mercoledì 1 giugno 2011

la calata dei barbari

CAPITOLO PRIMO. Giorgio…......ed il suo tempo.

L’autunno del 1939 stava ormai cedendo il posto a quello che stava promettendo di essere un freddo inverno; Padova si stava pigramente svegliando ammantata da un gelido sudario di candida nebbia, fenomeno da sempre così frequente nella Valle Padana e, si sarebbe alzata, lasciando campo libero al sole, solo nelle ore più calde della giornata. Giorgio si era alzato, come al solito, di buon ora, si era lavato e sbarbato con la massima calma e, dopo una abbondante colazione, aveva indossato sotto il pesante cappotto, la Camicia Nera ed era uscito di casa. Aveva lasciato Giulia nella pace del letto, tra il tepore delle lenzuola di flanella con un certo rimpianto…..staccarsi dal calore della compagna dopo una notte di sonno, dal profumo del suo corpo così morbido e arrendevole era da sempre per lui, una cosa molto difficile da affrontare. La mattina infatti, Giulia profumava alle prime luci dell’alba, di tutto un suo sentore particolare, esaltato dal tepore delle coperte di lana……il dolce aroma sprigionatosi dal suo corpo si mischiava irresistibilmente a quello del profumo che la donna usava sempre prima di coricarsi la sera……. La casa, pur non essendo affatto gelata in quel freddissimo novembre del “trentanove”, aveva mantenuto solo in parte il calore sprigionato dalla stufa a legna che, nella notte, come di consueto, si era spenta. Era uno dei tanti sabati che l’uomo era solito dedicare alle “esigenze” del Partito…….sarebbe stata una delle tante giornate divise tra la compagnia dei Camerati del “Fascio” locale e le esercitazioni dei “Balilla” all’Arcella. Giorgio era nato nell’ultimo mese dell’ultimo anno del secolo che se n’era andato, era stato uno dei mitici “Ragazzi Del Novantanove” che, nel millenovecentodiciotto, avevano contribuito, a solo diciotto anni, a salvare con il loro immane sacrificio, la Patria in pericolo sul Piave sul Grappa e sul Montello. Finita la guerra si era laureato e subito dopo, aveva agevolmente trovato “posto” nell’Amministrazione Comunale di Padova, città dove era nato e cresciuto. Nella primavera del millenovecentoventicinque si era sposato con Giulia….una bella ragazza che aveva conosciuto praticamente da sempre….erano stati prima compagni di scuola, poi amici inseparabili e poi….la complice amicizia che li aveva da sempre uniti, si era trasformata al momento giusto, in un solido e tenero amore. Tutto sommato Giorgio, dopo tanti anni di menage familiare, nel “trentanove” poteva dirsi soddisfatto della vita che conduceva e della posizione sociale raggiunta; lui e Giulia abitavano in una casa che era di loro proprietà, non avevano problemi economici particolari e, anzi, la settimana prima Giorgio si era recato con la moglie nell’unica concessionaria “Fiat” della zona ed aveva acquistato una fiammante “Topolino”. Giorgio pensava veramente di essere riuscito a realizzare almeno una parte dei suoi sogni di ragazzo…..l’unico “neo” era forse, l’impossibilità della moglie di avere figli…..ma tutto dalla vita non si poteva avere e i due si erano presto rassegnati, riuscendo molto bene a completarsi vicendevolmente l’un l’altro. L’Italia del dopoguerra, in seguito al burrascoso periodo trascorso dopo la fine del conflitto caratterizzato dalle lotte tra classe operaia e contadina, sobillate da comunisti e socialisti e la borghesia sostenuta dal Fascismo, stava faticosamente cercando stabilità e pace e nello stesso tempo una sua precisa identità, che potesse catapultarla finalmente tra le grandi potenze europee. Alla fine della guerra che aveva squassato l’Europa, l’Italia era ancora una nazione relativamente giovane, il raggiungimento della sua indipendenza, dopo le lotte del “Risorgimento”, risaliva a meno di cinquant’anni prima, e aveva nella sua breve esistenza, già dovuto sopportare, a parte le disastrose guerre coloniali del periodo Giolittiano, per il possesso della Libia e di qualche altro fazzoletto di terra Africana in Somalia, una terribile guerra continentale per potersi finalmente annettere le terre Italiane ancora in mano all’impero Austroungarico. Era stato difficile, finito il cataclisma, ottenere pace sociale e tranquillità politica, terribili erano stati gli sconvolgimenti politico/sociali che avevano squassato la Nazione quando finalmente le armi avevano taciuto……le distruzioni, i lutti e le miserie causate dal conflitto appena terminato, la povertà latente, l’analfabetismo ancora diffusissimo, il problema del riassorbimento dei reduci, le lotte sociali tra socialisti e borghesia ma, Mussolini, con l’aiuto del l’incredibile carisma che lo caratterizzava e con l’indubbio appoggio di gran parte della popolazione che chiedeva finalmente uno stato forte che potesse finalmente dare pace e serenità, piano piano stava raggiungendo tale intento. Il Duce era riuscito nella non facile impresa di modernizzare un Paese terribilmente arretrato……aveva bonificato le Paludi Pontine costruendo dal nulla città modernissime come “Littoria e Pontinia”, eliminando per sempre da quelle zone fino a poco tempo prima paludose e malsane, lo spettro della malaria; aveva portato l’acqua potabile li dove non era mai arrivata, con la costruzione dell’Acquedotto Pugliese e aveva incrementato, con la grande vittoria della Battaglia Del Grano, la produzione di granaglie, arrivando molto vicino alla definitiva indipendenza dagli altri paesi, per le importazioni di tali prodotti. Mussolini ed il Fascismo erano riusciti inoltre a dare vita a radicali riforme strutturali che avevano profondamente modificato lo “Stato Sociale”…… oltre alla costruzione di strade, autostrade, ospedali e scuole…..era stato fatto per la prima volta nella breve storia d’Italia, moltissimo nel campo della assistenza sanitaria, e della previdenza sociale….. erano stati creati nuovi organismi, come l’Ente Nazionale Maternità ed Infanzia, L’istituto Nazionale Della Previdenza Sociale, era stata data perfino la possibilità ai ceti più poveri, di avere un embrione di “vacanza” con la creazione dei “treni popolari” che, scarrozzavano su e giù per la penisola, a prezzi irrisori, comitive di gente festante, e soprattutto, la possibilità per tutti, di poter mandare al mare e ai monti i propri figli nelle “colonie montane e marine” appositamente create, contribuendo a vincere definitivamente malattie infantili endemiche fino allora, come tubercolosi e rachitismo. Era stata, in definitiva, un’epoca di ampi consensi, e di limitatissime critiche, sia in Italia sia all’estero ed erano state poste delle solidissime basi per un futuro sviluppo grandioso dell’Italia. I progetti e le riforme avrebbero impiegato anni, anzi decenni, per riuscire a raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, ma l’importante era aver cominciato ed i primi risultati erano già evidenti agli occhi di tutti….anche il rovente e annoso dissenso con la Chiesa Cattolica, creatosi con la definitiva annessione della Capitale al Regno d’Italia nel 1870, era stato finalmente superato e risolto, con la firma dello storico “Concordato” tra Stato Italiano e Vaticano. Il progresso della giovane Nazione……ormai galoppava, era stata vinta una guerra mondiale che era si costata seicentomila morti, ma che aveva finalmente completato la riunificazione alla Madrepatria, delle città ancora, tenute in mano dall’impero Austroungarico. Il nome dell’Italia era ormai finalmente rispettato ovunque e appariva ormai di sovente nelle prime pagine di tutti i giornali del mondo……record di velocità battuti da aerei avveniristici, trasvolate oceaniche fatte da stormi di rivoluzionari idrovolanti, “Nastro Azzurro” conquistato dal nuovo grandissimo transatlantico “Rex” nella traversata verso gli Stati Uniti, la conquista di Etiopia ed Abissinia effettuata vittoriosamente in pochi mesi, con il beneplacito, un po’ “spocchioso” dell’Inghilterra che, all’inizio per la verità, aveva cercato blandamente di opporsi ma, che alla fine aveva dovuto arrendersi e rassegnarsi al fatto compiuto. Era diventato ormai troppo importante, infatti, cercare di mantenersi uniti per fronteggiare la nuova terribile minaccia per la pace che si stava profilando all’orizzonte. Certo uno scotto per essere riusciti a raggiungere tutto ciò……lo si era pagato e lo si continuava a pagare ogni santo giorno…….tutto il potere decisionale, risultava infatti accentrato nelle mani di pochi, per non dire di uno solo…..il Duce “faceva e disfaceva” a suo gradimento, decideva la politica estera dell’Italia, si interessava dei problemi economici della Nazione, era insomma una presenza continua, a volte anche “ingombrante” che incombeva su tutto e su tutti. A molti italiani inoltre, mancava certamente moltisssimo la libertà di contribuire a decidere le sorti del Paese in cui vivevano….. tanti avrebbero preferito che l’Italia fosse ancora governata da un sistema parlamentare democratico liberamente eletto dalla popolazione e non da un uomo solo……ma moltissimi ricordavano anche come proprio il sistema parlamentare, avesse solo pochi anni prima portato l’Italia sull’orlo di una feroce guerra civile. Esisteva dunque una opposizione al sistema e al “Regime”……non riconosciuta, considerata dal Partito Fascista come illegale, una minoranza in definitiva, che prosperava soprattutto all’estero dove era stata costretta a rifugiarsi. Il Duce infatti non aveva mai voluto infierire contro i cosiddetti “dissidenti”…… Mussolini non era certo un “santo” ma era tutt’altro che stupido e non voleva assolutamente creare altri martiri tipo “Matteotti”……uomo politico socialista, che gli aveva creato certamente più guai da morto che da vivo………il Duce si limitava a sopportare stoicamente chi lo criticava senza esagerare, ad allontanare dalla vita politico/sociale coloro i quali non volevano assolutamente adeguarsi al sistema totalitario instaurato in Italia, faceva emigrare all’estero chi gli metteva troppo i bastoni fra le ruote o li confinava in zone remote della Penisola dove non potessero nuocere…..e tutto finiva li. Era, in definitiva, una dittatura in tutto e per tutto, benevola, paternalistica ma sempre dittatura ma, alla stragrande quantità del popolo italiano…..andava bene così, soprattutto adesso che l’epoca buia delle “squadracce” delle bastonate e manganellate”condite” con olio di ricino…..facevano oramai parte del passato.

