paracadute, era esplosa come programmato, all'altezza di duecento metri dal suolo producendo i medesimi effetti di quella fatta esplodere a Napoli. Qui, per fortuna, era mancata la distruzione provocata dal Vesuvio e dal conseguente maremoto ma il destino della popolazione era ugualmente risultato altrettanto atroce. Vicino all'epicentro dell'esplosione, nel raggio cioè di tre chilometri, nulla era rimasto in piedi e ogni cosa al suolo appariva a estrema rassomiglianza a quanto era accaduto alla città Italiana, come vetrificata. Più in la, lo spostamento d'aria dovuto alla terribile onda d'urto, aveva raso al suolo praticamente ogni cosa lasciando in piedi solo le fondamenta con qualche mozzicone di muro. Solo la periferia più estrema aveva subito danni relativamente di minore entità, se così si poteva dire......in quelle zone quasi tutti gli edifici si erano in qualche modo salvati a parte il fatto di aver riportato tutti i vetri rotti e numerosissime lesioni sui muri. I ponti sul Tamigi non esistevano più. Il Big Ben e tutti i monumenti più famosi erano completamente distrutti. Chi si era salvato si aggirava come inebetito....massa di persone in preda al terrore ed alla disperazione che cercava, vagando senza meta, la propria casa che non esisteva più. Quasi tutti erano feriti o ustionati dal calore e dalle micidiali radiazioni che li avevano colpiti. Moltissimi con la pelle ridotta a brandelli, cercavano disperati salvezza o per lo meno un dubbio sollievo, gettandosi nelle acque colme di cadaveri del fiume. Poco dopo, come era accaduto a Napoli, una pioggia radioattiva pesante, nera e “grassa” era cominciata a cadere ovunque. Il cielo nero non lasciava passare i raggi del sole e la parziale oscurità rendeva il tutto ancora più apocalittico. Ovviamente luce, gas ed elettricità erano di colpo venute a mancare in tutta la città e nei suoi dintorni.....era l'inferno portato in terra. Nessuno aveva inoltre la più pallida idea di cosa potesse essere mai accaduto.....nessuno aveva inoltre pensato di dare la colpa di quanto era successo ai tedeschi. Molti pensavano che fosse semplicemente arrivata la fine dei tempi.....l'inizio della tribolazione prima del “ritorno sulla terra del Salvatore” . Il B 29 che aveva sganciato l'ordigno si era salvato a stento dall'esplosione....Karl Voks il pilota, all'inizio aveva registrato solo il lampo accecante e poi il mostruoso fungo che si alzava ribollendo verso il cielo oscurandolo sempre più. Poi non appena il bombardiere aveva potuto, era tornato a quota molto più bassa a sorvolare la città martoriata per scattare le foto che lo Stato Maggiore dell'Esercito aveva pressantemente richiesto. Il pilota comandante, il navigatore, il meccanico e il puntatore erano tutti riuniti nella parte anteriore dell'aereo che era caratterizzata da un'ampia vetratura e che lasciava vedere quello che era accaduto sotto di loro alla capitale inglese. A tutti loro era stato detto che la bomba che trasportavano e che avrebbero dovuto lanciare era qualche cosa di assolutamente nuovo e rivoluzionario, ma nessuno di loro era assolutamente preparato alo straziante spettacolo che scorreva proprio sotto di loro. Tutti si erano resi conto all'improvviso che avevano causato milioni di morti in un solo attimo....uomini, donne, bambini, e tutto in un terribile fatale momento......tante altre volte avevano colpito Londra e Liverpool....tante altre volte erano stati portatori di morte per civili innocenti....ma a quanto stavano vedendo non erano assolutamente preparati......no, No....NO! Quanto avevano fatto era inconcepibile e inammissibile! Nessun essere umano poteva permettersi di compiere un simile genocidio. Quando è troppo....è troppo! L'orrore per quanto erano stati costretti a fare e i primi “morsi” del rimorso e della vergogna li stavano già colpendo e minacciavano di non lasciarli più fino alla morte. La decisione il comandante la prese per tutti, assumendo in se il peso della tragedia cui aveva dato inizio. Dalla quota di mille metri alla quale stavano volando fu facile mandare i quattro motori al massimo e lanciare l'aereo in una picchiata suicida verso terra. Tutti in cabina avevano capito....e nessuno aveva voluto tentare di fare alcunchè per salvare loro stessi e l'aereo. Espiare....era necessario ESPIARE e pregare in quegli ultimi momenti di vita, che coloro che avrebbero trovato dopo aver saltato il fosso, coloro che loro avevano appena ucciso lanciando quel maledetto ordigno, in quel mondo dove non esistevano ne odi ne guerre.....avrebbero potuto e voluto PERDONARLI.
Ai confini della Polonia con la Russia un piccolo aereo attendeva alto nel cielo. Appena le vedette avevano confermato che le colonne corazzate dei sovietici erano a pochi chilometri di distanza il velivolo si era alzato in volo e il pilota attendeva solo che l'Ufficiale delle SS che sedeva accanto a lui, decidesse di dare il via al camion che si trovava mimetizzato nel bosco. Quando i russi oltrepassarono il boschetto di betulle, il grosso veicolo si era trovato come incuneato tra i reparti sovietici avanzanti. Allora e solo allora, l'Ufficiale inviò allora l'impulso radio che avrebbe dovuto segnalare al camion che era il momento di mettersi in marcia e che invece dette inizio alla esplosione nucleare. Una intera armata e due Corpi d'armata sovietici in piena e inarrestabile avanzata, scomparvero in un attimo vaporizzati nel fungo atomico, lasciando al suolo solo poche carcassa contorte di metallo e resti umani bruciacchiati e quasi irriconoscibili. Qui, non essendoci case e palazzi a fare da schermo, l'onda d'urto si era propagata molto più in profondità seminando morte e distruzione fino ai piccoli paesi che si trovavano nei paraggi e distruggendo le retrovie sovietiche, le truppe di riserva e tutta la logistica del grande attacco che si sarebbe dovuto scagliare sulla Germania. La minaccia da est....non esisteva più....Stalingrado in un solo attimo, era stata vendicata! La guerra all'Est...era da considerarsi finita e VINTA! Molti villaggi verso il confine tedesco erano andati distrutti, sia dall’onda d’urto sia dagli incendi che ovunque si erano spontaneamente appiccati e quelli più vicini all’antico confine di anteguerra, avvelenati dalla ricaduta radioattiva. Ma poco male…..si trattava in fondo solo di Polacchi che il Fuhrer considerava come slavi di razza inferiore! Anche il vento era stato pure lui favorevole a Hitler e aveva allontanato, spirando verso est, la nuvola inquinata, risparmiando in questo modo il territorio tedesco e portando morte e malattie verso la Russia. Tutto dunque era andato secondo i piani……anzi, ancora meglio del previsto senza aver subito alcun danno collaterale!

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO.

Le prime frammentarie notizie cominciavano ad arrivare alla Tana del Lupo......prima erano arrivate quelle dalla Polonia dove osservatori tedeschi, accuratamente nascosti e adeguatamente protetti, erano appostati in luoghi strategici, poi, ascoltando via etere l'E.I.A.R. e la B.B.C.......anche dall'Inghilterra e dall'Italia. In tutto il mondo si parlava dell'accaduto e nessuno si rendeva ancora conto di cosa potesse essere successo. Intanto tutto lo Stato Maggiore tedesco e Hitler stesso, erano esplosi un fragorose urla di vittoria....tutto era andato secondo i piani, anzi meglio ancora del previsto!....Gli scienziati tedeschi dunque avevano veramente fatto il miracolo e di li a qualche giorni la guerra sarebbe veramente e per sempre finita con una grande e strepitosa vittoria! Solo negli Stati Uniti la verità cominciava lentamente a venire a galla. In America a Alamogordo nel Nuovo Messico, si stava cercando da tempo di raggiungere i medesimi risultati che avevano ottenuto i tedeschi e anche se la strada era ancora lunga ed in salita.....fisici del calibro di Oppemaier e Fermi, avevano compreso benissimo che cosa era stato scatenato e ovviamente da chi.....non poteva essere altro che l'olocausto atomico....non esisteva altra spiegazione logica. In Inghilterra una delle conseguenze che avevano colpito la Nazione con l'esplosione nucleare a Londra, era disgrazia nella disgrazia, l'annientamento totale di tutta la classe dirigente: la famiglia reale al completo era stata praticamente vaporizzata essendosi trovata la loro residenza proprio presso l'epicentro dell'esplosione. Medesima sorte era toccata al Parlamento e a tutti i ministri del Regno Unito. L'unico a salvarsi era stato Wiston Churchil non ancora rientrato nella capitale dall'incontro che aveva avuto con il Presidente americano e Stalin. Adesso più che mai a lui sarebbe toccato prendere quelli che avrebbero dovuto essere i provvedimenti più adatti per la salvezza del Paese. Adesso bisognava innanzitutto comprendere che cosa fosse accaduto e portare al più presto i soccorsi alla città martoriata. Ma le brutte notizie non vengono di solito mai da sole.....Churchil aveva appreso dalla radio italiana che una sorte ancora più atroce era toccata a Napoli e oltre a tutto il resto, che delle armate russe in procinto di invadere il suolo tedesco......non restava più nulla. Era poi apparso evidente come in tutti e tre quei luoghi, ci fossero stati degli elementi comuni al tipo di esplosione che tutto aveva devastato......Churchil non era certo uno scienziato ma gli era tornato a mente che proprio pochi mesi prima, era stato fatto contro la Germania il bombardamento sulle fabbriche di acqua pesante, per evitare che i tedeschi potessero arrivare un giorno non lontano, a costruire degli ordigni di distruzione di massa specificamente del tipo di quelli che sembravano essere stati usati e che avevano seminato tanta morte e distruzione. Il pensiero dello statista, che adesso lo perseguitava, era quello che Hitler fosse riuscito ugualmente nel suo intento, alla faccia sua e degli Americani. La telefonata ricevuta dal presidente americano gli aveva poi, purtroppo dato conferma di tutte le sue paure, anche perchè il dittatore tedesco era l'unico in grado di possedere tali ordigni visto che gli Stati Uniti erano ancora parecchio indietro con la sperimentazione. Ed erano paure ben giustificate, perchè Hitler si stava apprestando a dare per radio il suo ULTIMATUM al mondo. Il Re e tutta la Nazione erano sconvolti per l'accaduto e in un primo momento non si riusciva a comprendere il motivo di un tale accanimento sulla città e sull'Italia intera. Che fosse la vendetta del Fuhrer per l'uscita dell'Italia dal conflitto o la reazione all'attacco italiano su Venezia? No.....non era questo il motivo..... non poteva esserlo! Tutto era apparso invece facente parte di un “gioco” molto di più ampia portata, quando erano arrivate le notizie su Londra e sulla Polonia. Non era tanto l'Italia che si era voluto colpire.....ma piuttosto le grandi forze anglo americane che si trovavano a Napoli, le navi, il personale, le attrezzature, i mezzi......e ovviamente il morale. Certo che per ottenere i suoi scopi il dittatore tedesco non aveva esitato nemmeno per un attimo a distruggere la vita di milioni di esseri umani! Ma questa era soltanto una ipotesi non ancora suffragata dai fatti. Subito Umberto aveva voluto recarsi sul luogo della disgrazia.....era arrivato con una camionetta dell'esercito americano dalla strada che univa Roma a Napoli ma ben prima della città partenopea si era dovuto fermare già una prima volta: il paese della periferia degradava pigramente giù dalla collina....le prime case apparivano semplicemente scoperchiate ma mano a mano che si scendeva verso il basso la distruzione diventava via via più evidente. La parte opposta dell'abitato, quella verso Napoli, non esisteva praticamente più, come spazzata via dalla forza immane di un gigante arrabbiato. Umberto era stato costretto a seguitare a piedi ma alla fine dell'abitato era stato costretto ad arrestarsi definitivamente: dinnanzi a lui si stendeva solo una landa desolata con il suolo prima come vetrificato e poi spazzato via dalla furia del mare impazzito. Nulla era rimasto in piedi, non c'era assolutamente nulla che si potesse identificare o riconoscere, nessuno si era potuto salvare dall'apocalisse. In lontananza il mare aveva l'aspetto ed il colore consueto ma la costa appariva completamente ridisegnata in moltissimi suoi particolari. Ne alberi, ne vegetazione.....solo il nulla su un terreno dove pure i detriti erano scomparsi. Non c'era più nulla da vedere, non c'era nessuno da salvare o da soccorrere....li non c'era più nulla da vedere o qualcosa da fare....era la fine, la fine di tutto. A differenza di Churchil e degli americani, il Re nulla sapeva di energia atomica e delle sue mefitiche applicazioni pratiche, per cui non riusciva nemmeno raccapezzarsi su quanto era avvenuto. Aveva saputo anche, che pure Londra era stata colpita ed anche una zona non ben definita della Polonia in mano ai tedeschi.....ma dare a tutto ciò, così di punto in bianco, colpa a Hitler gli sembrava quanto meno prematuro e azzardato. Certo che se però tutto ciò fosse stata opera dei tedeschi....poveri noi! E allora? Cosa fare......niente per ora. Bisognava solo attendere e sperare anche se non si sapeva bene in cosa o in chi. A Londra intanto la situazione era ancor più drammatica: li almeno un milione di persone in qualche modo erano riuscite a sopravvivere......i più feriti o ustionati ma....vivi, almeno per il momento. Purtroppo gli ospedali risultavano quasi tutti ridotti a cumuli di macerie e quelli che erano rimasti all'impiedi erano quasi tutti danneggiati e privi dei servizi fondamentali visto che acqua e corrente elettrica in città avevano cessato di esistere. Torme di individui resi sordi e ciechi dalla violenza dell'esplosione si aggiravano su e giù come spettri senza alcuna meta apparente, altri scavavano con la forza della disperazione alla disperata ricerca di parenti e amici rimasti sepolti sotto i cumuli di macerie. Moltissimi altri che all'apparenza erano sembrati assolutamente incolumi, il giorno seguente avevano incominciato a ricoprirsi di piaghe e a perdere i capelli....poi, consunti da una febbre violentissima ed incontrollabile erano come “marciti” dall'interno ed erano andati incontro ad una fine orribile.

CAPITOLO VENTICINQUESIMO.

Passato il primo momento di euforia, lo Stato Maggiore Tedesco stava prendendo, con ovviamente a capo il Fuhrer, le decisioni più opportune per sfruttare al massimo la situazione: in gioco c'era il futuro del mondo....di cui la grande Germania sarebbe dovuto diventare il fulcro. Certo che gli scienziati avevano compiuto veramente un miracolo.....pochi giorni prima sembrava anzi....si sapeva che la guerra era ormai perduta....era solo questione di tempo. Ora invece la vittoria era li ad un passo, bastava giocare bene le carte che i tedeschi avevano a disposizione e....sarebbe stata fatta, visto che, anche se la partita era ancora in corso, tutti gli assi erano in mano loro. Hitler aveva saputo che il Primo Ministro inglese si era salvato.....e con lui e solo con lui aveva chiesto di conferire....a Parigi il lunedì seguente presso quella che era stata la grande Ambasciata italiana e che adesso era la sede a Parigi della Gestapo. Churchil un po' se l'era aspettata......sapeva benissimo che la convocazione sarebbe arrivata, era solo convinto che si sarebbe dovuto recare in pellegrinaggio” a Berlino....invece no, Parigi, chissà poi perchè. Il guaio era che lui sapeva benissimo che non si trattava di un colloquio non dico amichevole ma per lo meno franco e costruttivo alla ricerca di trovare la pace. Certo la guerra sarebbe terminata subito, anzi....era già praticamente finita. Restava solo da vedere quali sarebbero state le condizioni imposte dal vincitore e ciò faceva veramente paura. Oltre a tutto Churchil sapeva di poter a questo punto, opporre ben poco al volere del dittatore tedesco e sapeva anche che si doveva preparare a subire e a questo gli inglesi non erano per nulla abituati. Arrivato nella capitale francese, Churchil aveva trovato un'altra amara sorpresa ad attenderlo: lui alla riunione cui era stato convocato, avrebbe partecipato solo ed esclusivamente come parte interessata ma senza nemmeno avere diritto di parola......gli interessi dell'Inghilterra sarebbero stati per così dire ”tutelati”....da Re Umberto di Savoia....da colui cioè, che era stato appena sconfitto dall'Inghilterra. Si trattava di un enorme ulteriore schiaffo morale, Churchil era stato tentato di andarsene da quel consesso e tornarsene in Patria ma poi aveva compreso che la rinuncia della sua presenza alla conferenza, avrebbe lasciato ancor più mano libera al dittatore tedesco a scapito del la Gran Bretagna e aveva almeno per il momento dovuto scegliere di abbozzare. Re Umberto da parte sua, quando gli era stata formalmente comunicato dall'Ambasciatore tedesco in Italia che la sua presenza era richiesta a Parigi per i motivi indicati, era sobbalzato sulla sedia. Va bene tutelare gli interessi italiani di cui lui era il diretto depositario....ma essere costretto a tutelare anche quelli del paese che fino a pochi giorni prima era stato il nemico e poi il vincitore....era una cosa enorme da digerire. Eppure anche lui si era reso conto che era necessario ubbidire ed assoggettarsi. In realtà le richiesta del Fuhrer non era certo del tutto immotivata......lui con Churchil, diplomatico furbo e navigato, non intendeva assolutamente trattare, non voleva impelagarsi in discussioni infinite sul cosa e sul come, sul perchè si e perchè no. Oltre a tutto era stato colpito dal coraggio e dalla freddezza dimostrata in quei terribili frangenti dal giovane Re che nulla aveva a che fare con il carattere ambiguo, poco lineare e infingardo del padre. Lui e solo lui era l'uomo cui voleva dettare il suo volere....affinchè lo riferisse direttamente agli interessati.

CAPITOLO VENTISEIESIMO.