CAPITOLO SECONDO. Italia e Germania…..i vecchi rancori ritornano a galla.

Dopo i drammatici anni di sbandamento politico e sociale che avevano caratterizzato la vita nella Germania sconfitta fino ai primi anni trenta, un certo Hitler, pittore fallito ma ineguagliabile istrione ed agitatore di masse, era riuscito, al secondo tentativo e dopo aver scontato sei mesi di carcere, ad imporre la sua dottrina a dei disperati ed umiliati Tedeschi……con la promessa di rendere di nuovo “Grande” la Germania, era stato eletto tra l’entusiasmo popolare “Cancelliere” ed in brevissimo tempo si era sbarazzato di ogni qualsiasi vincolante influenza esterna ed era diventato il vero unico e incontrastato padrone della Nazione. All’inizio si era ispirato, almeno nella forma, a quanto Mussolini era riuscito a creare in Italia…..adunate oceaniche, divise, militarismo esasperato……ma le somiglianze terminavano li. L’Italia aveva indirizzato le proprie energie nel crearsi uno “spazio vitale”, al di fuori si, dei propri confini…….ma nella lontana e soprattutto selvaggia Africa, sopratutto per la pressante necessità di dare la possibilità di creare nelle “Colonie Abissine” , un qualche cosa di “Italiano”, senza costringere parte della popolazione a subire ancora per l’ennesima volta il disagio e l’umiliazione di dover continuare indefinitamente ad emigrare in paesi stranieri per poter sopravvivere dignitosamente abbandonando per sempre famiglia e terra natia. La nuova Germania, invece, lo “spazio vitale” stava cercando di crearselo in Europa a scapito dei civilissimi paesi confinanti e la faccenda era ben diversa. Certo era perfettamente vero che la Germania alla fine della guerra, era stata trattata dai paesi vincitori in maniera scandalosa….era stata privata, oltre che di tutte le sue colonie, di territori che le appartenevano da sempre e cosa ancora più grave, per un popolo orgoglioso come quello germanico, era stata privata della propria dignità di grande nazione. Ora la sete di vendetta e di rivalsa si faceva, ogni giorno che passava, più violenta ed incontrollata. Hitler e Mussolini si erano incontrati la prima volta a Malcontenta, nei pressi di Venezia e……avevano passato il tempo, oltre che a cercare di difendersi dalla zanzare, ad “abbaiarsi” contro uno con l’altro ed, alla fine del colloquio, non si erano trovati d’accordo praticamente su nulla. Il colpo di grazia per una amicizia mai nata ed una eventuale alleanza che non si sarebbe mai più verificata tra i due paesi, era stato dato poco tempo dopo dal Fuhrer, quando, nel 1934 aveva fatto assassinare il Cancelliere Dollfuss nel tentativo di annettersi l’Austria, tentativo sventato dal Duce che, con l’invio di alcune Divisioni al Brennero, aveva fatto capire chiaramente al dittatore tedesco, che l’Italia non sarebbe certo rimasta a guardare in caso di un eventuale“sconfinamento” tedesco in Austria. Da quel giorno gli obiettivi e i destini delle due nazioni erano stati completamente divergenti…..il Duce però, si era ritrovato praticamente solo a cercare in tutti i modi di evitare che Hitler si appropriasse di mezza Europa…..Francia ed Inghilterra, avevano protestato solo a parole ad ogni passo intrapreso da Hitler, e nessuno era più riuscito ad impedire che la Germania diventasse via via più grande e potente. Tutti avevano sperato, anzi avevano voluto illudersi che, una volta raggiunti i suoi “obiettivi”, Hitler si sarebbe una buona volta fermato e, nel “trentanove” sembrava proprio che così sarebbe successo veramente. Praticamente la Germania era riuscita a riprendersi, con le buone o con le cattive, a parte le colonie, tutto quanto aveva perduto alla fine della prima guerra mondiale. I Sudeti erano tornati Tedeschi, Danzica con il suo importantissimo porto era stata di nuovo inglobata, mediante un plebiscito, con la mediazione dell’Inghilterra che, aveva praticamente obbligato la Polonia a cedere. Mancava ancora l’Austria….ma li, e solo li, il Duce si era dimostrato assolutamente intransigente e, per il momento, su questa faccenda, il dittatore tedesco aveva dovuto rassegnarsi. Quello che preoccupava di più Mussolini, era lo sviluppo continuo ed ormai incontrollato dell’industria pesante tedesca nella riconquistata Rhur e il costante e continuo riarmo dell’esercito tedesco, in barba ai divieti che gli erano stati imposti…..tutti potevano vedere le nuove Divisioni naziste moltiplicarsi sempre di più, la nuova modernissima flotta con la croce uncinata che percorreva, sempre più numerosa e minacciosa, i mari e gli oceani, i nuovi stormi di aerei di tutti i tipi che solcavano sempre più veloci i cieli tedeschi. Ma nulla era ancora purtroppo trapelato sui prodigi che ingegneri e tecnici stavano facendo in gran segreto e sui progressi fatti da loro sulla fissione dell’atomo a fini bellici. La Germania aveva tentato di nascondere tutte le sue più recondite mire, in ogni modo possibile…….lo sterminio perpetrato ai danni del popolo ebraico residente in Germania, era stato tenuto accuratamente celato e ridimensionato all’estero per quanto era stato possibile…..la propaganda tedesca con l’aiuto di cinegiornali girati “ad hoc”, e dei primi “vagiti” della appena nata televisione, aveva fatto vedere al mondo come gli Ebrei vivessero agiatamente e protetti dalla popolazione “ariana”, all’interno dei campi di concentramento……c’era da mangiare per tutti, il lavoro non mancava , come non mancavano neppure attività sportive o socioculturali. Si erano poi tenute nel trentasei a Berlino, le grandiose Olimpiadi, dove era stato fatto di tutto per dipingere davanti a tutto il mondo ammirato, la Grande Germania come un popolo disciplinato,fiero ed orgoglioso della propria identità e grandezza ma….pacifico e rispettoso degli altrui destini. Comunque, purtroppo, l’Inghilterra aveva passivamente lasciato fare il dittatore Tedesco, facendo finta di non vedere, anzi …..di non voler vedere, perché si era sentita tranquilla, protetta com’era dal Canale della Manica, solcato e difeso in continuazione dalla sua potentissima flotta; la Francia aveva altrettanto lasciato fare giacchè si sentiva anche lei sicura, forte del suo esercito, ritenuto in quegli anni modernissimo ed invincibile e, dalla protezione tangibile della “Linea Maginot”che correva lungo tutto il confine con la Germania nazista. L’unico che si stava veramente preoccupando, era in questo contesto politico, proprio Mussolini……il Duce sapeva di avere, a differenza degli alleati, un esercito assolutamente inferiore per mezzi e risorse a quello Tedesco e c’era sempre per aria, come una spada di Damocle, la questione Austriaca sempre aperta. Di cedere alle pretese di Hitler non se ne parlava proprio….ma per opporsi alle sue brame sempre più evidenti e pressanti, era necessario essere dotati anche di un “fucile ben carico” per poterlo tenere a bada. Il Duce poteva alla bisogna sperare di difendersi adeguatamente da un eventuale attacco tedesco, dislocando le efficienti Divisioni Alpine sui confini montani, poteva posizionare strategicamente la potente e moderna flotta di cui con mille sacrifici si era munito, a difesa delle città costiere nell’Adriatico ma, per quanto riguardava i cieli, sapeva di trovarsi drammaticamente in clamoroso svantaggio. Se anche poteva probabilmente contare sull’aiuto dell’Aeronautica Inglese, almeno così sperava……Mussolini sapeva peraltro di non essere più come alcuni anni prima, assolutamente in grado di difendere efficacemente l’Austria da un’invasione tedesca. Se Hitler avrebbe avuto certamente vita estremamente difficile se avesse voluto, per esempio, entrare in Italia costringendo la Germania ad una inevitabile guerra di logoramento……l’annessione pura e semplice dell’Austria sarebbe stata invece una pura formalità, ben sapendo che l’Italia, pericolosa forse fino ad un certo punto a casa sua…..al di fuori dei suoi confini non avrebbe potuto al momento opporsi per nulla. Ricostruire le Forze Armate dopo una guerra lunga e terribile se pur vinta, non era stata ne una faccenda semplice ne rapida ed era risultata inoltre……tremendamente costosa. Il Duce era riuscito con immani sacrifici economici a ristrutturare completamente la Flotta, portando le navi Italiane ad un livello di efficienza mai raggiunto prima; aveva realizzato la più grande flotta sottomarina del mondo ma, esercito ed aeronautica erano rimasti a livelli talmente bassi di efficienza e di organizzazione, da essere assolutamente incapaci a condurre validamente una guerra offensiva moderna.

CAPITOLO TERZO. La rinascita della “Fenice”.

La Germania, come l’araba Fenice, era invece risorta miracolosamente dalle proprie ceneri e……gli schiaffi subiti con la pace di Versailles, erano stati quasi tutti sanati. In Europa Hitler e i suoi collaboratori stavano decidendo, con l’appoggio incondizionato ed entusiasta delle “alte sfere” del rinnovato esercito tedesco, le prossime mosse per dare al Reich millenario la gloria cui era inevitabilmente destinato. Le alte gerarchie Naziste erano inoltre indubbiamente supportate dall’entusiasmo della popolazione…..i reduci, le donne e purtroppo soprattutto i giovani, adeguatamente irreggimentati ed indottrinati da una propaganda martellante ed onnipresente, stravedevano per il Fuhrer e condividevano fanaticamente ogni sua decisione Il futuro era stato disegnato e programmato in tutti i suoi possibili scenari…..la Germania, con la scusa di annettersi l’Austria, aveva invece come prima mossa, la recondita intenzione di invadere improvvisamente l’Italia e di renderla uno stato satellite completamente in sua balia….. sotto le ceneri covava infatti ancora, l’umiliazione subita, con la sconfitta nella Grande Guerra, e sopratutto l’impellente necessità di riuscire a mettere piede stabilmente, una volta per tutte nel Mediterraneo. Hitler era sicuro inoltre, della assoluta mancanza di volontà di Inghilterra e Francia di avventurarsi in maniera completa in un nuovo disastroso conflitto per difendere un alleato……la guerra con tali paesi sarebbe stata senza dubbio inizialmente inevitabile, almeno con la sola Inghilterra…..come inevitabile sarebbe stata la pace una volta che le deboli resistenze dell’Italia fascista fossero state superate. Alle due ex nazioni nemiche, sarebbe stato promesso, solennemente, già allo scoppio del conflitto con l’Italia, che la Germania non aveva nessuna intenzione, ne ora ne mai più in futuro, di lottare contro di loro…..la Germania si sarebbe certo difesa da un eventuale e possibile attacco di ritorsione, partito dalla Francia, attacco che secondo Hitler, se ci fosse stato, sarebbe stato solo simbolico, ma nessun soldato Tedesco avrebbe mai calcato il piede sul territorio francese, ne alcuna nave o aereo nazista avrebbe attaccato per nessun motivo navi o suolo inglese! Il Fuhrer avrebbe perfidamente dichiarato al mondo, al momento dell’attacco, che dall’ Italia la Germania finita la guerra, avrebbe preteso solo alcune marginali ”rettifiche” dei confini e nulla più. Questa naturalmente era solo pura propaganda e fumo negli occhi per chi non voleva assolutamente vedere quale era la ben diversa realtà delle cose, nascondendo, come gli struzzi, la testa sotto la sabbia…..ma Hitler sapeva benissimo quanta poca voglia ci fosse in Inghilterra e soprattutto in Francia, di impelagarsi un nuovo sanguinoso conflitto con la Germania. La sorte riservata dai disegni nazisti all’Italia era, in realtà, quella di diventare “Germania” in tutto e per tutto fino al Po……e protettorato, con solo forse una parvenza di indipendenza, atto ad essere spolpato e dissanguato nelle sue risorse, dal Po in giu. Sistemata l’Italia, Hitler si sarebbe scagliato con tutte le sue forze, dopo essersi in un attimo “inglobato” la sempre scomoda Polonia, contro l’Unione Sovietica……l’aspettativa di vittoria era quella di impiegare al massimo un’estate di combattimenti per spazzare via i Russi e risolvere comunque la faccenda prima dell’arrivo del generale inverno…..poi e solo poi, sarebbe inevitabilmente venuto il tanto atteso momento di riprendersi una volta per tutte Alsazia e Lorena e, forse chissà, pure il resto della Francia. Gli obbiettivi erano estremamente ambiziosi….ma se tutto fosse andato secondo i piani, nel giro di qualche anno, la Germania avrebbe comandato sulla fetta più importante dell’umanità e la razza “Ariana”…praticamente sul mondo!

CAPITOLO QUARTO. La scoperta della amara realtà.