CONFERENZA DI PARIGI.
Parigi, ex ambasciata italiana, 20 novembre 1943.
Il Fuhrer era entrato nella sala affollata di giornalisti e fotografi e si era subito diretto sul palco dove, come di consueto, era stato preparato un leggio. Il Fuhrer era tronfio e raggiante per la vittoria che stava per cogliere, sembrava addirittura ringiovanito e l'energia che sprizzava da tutti i pori pareva quella degli anni trenta. Di preoccupazioni particolari non ne aveva certamente più....l'unico “neo” che lo affliggeva, era il fatto che le esplosioni nucleari, anzi una sola di loro, aveva funzionato fin troppo bene: il terribile disastro di Napoli non era stato assolutamente previsto e voluto nelle dimensioni in cui si era verificato.....la distruzione poi delle città del Mediterraneo non era stata ne prevista ne tanto meno desiderata....Il Fuhrer era preoccupato che in Germania il popolo potesse essere colpito in maniera negativa dalla strage compiuta dalla Germania, anzi dalle dimensioni della strage stessa....Hitler era si il capo supremo ma il suo incontrastato potere era dovuto al completo totale ed assoluto consenso popolare e questo non doveva per nessun motivo mai venire a mancare. Per adesso nessuno in Germania avrebbe dovuto sapere nulla di più di quanto veniva riferito dalla radio ufficiale, poi, con l'arrivo della vittoria e con l'entusiasmo strabocchevole che avrebbe colpito un po' tutti, la verità piano piano avrebbe potuto anche venire a galla. Era la seconda volta che il Fuhrer si recava nella capitale francese. Anche questa volta aveva voluto visitare i monumenti della città e godersi attimi fuggevoli di gloria ma non aveva più provato i fremiti di emozione provati nella sua visita precedente nel quaranta....si trattava di un “deja vis” e al Fuhrer venivano questa volta a mancare l'intensità e la “novità” delle emozioni provate la prima volta. Fin da subito, cominciata la conferenza, si era capito che non si sarebbe per nulla trattato di un “congresso” come tanti altri....dibattito e discussione.....non avrebbero fatto assolutamente parte di questa “riunione” di capi di stato. Li, in questo caso, tutti erano stati convocati solo ed esclusivamente per “ricevere” le istruzioni dal nuovo padrone del mondo e nulla più. Hitler si era rivolto da subito ad Umberto Secondo che sedeva in prima fila davanti a lui parlando ovviamente in tedesco, lingua che fortunatamente il sovrano tra l'altro conosceva alla perfezione. Il Re si era subito alzato in piedi, visto che Hitler si rivolgeva direttamente a lui, non certo per rispetto ma invece quasi per mettersi alla stessa altezza del dittatore tedesco. Hitler lo aveva guardato con una occhiata indefinibile quasi interdetto ma poi aveva incominciato a parlare:”Maestà, mi rivolgo a Lei non certo per trattare una pace che potrebbe essere ritenuta da voi tutti più o meno giusta.....non sono qui per questo motivo. Sono si qui per porre fine alla guerra con l'Inghilterra ma anche, anzi soprattutto, per “ridisegnare” la geografia del Vecchio Continente, in modo che la parola guerra scompaia una volta per tutte e per sempre, dall'Europa. Il motivo per cui voglio e POSSO dare le disposizioni e dico DISPOSIZIONI, che lei sta per ascoltare, penso che lo conosciate già. Le nuove armi, di cui tanto avevo parlato più volte e di cui nessuno di voi credeva dell'esistenza, sono finalmente, almeno in parte operative e ve lo ho dimostrato a Londra, Napoli e in Polonia. Ho voluto dimostrare la nuova potenza della Germania ad Inglesi, Russi ed Americani, dimostrazione che Dio non voglia, spero di non essere mai più costretto a ripetere, per costringere chi di dovere a fare ciò che dovrà fare, con le buone o APPUNTO..... CON LE CATTIVE. Si ricordi, e questo VOGLIO che lo comprendano tutti molto bene, che sono in grado di colpire di nuovo dove, quando e come voglio....sta a voi e SOLO a voi di mettermi nelle condizioni di poter evitare tutto ciò. Ecco, Maestà quanto avrà da riferire al qui presente Primo Ministro inglese. PRIMO: cessazione in tutta Europa delle ostilità da domani alle 24,00, per quanto riguarda le Forze Armate Tedesche questo ordine è già esecutivo da ieri sera;
SECONDO: la Gran Bretagna dovrà CONSEGNARE, la sua flotta nella località del porto di Bordeaux, PER INTERO, a parte le unità costiere concesse direttamente dallo Stato Maggiore Tedesco, DIRETTAMENTE alle autorità tedesche entro al massimo un mese a partire da oggi, a distruggere tali navi ci penseremo in seguito noi;
TERZO: la Gran Bretagna dovrà entro un mese a partire da oggi SMOBILITARE COMPLETAMENTE esercito ed aeronautica e DISTRUGGERE LEI STESSA in toto armi e velivoli;
QUARTO: l'Irlanda del Nord dovrà essere restituita entro sei mesi alla Repubblica indipendente d'Irlanda e la Scozia dovrà riavere entro sei mesi la sua completa e totale indipendenza politica.
Per quanto riguarda la Francia già vinta e occupata, io mi impegno a lasciarla completamente libera dalle truppe di occupazione tedesche entro un mese a partire da ora, a patto che:
PRIMO: L'Alsazia e la Lorena ritornino da subito e per sempre alla Grande Germania;
SECONDO: La costa Tirrenica fino a Nizza e a Marsiglia “passino” alle zone dell'alta Italia che verrà annessa in seguito direttamente alla Germania e stessa sorte dovrà subire la Savoia;
TERZO: quel poco che resta della flotta francese venga completamente distrutto dai francesi stessi, l'esercito e l'aeronautica disarmati e sciolti completamente come è toccato all'Inghilterra;
QUARTO: che un patto di fraterna alleanza e di buon vicinato, venga stipulato tra Germania e Francia e che un “plenipotenziario” tedesco risieda stabilmente in questo palazzo per dirimere, con la forza del vincitore, eventuali controversie che dovessero malauguratamente sorgere.
Per quanto riguarda l'Italia, la Germania per tutto l'aiuto dato all'ex alleato durante il conflitto che si va a concludere, come “risarcimento” per le spese sostenute ed i morti dati nella campagna d'Africa, in Grecia, nei Balcani e in Italia:
PRIMO: intendo annettere definitivamente al Terzo Reich tutti i territori italiani dal Po in su, più la costa tirrenica fino a Livorno e quella adriatica fino ad Ancona compresa;
SECONDO: intendo inoltre lasciare il resto d'Italia indipendente, alle dipendenze di lei, Sua Maestà Umberto Secondo, con lo stesso tipo di clausole riservate alla Francia per quanto riguarda flotta, aeronautica ed esercito. Naturalmente un rappresentante tedesco, dipendente direttamente da me, sarà sempre a Roma a disposizione di Italia e Germania per ogni eventuale necessità. Questo è quanto Maestà Lei dovrà riferire per quanto gli compete, al Primo Ministro inglese. Ovviamente, sarà bene che Lei gli faccia presente che io stesso sono “devastato” dall'essere stato costretto di aver causato tanti lutti in gran parte assolutamente non voluti....ma che nello stesso tempo sono prontissimo a sganciare altri ordigni nucleari ove si renderà necessario se una qualsiasi delle mie volontà non venisse rispettata, come per esempio un non auspicabile auto affondamento delle navi Britanniche effettuato dai loro equipaggi. Tutti, a cominciare da Lei di cui io pure ho una grande stima, DEVONO PER FORZA DI COSE ABITUARSI A COMPRENDERE CHE PER OTTENERE UNA PACE DURATURA IN EUROPA E' D’ORA IN POI ASSOLUTAMENTE NECESSARIO SOTTOSTARE A QUELLO CHE E' E SARA' PER MILLE ANNI ALMENO IL VOLERE DELLA GRANDE GERMANIA. Per quanto riguarda L'unione Sovietica, e qui mi rivolgo direttamente senza intermediari al Signor Stalin, INGIUNGO al suo comandante in capo che non pensi MAI PIU' di osare solo avvicinarsi al confine della Polonia....anzi è una buona cosa che la Russia tenga il suo esercito, anzi....quel poco che ne resta, ben lontano da tale confine.....ALTRIMENTI.......sappia il Signor Stalin che adesso come adesso il Terzo Reich è in grado di rispedire il suo esercito all'inferno e in un attimo la Russia all'età della pietra. Per le altre Nazioni dell'Europa continentale SO IO come mi dovrò comportare.....e avverto tutti che non tollelerò interferenze alcune da chichessia, anche se non vedo proprio chi possa mai osare farlo. Fra una settimana esatta pretendo che quanto ho stabilito venga messo in pratica con l'accettazione incondizionata della mia volontà, con l'apparizione sulla stampa dei paesi interessati di un formale atto incondizionato di assenso da parte dei governi responsabili, cui subito dopo, nei tempi previsti, dovranno seguire i fatti, pena.....sapete ormai bene cosa. Re Umberto era letteralmente furibondo: si sentiva umiliato e preso in giro. Va bene che era il sovrano di un paese sconfitto e in gran parte distrutto ma fare il “passacarte” non era proprio nel suo temperamento e il fatto di essere “usato” gli piaceva ancora meno. Ma purtroppo non c'era assolutamente nulla da fare, almeno per il momento. Come mai avrebbe potuto reagire? Avrebbe potuto certo ribellarsi almeno a parole, minacciare la Germania di una sorta di ”sollevazione” generale di tutta Italia, sperando che qualcun altro Stato avrebbe voluto e potuto seguirlo.....ma con cosa? e le bombe atomiche...e se ne fossero state sganciate altre, come provabile, nel caso di una ribellione, ammesso e non concesso che qualcuno avesse avuto il coraggio e la possibilità di seguirlo? Parole, minacce a vuoto....a cosa sarebbe servito? A fargli fare forse una inutile belle figura davanti al mondo forse ma certamente una pessima figura con se stesso. No, No....era purtroppo assolutamente necessario acconsentire e sottostare all'umiliazione, almeno per adesso e stare a vedere se un qualche spiraglio si sarebbe aperto in un prossimo futuro.

CAPITOLO VENTISETTESIMO.

Terminata la cosi detta “conferenza” che in realtà, come ampiamente previsto, si era risolta inevitabilmente in un monologo di Hitler, Wiston Churchil aveva preso da parte Umberto di Savoia e lo aveva invitato a recarsi con lui a “fare un giro“ in macchina. Umberto, in verità un po' stupito, aveva però accettato di buon grado e aveva seguito l'ex nemico nella sua limousine. A tutti e due non era certo sfuggito che ben due macchine dall'aspetto “ufficiale” li avessero subito seguiti....ma si trattava di una cosa logica, in fondo ci si trovava in una Parigi occupata dalle truppe tedesche ed era più che ovvio che qualunque “estraneo” venisse adeguatamente pedinato. Ma la faccenda in fondo rivestiva ben poca importanza....la limousine era di proprietà inglese e non portava certo apparati segreti di ascolto. Per cui, lo statista inglese, dopo aver dato disposizione all'autista di chiudere il vetro di separazione e di girare “all'infinito” per i viali di Parigi, aveva cominciato il suo discorso col dire:” Maestà......come Lei può ben comprendere ora come ora la situazione per tutti noi, è disperata. Comprendo benissimo che fino a pochi giorni fa le nostre due nazioni eravamo acerrime nemiche, poi tra noi la guerra è per fortuna terminata con la nostra vittoria. Ma adesso....cosa ci è rimasto di questa vittoria? Cosa ci è rimasto di anni di sacrifici immani e di centinaia di migliaia di morti? Con la Germania sembrava ormai solo questione di tempo......già assaporavamo il quanto mai dolce sapore della vittoria......e invece adesso siamo dinnanzi alla più completa rovina. Io sono rimasto solo.....il Re, la sua famiglia, il Parlamento....tutti morti! Londra è un cumulo di rovine fumanti da cui si sprigionano radiazioni micidiali e gas venefici e tutto ciò con l'atroce e quanto mai realistica prospettiva di vedere adesso l'Inghilterra smembrata e completamente inerme in balia di un pazzo megalomane assetato di potere. Voi, prima sconfitti dopo tre durissimi anni di guerra, con tutte le conseguenze che un fatto di questo tipo comporta, e adesso vi ritrovate pure, quando per lo meno tutto sembrava aver avuto termine, con una città distrutta come Londra, anzi di più ancora e con altre città che si affacciano sul Mediterraneo ridotte ad un cumulo di macerie....E' necessario adesso fare “fronte comune”, dimenticare se possibile i tre anni di guerra combattuta tra noi e cercare insieme una soluzione con gli Stati Uniti D'America che sono i soli a poterci forse in qualche modo aiutare. Con la Francia purtroppo è inutile parlare.....il governo di Peten e Laval è ampiamente filo tedesco, non possiede oramai più ne esercito ne aeronautica e la sua flotta è o distrutta o rifugiata nelle colonie. L'Italia, anzi....parte di essa è invece ancora in piedi, possiede ancora una flotta pienamente operativa e il suo esercito, se pur demoralizzato ed enormemente ridimensionato, è ancora almeno in parte, attivo. Non è certamente molto da opporre al nemico, nostro nemico da sempre e nuovo vostro nemico..........uomini esausti, navi in abbondanza, aerei in buon numero certo......ma sono altre armi che si devono contrastare......armi che solo Hitler purtroppo possiede E BISOGNA SOPRA OGNI ALTRA COSA, IMPEDIRE CHE VENGANO DI NUOVO SCATENATE CONTRO CHICHESSIA. Adesso Le dico cosa intendo fare: prima di tutto mi metterò in contatto con il Presidente Americano, riferirò anche a lui cosa ci siamo detti, lo inviterò a considerare in segreto l'Italia, d'ora in poi, come nazione alleata e non più come nazione sconfitta e proporrò di trovare tutti assieme una soluzione a tutti i nostri problemi. Tutto nel più completo segreto, ovviamente.....nulla di quanto decideremo, dovrà mai trapelare ai tedeschi e al resto del mondo.” Umberto aveva ascoltato con il più grande interesse quanto gli veniva riferito dal “collega” inglese.....capiva benissimo che quanto gli veniva proposto costituiva un radicale cambio di atteggiamento dell'Inghilterra vittoriosa nei confronti dell'Italia sconfitta e ciò, pur in un contesto tanto disastroso....era certamente bene. Pur con il tumulto di pensieri che si agitavano nella sua mente tormentata Umberto si accinse subito a rispondere: “ Allucinante......si tratta di una gigantesca pazzia, di un brutto sogno da cui non ci si riesce a svegliare.......la sconfitta, l'umiliazione di un durissimo armistizio e la prospettiva di una pace da ottenere a carissimo prezzo, il paese distrutto, il morale del popolo a terra.....poi Napoli e la sua distruzione e adesso da nemico sconfitto, la mia martoriata nazione diventa improvvisamente, ma solo in segreto vostra alleata!!!! E' tutto irreale e pazzesco” Aveva soggiunto Umberto ” Però....in linea di massima sono d'accordo con lei Signor Primo Ministro e metto me, l'Italia e quel poco che la mia nazione ancora possiede....a sua completa e totale disposizione, è senza dubbio l’unica cosa sensata che io possa adesso fare.” “Perfetto.....”Concluse l'inglese “Appena avrò qualche cosa di nuovo o di importante da riferire la chiamerò e le spiegherò cosa si dovrà e si potrà fare”

CAPITOLO VENTOTTESIMO.

Ovviamente quanto era stato stabilito dal Fuhrer era stato il giorno dopo divulgato e posto in massima evidenza da radio e giornali di tutto il mondo. In Germania la fine dei combattimenti aveva fatto letteralmente esplodere di gioia tutta la Nazione......la guerra era finita e come aveva promesso il loro Fuhrer nel 39 con una grande vittoria che sanava la sconfitta e l'umiliazione della Grande Guerra. Adesso finalmente la Grande Germania avrebbe potuto espandere i suoi confini come Dio aveva stabilito e accingersi per almeno mille anni a....governare il mondo! Era incredibile.....proprio quando il morale aveva cominciato a vacillare, quando le privazioni stavano iniziando a divenire insostenibili, quando anche la speranza sembrava scomparire all'orizzonte.....tutto in un attimo fatidico si era risolto: il Fuhrer aveva ancora una volta avuto ragione, l'uomo della Provvidenza aveva, come promesso, portato alla grandezza il suo popolo! Le strade si erano riempite di folle osannanti e la coreografia per il rientro a Berlino del Fuhrer era stato qualche cosa di gigantesco....mai visto prima in tutta la storia della Germania. In Italia invece, il primo risultato della “conferenza” e della divulgazione del volere di Hitler, era stato quello di vedere verificarsi tristemente l'inizio di quello che avrebbe potuto diventare col tempo un “esodo di massa” dalle regioni occupate dell'alta Italia, una sorta di “pulizia etnica” volontaria. Virginia era stata una delle prime a partire per Roma, accompagnata dalla mamma che aveva voluto seguirla. Il padre era invece per ora rimasto a Venezia, continuando a lavorare, anche per non lasciare incustodita la casa. Certo che tutti si auguravano che si trattasse di una situazione provvisoria, forse il Re sarebbe riuscito a far recedere Hitler dai suoi intenti e l'Italia alla fine avrebbe dovuto rinunciare per esempio solo al Tirolo e all'Alto Adige di lingua tedesca …...chissà! I tedeschi ovviamente lasciavano fare....non ostacolavano per nulla questo esilio volontario, anzi erano ben contenti che città e paesi si liberassero spontaneamente di parte dei loro abitanti e lasciassero da subito il posto all'arrivo futuro di cittadini tedeschi di pura razza ariana. Nello stesso momento intanto,in una cittadina di campagna a cento chilometri da Londra; Lord Alfonso O' Malley stava “spaccando” con ammirevole tenacia una grossa catasta di legna, legna che avrebbe poi usato per il monumentale caminetto che abbelliva e nello stesso tempo riscaldava il suo enorme salotto arredato in stile vittoriano. Aveva superato da tre anni la cinquantina, non aveva figli ed era ancora, dopo venticinque anni di matrimonio, innamoratissimo della moglie Viky. Pur essendo imparentato alla lontana con il Re, aveva regolarmente e da sempre “snobbato” la vita di corte limitandosi a vivere per i fatti suoi nella tenuta di campagna ereditata dai genitori. Da sempre il suo carattere ribelle lo aveva tenuto lontano dai “fasti” di corte, non partecipava in modo più assoluto alla vita mondana che si svolgeva a Londra, snobbando regolarmente pranzi, balli, cacce alla volpe e “amenità” di questo genere. Il Lord, diceva sempre a chi gli faceva notare tale strano e anticonvenzionale atteggiamento:”Si....è assolutamente vero che io sono imparentato con la Famiglia Reale....ma non è mica colpa mia!” Laureato a pieni voti a Oxford in medicina, esercitava tutt'ora nel piccolo studio ricavato nella dependance della villa. Come tutti era rimasto allibito dalle notizie che erano giunte da quello che rimaneva di Londra e l'indomani mattina aveva in programma di partire per la città martoriata come volontario, per mettere a disposizione la sua esperienza in qualche ospedale da campo. Già aveva caricato sulla sua auto tutto quanto riteneva necessario per poter garantire gli aiuti che intendeva portare alla popolazione disperata della Capitale in rovina, quando l'occhio gli cadde sul fondo del viale d'ingresso della sua proprietà. Una lunga teoria di auto aveva imboccato il lungo viale alberato e si stava dirigendo verso la scalinata dove lui in quel momento si trovava. L'apparizione così improvvisa ed imprevista della colonna di macchine dall'aspetto ufficiale davanti alla scalinata della villa, lo aveva da subito insospettito e gli aveva dato una vaga sensazione di malessere.....sentiva che qualche cosa di grave che lo riguardava stava per accadere; aveva allora chiamato Viky accanto a se e aveva accolto con la massima deferenza in salotto tre degli ospiti che scesi dalla macchina avevano chiesto subito di poter conferire con lui in privato. Gli altri si erano trattenuti all'esterno e stranamente avevano circondato il perimetro della casa di campagna come per volerla controllare e proteggere. Il Lord aveva subito pensato che si potesse trattare di qualche sgradita “faccenda“ ufficiale....lui con “quelli di Londra”, come amava chiamare i componenti della Famiglia Reale, non aveva mai voluto avere nulla a che fare....ma forse, anzi...senza alcun dubbio, era accaduto qualche cosa che questa volta richiedeva forzatamente e senza poter rifiutare, la sua presenza nella Capitale....anche se non sapeva proprio di cosa si potesse trattare.....lui in fondo era si un Lord....ma un Lord di campagna che con gli intrighi di corte non aveva mai voluto avere assolutamente nulla a che fare. Accomodatisi i tre ospiti in salotto, quello che sembrava il personaggio più di spicco, cominciò col dire:” Lord O'Malley...Lei certamente conosce benissimo la tragica situazione che si è venuta a creare con la distruzione di Londra....quello che forse Lei non sa è che oltre alla Famiglia Reale, sono scomparsi anche numerosissimi eredi al trono. Fino al trentesimo in ordine di successione gli aventi diritto al Trono sono difatti tutti morti. Lei, per caso è in grado di dirmi in quale posizione si trova nella linea ufficiale di successione?” “ Ma, veramente” Rispose il Lord che cominciava però a capire con preoccupazione crescente dove i tre ospiti volessero andare a parare. ”Non ne ho la più pallida idea.....non mi sono mai occupato di tali “quisquilie da salotto” ….le mie priorità sono ben altre per me che discutere su una successione che non mi può assolutamente interessare.....mia moglie, i miei fiori, il mio studio medico.” “Vede Lord O'Malley io la comprendo benissimo..... lei fino a ieri aveva perfettamente ragione a pensarla in tale modo....ed era liberissimo di farlo, forse per lei la successione al trono fino a ieri poteva avere giustamente poca o addirittura nessuna importanza.....ma adesso purtroppo le cose sono radicalmente cambiate, perchè, vede, dagli annali risulta in maniera incontrovertibile che lei in ordine di successione è esattamente e senza possibilità di errore alcuno, il trentunesimo. Per cui Lei è di fatto,che lo voglia o no, il legittimo pretendente alla CORONA DI INGHILTERRA.”