Il Duce intuiva il pericolo che la Germania nazista costituiva per tutta l’Europa……come Hitler anche lui era “venuto su dal niente” e capiva che il gioco che lui stesso stava conducendo con la Germania, sulla faccenda Austriaca, era di una mortale pericolosità……dai dati ricevuti dai propri servizi segreti, che stavano collaborando attivamente con quelli Britannici, aveva saputo che l’esercito tedesco era già da due anni perfettamente in grado di “prendersi “ l’Austria senza nessun problema, alla faccia dell’esercito italiano e dello stesso Mussolini, ed in un primo momento il Duce non aveva capito il motivo per cui non l’avesse ancora fatto. Poi….la tragica verità gli era improvvisamente balzata agli occhi……Hitler stava solo prendendo tempo e si stava preparando adeguatamente per annettersi, non solo l’Austria ma tutta la penisola italiana! Era una verità sconvolgente….verità a cui bisognava assolutamente porre rimedio in tutti i modi possibili il più presto possibile. Era ovvio che i Nazisti non avevano assolutamente digerito la sconfitta subita nella Grande Guerra e soprattutto l’umiliazione subita con il voltafaccia fatto dall’Italia passata dalla “Triplice Alleanza” alla “Triplice Intesa” e inoltre era implicito il desiderio di Hitler, di impossessarsi dei porti italiani nel mediterraneo. La verità ci aveva messo parecchio per venire a galla, ci si era illusi che le mire tedesche fossero indirizzate altrove, magari all’est Europa ma invece purtroppo la realtà risultava essere ben diversa. Il Duce si era allora recato in tutta fretta a Londra a colloquio con il Primo Ministro inglese Lord Chumberlain. Se si era recato fino a li, era perché sapeva che domandare “aiuto ed assistenza” a Parigi…..sarebbe stato solo tempo perso. Ma anche in Inghilterra non aveva però trovato l’accoglienza che sperava…..aveva ottenuto si, l’assicurazione, molto generica in verità, di un intervento, o meglio un non ben definito aiuto inglese se e quando l’Italia Fascista fosse stata attaccata….ma Mussolini aveva bisogno di trovare ben altri immediati e molto più consistenti appoggi per sperare in un aiuto reale e concreto. L’unico che si era voluto rendere conto della situazione e che si era dato veramente, da fare per cercare di dare quanto il Duce chiedeva, era stato il “Primo Lord Del Mare” nella persona di Wiston .Churchill ma anche lui aveva cozzato contro la paura del governo di impelagarsi in una situazione che avrebbe potuto costare un domani, molto sangue al popolo inglese. Alla fine, rientrato in Patria con un magro bottino in saccoccia, a Mussolini non era rimasto altro che convocare i tre Capi di Stato Maggiore di Esercito, Marina ed Aeronautica per fare il punto della situazione e prendere per quanto possibile i provvedimenti del caso. Ad una analisi accurata, lo stato del Regio Esercito appariva veramente disastroso…..alla fine del primo conflitto mondiale, si era ritrovato stracarico di armi, munizioni e materiali ottenuti dagli sconfitti come preda bellica. Purtroppo tale ingombrante “massa” di materiale, era diventata rapidamente superata ed obsoleta…i vari reparti di prima linea si erano ritrovati ad essere equipaggiati con armi ormai vecchie ed inadeguate per sostenere il peso di una moderna guerra di movimento e soprattutto ad essere supportati da una logistica tipo anni ottocento. I mezzi ruotati, seppur di buona qualità….scarseggiavano drammaticamente, i carri armati delle tanto pubblicizzate nuove Divisioni Corazzate”Littorio e Ariete” erano considerati, alla resa dei fatti, poco più che “scatolette di latta” soprattutto se rapportati ai Panzer 3 e 4 dell’esercito di Hitler, i fucili modello 1891 pur se ancora buoni nella precisione di tiro, erano però ampiamente superati, le artiglierie da campagna di medio calibro ormai imprecise per l’epoca e lente nella cadenza di tiro e quelle anticarro e contraeree assolutamente inadatte all’uso e totalmente inefficaci nel perforare le moderne corazzature dei carri tedeschi. Gli unici reparti relativamente efficienti ed in buone condizioni erano come sempre le Divisioni Alpine, che già tanto bene si erano comportate una ventina di anni prima e che continuavano a dare ampie garanzie di affidabilità e di spirito di sacrificio……non che fossero equipaggiate con armi e materiali nuovi, ma per la loro natura e dislocazione ciò che possedevano si poteva ancora per certi versi considerare, ancora adeguato. L’aeronautica, tanto osannata per tutti i suoi recenti primati, non era stata assolutamente ancora in grado di trasferire l’esperienza maturata in pace, in efficienti e moderni velivoli da combattimento. La “caccia” si doveva accontentare di superatissimi biplani e di altri esemplari di velivoli che se pur di moderna progettazione ….si erano rivelati in realtà, un mezzo fiasco. Tutti i restanti tipi di aerei, da quelli da bombardamento a quelli di trasporto, erano inoltre drammaticamente inferiori nel numero e nelle prestazioni a quelli Tedeschi. La Regia Marina, al contrario di quella inglese, mancava di radiolocalizzatori, peccava di precisione nei cannoni degli incrociatori pesanti e delle quattro corazzate rimodernate, ma era quella delle tre Forze Armate che si trovava veramente in una fase di evoluzione positiva ed in condizioni migliori…..ma, nello stesso tempo, quella che in questo contesto, sarebbe servita di meno, vista la totale assenza del nemico nel Mediterraneo. C’era poi da considerare il fatto della cronica carenza di carburante e di materie prime…..ma a ciò si sperava che, almeno a quello, avrebbero potuto, in caso di necessità, provvedere i paesi alleati. Certo che la situazione appariva veramente drammatica…..l’unica alternativa rimasta, che appariva possibile e fattibile, era quella di concentrare, per difendersi il meglio possibile, tutto il meglio delle forze disponibili a ridosso dei “passi alpini” e li arroccarsi e cercare di vendere cara la pelle. Li e solo li sarebbe stato indispensabile e forse anche per un certo tempo fattibile, resistere ad oltranza, perché se il nemico fosse riuscito a sfondare e a portare in pianura le sue modernissime Divisioni Corazzate…….era evidente che la partita si sarebbe conclusa non in mesi o settimane….ma in giorni. Per riuscire a resistere sarebbe stato necessario, per lo meno, dislocare da subito gli stormi di “caccia “ Inglesi che erano stati promessi con l’intercessione di Churchill a protezione di quanti avrebbero dovuto difendere le Alpi…….ma prima dello scoppio della guerra gli Inglesi avevano asserito, che i propri aerei non si sarebbero mai mossi dalle loro basi in Inghilterra per non “provocare inutilmente“ Hitler. C’era ben poco da fare…..bisognava arrangiarsi da soli e rinforzarsi il più possibile li dove si presumeva che il nemico avrebbe colpito.

CAPITOLO QUINTO. La beffa del destino.

Il primo di dicembre, tornato a casa a mezzogiorno, Giorgio aveva trovato nella cassetta delle lettere, oltre alle consuete immancabili bollette, una strana busta gialla, a lui indirizzata, con l’intestazione e i timbri del “Ministero Della Guerra”. Alla popolazione Italiana non era stato ancora fatto cenno alcuno della difficile situazione in cui il Paese si stava per venire a trovare…..assolutamente nulla era ancora trapelato, per cui Giorgio aprì il plico con la massima curiosità ma non certo con apprensione. Alla fine della guerra era già una prima volta stato promosso “Sottotenente” per lo spirito di sacrificio e l’attitudine al comando dimostrati in trincea, e dopo alcuni anni gli era arrivata a casa anche la promozione a “Tenente di Complemento” che aveva comportato un gradito “richiamo” in grigioverde della durata di un mese. Di sicuro, anche se non sapeva proprio perché, era stato promosso di nuovo e su questo aveva ragione. Ma la lettera, dopo la comunicazione della sua nomina a “Capitano”, continuava in maniera del tutto imprevista……e comunicava che:” Il Capitano Tremonti Giorgio l’indomani stesso, avrebbe dovuto partire per assumere il comando della Terza Batteria di Artiglieria Da Montagna del Battaglione “Bolzano” presso la Divisione Tridentina di stanza a Bolzano.” Giorgio aveva subito pensato ad un periodo di aggiornamento da trascorrere tra i monti, come gli era già capitato tre anni prima…… avrebbe percepito, oltre allo stipendio da funzionario del Comune, anche quello da Capitano e, con la “Topolino” appena acquistata, la sorpresa risultava certamente gradita e piacevole, inoltre la comunicazione appena ricevuta, lo avrebbe per un po’ allontanato dalla noia del “tran tran” quotidiano di una tranquilla città di provincia come Padova. Quello che non gli tornava era però il fatto che era stato mandato, non a svolgere temporaneo servizio presso la Terza Batteria di Artiglieria da Montagna ma bensì…..a comandarla! Si ritrovava in pratica, a quaranta anni suonati, a fare quello che di solito faceva un Ufficiale di Accademia a ventotto e non sapeva assolutamente il perché. Tuttavia aveva appreso la notizia con intima soddisfazione…..avrebbe potuto mandare Giulia per un mesetto dalla madre a Torino e “godersi” appieno quanto il destino sembrava avergli riservato. La sera, si era recato con la moglie, a cena in un locale caratteristico dietro al “Portello” per festeggiare e si era gustato una volta di più il piacere di girare per la propria città a braccetto della compagna della sua vita. Padova era una strana città…..le strade del centro strette e scarsamente illuminate davano, un po’ come le calli di Venezia, l’impressione di muoversi nel salotto di casa….quella sera poi la nebbia dava il suo particolarissimo contributo nel rendere intima e rilassante la strada che i due stavano serenamente percorrendo. La cena era stata un piacevole intermezzo ed il rientro a casa nel tepore dell’appartamento, estremamente gradito. Nessuno dei due poteva mai pensare quello che gli aspettava nel prossimo futuro…….entrambi erano convinti che la loro lontananza sarebbe durata per un mese al massimo, ma il destino, come accade spesso, aveva deciso ben altrimenti .

CAPITOLO SESTO. Preparazione all’inevitabile.