CAPITOLO VENTINOVESIMO.

Nel segretissimo laboratorio di Berlino il Dottor Wolf aveva appena terminato il suo turno di sorveglianza al reattore. Dopo la consegna del plutonio alle fabbriche sotterranee di assemblaggio delle bombe, si era immediatamente ricominciato a produrne dell'altro a ritmo frenetico. Ma era tutt'altro che una faccenda rapida....Wolf aveva calcolato che per ottenere ancora plutonio in quantità sufficiente per costruire almeno altre tre bombe, sarebbe occorso non meno di un mese, sempre che non ci fossero stati intoppi o peggio guasti. La tecnologia usata era ancora agli albori ed era già stato un miracolo riuscire a fare in modo di essere arrivati fino a quel punto, battendo di gran lunga sul tempo niente meno che il gigante americano. Ma da una settimana lo scienziato era in una continua e devastante lotta con se stesso. Lui non aveva certo concepito quell'arma terribile perchè la sua spaventosa potenza fosse scaricata su città inermi.....a lui il Fuhrer in persona aveva assicurato che le bombe sarebbero state impiegate solo sul campo di battaglia sovietico....e solo se fosse stato assolutamente necessario per salvare la Patria in pericolo ma la parola data allo scienziato non era stata ovviamente mantenuta e milioni di civili indifesi erano invece stati spazzati via, tra l’altro in maniera atroce, come foglie al vento. Fortunati erano stati quelli che se ne erano andati in un attimo senza rendersi assolutamente conto di nulla......ma quanti altri avevano patito e stavano tutt'ora soffrendo le pene dell'inferno prima di poter trovare sollievo nella morte! Un conto era essere Patrioti.....un altro era essere Nazisti e Wolf faceva parte della prima categoria, anche se fino a poco tempo prima aveva perfettamente identificato l'una con l'altra. Adesso di Hitler lui non si fidava ovviamente più e aveva il giustificato terrore che le altre bombe che sarebbero state costruite con il suo vitale contributo, sarebbero state impiegate senza alcun dubbio, per distruggere altre città europee. Eppure avrebbe dovuto saperlo fin dall'inizio che sarebbe finita così......i bombardamenti su Londra della “battaglia d'Inghilterra” e poi i lanci ripetuti delle V1 e V2 avrebbero pure dovuto aprirgli gli occhi e invece lui aveva nascosto la testa sotto la sabbia per non vedere e non sapere. Adesso si sentiva giustamente corresponsabile della morte di milioni di esseri umani innocenti e il rimorso lo attenagliava ogni giorno di più.

CAPITOLO TRENTESIMO.

Nella “tana del lupo” intanto un Fuhrer agitatissimo premeva per avere subito a disposizione altre bombe atomiche pronte per un uso che nei suoi folli disegni di grandezza non era ormai più considerato eventuale, ma....certo. Speer, il Ministro Degli Armamenti, faceva una fatica enorme a cercare di calmarlo e di farlo ragionare: ”Mio Fuhrer.....Lei deve capire che si è già trattato di un miracolo essere riusciti ad arrivare a questa svolta epocale degli eventi......fino a pochi giorni fa, anche se nessuno di noi voleva ammetterlo e Lei per primo, la guerra per noi si avviava inevitabilmente ad un tragico epilogo.....tutti noi eravamo irrimediabilmente attesi da un inevitabile “Crepuscolo Degli Dei”. Adesso invece, per nostra buona sorte, abbiamo fortunatamente, di nuovo e questa volta per sempre, noi il coltello dalla parte del manico ma per poter avere ancora a disposizione quanto ci serve per avere il mondo ai nostri piedi, dobbiamo attendere almeno un mese perchè il plutonio necessario sia prodotto e un'altra settimana per l'assemblaggio di altri tre ordigni ma NON prima....assolutamente NON PRIMA! Potremo forse anticipare il tutto di una settimana trascurando magari alcuni “passaggi” secondari....ma non di più. Quando poi il nuovo reattore che sta per essere costruito nel sito sotterraneo dove vengono assemblate le bombe sarà operativo, la costruzione degli ordigni verrà fatta a “rimo di catena di montaggio” e così tutto risulterà più semplice e soprattutto enormemente più rapido....ma ora come ora.....siamo costretti e...si fa per dire...ad accontentarci. Penso che una data possibile, anzi ne sono sicuro, per poter essere pronti sia il 25 di dicembre......un bel regalo di Babbo Natale per i nostri nemici.””Ecco” Intervenne Himmler:” Ecco Mio Fuhrer....con ciò abbiamo l'occasione che aspettavamo per dare l'ultimatum ai nostri nemici per tale data. O per il 25 dicembre avranno ottemperato a tutte, ripeto TUTTE le nostre condizioni.....o noi procederemo di conseguenza.”” Spero” Intervenne Hitler” Che i nostri nemici abbiano capito molto bene cosa accadrebbe loro in caso di ”disobbedienza” nei nostri riguardi.....io lo spero vivamente, perchè vorrei riservare le prossime tre bombe che verranno assemblate, alla distruzione di Mosca e Leningrado per risolvere una volta per tutte i problemi che il Comunismo crea alla sicurezza della “nostra” Europa e riservare la terza a polverizzare Varsavia completamente riempita di tutti gli Ebrei che possiamo rastrellare in giro eliminando definitivamente il “problema Ebraico””
O'Malley era rimasto allibito......sapeva ovviamente dalla radio e dai giornali della distruzione in blocco di tutta la Famiglia Reale.......ma mai avrebbe pensato che oltre ai cosi detti “parenti stretti” del Re, fossero scomparsi anche i più vicini aventi diritto alla successione addirittura fino al trentesimo “in graduatoria”. Lui non sapeva nemmeno di essere il trentunesimo.....era una faccenda che a lui non era mai interessata e che non aveva mai nemmeno voluto prendere in considerazione. Al Lord interessava solo la sua villa immersa nel verde, l'amore della sua Viky e la compagnia dei suoi cani. Tuttavia O' Malley era sempre stato dotata di un grande senso di responsabilità e di una grande dose di fatalismo, per cui anche se di malavoglia era disposto ad accettare il peso del macigno che gli stava cadendo addosso. Viky non aveva sentito nulla della conversazione che si stava svolgendo in salotto essendo troppo educata per origliare anche se stava morendo dalla curiosità, per cui era rimasta all'esterno del grande salone dove erano entrati i tre emissari del Governo, anzi di quel poco che ne era rimasto e non aveva sentito nulla anche se era preoccupata oltremisura per quanto sarebbe potuto accadere. O 'Malley, dopo aver dato l'assenso a partire subito per una località “sicura” , la aveva alla fine chiamata accanto a se e fattala entrare, le aveva detto con la massima serietà sforzandosi nello stesso tempo, anche se non era certo una cosa facile,....di non ridere:” Viky mia adorata.....mia....regina da sempre....lo sai che d'ora in poi sarai la mia regina per davvero? Sai ….. sono diventato Re!.....d'ora in poi ….mi dovrai chiamare Maestà e ti dovrai prostrare ai miei piedi ogni volta che mi vedrai”
Re Umberto il venti di novembre aveva finalmente ricevuto la tanto attesa convocazione dal Primo ministro inglese. Una riunione segretissima a tre era stata organizzata a Liverpool. Il Presidente Truman non si sarebbe mosso dagli Stati Uniti per non dare nell'occhio e avrebbe invece inviato un suo rappresentante con pieni poteri decisionali. Ovviamente in un contesto tanto delicato, era assolutamente necessario mantenere a tutti i costi la più grande segretezza, per cui Re Umberto, ben sapendo di essere costantemente spiato dai Servizi Segreti Tedeschi, per recarsi all'appuntamento aveva dovuto farlo travestito e in incognito. In verità non era stato difficile giocare i tedeschi.....il giovane sovrano era uscito dalla sua residenza di Roma da una porta secondaria del palazzo mescolandosi con la più grande noncuranza al personale di servizio che usciva dal palazzo per le consuete commissioni giornaliere. Si era poi avviato con una macchina che lo attendeva dietro l'angolo all'aeroporto di Ciampino e si era sollecitamente imbarcato su un bombardiere inglese. Umberto aveva ancora impresso il nuovo “diktat” di Hitler trasmesso per radio in tutto il mondo, in cui si chiedeva l'accettazione e la messa in atto di quanto da lui stabilito entro e non oltre la mezzanotte del giorno 25 di dicembre.......esattamente un mese e cinque giorni dopo e rimurginando nella sua mente, tale “dilazione” gli sembrava per lo meno strana. Forse il Fuhrer voleva semplicemente dare del “tempo tecnico” alle nazioni sconfitte in modo che potessero mettere in opera quanto era stato da lui ordinato.....ma forse poteva anche esserci un motivo ben diverso che avrebbe potuto anche giocare a favore degli sconfitti. Ad attenderlo aveva trovato il delegato americano, e il Primo ministro inglese, accompagnato da un distinto signore molto compito ed elegante, che però il sovrano italiano non riusciva proprio ad identificare. Churchil, come padrone di casa, prese la parola per primo:” Maestà.....ho il grande onore di presentarle prima di tutto il nostro nuovo Sovrano.......”Re Alfonso Primo”. Il nostro nuovo Re non è stato ancora incoronato ufficialmente.....abbiamo di questi tempi ben altri problemi in mente da risolvere, che fare “cerimonie” assolutamente anacronistiche. La nostra popolazione oltre a tutto, non è stata ancora informata di questa forzata successione e lo sarà solo domani a mezzogiorno per radio. Ma adesso abbiamo ben altri problemi da risolvere......come sappiamo, adesso abbiamo anche una scadenza ben precisa da rispettare, noi tutti. Il problema è: COSA VOGLIAMO FARE, anzi COSA POSSIAMO FARE???? Alla luce dei recenti fatti, apparentemente non ci resta altro da fare se non ubbidire incondizionatamente e passivamente. Apparentemente non abbiamo proprio possibilità alcuna di poter solo pensare di reagire e di conseguenza di non ottemperare all'ultimatum di Hitler. Ribattere alla Germania con armi dello stesso tipo di quelle con le quali siamo stati attaccati per ora non è assolutamente possibile nemmeno pensarlo: purtroppo noi non abbiamo nulla di simile e gli Stati Uniti non saranno in grado di testare, ripeto testare e non certo usare, un ordigno nucleare simile a quello tedesco prima del 1945, per cui adesso e per il prossimo futuro, non siamo assolutamente in grado di ripagare Hitler con la stessa moneta e purtroppo è proprio ADESSO che si rende necessario fare qualcosa, prima che le nostre Nazioni vengano smembrate e ridotte a “colonie” tedesche o poco più. Un qualcosa veramente mi sta però frullando per la testa.....si tratta solo di una intuizione che non so se possa o meno risultare esatta: il mio Sovrano mi ha fatto infatti giustamente notare, un qualcosa di cui fino a ieri, non avevo proprio fatto caso: perchè Hitler ci da più di un mese per ubbidire a quanto ci ha imposto di fare? Perchè non ci obbliga a farlo subito? Non penso certo per agevolarci col darci tempo. Non sarà invece forse perchè fino al 25 di dicembre NON può disporre di altri ordigni come quelli usati nei giorni scorsi? Il Presidente Americano mi ha spiegato con la massima chiarezza, che la produzione di quanto necessario per fabbricare le bombe, il plutonio per la precisione, richiede tempi tecnici molto lunghi, una apparecchiatura (reattore nucleare) soggetta a guasti e a soste forzate tali, che in America non si è ancora riusciti ad avviare ancora una “reazione a catena” in grado di auto alimentarsi. Se così fosse noi avremmo un mese di tempo per cercare per lo meno di provare a fare qualcosa, anzi....molto più di qualcosa per cercare per lo meno di salvarci. Attualmente, non prendendo in considerazione le bombe atomiche, anche se i tedeschi ultimamente si sono molto rafforzati con la forzata chiusura del fronte a est e con le nuove costruzioni aeree e di carri, noi possediamo ancora una superiorità schiacciante in uomini e mezzi e se riuscissimo a individuare e distruggere i luoghi di produzione delle bombe e il sito del reattore che produce il Plutonio.......tutto tornerebbe come prima e si potrebbe andare fino in fondo con la guerra o arrivare, volendo come estrema risorsa, addirittura ad una pace di compromesso molto vantaggiosa per noi. I tedeschi possono avere ancora risorse di mezzi sempre più moderni da sfruttare.....ma resta il fatto incontrovertibile che sono ormai drammaticamente in crisi per quanto riguarda il fattore umano.... molte Divisioni di fanteria sono cronicamente incomplete e alcune sono inoltre recentemente state smobilitate per permettere alle industrie belliche di avere nuova indispensabile forza lavoro affidabile e specializzata: si sa che gli uomini, sono ormai come numero veramente inferiori al necessario e soprattutto che in moltissimi casi, sono esausti dopo quattro anni di una guerra tanto violenta e logorante. Certo è ovviamente assolutamente fondamentale e necessario, anzi indispensabile sapere se ciò che noi tutti speriamo, cioè che Hitler fino a Natale non possa disporre di altre bombe, sia vero o no......e se si, diventa allora indispensabile sapere dove le bombe vengono prodotte e il sito del reattore nucleare” . Re Umberto ascoltava assorto quanto il Primo Ministro inglese stava esponendo.....si rendeva conto benissimo che tutto era appeso ad un filo ma, che se il filo per miracolo non si fosse spezzato, lui sarebbe stato in grado di trasformare la rovinosa sconfitta dell'Italia che aveva ereditato dal Duce, in qualche cosa di radicalmente diverso. Lui sedeva adesso assieme ai suoi ex nemici, a coloro che avevano sconfitto la sua Patria.....e sedeva assieme a loro già da pari a pari. Si trattava di una grandissima e irripetibile occasione da non perdere assolutamente e se c'era qualche cosa che l'Italia poteva ancora mettere in campo, era assolutamente necessario che lo facesse con tutte le sue forze e al momento opportuno. Alla fine si era arrivati alla conclusione che un mese e cinque giorni era purtroppo un periodo di tempo estremamente ridotto e che sarebbe passato in un lampo, per cui era necessario preparare comunque preventivamente alcune cose nel più breve tempo possibile: 1) riuscire a qualsiasi costo ad acquisire le informazioni necessarie per poter procedere, 2) preparare da subito il modo di distruggere di sorpresa gli impianti tedeschi una volta che fossero stati individuati, 3) mettere in pratica immediatamente e comunque la preparazione di un'invasione dell'Europa occupata, arrivando il più presto possibile alla fine del conflitto, tenendo però presente che l'esercito sovietico era adesso e per il futuro immediato fuori gioco, risultando enormemente ridimensionato dalla distruzione del meglio delle sue armate presso i confini della Polonia, e che avvicinarsi alla Germania da Est era tutt'ora impossibile a causa delle radiazioni presenti sul terreno che avrebbe dovuto essere attraversato da nuove truppe russe da mettere in gioco. Oltre a tutto bisognava considerare le perdite subite nell'attacco a Napoli.....due portaerei inglesi, tre corazzate americane e soprattutto una miriade di mezzi ausiliari erano andati perduti assieme ad una grandissima quantità di uomini. Ma tutto era ovviamente legato alla buona riuscita del punto 1 e 2, visto che in un solo mese risultava assolutamente impossibile invadere di colpo la Germania da qualsiasi lato si volesse tentare un'impresa di tale genere e sempre sperando che la Germania non avesse già pronti da subito altri micidiali ordigni. Tutto purtroppo era anche troppo evidente....attaccare la Germania di colpo pareva per adesso impossibile.....almeno che.....almeno che, non si rinunciasse ad invadere, come previsto e come tutti, tedeschi compresi si attendevano, la Francia occupata, e non si dirottassero altrove, per esempio direttamente in Germania, le forze preparate e già pronte per questa azione.

CAPITOLO TRENTUNESIMO.

Il Professor Wolf aveva alla fine preso un drammatica decisione: lui non voleva assolutamente che altre bombe venissero prodotte con la sua complicità, per cui si rendeva necessario procedere in un modo ben specifico. Si trattava di una decisione terribile da prendere......lui avrebbe dovuto arrivare al punto di essere costretto a “tradire” la sua adorata Patria per salvare milioni di innocenti. Ma si sarebbe poi trattato veramente di tradire? Era forse destino che la Germania dovesse per sempre identificarsi con il Nazionalsocialismo o no? Erano domande che turbinavano in continuazione nella mente dello scienziato, domande a cui era impellente dare subito una adeguata risposta per non rischiare di impazzire. Alla fine Wolf prese la sua decisione, irrevocabilmente e una volta per tutte.....per gli eventuali rimorsi ci sarebbe stato tempo poi. Visto che sabotare gli impianti, il reattore e la produzione di plutonio era assolutamente impossibile a causa della perfetta e continua sorveglianza effettuata dalle SS i cui tecnici altamente specializzati seguivano passo a passo tutto quanto veniva fatto nelle vicinanze del reattore, l'unica alternativa possibile era quella che qualcuno dei “nemici” della sua adorata Patria ...doveva sapere. Sarebbe stato sufficiente svelare l'ubicazione del suo laboratorio di Berlino e la posizione del sito segreto dove le bombe venivano attualmente assemblate…......niente di meno, niente di più....altri e non certo lui avrebbero poi “provveduto” in merito. Bisognava però adesso trovare il modo adatto per poterlo fare e ciò non era affatto facile da progettare. Ovviamente tutto il personale della base era controllato costantemente dalle SS di servizio ed allontanarsi illecitamente senza dare nell'occhio non era per nulla semplice. Amburgo..........lui doveva andare ad Amburgo. Li infatti Wolf aveva l'unico fratello ancora vivente......un uomo che aveva scelto fin dall'adolescenza il mare come sua ragione di vita. Hans comandava difatti un peschereccio d'altura e viveva praticamente da sempre dei proventi di quanto riusciva a pescare. A lui la politica non era mai assolutamente interessata, le adunate megagalattiche, gli sproloqui del Fuhrer.....erano tutte cose che lo lasciavano perfettamente indifferente. Lui aveva solo un “capo”, duro, bizzoso, imprevedibile ma un “capo” che Hans amava e rispettava più di ogni altra cosa al mondo: il mare! Lo scienziato telefonava spesso al fratello, essendo in pratica legatissimi anche se per certi versi così diversi, per cui una chiamata da parte di Wolf non poteva assolutamente insospettire nessuno, anche se il telefono dello scienziato era certamente stato messo sotto controllo. Oltre a tutto lo scienziato era stato molto attento a quanto diceva....si era limitato a chiedere al fratello le solite cose, tanto per assicurarsi che lui fosse in porto e che non potesse salpare prima di un paio di giorni. Avrebbe anche potuto avvertirlo di una sua visita imminente ma questo avrebbe potuto certo insospettire qualcuno visto che la presenza costante in laboratorio di Wolf in quei giorni, era veramente fondamentale per gli scopi bellici del paese e un suo imprevisto allontanamento sarebbe apparso di certo quanto meno....strano. L'unica frase che si era azzardato a proferire, sperando che il fratello ….comprendesse, era stata:” Ti voglio trovare in porto.....la prossima volta quando verrò a trovarti!”, senza ovviamente specificare quando ciò si sarebbe verificato. Fortunatamente il fratello, che lo conosceva ovviamente benissimo, aveva capito....che Wolf stava per arrivare e che provabilmente per qualche ragione particolare, aveva bisogno di lui e della sua piccola nave. Il pescatore sapeva che lo scienziato ricopriva un incarico molto importante e ad ogni buon conto aveva fatto in modo che il suo battello fosse pronto a partire stracarico di carburante, in qualsiasi momento. Di qualche cosa suo fratello doveva aver bisogno, anche se lui ovviamente non sapeva di cosa, e l'unico modo in cui lui poteva aiutarlo era quello di mettere a disposizione tutto quello che aveva, cioè se stesso e il peschereccio perfettamente equipaggiato e pronto a partire. Wolf negli ultimi sei mesi non si era mai allontanato dal laboratorio se non per andare a dormire, solo tutti i sabati, invariabilmente, dopo le otto di sera andava con la sua macchina fino alla birreria che si trovava proprio nella zona dove cominciava l'autostrada che portava ad Amburgo e li trascorreva sempre almeno un paio di ore. Le SS di servizio le prime volte lo avevano seguito fino a li ma poi, vedendo che il professore non sgarrava mai nelle sue abitudini, avevano smesso con il loro pedinamento ritenendolo una mera perdita di tempo. Solo il tenente della pattuglia addetta alla sua sorveglianza aveva continuato a seguirlo per alcune settimane ma poi dopo essere stato invitato dallo scienziato a “farsi una pinta assieme a lui” aveva abbandonato definitivamente il pedinamento ritenendolo inutile. Lo scienziato andava li solo ed esclusivamente per rompere la monotonia e lo stress del lavoro in laboratorio. Wolf, sicuro che non sarebbe stato più seguito, aveva calcolato che andando con la sua macchina la notte in autostrada, avrebbe avuto tutto il tempo per arrivare al porto, imbarcarsi sul peschereccio e partire alla volta dell'Inghilterra prima che la sua assenza potesse essere scoperta.

CAPITOLO TRENTADUESIMO.

Le opzioni per la distruzione del reattore erano solo due, quella di una massiccia incursione aerea e quella di una missione di “forze speciali”. Alla fine si era deciso di approntare ugualmente entrambe le missioni, per la scelta definitiva si sarebbe visto all'ultimo momento. A questo punto si era fatto decisamente avanti Re Umberto......il sovrano aveva sostenuto che l'Italia aveva da tempo pronto un reparto scelto di paracadutisti e un reparto di fanteria meccanizzata abilissima a compiere “colpi di mano” improvvisi, I paracadutisti erano in parte reduci della “Folgore” che avevano suscitato tanta ammirazione da parte degli Inglesi in Africa. Ad essi si aggiungevano quelli addestratissimi della “Nembo”. Gli appartenenti al reparto meccanizzato erano invece inquadrati nei “Lagunari del Serenissima” ed erano composti da tre compagnie di “assaltatori” e da una di “Esploratori anfibi”. Umberto aveva dato ampia assicurazione a Inglesi ed Americani, impegnandosi sul suo onore, della assoluta affidabilità di tali reparti, aggiungendo che gli incursori sarebbero senza dubbio stati disposti a morire pur di poter riscattare con il loro sacrificio le sorti della Patria sconfitta. Era stato per la verità molto difficile far accettare quanto chiesto dal Re.....gli Americani avevano i Marines, gli inglesi i Rangers.....gente oramai famosa in tutto il mondo e “rotta” ad ogni situazione possibile ma, alla fine, visto anche che Inglesi e Americani avrebbero avuto a disposizione per fare “bella figura” l'attacco aereo, Umberto l'aveva questa volta spuntata. Un aiuto decisivo e insperato il Re lo aveva poi avuto dall'ammiraglio Cunningam che faceva parte della commissione che doveva occuparsi di scegliere il personale da impiegare.....l'ammiraglio si era ricordato benissimo e aveva ricordato a tutti, che proprio gli incursori italiani della “Decima Mas”....gli avevano affondato nel 1942, nel munitissimo porto di Alessandria, dimostrando grandissimo coraggio e sprezzo del pericolo, ben due grandi corazzate e una petroliera.Senza poi contare l'affondamento dell'incrociatore York a Suda....e la grande quantità di naviglio mercantile fatto saltare nella rada di Gibilterra da incursori provenienti dalla “Olterra” una vecchia carretta italiana, modificata in gran segreto per tali scopi, e internata all'inizio del conflitto.
Wolf intanto si apprestava il sabato successivo a porre in atto il suo piano. Come tutti i fine settimana la sera si era allontanato dal laboratorio dopo sedici ore di lavoro ininterrotto. Si era fermato per l'occasione ancora più del consueto per dare l'impressione di aver lavorato come e più del solito e di avere assoluto bisogno di un minimo di relax e poi di sonno prima di essere in grado di riprendere il lavoro il giorno seguente. Era uscito come al solito dall'ingresso principale con la sigaretta tenuta ancora negligentemente spenta come la avesse dimenticata all'angolo della bocca, si era soffermato per un attimo con la SS di guardia e le aveva detto tra una cosa e l'altra che si sarebbe recato per un paio di ore nella consueta birreria. Wolf aveva poi preso la macchina e controllando con la massima attenzione di non essere seguito, si era allontanato in direzione del locale in questione ma, invece di fermarsi come faceva di solito, questa volta aveva bruscamente accelerato e proseguito imboccando invece a velocità sostenuta l'autostrada per Amburgo. Il viaggio era durato circa tre ore e non aveva dato alcun problema. La grossa “Mercedes” ronfava tranquilla correndo veloce a cento trenta all'ora e Wolf si rammaricava ben sapendo che la stava guidando per l'ultima volta. Quando poi lo scienziato era arrivato in vista del porto, aveva tirato un sospiro di sollievo. Wolf aveva avuto cura di arrivare, per dare il meno possibile nell'occhio, proprio nell'orario in cui i pescherecci si accingono a salpare, aveva fermato la macchina presso un molo deserto in disuso che conosceva molo bene, si era rapidamente cambiato indossando abiti da pescatore precedentemente preparati e guardando bene di essere solo nell'oscurità assoluta, con una spinta aveva fatto cadere la macchina in acqua facendola affondare rapidamente. Poi si era incamminato lentamente verso i pescherecci che si accingevano a partire mescolandosi con i pescatori del luogo. Appena arrivato a bordo del natante del fratello che aspettava da giorni il suo arrivo in trepida attesa, avendo avuto cura che assolutamente nessuno dell'equipaggio composto da soli tre uomini lo avesse visto salire, lo scienziato si era affrettato a nascondersi sotto coperta e il peschereccio era immediatamente partito per quella che doveva sembrare una normale battuta di pesca. Hans, il comandante del natante, appena il peschereccio era uscito dal porto, si era recato sottocoperta dal fratello e ovviamente gli aveva domandato cosa mai fosse accaduto per farlo arrivare così all'improvviso. La risposta era stata per certi versi chiarissima ma per altri completamente enigmatica:”Caro Hans.......io sono qui come puoi immaginare per uno scopo ben preciso. Non voglio e non posso spiegarti quello che mi è accaduto, visto che tu non puoi abbandonare la Germania avendo tu e il tuo equipaggio famiglia. Voi non dovete sapere nulla per il vostro stesso bene. Ora stammi bene a sentire.....siccome so per certo che voi pescate nelle acque del “Mare Del Nord” e che spesso incrociate pescherecci inglesi, voglio che quando ciò si verificherà io mi possa trovare a bordo da solo in uno di uno dei gommoni di salvataggio che fanno parte della dotazione della tua barca. Nient'altro. Ma ricordati che per il vostro stesso bene NESSUNO deve sapere della mia presenza a bordo.....è già un guaio che lo sappia tu! Ricorda.....se le SS dovessero interrogarti....TU NON MI HAI VISTO. Il tuo equipaggio che non sa davvero della mia presenza suffragherà quanto tu affermerai”

CAPITOLO TRENTATREESIMO.

In attesa che i Servizi Segreti o un colpo di fortuna dessero una qualche risposta in merito, le due incursioni venivano preparate con la massima rapidità possibile, e inoltre contemporaneamente con la più grande accuratezza. Il “Reggimento Lagunari Serenissima” che per fortuna all'atto dell'Armistizio era stato dislocato a Brindisi ma mai impiegato in combattimento, aveva fornito quanto necessario per l'attacco terrestre. Si trattava di una “compagnia” assaltatori, la “quarta”, per l'esattezza, e di un “plotone di esploratoti Anfibi” armati come armamento individuale, con moderni mitragliatori forniti dagli americani e con quattro mitragliatrici pesanti “Breda”. Il secondo gruppo d'assalto, proveniente dall'aria, era invece costituito da una “Compagnia” di paracadutisti della “Nembo”. Mentre i paracadutisti sarebbero arrivati in zona lanciandosi dall'alto da dei DC4 americani, i Lagunari sarebbero invece atterrati con il favore delle tenebre sul prato dello Stadio Olimpico su quattro grossi alianti americani. L'opzione dell'impiego degli aerei da bombardamento veniva per ora tenuta di riserva.....sarebbe stata impiegata solo se necessario e per “completare” eventualmente l'opera del plotone di incursori. Tutto era pronto.....mancava solo conoscere la posizione del sito dell'obbiettivo e....sopratutto un qualsiasi abbozzo di piano per “recuperare” gli incursori dopo aver concluso l'azione. Verso le quattro del mattino, e prima che il sole sorgesse, Wolf era a bordo del suo gommone con una rotta che voleva volutamente “incontrare” qualche nave britannica. Wolf non aveva fatto alcuna fatica a mettere in acqua il battellino con l'aiuto del fratello e ad allontanarsi nella notte buia senza che nessuno avesse potuto notare la sua presenza. Entrambi avevano approfittato del momento in cui l'equipaggio era intento a prua a sistemare e preparare le reti a strascico. Adesso, rimasto completamente solo nel buio della notte illune, era necessario puntare verso la costa inglese e sperare che qualcuno lo individuasse al più presto. Alla fine lo scienziato tedesco, dopo quattro ore di vane peregrinazioni nel gelo del Mare del Nord, era stato preso a bordo da una corvetta inglese la “Compass Rose” che quasi lo aveva investito con la prua e in perfetto inglese si era presentato, aveva spiegato a grandi linee chi era e cosa faceva in quelle acque.....e aveva richiesto al comandante, di essere condotto con la massima urgenza nientemeno che alla presenza del Primo Ministro inglese.

CAPITOLO TRENTAQUATTRESIMO.

Il colpo di fortuna tanto atteso era alla fine arrivato. Wolf, dopo le ovvie perplessità iniziali, era stato condotto da Churchil e non aveva certo esitato a parlare. Si era prima di tutto qualificato e poi aveva incominciato a raccontare le storia dell'energia nucleare usata in Germania a scopi bellici. Aveva messo l'accento su quanto gli Inglesi e gli Americani fossero stati ingenui e quanto fosse stato facile giocarli indirizzandoli a distruggere un ramo della ricerca tedesca già secco in partenza. Aveva poi spiegato dettagliatamente dove si trovava il vero sito del reattore che produceva il plutonio e quello dell'assemblaggio finale delle testate. Wolf aveva anche fornito una sorta di piantina, in cui venivano descritte a grandi linee le difese appostate per la difesa di siti in questione che avrebbero dovuti essere attaccati. Non si trattava purtroppo di una descrizione completa ma era il risultato di tutto quello che lo scienziato aveva potuto osservare. Per finire aveva, con grande sospiro di sollievo da parte del Primo Ministro inglese, confermato come supposto dal sovrano inglese e sperato da tutti, che Hitler, prima del 25 di dicembre, non sarebbe stato in grado di avere a disposizione e pronti altri ordigni:” Io sono venuto qui di mia spontanea volontà per cercare di rimediare a quello che i miei studi hanno portato” Aveva poi aggiunto lo studioso” Mai infatti avrei pensato che Hitler avrebbe impiegato le mie “creature” su inermi città invece che solo ed esclusivamente sui campi di battaglia. Io NON ho visto o meglio....NON ho VOLUTO VEDERE a cosa avrebbero portato le mie ricerche. Sono venuto qui..... non certo per espiare o per chiedere un perdono che di sicuro mi sarebbe giustamente negato......ma solo ed esclusivamente per impedire che l'orrore possa continuare ancora. Espiare per me non sarà purtroppo possibile su questa terra, troppo grande è stato il mio errore e il rimorso continuerebbe a perseguitarmi, se continuassi a vivere, fino a farmi impazzire. Per cui adesso che vi ho dato quanto necessario per distruggere quanto ho creato, non voglio certo assistere alla distruzione della mia amatissima Patria, non lo potrei mai sopportare e poi come, anche volendo, come potrei vivere qui da voi dopo che la distruzione di Londra si deve imputare soprattutto a me. Il mio dovere lo ho fatto e me ne posso andare sperando nell'infinita misericordia di Dio per me e per il mio sventurato Paese” E così dicendo Wolf ruppe con i denti la fialetta di cianuro che teneva celata in bocca e si accasciò in un attimo esanime al suolo.

CAPITOLO TRENTACINQUESIMO.

I problemi da risolvere erano tanti: il primo era quello di riuscire a portare sopra il cielo di Berlino i DC4 e gli alianti senza farli intercettare e distruggere dai numerosissimi caccia Me 109 e soprattutto Me 262 a reazione. Ma il più grave e ancora irrisolto appariva quello di come poter recuperare gli incursori italiani ad azione conclusa. Si sapeva benissimo che, se fossero stati catturati, se andava bene, sarebbero stati fucilati sul posto. Si poteva forse chiedere loro di effettuare esplicitamente un attacco suicida? Forse gli incursori lo avrebbero anche potuto accettare ma il Re stesso non lo avrebbe mai permesso. L'idea all'improvviso, era venuta proprio ad Umberto, forse perchè era proprio lui il maggior interessato e responsabile della salvezza dei suoi soldati: Il Re si era scervellato a lungo nella apparentemente vana ricerca di un luogo sicuro dove far rifugiare e nascondere gli incursori a missione compiuta.:” Dove, Dove, D O V E ? Dove li possiamo nascondere? Non certo in un convento o in qualche luogo di culto di proprietà dello Stato del Vaticano.....Hitler se ne sarebbe altamente infischiato della teorica inviolabilità di tali luoghi. Presso l'ambasciata Svizzera? Soluzione questa troppo ovvia e poco affidabile......il Fuhrer non avrebbe certo esitato a fare attaccare anche quella. E DOVE MAI ALLORA? Ma certo.....ovvio per me, ma non certo per fortuna per i tedeschi......in un luogo dove loro stessi non andrebbero mai a cercare, a casa cioè di un loro fedelissimo alleato, l'ultimo “amico” che era loro rimasto! Presso l'ambasciata di Spagna a Berlino!” Umberto si era subito messo in moto.....in testa gli era frullato un piano all'apparenza pazzesco e di difficile realizzazione ma che se fosse prima stato accettato dalla Spagna e poi se fosse riuscito, avrebbe risolto del tutto la situazione. Prima di tutto il Re si era recato, uscendo come al solito di nascosto ed in incognito, dall'ambasciatore Spagnolo in Italia, con cui tra l'altro aveva da tempo ottimi rapporti, e aveva sondato le intenzioni e gli attuali orientamenti del Generalissimo Franco riguardo alla situazione attuale. Era risultato che la Spagna era tutt'ora legata, almeno in apparenza, alla Germania, anche se tutti nel paese iberico erano inorriditi per quanto era recentemente accaduto. Che Hitler sapesse di avere dalla sua parte la Spagna andava più che bene per le “necessità” di Re Umberto. Il Re, aveva però appreso che il Generalissimo dava in realtà alla Germania solo un inevitabile appoggio di facciata, visto che la congiuntura attuale non gli permetteva di agire diversamente ma che in realtà, in segreto, aborriva quanto il Fuhrer aveva fatto. Il Re allora aveva esposto il suo piano all'ambasciatore il quale si era immediatamente recato in aereo a Madrid, aveva conferito con il suo “capo” e aveva chiesto e ottenuto da lui, dopo molte aspre discussioni, l'aiuto desiderato,per tentare di salvare il futuro dell'Europa tutta. Il “Caudillo” avrebbe dovuto in pratica, d'accordo segretamente con gli Inglesi, fingere di attaccare da terra all'improvviso la Rocca Di Gibilterra e, dall'aria le navi britanniche che si trovavano in porto. Il tutto per dare l'impressione che il paese iberico era sempre più dalla parte della Germania e aveva finalmente iniziato una sorta di conflitto contro l'Inghilterra, cioè che stava facendo quanto Hitler auspicava già da tempo che facesse.....e che non aveva mai ottenuto che fosse fatto. Naturalmente entrambi i finti attacchi avrebbero dovuto essere concordati con gli Inglesi ma tutto avrebbe dovuto apparire estremamente reale e soprattutto documentato al massimo con la radio ed i giornali per meglio ingannare i tedeschi. Tutto ciò veniva organizzato per consentire ai reduci italiani dell'attacco al reattore di Berlino.........di potersi rifugiare, ad azione compiuta, al sicuro e di nascosto nell'ambasciata spagnola della capitale tedesca, uno dei posti, a casa cioè di un fedelissimo alleato, dove Hitler si sarebbe mai sognato di andare a cercarli. Comprendere che il “Caudillo” sosteneva ormai solo in apparenza la Germania, era stato semplice ed evidente ma riuscirlo a convincerlo a collaborare con Italia, Stati uniti ed Inghilterra....era stato molto più difficile e Umberto aveva dovuto sudare le classiche sette camicie per ottenere l'aiuto sperato.

CAPITOLO TRENTACINQUESIMO.