Gli Alpini, erano da sempre schierati lungo il confine sui monti che erano il loro ambiente naturale e i loro continui spostamenti e le quotidiane esercitazioni, non davano assolutamente nell’occhio a nessuno. Lo Stato Maggiore si era limitato a sguarnire un po’ alla volta e senza fare alcuna pubblicità all’evento, le zone di confine vicine a Francia e Svizzera, rafforzando il più possibile quelle a ridosso del potenziale nemico. Gli Alpini conoscevano a memoria ogni piccolo tratto del confine, ogni anfratto ed ogni sentiero, ogni roccia ed erano in grado di nascondersi perfettamente alla vista di chiunque sparendo letteralmente nel nulla e fondendosi quasi nella montagna. Molti di loro, soprattutto i complementi richiamati un po’ alla volta per non dare troppo nell’occhio, erano inoltre reduci della Prima Guerra Mondiale e, l’esperienza maturata in quel conflitto, sarebbe stata una volta di più estremamente preziosa per le nuove leve. Le armi a loro disposizione erano invece purtroppo, sempre quelle…..piccoli cannoni da 75/27, trasportati a dorso di mulo e mortai trasportati invece, sulle forti spalle di coloro che in tempo di pace facevano magari i contrabbandieri per sbarcare i lunario. Si trattava però di armi che potevano ancora essere considerate micidiali in quel contesto alpino così particolare e venivano velocemente integrate, dall’istallazione di quelle di calibro ben superiore, nascoste in grotte appositamente costruite nella Prima Guerra Mondiale, che erano di nuovo tornate utili. Questi pezzi di artiglieria erano infatti i primi esemplari dei giganteschi modernissimi 149/40 e dei 210/22 trainati da trattori “Breda”…..pezzi efficientissimi ma purtroppo……. ancora drammaticamente troppo pochi. Abbondavano invece i vecchi e superati cannoni da 105/32, preda bellica della guerra precedente. Tutta la logistica era efficacemente portata avanti da una miriade di “formichine” che salivano e scendevano in continuazione i pendii innevati trasportando tutto e di tutto. I magazzini erano sempre situati li accanto a portata di mano nei paesi vicini, rendendo se non semplice, per lo meno possibile il costante rifornimento di viveri, armi e munizioni, per chi avrebbe dovuto sostenere il peso di combattere. Quando finalmente tutti erano stati informati di quanto stava probabilmente per accadere, una sensazione di “invincibilità” aveva come permeato tutti…..nessuno si sarebbe tirato indietro e come nella “grande guerra” il nemico di li non sarebbe passato….MAI !!! Per nessun motivo! Si trattava infatti per le Penne Nere, della difesa, non solo della loro Patria, del loro Paese, ma sopratutto DELLA LORO CASA e DELLE LORO FAMIGLIE li a poche centinaia di metri di distanza dalla linea del fronte. Per quanto si era potuto, questa volta tutto era stato fatto per il meglio…..i pochi aerei disponibili erano stati dislocati a ridosso delle montagne in piste anche improvvisate, i migliori reparti di fanteria, soprattutto “Bersaglieri”, e “Camicie Nere”, erano stati messi nelle immediate retrovie in trincea pronti a respingere quanti fossero riusciti eventualmente a passare il primo sbarramento tenuto dagli Alpini. I pochi piccoli e inadeguati M13, della “Littorio”, unica Divisione Corazzata italiana completa di tutti i suoi effettivi, dalle lamiere fatalmente fragili, erano stati rinforzati da sacchetti di sabbia misti a catene di acciaio, gli L3 della “Ariete” invece erano stati “lasciati a casa” perché giustamente ritenuti assolutamente inadeguati a compiere qualsiasi tipo di azione bellica contro un nemico che appariva fatalmente tanto superiore. Il Duce intanto, si era trasferito a Bolzano ed era più il tempo che passava in trincea a parlare con la truppa di quello che passava seduto alla sua scrivania. Aveva avuto l’accortezza di non intromettersi più di tanto nell’organizzazione strategica e di lasciare la conduzione tattica dei preparativi difensivi, ai generali……..si era limitato invece a rivolgersi ai militari come un buon padre fa con i figli in pericolo….sempre presente e sempre attento alle loro esigenze….sempre pronto ad intervenire per aiutare ed incitare. I generali Italiani non erano certo all’altezza di quelli tedeschi, .ma il loro compito era in un certo senso molto più facile dovendo esclusivamente limitarsi a difendersi. Tutti, indistintamente, si erano resi conto che se il nemico fosse riuscito a valicare la barriera delle Alpi…..nessuna forza al mondo avrebbe più potuto arrestare la sua avanzata, per cui, l’unica reale speranza, era solo quella di riuscire ad arrestarlo li….tra i monti innevati. Il primo dicembre arrivò come un lampo, la drammatica notizia che i Tedeschi erano improvvisamente penetrati in Austria….dieci Divisioni corazzate e venti di fanteria meccanizzata, avevano passato il confine senza trovare alcuna resistenza ed una Divisione di paracadutisti, la prima della storia ad essere utilizzata in guerra, era atterrata a Vienna prendendo il potere senza colpo ferire.

CAPITOLO SETTIMO. Spostamenti.

Le navi, il tre dicembre, stavano navigando in linea di fila dopo aver doppiato lo stretto do Gibilterra, in pieno oceano Atlantico. In testa e in coda la prima divisione incrociatori costituita dai quattro nuovissimi ”diecimila” della classe “Zara”, al centro le due potenti corazzate, “Littorio” e “Vittorio Veneto”. Si trattava di quanto di meglio possedesse la Regia Marina…..a parte i quattro bellissimi incrociatori pesanti, facevano parte della squadra le prime due delle quattro rivoluzionarie corazzate appena entrate in linea. Si trattava di navi potentissime……superiori anche a quelle tedesche ed inglesi dell’epoca. Erano armate ciascuna di nove cannoni da 381 che per la natura delle loro munizioni, pesanti oltre 880 kg., potevano venire equiparati a quelli da 406 o 460 usati da Americani e Giapponesi. Si trattava di autentici capolavori della tecnica sia per l’armamento sia per le innovazioni tecnologiche inerenti la difesa subacquea e l’armamento secondario. Il compito di tali navi, che alla partenza da Taranto era esclusivamente quello di abituare navi e equipaggi alle nuove navi appena entrate in servizio, era adesso diventato quello terribilmente più impegnativo e tenuto ancora segretissimo a tutti, perfino al personale di bordo, di distruggere la nuovissima corazzata tedesca “Bismark” e la sua scorta non appena la grande nave fosse uscita in mare. Si sarebbe dovuto trattare di un attacco preventivo, effettuato dalle navi italiane alla prima uscita in mare della corazzata tedesca…..ancora prima che l’attacco ai confini Italiani fosse diventato una tragica realtà. Alla partenza da Taranto era implicito che la crociera delle sei navi sarebbe dovuta essere esclusivamente di addestramento e di “rappresentanza”……. Le sei navi avrebbero dovuto in origine soltanto raggiungere gli Stati Uniti d’America, in visita a quella grande Nazione ma poi, il Duce aveva concepito all’improvviso, l’attacco preventivo alle navi tedesche e aveva di conseguenza informato, con una riservatissima trasmissione in codice, l’ammiraglio Campioni, a bordo della “Littorio”, della nuova drammatica ed importantissima natura della missione assegnatagli. L’ammiraglio all’inizio non voleva credere a quanto gli era stato ordinato di fare, sbalordito e completamente all’oscuro dell’evolversi della situazione internazionale, si era rinchiuso nella sua cabina a pensare……ma alla fine aveva concluso tra se, che gli ordini impartiti dovevano essere in ogni caso eseguiti e che avrebbe senz’altro compiuto il suo dovere. Se gli veniva chiesto di attaccare e distruggere le navi tedesche, una ragione senza dubbio ci doveva ben essere…..lui era solo un soldato e non stava certo a lui giudicarla. Ad un certo punto, erano stati raggiunti da due portaerei britanniche, che garantivano alla squadra navale in navigazione, una adeguata copertura aerea, mentre un nugolo di cacciatorpediniere inglesi pattugliava l’oceano alla ricerca dell’eventuale presenza di micidiali U Boat tedeschi. Tutto comunque era stato ancora pura “teoria” ….una semplice esercitazione……..almeno fino al momento in cui le truppe naziste si erano effettivamente mosse all’attacco dell’indifesa e consenziente Austria. Adesso….si faceva sul serio…l’ordine esecutivo irrevocabile era stato inviato e la partita stava per avere veramente inizio. Mussolini ed il Primo Ministro inglese, Wiston Churchill, nominato solo da pochi giorni al posto dell’imbelle Chumberlain, avevano deciso in piena armonia di adottare la tattica dell’attacco preventivo alle forze tedesche per acquisire, se non altro un qualche vantaggio iniziale che potesse almeno disorientare il nemico. Per lo meno la sorpresa almeno sarebbe stata grande e, con molta fortuna, anche i risultati sarebbero stati adeguati alle aspettative. La nomina di tale personaggio al vertice del suo Paese era stata per il Duce una fortuna insperata……. Il suo predecessore infatti aveva tergiversato a lungo, prima di sbilanciarsi a “promettere” vagamente…… qualche cosa di non ben definito….ma l’appoggio aereo promesso, era purtroppo ancora legato esclusivamente ad un attacco Tedesco già in essere…..troppo in ritardo per essere di un qualche aiuto. Churchill invece, si era reso conto subito della situazione e del pericolo reale che il Nazismo era per non solo per il proprio Paese ma anche per tutto il mondo libero Inghilterra compresa e…..si era impegnato da subito a “dare una mano” per quanto era possibile per contribuire a fermarlo: Circa cento modernissimi caccia Spitfire, ad attacco navale concluso, sarebbero stati dislocati un po’ dappertutto nella Valle Padana in appoggio ai vecchi biplani Italiani e, inoltre, era stato concordato l’attacco preventivo delle navi Italiane alla Birsmak con l’appoggio, più che altro morale, di due portaerei britanniche e di un nugolo di cacciatorpediniere. Gli Inglesi in realtà non avevano assolutamente l’ordine di ingaggiare battaglia, se non direttamente attaccati, con i Tedeschi……..i cacciatorpediniere potevano solo individuare e contrastare i sommergibili tedeschi cercando di incalzarli da vicino con violente accostate, cercando di impedire loro di silurare le navi Italiane, dopo che l’attacco alla corazzata tedesca fosse stato sferrato; gli aerei di base sulle portaerei erano li solo a scopo difensivo delle loro navi, ma si sapeva per certo, che nessun aereo tedesco si sarebbe trovato nella zona per seguire la propria flotta….in fondo si era ancora in tempo di pace e la prima uscita della Birsmark era solo stata organizzata a scopo dimostrativo, di collaudo e di verifica finale dell’adeguato funzionamento delle apparecchiature di bordo.