Alle tre del mattino del primo di dicembre, tre divisioni meccanizzate spagnole, fingevano con grande realismo un attacco improvviso alla Rocca di Gibilterra. Le armi naturalmente erano caricate a salve e le esplosioni che si potevano notare erano tutte provocate da cariche di dinamite piazzate a bella posta. C'erano stati fumo e fiamme, crolli dove avrebbero dovuto arrivare le cannonate, addirittura finti duelli aerei con aerei che cadevano a terra davvero ovviamente dopo che i piloti si erano paracadutati, finti feriti che venivano portati negli ospedali da campo. Il tutto veniva immortalato da corrispondenti di guerra “infinocchiati a dovere” e ai quali si era fatto vedere solo quello che DOVEVANO vedere....cioè solo fumo negli occhi. In rada tre navi da trasporto britanniche erano state fatte saltare come se fossero state colpite dagli aerei spagnoli e la corazzata Queen Elizabeth era stata in parte fatta allagare e piegare su di un fianco, per dare l'impressione che fosse stata colpita da un siluro spagnolo. Dopo undici ore....la bandiera giallo/rossa spagnola sventolava sui torrioni della Rocca. Una messa in scena perfetta registrata e documentata da cinegiornali che erano destinati ad arrivare al più presto anche in Germania! L'Inghilterra aveva finto addirittura di reagire rabbiosamente inviando una portaerei e tre corazzate verso lo Stretto.....ma come ampiamente previsto, un improvviso comunicato radio da Berlino, che plaudeva all'azione spagnola, aveva bloccato sul nascere la finta reazione inglese....pena la solita minaccia di rappresaglia “come regalo natalizio” quantificata nell'uso di una micidiale bomba nucleare da lanciare su Liverpool. Di nuovo il venticinque di dicembre....un'altra conferma di quanto Wolf aveva riferito.....prima di quella data Hitler poteva disporre solo di armamenti convenzionali.
Il due di dicembre alle otto di sera, cominciava invece l'incursione che avrebbe praticamente deciso le sorti del mondo occidentale: si era rinunciato ad impiegare come previsto all'inizio, i paracadutisti della “Nembo” ed anche i “Lagunari” avrebbero agito solo ed esclusivamente con il “plotone esploratori anfibi”. Si era giustamente pensato, che coinvolgere forze tanto più numerose, avrebbe fatalmente causato l'impossibilità di evacuare gli oltre trecento militari previsti dall'attacco originario nell'ambasciata spagnola e che il rumore prodotto dall'impiego di tanti aerei avrebbe senza dubbio potuto mettere in allarme le ormai munitissime difese tedesche, rischiando in tal modo di vanificare l'impresa fin dall'inizio. Si era invece saggiamente scelto di agire nel massimo silenzio e con le forze più ridotte possibile, considerando anche, che il sito da distruggere non era poi di dimensioni particolarmente rilevanti. In pratica si sarebbero utilizzati solo un plotone rinforzato di quaranta uomini, più i quattro piloti dei due grossi alianti che sarebbero atterrati sul prato dello stadio olimpico. Solo in caso di un insuccesso, trecento fortezze volanti, scortate da quattrocento P51 “Mustang”, avrebbero cercato di “spazzare via tutto”. Si era anche rinunciato per ora, a cercare di distruggere il sito dove gli ordigni dovevano venire assemblati.....Wolf prima di morire, aveva assicurato infatti che il sito era al momento vuoto e non operativo, visto che il plutonio necessario non era stato ancora prodotto...e la sua distruzione avrebbe potuto attendere tempi migliori. Appena avuta la certezza che gli impianti tedeschi erano stati distrutti, la guerra sarebbe subito ripresa in tutta la sua violenza. Le forze pronte per l'invasione della Francia occupata si sarebbero finalmente mosse apparentemente si.....per attraversare la Manica ma invece avrebbero avuto un obbiettivo ben diverso. Si puntava in pratica, con un gigantesco e improvviso attacco, contando anche sull'improvviso ed inevitabile “scoramento” del nemico private delle sue armi più importanti, a far finire il conflitto nel giro di un mese al massimo. Si stava per tentare veramente il tutto per tutto!.

CAPITOLO TRENTASEIESIMO.

Il piano in pratica, era quello di ingannare con una finta i Tedeschi e poi, impiegando tutto quanto era disponibile, cercare di ottenere a tutti i costi la vittoria, arrivando a Berlino il più presto possibile. Il tutto però con l'ulteriore complicazione di non poter più contare sul decisivo aiuto dei russi che non si erano più ripresi dalla “sberla” ricevuta ai confini della Polonia e con la dura prospettiva di combattere contro la disperazione dei Tedeschi....a casa loro e contro le loro armi più moderne. I fattori positivi erano invece dovuti alla sorpresa, all'infinita disponibilità dell'industria e della logistica americana e al “fattore uomo” di cui i tedeschi erano drammaticamente sempre più carenti e alla fondata speranza che i tedeschi non se la sentissero più di riprendere a combattere dopo che si erano cullati nell’illusione di aver vinto. Adesso che la guerra era da considerarsi finita, tre divisioni corazzate di SS erano state dislocate tutto intorno a Varsavia. Poi un po' alla volta, con la consueta meticolosità tedesca dei particolari,tutta la popolazione di sicura origine tedesca o di dichiarata razza“Ariana” era stata evacuata e sistemata provvisoriamente in alberghi e nel centro turistico di “Prora” che era quasi stato ultimato. Al più presto a guerra conclusa, tutta questa gente sarebbe stata trasferita in strutture sequestrate agli ebrei dei quali avrebbero letteralmente preso il posto. In città erano rimasti ovviamente gli ebrei, e inoltre vi erano stati trasferiti tutti quanti quelli che erano considerati indesiderati dal regime.....zingari, prigionieri di guerra russi, dissidenti, delinquenti comuni, Testimoni di Geova, minorati psichici e mentali. Nessuno era più autorizzato ad uscire dalla città pena la morte immediata per fucilazione. In città inoltre potevano entrare solo ed esclusivamente i “nuovi condannati”, coloro cioè che continuavano ad esservi trasferiti a velocità crescente da tutta Europa. Si trattava in definitiva di un metodo nuovo e radicale per liberarsi una volta per tutte degli indesiderati e indesiderabili......una volta piena la disgraziata città, la notte di Natale, di li ad un mese, sarebbe stata cancellata dalla faccia della terra da un ordigno nucleare. Niente forni crematori da riempire, niente esseri umani da gasare......un lampo di luce bianca e....via! Tutti li dentro erano indistintamente condannati a morte, condannati cui veniva anche negato il conforti dell'ultimo pasto: viveri in città non era concesso introdurne e anche l'acquedotto era stato interrotto dai tedeschi impedendo all'acqua di fluire in città. Ci si può immaginare quali potessero essere le condizioni di chi viveva li dentro.....solo i residenti riuscivano ancora a “campare”avendo oculatamente conservato ben nascosta una certa quantità di acqua e viveri ma i “nuovi arrivati” non avevano letteralmente di che vivere e cominciavano a morire di stenti in mezzo alla strada. La notizia era arrivata alla mamma di Virginia con una lettera spedita da Venezia una settimana prima. I telefoni tra l'Italia centro meridionale ed il nord occupato ancora non funzionavano per cui l'unico modo di comunicare era quello di scrivere e....aspettare a lungo una risposta. La zia paterna di Virginia comunicava concisamente la morte improvvisa del padre della ragazza a causa di un non ben specificato “incidente”. Molte righe della lettera apparivano cancellate dalla censura e frasi intere apparivano così illeggibili. Pianti disperati da parte delle due donne e poi la partenza immediata per il nord in treno con la compagnia di Marco che non aveva voluto in quella tragica occasione lasciarle sole. Il viaggio ferroviario era stato come al solito in quel disgraziato periodo, una vera tortura....a Firenze avevano dovuto cambiare treno e al confine delimitato dal fiume “Po” erano stati fermati tutti e tre dalle SS che presidiavano la zona, fatti scendere e portati all'interno di una caserma dell'ex esercito italiano per un non ben definito controllo. La prima impressione che i tre viaggiatori avevano provato, era quella di essere capitati per un atroce capriccio del destino, nel momento sbagliato nelle mani sbagliate.....Virginia era stata prima bruscamente allontanata dalla madre e dal fidanzato e subito dopo fatta entrare in una camera attigua dove un capitano delle SS dall'aria truce aveva incominciato ad interrogarla. Pareva che l'ufficiale sapesse già con chi aveva a che fare, conosceva nome e cognome della ragazza, era al corrente della recente morte del padre e si comportava come se la ragazza fosse a sua volta al corrente di qualcosa di non ben definito, che all'ufficiale pareva invece interessare moltissimo. Domande, continue domande.....domande sempre più insistenti e serrate, su tutto e su tutti, sulla su vita, sulle sue abitudini e soprattutto sulle attività del padre defunto.....Virginia cominciava adesso veramente a spaventarsi.....non capiva dove e a cosa l'uomo volesse arrivare. Poi le domande erano diventate più specifiche e vertevano tutte sulla vita e sulle attività del padre appena morto. Ma quali attività....Virginia della vita del padre conosceva solo quanto l'uomo aveva fatto da sempre per mantenere la sua famiglia e non sapeva assolutamente altro, non era al corrente di chi il padre potesse aver frequentato nella sue lunghe assenze da casa. Poi all'improvviso il terrore la aveva invasa.....un colpo di rivoltella era chiaramente arrivato ai suoi orecchi seguito dall'urlo disperato di sua madre che invocava prima Marco e poi pietà, colpo di rivoltella seguito subito dopo da un altro e un' altro ancora e poi dal silenzio più completo. Virginia non aveva visto nulla ma.....aveva compreso ogni cosa di quanto era accaduto nella stanza attigua........ Il capitano aveva sorriso e le aveva detto:” Visto cara signorina che cosa capita a chi si rifiuta di collaborare?” E aveva ricominciato con le domande sempre più stringenti cui la ragazza, tra l'altro sotto shok, non era assolutamente in grado di rispondere. Poi ovviamente erano incominciati inevitabili i primi schiaffi e le prime umiliazioni......Virginia era stata fatta rapidamente spogliare completamente a suon di ceffoni e le domande cui non sapeva dare risposta erano per l'ennesima volta ricominciate sempre più martellanti. Alla fine il capitano aveva compreso che la ragazza non sapeva effettivamente nulla, oppure si era semplicemente stufato della situazione e senza proferire parola aveva aperto la porta della stanza e se ne era andato. Subito dopo un sergente delle SS era entrato e con una certa gentilezza aveva ingiunto alla ragazza di rivestirsi e subito dopo, appena Virginia aveva ubbidito, la aveva presa sotto braccio cercando di non spaventarla ulteriormente e l'aveva fatta salire sul cassone di un camion parcheggiato dietro l'edificio dove già si trovavano una quindicina di persone. Li Virginia era crollata....nel giro di una giornata, che avrebbe purtroppo ricordato per tutta la vita, si era ritrovata orfana e con il dolore di avere perso anche il suo Marco. Adesso si ritrovava sola e abbandonata sul cassone di un camion, con gli abiti stracciati, senza nemmeno sapere cosa la aspettava e dove sarebbe stata portata.

CAPITOLO TRENTASETTESIMO.

Presto.....era necessario fare il più presto possibile in modo da risolvere il problema del reattore e poter finalmente subito dopo, scatenare l'offensiva finale. I due grossi alianti si erano staccati, esattamente alle undici di sera, dai quadrimotori nel buio assoluto della notte fortunatamente illune. Erano riusciti volando il più alto possibile e con i motori al minimo, a non farsi intercettare dalla caccia notturna tedesca e adesso che il cavo di traino era stato staccato, stavano planando nel massimo silenzio, verso la capitale del Terzo Reich. Il buio totale non consentiva di vedere nei particolari la grande città che si stendeva li in basso. Non si vedevano i cumuli di rovine causati dai bombardamenti....ma solo una miriadi di luci che ricordavano un cielo stellato. Con la conclusione del conflitto anche l'oscuramento era ovviamente cessato e questo fatto aiutava per fortuna non poco i piloti americani nell'avvicinamento all'obbiettivo. I piloti stavano puntando verso il punto di riferimento delle luci rosse piazzate sui tralicci di illuminazione del grande stadio olimpico, perchè proprio sul suo prato avrebbero dovuto cercare di atterrare. Non si trattava per nulla una faccenda agevole...era necessario prima di tutto avvicinarsi ad una quota ben precisa tenendo conto di ogni alito di vento, alzarsi poi per l'ultima volta a scavalcare le altissime tribune e poi abbassarsi di colpo e terminare la corsa sul trifoglio del campo. Era mezzanotte meno venti quando i due alianti terminarono con successo il loro volo.....tutto pareva essere andato bene, a bordo campo non era fortunatamente apparso nessuno e i quaranta italiani e i quattro americani si erano potuti incamminare assolutamente indisturbati verso l'uscita. Tutti erano vestiti con uniformi dell'esercito regolare tedesco sperando così di non essere fermati da nessuno nel loro avvicinamento al loro obbiettivo. Le uniformi indossate erano un indubbio vantaggio.....loro erano in missione di sabotaggio e se fossero stati catturati, il loro destino non sarebbe affatto cambiato sia che avessero indossato le loro tradizionali divise, sia che avessero addosso quelle tedesche....in entrambi i casi, se caduti in mano al nemico, la morte era assicurata per tutti e quarantaquattro. Comandante del plotone era il colonnello Puppini, ufficiale dei “Lagunari” che aveva alle spalle anni di comando, e che aveva partecipato durante la guerra a svariate azioni dietro le linee nemiche. I suoi trentanove uomini erano tutti nativi di Venezia, Caorle, Chioggia e dei paesi dell'entroterra della laguna veneta. Molti di loro erano “rotti” alle fatiche della pesca e tutti avevano dietro di loro anni e anni di esperienza e di continue e sfibranti esercitazioni ed erano ansiosi di avere il battesimo del fuoco. Ma Il Colonnello Puppini non aveva assolutamente intenzione di misurarsi in alcun combattimento, se solo fosse stato possibile.....combattere nel mezzo di Berlino sarebbe equivalso purtroppo ad un sicuro suicidio, era invece indispensabile, se solo volevano sperare di salvarsi, colpire nel massimo silenzio ed allontanarsi indisturbati e senza essere notati da nessuno, verso l'edificio dall'ambasciata spagnola che per loro avrebbe rappresentato la salvezza. Erano tutti estremamente decisi....il loro motto di battaglia era tutto un programma e diceva testualmente: ”Vogliamo morire tutti crocifissi per riscattare un minuto di viltà”.....erano giovani ed entusiasti e meritavano completamente la fiducia in loro riposta.
Virginia alla fine parlando con i compagni di viaggio, era riuscita a conoscere la sua destinazione: il sergente che l'aveva presa con una certa gentilezza sotto braccio per farla salire sul camion, si era lasciato scappare con i suoi sventurati compagni, che la meta ultima era Varsavia....in Polonia. Virginia dopo qualche ora di apatia, distrutta dalla morte atroce di tutti quelli che amava, aveva cominciato in qualche modo a reagire e a farsi mille domande:” Varsavia....ma cosa ci vado a fare in una città così lontana....e chi è tutta questa gente che sta viaggiando con me? Ma cosa ho fatto mai per meritarmi tutto questo?” Interrogando i suoi compagni di viaggio, aveva saputo che erano tutti ebrei e che a quanto pareva venivano deportati tutti in Polonia per lavorare. Dopo quattro ore di camion, finalmente si erano fermati al limitare di un bosco dalle parti di Treviso ed erano stati tutti fatti scendere. I soldati che seguivano il camion e i due autisti si erano seduti a terra e avevano incominciato a mangiare avidamente.....per Virginia e per gli ebrei invece.....nemmeno un po' d'acqua. Ad un certo punto il solito sergente delle SS che sembrava avere il comando, si era avvicinato alla ragazza e le aveva fatto segno di seguirla nel folto del boschetto. Virginia, sentendo le oscene risate dei tedeschi che la stavano guardando, era sempre più terrorizzata e il la paura giunse al parossismo, quando il sergente cominciò a spintonarla e a trascinarla via in malo modo tenendo in mano la pistola. Non c'era nulla da fare, era necessario ubbidire....resistere voleva dire di certo essere subito ammazzata di botte, ma la ragazza, per fortuna, si stava sbagliando su tutta la linea. Il sergente infatti, appena allontanatosi con la ragazza a sufficienza da non essere più visto dal ciglio della strada, aveva cominciato a dire in un italiano stentato ma estremamente chiaro:” Bella signorina....te non avere di me paura......io non volere fare te male, io volere solo fare te scappare....te non venire devi a Varsavia, li solo morte per tutti voi prigionieri. Te no morire, me non vuole te fare del male...te troppo bella per morire....e adesso scappare verso li in fondo di corsa e te no fermare VAI, CORRI....” E Virginia ancora sbalordita cominciò allora una corsa disperata verso la fine del bosco in direzione delle prime case di Treviso. Il sergente intanto aveva esploso in aria due colpi di rivoltella e poi si era incamminato verso i suoi uomini che a vederlo con l'arma ancora fumante in mano, avevano incominciato a sghignazzare immaginandosi quello che invece per fortuna non era mai accaduto.

CAPITOLO TRENTOTTESIMO.

Percorrere di notte una Berlino deserta non era affatto difficile. Puppini procedeva con i suoi uomini perfettamente inquadrati in direzione della facoltà di fisica dell'università. Avevano incrociato a più riprese varie camionette dell'esercito tedesco ma nessuno si era sognato di fermarli. Ad un certo punto si erano imbattuti come previsto nella “Spee” uno dei corsi d'acqua che solcano la città e li, guardando bene di non essere visti da nessuno, si erano sollecitamente nascosti tra il fogliame e le canne che si alzavano dalle sponde del fiume. Al di la del corso dì 'acqua ecco la massa scura del loro obbiettivo, una sorta di capannone in mattoni con il tetto di cemento armato. Tutto corrispondeva perfettamente fino a quel momento alle descrizioni di Wolf. Con il binocolo Puppini aveva anche individuato il triplo reticolato di filo spinato e le postazioni delle dieci sentinelle e dei tre nidi di mitragliatrici pesanti che difendevano quel lato della costruzione. Non esistevano in apparenza riflettori ed anche il personale di guardia era perfettamente mimetizzato.....pure il reticolato si poteva intravvedere solo facendo grande attenzione......il sito doveva essere ovviamente difeso alla perfezione ma, nello stesso tempo, non doveva dare assolutamente l'impressione che nascondesse un qualche cosa di così importante. Grazie agli schizzi di Wolf il piano era già bello e pronto......le dieci postazioni delle sentinelle ed i tre nidi di mitragliatrici dovevano essere attaccati nello stesso istante e eliminati nel più completo silenzio. Mentre i quattro americani si sarebbero occupati di guardare le spalle a tutti, i Lagunari, a due a due si sarebbero avvicinati, dopo aver guadato il fiume, e avrebbero eliminato il personale di guardia. Per i tre nidi di mitragliatrici ci sarebbe invece voluta, per ogni sito, una squadretta di cinque elementi. Gli altri cinque uomini sarebbero rimasti ad esplorare la zona per intercettare ed eliminare il più silenziosamente possibile, eventuali altri “ospiti indesiderati”. Attraversare la “Spee” per i Lagunari era tutto sommato un gioco da ragazzi....l'acqua e i canneti erano il loro ambiente naturale....lo stesso della laguna veneta e in modo particolare dell'isola di S. Andrea, dove da sempre si erano addestrati. Prima erano passati i militari che avrebbero dovuto assalire le sentinelle, poi i cinque di retroguardia, mentre i quattro americani esaurito il loro compito di “piloti” si erano già incamminati verso il percorso che i compagni avrebbero effettuato una volta eseguito la loro missione, per cercare di mantenerlo sgombro e sicuro. L'azione era partita dopo che tutti i Lagunari avevano sincronizzato gli orologi....la sorpresa e la simultaneità dell'attacco erano assolutamente fondamentali per la riuscita dell'impresa. Dopo un lento e accurato avvicinamento, effettuato strisciando nel buio con il corpo il più aderente possibile e terra, le sentinelle erano state eliminate senza alcun problema e i quaranta uomini erano adesso alle prese con lo scavalcamento del triplo rotolo di filo spinato: con le cesoie a disposizione aprirsi un varco non era una faccenda difficile e i militari uno alla volta erano riusciti a passare oltre. In testa Puppini procedeva una decina di metri avanti ai suoi uomini e proprio quando era appena scomparso tra il folto di una boscaglia, l'inferno si era di colpo scatenato tutto intorno. Tre mitragliatrici pesanti nascoste in un fossato, di cui nessuno conosceva purtroppo per nulla l'esistenza, di colpo avevano contemporaneamente aperto il fuoco sul plotone di uomini che procedeva “pancia a terra” ancora disgraziatamente tutti in gruppo, appena un momento prima di disperdersi dopo aver attraversato il varco attraverso il fil di ferro. Poi un mortaio aveva cominciato a lanciare a ritmo serrato i suoi micidiali proiettili che erano caduti proprio addosso ai Lagunari....nel giro di pochi secondi....tutto era finito e Puppini si era ritrovato completamente solo a “guardare” da lontano quel macello. Era logico....fin troppo logico. Un sito di tale importanza strategica, non poteva essere difeso solo da un pugno di sentinelle. Anche Wolf, che pure era vissuto per anni all'interno del perimetro, non poteva evidentemente sapere tutto sulle difese approntate dai suoi connazionali! Ma Puppini, se pure stravolto dal dolore per la morte dei suoi uomini, era una “testa dura” e non aveva alcuna intenzione di mollare. Sapeva per certo, essendo ancora vivo e libero,di non essere stato ancora individuato ed essendosi trovato più avanti dei suoi, era adesso in grado di proseguire nel folto, senza che nessuno per ora lo potesse disturbare. Puppini aveva visto benissimo da dove era partito il fuoco di sbarramento che aveva decimato il suo plotone, le mitragliatrici, e il mortaio.....e aveva concluso che con i metri che aveva di vantaggio sui suoi uomini, lui aveva già superato il loro punto di dislocazione. Più avanti, dove gli alberi finivano, restava da superare solo un tratto allo scoperto prima di poter toccare materialmente le mura perimetrali del laboratorio ma, con il favore delle tenebre e con l'aiuto dell'erba alta, la cosa si dimostrava come fattibile. Con se Puppini aveva ancora lo zaino con le cariche esplosive, la pistola con il silenziatore e il fedele binocolo. Si era liberato invece di tutto il resto.....tutto peso superfluo che non lo avrebbe certo aiutato nel prosieguo dell'azione. Aveva abbandonato in un cespuglio anche la voluminosa ricetrasmittente.....non avrebbe più potuto comunicare con nessuno.....se fosse riuscito a far esplodere il reattore il “botto” si sarebbe udito in tutta Berlino, se invece malauguratamente avesse fallito non lo avrebbe certo potuto comunicare a qualcuno. Sapeva benissimo che non avrebbe potuto salvarsi....era solo contro un numero imprecisato di nemici e l'unica speranza che gli era rimasta era quella di riuscire per lo meno di compiere con successo la missione assegnatali.
Virginia alla fine ce l'aveva fatta....correndo come mai prima in vita sua si era fermata solo quando i polmoni le sembravano bruciare in petto e quando la milza le dava fitte tali da renderle problematico il solo fatto di rimanere in piedi. Ma la fortuna era finalmente passata dalla parte della ragazza......nessuno l'aveva seguita fino a li. Virginia si era avvicinata alla chiesa che si stagliava li vicino e aveva bussato con una disperata insistenza alla porta della Canonica.
Le truppe d'assalto erano sul piede di guerra pronte come non mai all'azione. La forza da sbarco, preparata per mesi con tanta cura per invadere la Francia occupata, era pronta a salpare. Centinaia e centinaia di aerei di ogni tipo erano pronti al decollo e si attendeva solo la notizia della distruzione del laboratorio di Berlino per poter partire. Perso per perso si era deciso che l'azione sarebbe stata messa in opera comunque....non c'era più nulla da perdere ma se il laboratorio non fosse stato immediatamente distrutto, si sarebbe trattato di effettuare una drammatica e quasi sicuramente impossibile lotta contro il tempo. Infatti l'attacco aereo sarebbe stato si tentato....ma contro la caccia notturna dei tedeschi dotata dei micidiali Me 262, ci sarebbe stato ben poco da fare anche per le fortezze violanti scortate dalla caccia americana e se il laboratorio nemmeno con il bombardamento fosse stato raso al suolo e la vittoria che si sperava di ottenere con l'assalto alla Germania non fosse arrivata con la massima rapidità.....altre bombe avrebbero inevitabilmente distrutto ogni residua speranza di una onorevole sopravvivenza da uomini liberi. Ma c'era comunque chi aveva già cominciato a dirigersi verso il nemico: Da Scapa Flow una flotta imponente aveva già preso il mare: la Nelson e la Rodney, le due corazzate inglesi cioè armate con i 406, la moderna King Gerorge v dotata dei 320, la più la vecchia, rabberciata ma ancora efficiente Valiant. Assieme a loro le uniche due portaerei rimaste agli inglesi con l'aggiunta della americana Hornet (cv12) capace di imbarcare da sola oltre cento aerei. Di scorta otto incrociatori pesanti, dieci leggeri, trenta sommergibili di scorta e venticinque cacciatorpediniere e navi di minor tonnellaggio. All'ultimo momento erano arrivate anche due vecchie corazzate americane, esattamente la Texas e la Pennsylvania, lente come la Nelson e la Rodney ma anche loro potentemente armate. Ovviamente questa imponente massa di navi scortava centinaia e centinaia di mezzi da sbarco appositamente costruiti. Ufficialmente la missione era quella ampiamente prevista da tutti,di effettuare e di supportare lo sbarco in Normandia.....ma la realtà sarebbe stata invece molto diversa.

CAPITOLO TRENTANOVESIMO.

Virginia questa volta aveva trovato per fortuna un sicuro rifugio. Il giovane sacerdote che l'aveva accolta, si era dimostrato di una disponibilità e di una gentilezza infinita. Aveva subito affidato la giovane alla anziana “perpetua” che viveva con lui e lo considerava un po' come figlio suo. L'anziana signora aveva dato a Virginia la possibilità di fare prima di tutto, un bagno ristoratore e poi in cucina le aveva dato la “gioia” dimenticata da giorni di un sostanzioso pasto caldo. Virginia aveva accettato tutto ciò con gratitudine, finalmente certa di essere almeno per il momento al sicuro. Poi, con la rilassatezza, era subentrato il dolore e con lui un pianto disperato. Ma il giovane prete sapeva bene come intervenire in questi casi....la aveva lasciata sfogare e poi piano piano la aveva stimolata a parlare, a raccontare quanto le era accaduto....insomma a scaricare, raccontando la sua triste vicenda, il peso che aveva in cuore. Don Vigilio, così si chiamava il sacerdote,si era reso conto che nessuno avrebbe più cercato Virginia....provabilmente tutto quanto era stato fatto a suo danno era capitato per l'eccesso di zelo di qualche tedesco annoiato, in cerca di un bieco divertimento, fatto questo che era purtroppo costato la vita di due esseri innocenti e la rovina di una brava e buona ragazza. La guerra, aveva concluso il sacerdote, era una cosa tremenda che pretendeva sempre il tributo del sangue innocente. Ma anche tra i criminali più incalliti si poteva sempre trovare il “classico fiore nel deserto” quantificato in questo caso, da quel sergente delle SS che le aveva col più grande disinteresse salvato la vita.
Puppini era giunto finalmente ad un passo da raggiungere il suo obbiettivo ma attraversare la zona libera dagli alberi senza farsi notare era purtroppo impossibile. C'era si, l'aiuto dell'erba alta e dell'oscurità.....ma la massa del suo corpo ad una attenta osservazione non sarebbe certo passata inosservata. Lui, tra l'altro, non poteva sapere se c'era ancora qualche postazione di sentinelle nascosta da qualche parte e pronta ad individuare la sua presenza e a dare l'allarme..... Si rendeva necessario dunque, se voleva proseguire, creare un diversivo: L'ufficiale aveva nello zaino ancora sei bombe a mano e intendeva lanciarne una nel buio e farla esplodere il più lontano possibile dalla sua attuale posizione. Nessuno nel buio della notte si sarebbe provabilmente accorto del lancio ma tutti avrebbero immancabilmente volto lo sguardo nella direzione dove sarebbe avvenuta l'esplosione e lui avrebbe potuto balzare per qualche momento avanti assolutamente indisturbato. Il fragore dell'esplosione aveva infatti permesso a Puppini di lanciarsi in avanti strisciando il più aderente possibile al terreno sotto la protezione dell'erba non falciata. In una trentina di secondi l'ufficiale era arrivato rasente il muro in mattoni: la porta d'ingresso era li a pochi metri, difesa in apparenza solo da un piantone armato di una mitraglietta. Ad un certo momento la porta si era aperta e uno scienziato in camice bianco era uscito a vedere cosa stesse accadendo. Da quando Wolf era improvvisamente scomparso, le misure di sicurezza erano diventate ancora più rigide e a nessuno era permesso entrare o uscire dalla struttura senza motivo. Il soldato di sentinella aveva dunque fatto subito rientrare all'interno lo scienziato, dicendogli di non preoccuparsi che li tutto era sotto controllo. Puppini aveva notato nel frattempo che la porta non aveva serratura e che veniva chiusa, da una sbarra metallica munita di un robusto lucchetto, provabilmente solo quando all'interno del laboratorio non c'era nessuno. Per entrare, sarebbe dunque stato sufficiente “far fuori” la guardia. Era stato tutto sommato semplice ingannare il piantone.....Puppini aveva di nuovo usato il vecchio trucco del sassolino lanciato nel buio dalla parte opposta alla sua posizione....e il gioco era stato fatto. Adesso la via per entrare era spianata. Puppini non aveva perso tempo ad occultare il cadavere del tedesco....se qualcuno fosse passato di la o avrebbe notato il cadavere o l'assenza ingiustificata della guardia e comunque avrebbe dato l'allarme. All'interno si apriva un corridoio che pareva non finire mai, al termine del quale un'altra porta ermeticamente chiusa, dava nel laboratorio del reattore che a quell'ora tarda Puppini sperava che fosse completamente deserto. L'incursore era sollecitamente entrato dirigendosi verso il locale che lo interessava e aveva scoperto che il corridoio dove si trovava, dava accesso anche ad altri locali chiusi da normalissime porte. Le targhette affisse dicevano che si trattava solo di normalissimi uffici, locali che non rivestivano per l'incursore alcun interesse. Appena aperta la porta del laboratorio, Puppini si era trovato improvvisamente davanti il medesimo tecnico che era precedentemente uscito dalla costruzione.....ed era stato costretto, prima che l'uomo potesse urlare dando l'allarme, a freddarlo con un colpo di pistola dotata di silenziatore. Nel laboratorio per fortuna non c'era nessun altro e l'incursore aveva cominciato a guardarsi intorno per vedere se proprio quello era il locale che lo interessava e che era venuto a distruggere. Il laboratorio era dotato di alcuni tavoli sopra i quali erano situati strumenti elettronici che lui non era in grado di identificare. Sulla parete di destra era poi appoggiato un grande quadro elettrico di controllo dotato di tutta una serie di strumenti e di quadri indicatori. Sull'altra parete correva invece una grande finestra di vetro dall'apparenza molto spesso che faceva vedere l'interno di quello che sembrava proprio il cuore dell'impianto segreto, proprio quello che Puppini era venuto a cercare. L'incursore aveva allora immediatamente esaminato i punti dove poter piazzare le mine magnetiche di cui era dotato ma la fortuna, che lo aveva accompagnato fino a quel momento, lo stava purtroppo per abbandonare. Il cambio della guardia era alla fine arrivato e aveva immediatamente scorto riverso a terra il cadavere del collega. L'allarme generale sotto forma del suono acuto di una sirena era risuonato ovunque e nel giro di un paio di minuti il laboratorio stesso si stava per riempire di guardie. Sfortunatamente non c'era più tempo per fare nulla, le bombe non potevano essere attivate in alcun modo nel modo previsto....mancava oramai il tempo necessario per poterlo fare............era necessario dunque cambiare radicalmente programma. Puppini si era guardato attorno disperato e si era reso conto che ormai si trovava nell'assoluta impossibilità di uscire all'aperto e di darsi alla fuga, posto che tentare di scappare fosse potuto servire a qualche cosa: comunque andassero le cose lui era destinato a morire, in un modo o nell'altro. Il laboratorio segreto era certamente ormai completamente circondato e nel giro di pochi attimi le guardie avrebbero fatto irruzione all'interno e lo avrebbero catturato o ucciso. L'unica via di fuga apparente era la porta sigillata che si trovava alle sue spalle, una porta di metallo dall'apparenza massiccia che si poteva aprire solo premendo un pulsante rosso su cui era scritto in tedesco: ”Premere per aprire” ma anche a caratteri cubitali: ATTENZIONE PERICOLO DI MORTE INGRESSO VIETATO ASSOLUTAMENTE SENZA L'USO DELLE APPOSITE TUTE ANTI RADIAZIONI. Non c'era però purtroppo altra alternativa......l'incursore non aveva certamente ne il tempo ne la possibilità di cercare le tute di protezione.....Puppini allora aveva premuto il pulsante ed era entrato nel nuovo locale, proprio nello stesso momento in cui le guardie facevano il loro ingresso in laboratorio. Dove mai era capitato? La stanza in se stessa non era molto grande e aveva al centro una sorta di “vera da pozzo” al centro della quale erano appese dall'alto, sostenute da una struttura metallica,venticinque aste o barre di un metallo non ben definito. Il pavimento era tutto solcato da tubi metallici e cavi elettrici, alcuni dei quali partivano dal centro per poi “infilarsi” sotto le pareti che delimitavano il locale e terminare nei quadri di controllo situati nell'attiguo laboratorio. Puppini non era assolutamente uno scienziato.....ma guardando lo strano oggetto al centro e il simbolo delle radiazioni situato ovunque e con la inquietante dicitura “pericolo di morte” presente in maniera ossessiva, rendendosi conto che le guardie, che vedeva agitarsi al di la di una spessa finestra di vetro infrangibile che separava dal laboratorio il locale dove adesso si trovava, non avevano alcuna intenzione di entrare per catturarlo, si rese conto di tre cose: La prima era quella che era per lo meno arrivato li dove doveva, la seconda era che avrebbe avuto tutto il tempo di disporre le bombe perchè tanto nessuno avrebbe osato disturbarlo, la terza era quella che lui....era praticamente già morto, trovandosi in un luogo dove le radiazioni presenti lo avrebbero ucciso ben presto. Era adesso assolutamente necessario portare a termine il lavoro per cui era venuto....a morire fin li....la missione doveva essere compiuta ad ogni costo e bisognava fare presto! Già la forte fibra del suo corpo cominciava ad essere attaccata dal potere distruttivo delle radiazioni ionizzanti......un vago senso di nausea, all'inizio ancora indefinito ma via via sempre più forte stava invadendo l'ufficiale mentre una crescente debolezza lo “permeava” sempre più. In verità per fortuna per compiere la missione non c'era molto da fare.....Puppini aveva fatto aderire allo strano macchinario tre bombe magnetiche e aveva impostato il Timer per una esplosione che si sarebbe verificata solo due minuti dopo. Già lo sguardo gli si stava progressivamente annebbiando e toccandosi la testa sempre più dolorante, si era reso conto che ciocche intere di capelli gli erano rimaste in mano. La sua mente per un tempo brevissimo ma che a lui pareva indefinito, si era come staccata dal suo corpo in veloce disfacimento: gli erano scorsi davanti agli occhi, che già non vedevano quasi più, i momenti più belli della sua vita, i ricordi più struggenti e nello stesso tempo si era fatta viva la consapevolezza che tutto quanto lo riguardava stava inesorabilmente per avere termine. Poi era arrivato il vomito, e la diarrea aveva cominciato, con crampi tremendi e assolutamente incontrollati, a squassare l'intestino dell'ufficiale. Ma Puppini ormai non sentiva quasi più nulla......il suo corpo aveva perso ogni sensibilità e la sofferenza non lo toccava già più...... la sua mente funzionava con lucidità anche lei solo a sprazzi, con i neuroni distrutti da quel veleno invisibile. Un attimo ancora di coscienza e di vaga consapevolezza, la visione di un tunnel misterioso illuminato da una luce celestiale dove i suoi uomini lo stavano aspettando per entrarvi tutti insieme e poi....il nulla su questa terra e l'inizio di un qualche cosa di diverso e meraviglioso altrove. Fuori della porta sigillata, nel frattempo era scoppiato il caos. Ovviamente ci si rendeva conto che, se solo l'incursore avesse avuto con se dell'esplosivo, e se disgraziatamente fosse riuscito a farlo detonare, tutti quelli che si trovavano nel raggio di trecento metri sarebbero periti nell'esplosione e che il plutonio, che si sarebbe fatalmente disperso nell'aria, avrebbe avvelenato mezza Berlino. Era indispensabile bloccare l'uomo all'interno della camera del reattore prima che potesse fare danni irreparabili.....ma per fare ciò era indispensabile fare qualcosa e farlo SUBITO e questo qualcosa voleva solo dire ENTRARE!: il Maggiore che comandava le guardie aveva subito ordinato al militare che si trovava più vicino a lui di entrare immediatamente nella camera sigillata e di “far fuori” l'incursore. Ma il soldato, pazzo di terrore, sapendo benissimo che entrando sarebbe andato incontro a morte certa, si era rifiutato di eseguire l'ordine e il Maggiore..........allora, senza alcuna esitazione, lo aveva freddato immediatamente con la sua pistola d'ordinanza, per poi rivolgersi ad un altro militare puntandogli contro direttamente la pistola a un metro di distanza e ripetendo anche a lui l'ordine impartito al collega appena morto. Non esiste al mondo un mezzo più persuasivo di un'arma puntata a pochi centimetri di distanza dalla propria faccia e il soldato fece passare in sottordine la provabile morte lenta dovuta ad un avvelenamento massiccio da radiazioni ad una morte istantanea e sicura per un colpo d'arma da fuoco in pieno volto....e spalancò la porta per entrare nel locale con il “parabellum” pronto a sparare. Nel tumulto della sua mente aveva pensato per un attimo:” Entro li dentro.....individuo l'incursore, gli sparo, mi assicuro che sia morto ed ESCO SUBITO. Forse se faccio presto riuscirò anche a cavarmela.” All'interno della stanza Puppini giaceva a terra già morto con la faccia immersa in una pozza del suo vomito.....il soldato lo aveva rigirato per sicurezza con una pedata, aveva constatato che l'incursore era morto e si era guardato attorno alla ricerca di un qualche cosa di insolito o fuori posto. Subito il tedesco aveva individuato le tre bombe.....si era avvicinato alla prima delle tre e si era subito reso conto che lui non sarebbe mica morto come temeva a causa delle radiazioni....aveva capito che la sua vita sarebbe terminata ancora prima....esattamente dopo dieci secondi da quel momento e che nessuna cosa al mondo avrebbe potuto impedire questo fatto ineluttabile.