CAPITOLO OTTAVO. Preparazione all’inevitabile.

Un preoccupatissimo Mussolini aveva deciso di fare il punto finale della situazione a Trento, nello storico castello Del Buon Consiglio. Non aveva voluto assolutamente con lui il consueto “codazzo” di gerarchi, più o meno fascisti “della prima ora”….ma solo il RE, i tre Capi Di Stato Maggiore e l’Addetto Militare Inglese. La situazione appariva di estrema gravità ma non ancora drammatica……a difesa dei confini era stato predisposto un imponente schieramento di truppe alpine….sei Divisioni al completo, la Tridentina, la Julia, la Cadore, la Taurinense, la Brenta e la Cuneense. Tutte e sei erano armate ed equipaggiate con armi superate già usate nella “Grande Guerra” vent’anni prima….ma si trattava di truppe con una tradizione solidissima ed un morale altissimo, con una conoscenza perfetta dei luoghi dove avrebbero dovuto combattere, con i magazzini per i rifornimenti subito a ridosso del fronte…..e spinte dalla consapevolezza che stavano combattendo per difendere, non solo l’ideale di Patria…..ma veramente le loro case e le loro famiglie che si trovavano li ad un passo. Dietro tale schieramento, di nuovo sulla sacra linea del “Piave”, era stato organizzato un ulteriore improvvisato sistema difensivo, costituito da sbarramenti anticarro e presidiato da tutte le forze disponibili tra cui spiccava la Littorio con i suoi piccoli e pochi M13 “rinforzati”. Più avanti, proprio a ridosso della prima linea, stazionavano, pronte all’impiego immediato, per garantire rinforzo e ricambio, la Divisione Alpina “Orobica” e la Divisione Alpina “L’Aquila” Queste Divisioni non erano destinate a combattere unite, ma a fornire la necessaria rotazione a chi combatteva o a tappare qualche buco quando ciò si fosse reso necessario. Inoltre tutti i riservisti erano stati richiamati alle armi e le otto divisioni Alpine, con l’arrivo dei complementi, erano praticamente raddoppiate di numero. Per loro armi e munizioni abbondavano…….quasi tutto materiale tecnicamente superato risalente alla “Grande Guerra” che però in quel contesto e in quell’ ambiente particolare, poteva ancora tornare utile e far sentire tutto il suo peso. Inoltre ognuna delle Divisioni Alpine, era stata rinforzata da un certo numero di Battaglioni di “Camice Nere” che già tanto bene si erano comportate in Africa tre anni prima e da tre Battaglioni Paracadutisti della “Folgore” di recentissima costituzione. L’Inghilterra aveva, oltre ai cento caccia già pronti per essere dislocati in zona, promesso l’invio immediato di un corpo di spedizione costituito da cinque Divisioni di fanteria supportate da un buon numero di carri armati, mezzi non certo all’altezza pei Panzer 4 tedeschi….ma certamente superiori agli M13 italiani. Per riuscire a mettere in linea tali forze di supporto, ci sarebbe purtroppo però voluto tempo…..bisognava organizzare il trasporto, riunire gli effettivi ed i materiali, e portarli via mare fino a Genova….visto che i Francesi avevano vigliaccamente, come al solito, negato il passaggio di questa forza di supporto attraverso il proprio Paese…..come di consueto non volevano immischiarsi per non irritare i vicini Tedeschi. L’Aeronautica, con i suoi antiquati ma agili CR42 ed i pochi inadeguati “Macchi 200”, aveva il compito di dover supportare la linea difensiva montana, difendere dall’alto la flotta, impedire le incursioni aeree sulle città e sugli obiettivi strategici…..un compito immane da svolgere con quel poco che era disponibile. La Regia Marina, a parte la programmata incursione in corso nell’Atlantico, aveva come unico compito…..quello di difendersi dalle eventuali incursioni aeree tedesche, per cui tutte le navi rimaste di un certo valore, erano o in navigazione o ancorate a Taranto o in Libia, ben al di fuori cioè, della portata dei bombardieri tedeschi. Erano tuttavia pronte a muovere verso l’Adriatico, se solo il nemico fosse riuscito ad affacciarvisi a difesa delle nostre coste e dei nostri porti. Delle forze tedesche si sapeva abbastanza per spaventarsi……l’Austria era stata attaccata da dieci Divisioni Corazzate, e venti di Fanteria meccanizzata….praticamente non era stato necessario, come previsto, sparare nemmeno un colpo, visto che la popolazione austriaca ed il suo piccolo esercito, si dividevano tra “entusiasti” per il Nazismo e…..”rassegnati” per l’inevitabile incedere degli eventi. Trenta Divisioni….per effettuare una passeggiata erano davvero troppe ed era ormai purtroppo evidente a tutti quale sarebbe stato il passo successivo a cui tali forze erano destinate. Ancora di stanza in Germania, a parte l’imponente sistema difensivo in atto sulla linea “Sigfido” ai confini con la Francia, era pronto a muovere, un altro indefinito ma congruo numero di forze, di concezione modernissima, pronte ad intervenire in caso di bisogno. Aerei di tutti i tipi erano pronti per il decollo, dai bombardieri, agli Stuka, ai Me 109 e 110…..era questo di certo, l’asso nella manica di Hitler….il dominio incontrastato dei cieli!

CAPITOLO NONO. La verità fa capolino.

Giorgio, appena sceso dal treno a Bolzano, si era recato al Comando Militare Di Stazione per domandare informazioni sulla dislocazione della sua Unità e aveva appreso che la sua Batteria si trovava adesso nei pressi del confine del Brennero. Per fortuna, li fuori, era in partenza una camionetta militare che si doveva recare proprio da quelle parti, guidata da un sergente e con unico passeggero un altro Capitano, Alpino pure lui. I due Ufficiali fecero subito amicizia, Antonio Miccoli, così si chiamava il “collega” era sbalordito come Giorgio, essendo pure lui stato comandato all’improvviso ad assumere il comando di una Batteria…..anche lui aveva partecipato alla guerra vent’anni prima ed anche lui, nella vita, faceva tutt’altro che comandare un reparto in armi. Le ipotesi fatte tra i due, erano le più svariate…..ma quando si resero conto delle ininterrotte fila di Alpini che incontravano per la strada, file che parevano convergere tutte verso il Brennero, file complete di carriaggi, cucine da campo, ospedali someggiati….complete apparentemente di tutto……i due si zittirono di colpo intuendo che qualche cosa di estremamente grave si stava certamente preparando. La conferma dei loro più neri pensieri ci fu subito quando, nel Comando Di Tappa……vennero informati dal loro Comandante di Battaglione, Colonnello Renato Puppini, dell’evolversi della situazione e di quanto di estremamente drammatico li aspettava. Ad entrambi, era stato affidato un compito estremamente gravoso ed una grandissima quanto imprevista responsabilità da portare sulle spalle.

CAPITOLO DECIMO. Ultimi tentativi.