CAPITOLO QUARANTESIMO.

I quattro aviatori americani, avevano assistito assolutamente impotenti da lontano alle morte improvvisa dei colleghi italiani. Sapevano benissimo che appena scoperti, non esisteva alcun modo per riuscire a cavarsela e che o morti o catturati, per i colleghi italiani non avrebbe poi fatto una gran differenza.......nessuno dei Lagunari avrebbe mai fatto ritorno da loro. Era adesso assolutamente necessario attendere ben nascosti e vedere se di li a poco si fosse verificata l'esplosione che tutti loro speravano ardentemente che distruggesse il laboratorio segreto....chissà, forse qualcuno di loro era scampato alla morte e magari era riuscito a penetrare le difese tedesche e a compiere la missione. I minuti trascorrevano lenti, febbrili……...quando esattamente all'una e quarantacinque di quella terribile notte, ecco una tremenda deflagrazione squarciare il silenzio della città addormentata. Il cielo si era tinto di rosso e dalla parte dove era situato il laboratorio, si erano alzate verso l'alto turbinose volute di fumo biancastro. La missione era stata compiuta e i quattro avevano immediatamente lanciato via radio alla vicina ambasciata spagnola, il segnale convenuto che tutti stavano attendendo con ansia.....poi, solo poi, si erano silenziosamente incamminati verso l'edificio che rappresentava per loro la salvezza. La fortuna questa volta era dalla loro parte.........la nuvola radioattiva infatti veniva sospinta dalla brezza notturna in una direzione tale da non poter ricadere addosso a loro. Dall'ambasciata intanto era partito immediatamente in singolo impulso radio su di una frequenza prestabilita, impulso diretto verso l'Inghilterra, dove appena captato, aveva suscitato nei presenti.....un entusiasmo quasi “calcistico”.

CAPITOLO QUARANTUNESIMO.

La grande macchina della guerra si era dunque rimessa in moto di colpo.....per radio i radiogiornali Inglesi e Americani, avevano avvertito la popolazione mondiale che la minaccia nucleare era stata sventata una volta per tutte e che non ci sarebbero state altre bombe atomiche nel futuro del mondo. Re Umberto in un messaggio radiofonico alla Nazione, aveva ovviamente sottolineato come il merito di aver sventato una così tremenda minaccia, era dovuto esclusivamente all'intervento, e purtroppo all'estremo sacrificio, di militari italiani e che ciò, oltre al lodevole comportamento dell'Italia dopo l'armistizio, avrebbe fatto considerare l'Italia stessa non più come una Nazione vinta ma.....di fatto su di un piano ben diverso.
I tedeschi erano allibiti, spaventati e delusi, soprattutto delusi....da una vittoria sicura e da una pace finalmente conquistata con tanto sacrificio, adesso si ritrovavano di colpo con un pugno di mosche in mano. La guerra ricominciava un'altra volta più violenta di prima e questa volta contro un nemico più incattivito e deciso che mai! La situazione, pur gravissima, era però teoricamente largamente più favorevole, almeno in apparenza, dell'estate precedente: Con la messa in funzione di molte delle nuove armi, con la drastica riduzione di efficacia dei bombardamenti sulle industrie e città tedesche e soprattutto con il ridimensionamento per non dire annullamento della incombente minaccia Sovietica, in apparenza, riuscendo per ipotesi a ricacciare in mare gli Americani e gli Inglesi che avessero tentato di sbarcare in Normandia, l'andamento del conflitto poteva forse, non certo tornare favorevole come nel 1939.....ma forse, questo si, essere mantenuto sotto controllo. A questo punto si sarebbe potuto tentare di giocare forse la carta di trattare per una pace di compromesso, in attesa di riuscire a ricostruire quanto gli incursori avevano distrutto a Berlino. Ma Hitler non si rendeva come al solito conto di molte cose fondamentali......non capiva che il popolo tedesco era ormai esausto e questa volta terribilmente disilluso e per la prima volta dall'inizio del conflitto, con il morale ampiamente sotto i tacchi, non si rendeva conto che uomini da mandare al fronte come carne da macello ce ne erano sempre di meno, non si era accorto che il seme della disperazione in Germania era già germinato e si stava estendendo sempre di più....e che la disperazione voleva e POTEVA fare tante cose!!! Tuttavia il “Vallo Atlantico” non era mai prima d'ora stato fornito di difese così poderose.....in retroguardia, pronte a ricacciare in mare l'invasore, erano state dislocate le migliori divisioni corazzate SS, tutte equipaggiate con carri “Panther”,“Tigre” e “Tigre Reale” e in cielo volavano numerosi i me 262 a reazione. A est la situazione per forza di cose era e sarebbe rimasta tranquilla. Li, oltre a tutto, i venti avevano trasportato la contaminazione radioattiva fin dentro i confini russi e per almeno un anno da quella direzione, nessun attaccante avrebbe potuto mai nemmeno pensare di potersi avvicinare. Dall'Italia per fortuna non ci si poteva attendere “sorprese” di sorta....per cui a patto di resistere ad ogni conto in Francia....il gioco sarebbe stato fatto.
Ma in Germania c'era ormai chi non voleva assolutamente più proseguire su quel binario. A parte la popolazione affamata e terrorizzata dal numero sempre crescente di morti e dalle privazioni sempre più feroci, a parte i veterani di tante battaglie che dopo aver creduto che le loro sofferenze fossero una buona volta finite come era stato loro promesso e che si ritrovavano invece nuovamente di colpo immersi nell'inferno dei combattimenti, vari Generali dell'Esercito, tutti di origine prussiana, tutti che avevano più di una volta avuto a che dire con Hitler e i suoi metodi per vari motivi, si erano segretamente riuniti presso Vienna nella casa di campagna di uno di loro e....avevano preso delle irrevocabili e drammatiche decisioni: prima di tutto avevano insistito sul fatto che Hitler avesse “disonorato” la Germania con la distruzione di Londra e Napoli, sul fatto che la sistematica e assurda distruzione degli ebrei avrebbe perseguitato ogni tedesco anche per le generazioni future e sul fatto che a guerra finita e ovviamente……..persa, il destino riservato alla loro amatissima Patria sarebbe stato certamente terribile. Era diventato adesso assolutamente necessario ed impellente, sbarazzarsi al più presto del Fuhrer e di tutti i gerarchi del nazionalsocialismo, dare un governo democratico alla Nazione ed uscire una vota per tutte dalla guerra nel miglior modo possibile....anzi.....con i minori danni possibili! Preparare un piano adatto alla bisogna non sarebbe stato affatto semplice; era indispensabile prima di tutto non allargare troppo la cerchia di “quelli che sapevano”, fare alla perfezione tutti i preparativi necessari nel più grande segreto riuscendo ad ingannare le onnipresenti SS e.....attendere ovviamente il momento più opportuno per agire. Hitler intanto dopo l'inevitabile e terribile scoppio d'ira che aveva inevitabilmente seguito la distruzione del laboratorio, era nuovamente sprofondato nel suo mondo di illusioni dove immancabilmente, se tutto non andava certamente bene, per lo meno tutto si poteva ancora aggiustare. Il laboratorio ed il reattore si potevano certamente ricostruire visto, che se anche se Wolf era scomparso nel nulla, i suoi piani e disegni originari erano al sicuro in cassaforte. Il Fuhrer aveva dato ordine che per il primo di febbraio la produzione di plutonio avrebbe dovuto riprendere nel nuovo reattore che si stava per cominciare a costruire nelle profondità delle grotte calcaree di “Amerika” a Praga e, di conseguenza che per il primo di marzo altre tre bombe atomiche avrebbero dovuto essere impiegate.....una delle quali ovviamente su Varsavia. Per questo motivo, adesso era assolutamente prioritario resistere! Ancora più di prima. Era poi assolutamente fondamentale ricacciare a mare gli Americani dalle spiagge francesi, una volta che avessero osato fare un simile tentativo o almeno ritardare la loro marcia di avvicinamento alla Germania il più a lungo possibile. Poi Hitler si era rimesso a contemplare l'immenso plastico di “Ghermania”, quella che sarebbe dovuta diventare a guerra terminata, la capitale del suo impero ed era ripiombato nel suo mondo illusorio di follia.
Il dieci di dicembre 1943 il grande attacco era dunque incominciato....una flotta di navi mercantili vuote era salpata per la Normandia scortata da quattro vecchie corazzate inglesi accompagnate da sei incrociatori e venticinque cacciatorpediniere. Questa flotta improvvisata aveva avuto cura di arrivare presso la costa francese alle otto di sera, quando cioè il buio sarebbe già stato completo. In verità le corazzate non si erano avvicinate più di tanto alla costa ma avevano cominciato a sparare con i loro grossi calibri da una distanza di una ventina di chilometri. Lo scopo era quello di confondere il nemico con un attacco su obbiettivi ampiamente previsti da tutti ma....appunto per questi falsi. I tedeschi dovevano rimanere convinti il più a lungo possibile, che gli Anglo Americani avrebbero tentato di prendere terra proprio li....dove erano attesi da tempo. Si era trattato di una finta perfetta....alle prime luci dell'alba alcuni aerei inglesi avevano anche bombardato le postazioni tedesche e i vecchi mercantili erano stati fatti avvicinare alla costa. Alcune navi erano state fatte addirittura saltare dagli Americani come se fossero state colpite dalle postazioni nemiche...altre erano effettivamente state colpite dai grossi calibri tedeschi. Ma lo sbarco vero e proprio non era mai avvenuto....sulla linea dell'orizzonte gli Inglesi avevano fatto apparire, bruciando della nafta, delle colonne di fumo, per dare l'impressione che il grosso della flotta di invasione fosse sul punto di arrivare. Intanto il vero attacco stava per partire, li in un punto dove il nemico non se lo sarebbe mai aspettato. La grande flotta era partita nottetempo da Scapa Flow e alle prime luci dell'alba dell'undici dicembre, era comparsa assolutamente inattesa, davanti alla foce dell'Elba....praticamente ad un tiro di schioppo da Amburgo. I Tedeschi in realtà in quella zona avevano ben poco da opporre.....mai avrebbero pensato di essere attaccati all'improvviso sul loro suolo nazionale......tutto il meglio delle loro divisioni corazzate si trovavano per ovvi motivi altrove ed anche gli aerei erano stati dislocati per supportare l'esercito che era preposto a difendere la spiagge francesi. Il terribile e rapidissimo bombardamento aeronavale aveva distrutto in brevissimo tempo le poche difese presenti e dopo sei ore di bombardamento incessante dal mare e dall'aria, le truppe di terra erano sbarcate senza incontrare praticamente resistenza e recuperata la loro logistica di supporto, si erano velocemente avviate verso Berlino grazie anche alla bellissima autostrada che univa le due città. Tutto stava andando ancora meglio del previsto, le truppe che lo Stato Maggiore Tedesco preso dalla disperazione, era riuscito a lanciare contro l'invasione, erano di volta in volta state spazzate via e quelle dislocate in Normandia erano troppo lontane per poter intervenire in tempo......e ora l'incredibile stava cominciando ad accadere: i soldati tedeschi gettavano le armi, prima in sparuti gruppetti, poi a battaglioni e reggimenti interi e la rinuncia a combattere si estendeva drammaticamente a macchia d'olio. Un Hitler furibondo aveva ordinato allora, in un tremendo scatto d'ira, come se poi la grande nave avesse potuto fare qualcosa contro un intera flotta, di scatenare la potenza della Tirpitz contro la flotta Anglo Americana....ma parte dell'equipaggio che sapeva che la missione comandata era praticamente inutile e suicida, aveva sabotato le turbine della grande nave rendendola di fatto inutilizzabile. Troppa era la stanchezza che attenagliava la Germania....i Tedeschi prima delle esplosioni nucleari, avrebbero certamente combattuto fino all'ultimo uomo, seguendo il loro capo in un mostruoso “Crepuscolo Degli Dei” Ma adesso BASTA....ora NON PIU'. Troppo cocente era stata la delusione provocata dal fatto che la guerra considerata vinta....era drammaticamente ripresa con rinnovato vigore. Troppi soldati si erano convinti che le stragi erano finite per sempre, che la vita per loro sarebbe ripresa con l'aggiunta poi dell'ebbrezza della vittoria, per invece ritrovarsi di colpo nell'orrore infinito della ripresa delle ostilità contro oltre a tutto un nemico imbestialito per i terribili lutti causati dal Fuhrer. Adesso NO...adesso BASTA! Hitler o non Hitler, Fuhrer o non Fuhrer......B A S T A !!! per i tedeschi si trattava praticamente del disastro.....i soldati si arrendevano sempre più numerosi e non bastavano le corti marziali improvvisate tenute dalle SS che fucilavano senza sosta chi rinunciava a combattere, per farli tornare a contrastare il nemico che avanzava. L'unica speranza per il regime morente era quella delle “Divisioni Corazzate SS“ di stanza in Francia che stavano precipitosamente tornando in patria con il loro tremendo potenziale distruttivo. Hitler, ammesso che ci fosse ancora tempo per poterlo fare, voleva farle puntare direttamente su Berlino, scatenarle contro l'invasore facendolo a pezzi all'ingresso della città e rinsaldando così sia la fiducia nel futuro sia la disciplina. Era necessario provvedere in merito....il Fuhrer in qualche modo doveva essere esautorato al più presto....il capo supremo doveva sparire dalla faccia della terra soprattutto prima che il nuovo laboratorio potesse entrare in funzione per produrre di nuovo il suo carico di morte. Il Generale Otto Mayer aveva a sua disposizione la Terza Divisione Meccanizzata di Fanteria Leggera. Questo reparto era stato sotto il suo comando dai tempi della Russia e i suoi uomini lo consideravano un “padre”. Lui la ritirata da Stalingrado la aveva fatta a piedi assieme ai suoi soldati e con la sua assidua ed infaticabile opera, era riuscito a riportare in Patria il suo reparto praticamente intatto e con tutto il materiale al seguito. Adesso aveva riunito i suoi uomini in un boschetto poco distante dalla “Tana Del Lupo” …....aveva specificato loro che c'era un compito importantissimo da eseguire e purtroppo anche “camerati” da uccidere, anzi da sacrificare, per la salvezza della Patria. Aveva giurato a tutti loro che se l'impresa fosse riuscita, la parola guerra sarebbe rimasta a lungo sui libri di storia e sarebbe scomparsa dai campi di battaglia. Non più irealizzabili sogni di gloria e di grandezza a scapito di altri esseri umani....ma solo pace, giustizia e libertà.....di vivere. Chi si voleva tirare indietro lo poteva fare ADESSO O MAI PIU'. Ma la stanchezza regnava sovrana, la promessa di una pace imminente allettava tutti....sapevano poi che il loro Comandante era nel giusto e agiva solo per il bene della Patria.....e accettarono, tutti....di seguirlo.

CAPITOLO QUARANTADUESIMO.