Adesso era necessario ed indispensabile informare la Nazione su quanto stava per accadere…..le prime indiscrezioni e le prime voci incontrollate già avevano iniziato ovviamente da alcuni giorni pericolosamente ad apparire sui giornali ed alla radio seminando sconcerto e paura nell’animo della popolazione. La mancanza di notizie chiare o di smentite ben precise su quanto si pensava stesse per accadere aveva già cominciato a preoccupare un po’ tutti…..….La prolungata assenza da Roma del Duce, il continuo ed ormai evidente spostamento verso i confini degli Alpini, il repentino richiamo alle armi di tanti complementi, non poteva passare ancora a tutti inosservato e ci si stava rendendo conto piano piano…..che qualche cosa di estremamente grave stava per accadere. Il Duce, nemmeno per questa occasione, aveva voluto assentarsi dal Trentino per parlare, come di consueto, dallo storico balcone di Piazza Venezia, e aveva deciso che al momento opportuno, si sarebbe rivolto via radio alla popolazione. Desiderava solo attendere ancora il risultato del previsto attacco preventivo alla flotta tedesca….voleva, con l’annuncio di una battaglia vinta, dare sprone e coraggio ad una popolazione che era sul punto di dover sopportare ancora una volta, suo malgrado, lutti e rovina di una nuova guerra. Mussolini si era per un attimo anche incolpato della rovina incombente sull’Italia…..forse se si fosse dimostrato più elastico e possibilista sulla questione Austriaca…..chissà forse non si sarebbe arrivati a questo punto….ma poi aveva giustamente pensato, che quel pazzo megalomane di Hitler, non si sarebbe mai accontentato comunque di annettersi l’Austria e che il primo suo primo, vero obiettivo era invece quello di invadere comunque l’Italia. Intanto, il Conte Ciano, ambasciatore Italiano a Berlino, accompagnato per l’occasione dal “Nunzio Apostolico” aveva tuttavia, come ultima carta disperata da giocare, chiesto un colloquio privatissimo con il Fuhrer per cercare, se possibile, di fermare la catastrofe ormai prossima….. Il colloquio richiesto, ovviamente, non era nemmeno stato concesso…..i due emissari si erano dovuti “accontentare” di uno scambio di opinioni con alcuni “alti” funzionari Nazisti che, in pratica avevano ovviamente negato ogni intenzione di attacco Tedesco all’Italia, come se fosse una “faccenda fantascientifica” ed al di fuori di ogni logica e realtà. Ciano, aveva allora fatto finta di non aver inteso ed aveva proposto, pur di evitare tanti lutti, una rettifica dei confini e addirittura la restituzione, nel tempo, dell’Alto Adige di lingua tedesca alla Germania e, per finire una sorta di patto di non aggressione e di mutua assistenza commerciale tra i due paesi….per continuare a vivere in pace. Ma il corrispondente tedesco aveva imperterrito insistito nella sua linea, affermando che nessuno doveva temere alcunché dalla Germania……che ormai tutto quello che era stato a lei “rubato” con la pace di Versailles, era stato ripreso e che le Divisioni Corazzate che erano sconfinate in Austria, poste a contatto del confine Italiano, erano li solo per proteggersi dal pericolo incombente dall’imperialismo Fascista e nulla di più. A queste affermazioni, Ciano aveva compreso benissimo, che ormai il dado era tratto e che non c’erano, anzi non c’erano MAI stati dei margini di manovra per trattare.

CAPITOLO UNDICESIMO. Vittoria in pieno Atlantico.

Le sei navi erano ormai in vista delle isole Ebridi, in pieno Oceano e si apprestavano a fare rotta verso New York, ufficialmente ancora in crociera di addestramento, come sapevano gli equipaggi e come era stato sbandierato ai quattro venti. In effetti, quando la flotta era salpata….era proprio così; era da tanto tempo infatti, che Mussolini desiderava far vedere al mondo e, soprattutto agli emigranti partiti tanti anni prima dall’Italia, i nuovi grandi progressi fatti della tecnica navale italiana. Anche adesso questa era la “rotta ufficiale”, ma la realtà, con l’evolversi degli eventi in corso, sarebbe stata ben diversa. Le navi infatti con il calare della notte avrebbero girato attorno alle Faroe, e passando a ridosso delle OrKney, avrebbero fatto rotta, verso la Norvegia, attendendo nascoste tra i fiordi e la nebbia, il passaggio della Bismark, e della sua scorta, passaggio previsto ormai di giorno in giorno. La nuovissima gigantesca corazzata tedesca infatti si sapeva che avrebbe effettuato quanto prima, la sua prima uscita operativa, per verificare in mare tutte le modernissime attrezzature di cui era dotata. La forza reale di questo gigante del mare erano le dimensioni, la robustezza della corazzatura, la velocità e la precisione incredibile del tiro dei cannoni. Al posto della classica ruota del timone…..aveva addirittura dei futuristici pulsanti che rendevano ancora più immediate le necessarie variazioni di rotta. Non era dotata in realtà, della stessa potenza di fuoco delle corazzate Italiane, che avevano un cannone in più di quella tedesca e di calibro leggermente superiore, ma risultava ugualmente uno spauracchio per chiunque…….si trattava di una nave concepita per operare da sola o al massimo con la scorta di un incrociatore per effettuare la guerra di corsa contro i mercantili nemici ed azioni improvvise contro la flotta di Sua Maestà Britannica, azioni rese possibili dalla sua velocità che era molto superiore a quella delle navi da battaglia inglesi. La Flotta italiana era scortata a distanza dalle due portaerei britanniche per garantire, anche se non ce n’era alcun reale bisogno, una adeguata protezione aerea e molto più vicino, da un incrociatore pesante inglese….dotato di radar, visto che questo nuovissimo ma fondamentale apparato ancora sperimentale, mancava ancora sulle corazzate italiane. La Germania era per fortuna rimasta, come tutti, completamente all’oscuro delle reali intenzioni del Duce…..Hitler, anzi era contento che il fior fiore della Regia Marina, come sbandierato dalla stampa Fascista, si allontanasse dal teatro delle operazioni…..non perché temesse particolarmente la potenza di quelle navi visto tra l’altro, che la guerra che stava per scatenare sarebbe stata essenzialmente aerea e terrestre, ma perché contava, una volta impossessatosi dell’Italia……..di impadronirsi in un secondo tempo, anche di loro, per poterle usare e sfruttare a proprio esclusivo vantaggio, per i suoi piani futuri. I Tedeschi fina ad allora infatti, erano riusciti a mettere in mare solo due “mostri del mare” all’altezza di quelli delle flotte concorrenti, avevano si altre quattro corazzate ma di livello nettamente inferiore a quelle avversarie e la strada per mettersi alla pari degli Inglesi era ancora molto lunga. Hitler, per fortuna, mai aveva pensato che Mussolini avrebbe osato prendere l’iniziativa per tirargli un “colpo mancino”!! Lui solo pensava di essere il Dio della guerra preventiva e dell’Italia, delle sue forze armate e, soprattutto di chi le comandava, aveva ben poca stima
Alla fine il momento tanto atteso stava arrivando…….Salpata da Amburgo la Bismark, scortata dal Prinz Eugen, incrociatore pesante di oltre diecimila tonnellate, si stava dirigendo completamente ignara verso l’immensità dell’Atlantico. Fino a dove era stato possibile era stata seguita e scortata in cielo dai caccia tedeschi, ma poi, prima di Bergen, si era ritrovata a navigare con la sola scorta dell’incrociatore. In tempo di guerra le precauzioni sarebbero state ovviamente ben altre…..ma fino a quando la pace avesse resistito, le precauzioni prese, apparivano più che sufficienti. A bordo della Littorio e della Vittorio Veneto, nascoste da un fiordo e dalla nebbia, i diciotto giganteschi cannoni da 381 mm. erano puntati nel buio della notte, guidati dal radar dell’incrociatore inglese, apparentemente verso il nulla…..ma in realtà seguivano, con una precisione micidiale, l’avvicinarsi del nemico a distanza ottimale per poter provocare maggior danno possibile. A bordo l’ansia era palpabile…. Si era passati quasi di colpo dall’emozione relativa di una crociera di addestramento. a quella molto più intensa di un improvviso ed assolutamente imprevisto scontro a fuoco con il nemico di sempre….. l’Ammiraglio Campioni non si staccava dalla radio in attesa del momento ideale per ordinare di far fuoco, il suo sguardo era perso nell’oscurità verso la direzione dove sapeva che il nemico stava navigando ignaro. Non si sentiva certamente contento e orgoglioso della missione che gli era stata affidata……non si trattava solo di far sparire dalla faccia della terra uno dei più grandi simboli della potenza Nazista, ma anche inevitabilmente di uccidere a freddo migliaia di marinai come lui, come i suoi……a bordo delle sei navi, e questo era un pensiero per lui doloroso e sconvolgente. Ma questa era la guerra……una maledetta guerra che non si poteva più evitare, una guerra che certamente ne lui ne il Duce avrebbero mai voluto….ma adesso era necessario fare il proprio dovere…e, naturalmente tutti, a partire da lui, lo avrebbero fatto tutto, fino in fondo. L’ammiraglio Campioni avrebbe inoltre di certo preferito ingaggiare una battaglia in campo aperto con la grande nave tedesca…….aveva la massima fiducia nelle sue navi e nei suoi uomini e sapeva di disporre di un notevole vantaggio numerico che gli avrebbe dovuto in ogni caso garantire la vittoria……magari a caro prezzo, ma era necessario ed indispensabile non subire proprio all’inizio del conflitto ne perdite ne danni, era assolutamente indispensabile sferrare un primo colpo decisivo che gli lasciasse ancora intatti tutti i mezzi che aveva a disposizione. Tutto così cominciò e finì nel giro di un’ora…….ad un certo punto arrivò via radio dalla nave inglese, l’ordine di aprire il fuoco e mentre i quattro incrociatori pesanti si avventavano a trentacinque nodi verso il nemico…..i potenti cannoni delle due corazzate fecero simultaneamente fuoco….una, due, tre salve ciascuna e poi più nulla. Alla distanza di venti miglia un uragano di fuoco parve scaturire dal nulla…….la notte sembrava illuminarsi come durante un violentissimo temporale costellato dalla luce dei fulmini. Venti miglia avanti i quattro incrociatori pesanti italiani, trovarono solo la grande nave tedesca completamente avvolta dalle fiamme che, con lo scafo squarciato in più punti, era sul punto di capovolgersi. La corazzatura della grande nave aveva resistito parzialmente solo ai devastanti effetti della prima salva che l’aveva centrata a centro nave…..ma aveva inesorabilmente progressivamente ceduto ai colpi della seconda e della terza che avevano colpito la corazzata un po’ ovunque incendiandola e facendo esplodere uno dopo l’altro i depositi delle munizioni. L’incrociatore di scorta, ovviamente meno protetto e più leggiero, era già scomparso tra i flutti lasciando sulla superficie dell’oceano solo pochi rottami ed una grande chiazza di nafta. Restava solo il pietoso compito di raccogliere quanti erano miracolosamente ancora vivi e che cercavano disperatamente di gettarsi in mare dalla grande nave in fiamme. Immediatamente il Duce venne informato della perfetta riuscita della missione e si apprestò, a registrare il messaggio da trasmettere la mattina alle otto al popolo ignaro di quanto era appena accaduto e…..di quanto stava per succedere.