La resistenza sulla direttrice di Berlino era praticamente cessata. Prima dell'ingresso in città, dai paesi limitrofi gli abitanti avevano incominciato timidamente ad uscire di casa e a guardare passare le colonne che avevano invaso il loro Paese. Non c'erano certo manifestazioni di gioia....l'orgoglio impediva loro di farne e la rovinosa sconfitta non permetteva certo dimostrazioni di giubilo ...nell'aria aleggiava il sentore di una delusione, di una delusione tremenda, era la fine senza lieto fine di una favola che aveva illuso un popolo intero; si vedevano ancora espressioni di odio feroce sulle facce di molti tedeschi....ma c'era anche chi, un po' timidamente, allungava tazzoni di birra e generi alimentari alle truppe che passavano incolonnate. Ci voleva tempo....il cui passare avrebbe indubbiamente sanato almeno in parte le vecchie dolorose ferite. La “Tana Del Lupo” era difesa in modo perfetto per resistere ad un attacco terroristico ma non era assolutamente in grado di far fronte all'impeto di una intera Divisione, che agiva tra l'altro, con l'aiuto della sorpresa più completa. Nel giro di una ventina di minuti le SS di guardia erano o morte o messe nella condizione di non nuocere e il generale Mayer stava entrando oramai nella stanza del Fuhrer. Il generale non aveva mai avuto prima di allora la ventura di poter parlare con colui che manteneva il potere in Germania, lo aveva visto solo da lontano un paio di volte durante alcune “Adunate” tenute nello Stadio Olimpico di Berlino. Il Fuhrer paonazzo dalla rabbia per le ultime notizie che parlavano dell'incredibile tracollo morale del suo popolo e della resa di tante unità dell'esercito quando invece sarebbe stata indispensabile una forza d'animo ed una fede cieca nel futuro della Nazione, era completamente solo nel suo ampio ufficio. Su di un grande tavolo ricoperto da un tappeto verde, era riposto il gigantesco plastico di “Ghermania”...quella che sarebbe dovuta diventare la futura Berlino capitale del mondo. Le pareti di legno erano ricoperte di arazzi e su tutto, dietro la scrivania del Fuhrer, troneggiava una gigantesca svastica. Hitler non si era nemmeno reso conto che chi era entrato era un perfetto estraneo al suo entourage......non aveva sentito per nulla i colpi di arma da fuoco e le urla che provenivano dall'esterno concentrato com'era nei suoi pazzeschi sogni di grandezza. Hitler poi, non era nemmeno difeso da una guardia personale che potesse arrivare fino alla sua porta ma le SS avevano creato piuttosto un perimetro esterno di difesa, molto consistente e agguerrito per la verità ma una volta superato tale anello di difesa, la strada verso l'ufficio del Capo era completamente libera. Il Fuhrer non rendendosi conto di chi era entrato, stava per incominciare una delle sue solite “tirate” sulla presunta incompetenza di questo o quel generale che impediva agli eventi di svilupparsi come lui aveva previsto e programmato, ma Mayer non era caduto nel tranello, non avendo assolutamente intenzione e soprattutto tempo di perdersi in assurde discussioni....e alzando la voce al di sopra di quella del “Capo” lo aveva zittito e aveva testualmente detto ad un Fuhrer assolutamente allibito:” Signor Adholf Hitler......con l'autorità datami dal Governo Militare Provvisorio Tedesco, e dallo stesso Popolo Tedesco, popolo che lei ha tradito e spinto ad ogni sorta di nefandezze, la dichiaro da questo momento DECADUTO da tutte le sue cariche. Inoltre, sempre in nome del Popolo Tedesco, del Popolo Ebraico e di tutti coloro che da lei hanno avuto a che soffrire, io, Generale Otto Mayer, LA DICHIARO COLPEVOLE DI AVERE CONDOTTO IL PAESE AD UNA GUERRA ASSURDA CAUSANDO ALLA GERMANIA CENTINAIA DI MIGLIAIA DI VITTIME E DI AVERE COMMESSO CRIMINI CONTRO L'UMANITA' CON LA PERSECUZIONE E LO STERMINIO DI MILIONI DI INNOCENTI .IO DUNQUE LA DICHIARO UNICO RESPONSABILE DELLA DISTRUZIONE DI LONDRA E DI NAPOLI, DELLE CITTA' COSTIERE DEL MEDITERRANEO E DI AVER CAUSATO ATROCI SOFFRENZE AI SUPERSTITI DI TALI AGGLOMERATI URBANI. PER QUESTI MOTIVI LA CONDANNO ALLA PENA DI MORTE che verrà da me eseguita immediatamente.” Detto questo L'alto ufficiale prese la sua pistola di ordinanza ed eseguì con tre colpi ben piazzati, la sentenza che aveva appena pronunciato. Hitler praticamente non aveva avuto ne tempo ne modo di reagire..... era caduto a terra senza quasi rendersi conto che la sua avventura sulla Terra era terminata. Non era certo questa la fine che avrebbe meritato....aveva avuto la sorte benevola di avere una morte rapida e indolore, morte ben diversa a quella che aveva fatto dare a milioni di esseri umani come lui. Ma per “salvare il salvabile” non c'era altra alternativa....il Fuhrer doveva scomparire al più presto dalla scena per il bene supremo della Nazione....e così era stato fatto! Compiuta l'esecuzione del Fuhrer, Mayer aveva dato immediatamente inizio alla seconda parte del piano: la grande radiotrasmittente collegata per ogni evenienza alla radio di stato, era li a pochi passi, ancora perfettamente intatta e funzionante. Mayer aveva immediatamente chiamato accanto a se l'ufficiale responsabile delle trasmissioni della sua Divisione che attendeva nella stanza accanto e lo aveva fatto sedere davanti all'apparato ingiungendogli di trasmettere quanto il generale era pronto a dettargli. Il testo del messaggio radiofonico diceva esattamente questo:” Attenzione, attenzione, attenzione. Viene letto in questo momento un comunicato alla Nazione del Governo Provvisorio Militare..... Chi vi parla in questo momento è il Generale Otto Mayer, comandante della Terza Divisione di Fanteria Meccanizzata e portavoce ufficiale degli alti ufficiali dell'esercito tedesco che hanno da questo momento assunto la guida della nostra amata Patria. Annuncio al Popolo tedesco e al mondo intero, che Hadolf Hitler è per mia mano MORTO e che il Partito Nazionalsocialista NON SI DEVE PIU' CONSIDERSRE ALLA GUIDA DELLA NAZIONE TEDESCA. Annuncio al Popolo Tedesco e al mondo CHE DA QUESTO MOMENTO LA GERMANIA DOMANDA UFFICIALMENTE AL NEMICO DI CESSARE IMMEDIATAMENTE LE OSTILITA' ARRENDENDOSI A LUI SENZA CONDIZIONI e di adoperarsi il più rapidamente possibile per formulare le sue richieste per arrivare ad un definitivo armistizio. Contemporaneamente ingiungo alle Forze Armate Tedesche che si trovino in Francia, in Italia e in tutte le altre Nazioni da noi invase, di rientrare immediatamente in patria rinunciando ad ogni forma di violenza. Ordino inoltre a tutte le Divisioni SS di stanza in Germania,di riporre le armi e di ritirarsi all'interno delle loro caserme. Popolo tedesco....tutti noi siamo responsabili e colpevoli per i lutti e le sofferenze che la Germania ha perpetrato verso tanti innocenti, spero solo che la pietà e la misericordia, che noi non abbiamo voluto concedere agli altri, venga invece almeno in parte, concessa a noi. Il maggior responsabile di tanti lutti è morto per mia mano e io spero che il fatto che il peggiore di noi tutti abbia già pagato.....ci faccia trattare dal vincitore in maniera più umana di quanto non abbiamo fatto noi con altri. Viva la nuova Germania!!!!” La clamorosa notizia aveva fatto ovviamente subito il giro del mondo ed era stata recepita con vari stati d'animo, diversi gli uni dagli altri a seconda di chi la aveva ricevuta. Tutto era finalmente terminato.......ma pochi in verità avevano voglia di gioire. Troppi e troppo grandi erano stati i lutti e nessuno aveva voglia di far festa. L'esercito tedesco, dopo aver avuto conferma che tutto era reale e non facente parte di un sogno o di un trucco ordito dal nemico, aveva subito deposto le armi come richiesto: i soldati in Germania semplicemente avevamo consegnato le armi nelle caserme e....se ne erano il più presto possibile tornati tutti a casa, all'estero invece avevano fatto ritorno in Patria, in colonne ancora perfettamente inquadrate, per poi “sciogliersi” appena giunti in Germania. Anche le Divisioni Corazzate SS, perso il loro capo carismatico, perso colui che in pratica era la loro unica ragione di esistenza, avevano cessato ogni operazione bellica e si erano bloccate li dove si trovavano, ancora perfettamente equipaggiate, in attesa di ordini che non sarebbero più arrivati. Naturalmente Americani ed Inglesi avevano a loro volta cessato i combattimenti.... troppi morti e feriti in quegli anni di orrore, troppa sofferenza a tutti i livelli per non perdere l'occasione di farla subito cessare. I vincitori si limitavano adesso solo ad avanzare occupando rapidamente i centri nevralgici della Germania di importanza strategica, tutti tesi ad arrivare il più rapidamente possibile a Berlino. Nessuno si sarebbe mai potuto attendere pochi giorni prima un crollo così repentino ed assoluto dell'apparato bellico tedesco in un lasso di tempo così ridotto: al primo assalto le Forze Armate tedesche si erano sciolte come neve al sole, come mai era accaduto prima in passato. Tre erano stati i fattori scatenanti della resa: l'immensa delusione patita del passaggio da una vittoria ottenuta all'improvviso, alla repentina, imprevista e assolutamente non voluta ripresa delle ostilità, la grande stanchezza di quattro anni di guerra e, ovviamente, l'improvvisa scomparsa di colui che aveva portato la Germania alla rovina. L'unica fortuna per i tedeschi, in quei momenti terribili, era stata quella di avere come sempre una “classe” di Ufficiali all'altezza della situazione, che al momento opportuno aveva saputo farsi valere per la salvezza della Patria in pericolo rinnegando un passato di odio e prevaricazione verso i più deboli. Ciò non sarebbe certo stato sufficiente a salvare la Nazione.....ma di fatto avrebbe certo aiutato molto il Paese al tavolo delle trattative di pace e più avanti nella rinascita.

CAPITOLO QUARANTATREESIMO.

L'Europa intera si stava liberando rapidamente dal “giogo tedesco”. Le truppe degli invasori stavano lasciando rapidamente i paesi che per anni avevano occupato, senza per fortuna che nessuno ostacolasse il loro rientro in Patria. Odio e risentimento nei loro confronti non mancavano certo nella popolazione che da loro aveva dovuto “sopportare” di tutto....ma sia i tedeschi risultavano ancora pericolosi se stuzzicati, considerando il fatto che si, si stavano ritirando rapidamente ma che erano ancora perfettamente armati, sia la gente voleva ormai solo che se ne andassero fuori dai piedi una volta per tutte senza causare altri danni. L'Italia invece, per una logica ma imprevedibile reazione emotiva, era invece letteralmente “esplosa” di gioia. L'unica in Europa ad avere ancora in armi, a parte ovviamente l'Inghilterra, una parvenza di esercito, lo aveva subito impiegato su ordine del Re per precedere e seguire, scortandolo, il “ritorno a casa” dei “Crucchi”. Era per un certo senso la riedizione per i Tedeschi della disfatta di Vittorio Veneto e della susseguente ritirata risalente a venticinque anni prima. Virginia, cessato ogni pericolo, adesso desiderava solo di tornarsene a casa.....sapeva benissimo che li avrebbe trovato solo dolore e solitudine ma almeno sarebbe stata a casa e la forza della memoria del suo passato, la avrebbe forse aiutata a trovare la forza di ricominciare. Aveva deciso che sarebbe partita l'indomani, sola.....tanto da Treviso a Venezia la distanza non era certo grande e i mezzi pubblici, anche se a singhiozzo, funzionavano ancora. A tavola la sera la ragazza stava conversando con il Sacerdote che l'aveva tanto aiutata in quel periodo, quando si sentì bussare alla porta. La guerra era finita e i Tedeschi se ne erano tornati a casa, ma la paura dell'incognito non era ancora passata del tutto. La “perpetua” era andata tuttavia ad aprire e un giovane biondo e robusto aveva chiesto il permesso di entrare per un attimo: il ragazzo era vestito modestamente e si copriva con un pastrano che aveva visto certamente tempi migliori......da dove si trovava non poteva vedere Virginia ancora seduta a tavola e, proprio per questo, in un italiano estremamente stentato, aveva domandato alla donna se mai una giovane di nome Virginia, fosse per caso passata da quelle parti......non si trattava di nulla di importante in verità....ma solo di un suo interesse personale. A questo punto il sacerdote si era fatto avanti e guardato dritto negli occhi il giovane e avendo visto che quegli occhi di un azzurro incredibile non portavano alcun segno di odio o risentimento ma solo una infinita dolcezza, lo aveva fatto accomodare all'interno della stanza ben riscaldata dal caminetto. La ragazza non aveva fatto caso più di tanto al nuovo venuto....ma Hans, così infatti si chiamava il giovane, a vederla li davanti a lui era sobbalzato vistosamente. Appena riavutosi dalla sorpresa, il giovane aveva cominciato a parlare, guardando fisso negli occhi la ragazza che ancora non aveva ben compreso chi aveva davanti:” Cara signorina....tu me scusa prima di tutto per mio italiano....non so se tu mi ricordare, forse tu me cancellato da tua memoria....ma io sono colui che te ha liberata......io no volere che tu andare a Varsavia a.....morire, tuoi occhi troppo dolci per vedere tanti orrori. Io non potuto niente fare per salvare tua famiglia, io solo Sergente....Capitano solo lui comandare e...sparare. Io cercato te per vedere se tu salva e per chiedere tuo perdono anche se niente di male io fatto. Adesso te ho vista io torno Germania contento per avere te vista viva.” E così facendo Hans fece per alzarsi e lasciare la stanza ma Virginia si era allora alzata a sua volta, gli si era avvicinata e lo aveva abbracciato con tutte le sue forze stringendolo disperatamente a se.....”Maledetta la guerra” Aveva pensato tra se e se” Maledetta la guerra con tutti i suoi lutti ed i suoi orrori!” I due giovani poi si erano staccati e Hans, invitato questa volta dalla ragazza, si era nuovamente seduto a tavola. Virginia, come sbloccata dal trauma che aveva subito, era come un torrente in piena....voleva sapere, voleva comprendere.....voleva conoscere di più quel ragazzone che con la sua dolcezza stava conquistando via più la sua fiducia, la fiducia nel genere umano che la ragazza pensava ormai di avere perso per sempre. Quando poi il momento delle decisioni da prendere per ridisegnare i destini del “Vecchio Continente” era finalmente arrivato, decidere quale sarebbe stato il destino dell'Italia non era stato per la verità molto difficile....Americani ed Inglesi avevano alla fine considerato che si, la guerra l'Italia la aveva abbondantemente perduta.....questo è vero, ma poi era assolutamente insindacabile che si era ampiamente “riscattata” agli occhi dei “vincitori” dando un enorme contributo alla salvezza dei “vincitori stessi”, di tutta Europa e forse del mondo intero. Gran parte del merito da tutti era stata giustamente data a colui che si era caricato sulle giovani spalle il peso di una così grande responsabilità, a colui che aveva contribuito ad evitare una tragedia globale salvando nello stesso tempo il proprio Paese dall'abisso nel quale ara sul punto di cadere. Era stata presa ovviamente anche in considerazione la distruzione subita dai Tedeschi di Napoli e i danni subiti dal maremoto dal sud della penisola. Alla fine la sconfitta totale e bruciante era stata trasformata quasi in una insperata vittoria, per cui tutte le truppe italiane che avevano repentinamente passato il Po, erano state accolte in ogni paese o città come dei trionfatori....tutti senza alcuna distinzione, Paracadutisti, Carristi, Lagunari ed anche le Camicie nere! I Fascisti però non erano scesi in piazza come nel passato, Dino Grandi che aveva preso il posto del Duce, era troppo intelligente per voler approfittare di una simile occasione......il Regime, anzi....il Partito portava sempre addosso il peso gravoso e la responsabilità gravissima dell'intervento in guerra a fianco della Germania Nazista. Il Partito Nazionale Fascista per sopravvivere, avrebbe dovuto prima di tutto “eliminare dai suoi ranghi” coloro i quali avevano “trafficato” per favorire l'entrata in guerra e poi mutare profondamente ed evolversi in un qualcosa di fortemente diverso.....la guerra fascista era stata ampiamente perduta e il Duce e il suo sogno di gloria e di grandezza ….non c'erano più, si trattava di due dati di fatto ineluttabili e solo con l'evolversi della situazione, la storia in pratica avrebbe deciso sul futuro, come al solito.

CAPITOLO QUARANTAQUATTRESIMO.

Cinque anni erano trascorsi da quel fatidico 25 luglio....e l'Europa faticosamente si era rimessa in cammino. La grande guerra aveva ovviamente lasciato ampie e dolorose ferite che solo il tempo avrebbe forse potuto e solo in parte far cicatrizzare. La conferenza di pace che era seguita al terribile conflitto aveva cambiato nuovamente i confini del “Vecchio Continente”, c'erano stati i vinti, i vincitori e.....coloro che avevano prima perso e poi vinto. La Germania aveva avuto ovviamente il destino più duro......solo in parte si era salvata con l'improvviso “cambio di Governo” avvenuto alla morte di Hitler, ma almeno i vincitori avevano avuto delle “persone” normali con cui confrontarsi e non dei pazzi megalomani da gestire. Anche i generali tedeschi, cui per ora era stato demandato il potere, come tutti del resto nel loro paese,avevano avuto delle ben precise colpe e responsabilità e, con la Germania intera, avrebbero dovuto “pagare” il prezzo, giusto o ingiusto che fosse. I gerarchi del Nazismo erano stati tutti presi e processati da un tribunale internazionale: Goering, Himmler, e quanti non erano periti nell'assalto alla “Tana Del Lupo”, i “pezzi da novanta del Nazismo morente” insomma erano poi stati tutti impiccati e le loro ceneri disperse assieme a quelle del Fuhrer in una località segreta del Mar Baltico. La Germania era stata condannata a risarcire ingentissimi danni di guerra, a privarsi per la durata di trent'anni di qualsiasi forma di armamento, a cedere parti del suo territorio alla Polonia e alla neonata Cecoslovacchia e....a scindere il suo territorio in due entità differenti, uno controllato strettamente dalle potenze occidentali, l'altro controllato ancora di più dalla Russia Sovietica che a guerra conclusa si era inglobata l'Est dell'Europa, per lo meno quello bonificato dalle radiazioni. Gli scienziati tedeschi, autori dell'infausto “miracolo” nucleare, non erano stati invece perseguiti dai vincitori che avevano intelligentemente preferito trasferirli nel “Nuovo Continente” dove nel giro di tre anni di lavoro assieme ai colleghi americani, avevano messo a punto “la grande bomba” per gli Stati Uniti e avviato il programma missilistico. La Francia era tornata velocemente alla normalità dopo aver giustiziato i “collaborazionisti” Petain e Laval, avendo subito solo limitate distruzioni, mentre l'Inghilterra si era trovata con il peso terribile di cercare di bonificare e ricostruire in qualche modo, con l'economia distrutta, la sua Capitale mortalmente ferita. L'Italia.....era letteralmente stata salvata dal suo RE....da un solo uomo, da colui cioè che era riuscito con il suo amore per la Patria, con il suo altissimo senso del dovere e con un opportunismo che si era dimostrato incredibile, a trasformare una bruciante sconfitta totale....in una quasi vittoria. Al tavolo delle trattative tutti avevano giudicato che il “Bel Paese” avesse ovviamente sbagliato alleandosi con i tedeschi, ma avevano dovuto riconoscere che ciò era accaduto anche per la cecità di Francia ed Inghilterra che con i loro errori avevano anche facilitato la scelta del Duce, rendendola obbligata. Il colpevole poi....colui che aveva sbagliato, non c'era più e se n'era andato in un certo modo, cercando per lo meno,di rimediare all'errore fatto. C'era poi il fatto che l'Italia aveva perso tutto....Impero, la Libia.......le sue città erano cumuli di rovine, la sua industria distrutta, i campi abbandonati......e una città letteralmente “volattilizzata” da un attacco nucleare. Inoltre c'era stato....il dopo. Tutto quanto l'Italia, tramite il suo Re aveva fatto in seguito: l'attacco su Venezia, la collaborazione di Umberto Secondo con i “nuovi alleati”, e per finire il sacrificio del Colonnello Puppini e dei suoi uomini, che praticamente, privando Hitler della possibilità di possedere altri ordigni atomici, avevano salvato il mondo occidentale. L'Italia dalla fine della guerra non aveva certo guadagnato nulla, ma a parte la perdita dell'Impero e le distruzioni interne subite,non aveva perso null'altro. Anzi gli Americani con il “ Piano Marshall” avevano fornito i fondi necessari a rimettere in piedi la Nazione. Il P.N.F. con a capo Dino Grandi, si era trasformato ampiamente....era entrato a far parte di una coalizione di governo democratico ed era rimasto per vari sensi la “forza trainante della Nazione” Solo il meglio del Partito era rimasto.....via per sempre manganelli e olio di ricino,via ogni imposizione o limitazione della liberà altrui, via ogni sentore di politica aggressiva nelle “faccende” estere. Molti, moltissimi Fascisti, avevano cambiato bandiera e si erano rivolti altrove....ma moltissimi erano rimasti e avevano ricominciato a lottare per il bene dell'Italia. I resti del Duce erano stati ritrovati e sepolti con una gigantesca cerimonia popolare a Predappio, mentre con i resti del suo SM79, si era costruito un monumento sacrario alla memoria di colui che nel bene e nel male veniva giustamente considerato uno dei “Grandi” d'Italia, sul Pincio a Roma........Al posto di Napoli si stendeva ora una landa deserta...niente e nessuno avrebbe mai più potuto abitare in quelle zone altamente radioattive e dominate dal pericolo costante di un vulcano sempre pronto a scatenare nuovamente la sua furia, nulla vi sarebbe mai più cresciuto, ne erba ne fiori. Tutto era finito....tutto si era compiuto....milioni e milioni di morti e feriti solo per l'avidità e la stupidità dell'uomo, animale così detto intelligente! Ed ora si sarebbe dovuto incominciare daccapo ma la lezione non sarebbe servita nemmeno questa volta, nonostante milioni di morti e feriti e nonostante le terribili distruzioni causate dal lungo conflitto: nel mezzo della Siberia, in una mattina di autunno, un fungo atomico era fiorito come per magia in mezzo alla steppa deserta......La Russia Sovietica aveva lanciato un allarmante messaggio agli Stati Uniti e al mondo: “Adesso ci siamo anche noi!!!”

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