CAPITOLO DODICESIMO. Il discorso del “Capo”.

La Nazione si era fermata come per magia……-le piazze di tutta Italia si erano riempite di gente ansiosa e preoccupata, chi non poteva uscire si era radunato assieme ad amici e parenti accanto alle radio…..negli uffici e nelle scuole tutti attendevano con ansia le parole del “Capo”, perfino i treni si erano fermati nelle stazioni per ascoltare il tanto atteso comunicato radio che sarebbe stato diffuso dagli altoparlanti. Non c’era questa volta l’atmosfera di festa e di entusiasmo di quando il Duce aveva proclamato la rinascita dell’Impero….c’era sola una viva apprensione mista a preoccupazione. In pratica una intera Nazione era in trepida attesa di sapere quale sarebbe stato il suo destino. :“Ufficiali, Sottufficiali, Gregari di tutte le Forze Armate dello Stato, in Italia e nell’Impero, Camice nere della rivoluzione, Italiani e Italiane in Patria e nel mondo….ASCOLTATE:!
Durante i trenta secoli della sua storia, l’Italia ha vissuto molte ore memorabili, ma quella di oggi è certamente una delle più solenni. Dalle ventitre e trenta di ieri siamo nuovamente entrati in guerra con il nostro nemico di sempre……CON LO STESSO POPOLO CHE DISTRUSSE UN GIORNO ORMAI LONTANO LA CIVILTA’ CHE ROMA AVEVA DATO AL MONDO, FACENDO PIOMBARE IL MONDO ALLORA CONOSCIUTO, NELL’OSCURITA’ E NELLA BARBARIE DEL MEDIOEVO. Siamo di nuovo costretti, nostro malgrado, a misurarci con coloro che già vent’anni orsono ABBIAMO, partendo dalle sacre rive del Piave, RICACCIATO AL DI LA DEI NOSTRI SACRI CONFINI !!! Da ieri siamo di nuovo in lotta per difenderci da coloro che insaziabili nelle loro BRAME ANIMALESCHE pensano di avere il diritto di impossessarsi di tutto il mondo. Non sarà, vi avverto, una lotta facile e breve…….lutti dolore e sofferenze attendono noi tutti. Anche chi vi guida e vi parla SI PREOCCUPA E SOFFRE per un figlio Ufficiale e aviatore della Regia Aeronautica che sarà presto impegnato, di sicuro, in combattimento……TUTTI, INDISTINTAMENTE siamo destinati ad un tragico periodo di sofferenza che io non ho certo voluto e che non ho potuto ne saputo evitare. Ieri sera eravamo in procinto di essere aggrediti proditoriamente, di essere attaccati sul fronte delle Alpi….e allora abbiamo preso alcune misure PREVENTIVE che facciano capire BENE al nemico di sempre ed al Sig. Hitler in particolare, di che pasta è fatto il Popolo Fascista, e di QUALI GRANDI mezzi siano dotate le sue forze armate: IERI, ALLE VENTITRE E TRENTA, LA SUPERCORAZZATA TEDESCA BIRSMAK E LA SUA SCORTA, SONO STATE ANNIENTATE DALLA FLOTTA ITALIANA, SENZA SUBIRE ALCUNA PERDITA DA PARTE NOSTRA, NELL’IMMENSITA’ DELL’OCEANO ATLANTICO !!! Questo è solo l’inizio, adesso, se le gerarchie Nazionalsocialiste NON hanno ancora ben capito con chi hanno a che fare, ci penseranno I NOSTRI MERAVIGLIOSI ALPINI a dimostrare con chi dovranno misurarsi i BARBARI INVASORI. Se lotta sarà…..sarà dura lotta per tutti. Mi aspetto bombardamenti sul sacro suolo della Patria, attacchi terribili lanciati per ogni dove sul nostro suolo…..MA NOI RESTITUIREMO COLPO SU COLPO ….OCCHIO PER OCCHIO, DENTE PER DENTE, fino al momento in cui qualcuno si renderà finalmente conto che il popolo italiano a casa sua E’ INVINCIBILE !!!!
POPOLO ITALIANO……LA PAROLA D’ORDINE E’ VINCERE….E VINCEREMO, per la salvezza della Patria nostra e del nostro RE !! POPOLO ITALIANO, CORRI ALLE ARMI !!!

CAPITOLO TREDICESIMO. Rabbia !

Digerire l’incedere degli eventi era questa volta molto difficile per tutti. Da quanto si era potuto apprendere dalle parole del Duce, non si trattava questa volta di una impresa ritenuta gloriosa come nella prima guerra mondiale, quando si era trattato di andare a riprendersi territori e città che la storia ci aveva rubato……..non si trattava di una conquista di territori disabitati o quasi, per permettere ad una fetta della nostra popolazione di potersi costruire un futuro in Africa…..questa volta si trattava, purtroppo, di lottare con tutte le proprie forze, per cercare di difendere le proprie terre, le proprie case e le proprie famiglie, dalla barbarie e dalla avidità di un “vicino ingordo ed insaziabile” Mancava questa volta, qualsiasi forma di entusiasmo…..non c’era certo rassegnazione, ma la paura sul futuro che attendeva tutti era….tanta. In Germania, invece, il clima che si respirava era ben diverso…..la popolazione, indottrinata da anni, era passata di colpo dall’euforia per l’avvenuta ”riunificazione” con l’Austria, allo sconcerto per l’assolutamente imprevisto attacco della flotta Italiana in Atlantico e,.per finire, alla rabbia per l’affondamento di quella che stava per diventare il vanto della flotta tedesca. Chi però l’aveva veramente presa male era Hitler…..nessuno prima di allora lo aveva visto uscire dai gangheri…..fino a quel momento tutti i suoi desideri, tutte le sue aspirazioni si erano puntualmente realizzate. Adesso, per la prima volta, aveva ricevuto un pesantissimo schiaffo, terribile per una perdita così grave ed assolutamente imprevista, e peggio ancora umiliante perché infertogli da qualcuno che lui riteneva….inferiore a lui in tutto: l’odiato popolo italiano, figli imbelli di una mescolanza di inferiori razze bastarde. Il suo primo impulso sarebbe stato quello di ordinare subito un attacco generale….ma poi si era reso conto da solo, una volta sfumata la rabbia, che i piani per l’invasione non erano ancora stati approntati del tutto e che nonostante la sproporzione evidente delle forze un campo, qualsiasi nemico, soprattutto a casa sua, non doveva mai essere sottovalutato……ogni cosa a suo tempo, ci sarebbe stato tempo e modo per tutto e per tutti.

CAPITOLO QUATTORDICESIMO. Genio Italico.

Il quattro dicembre, nella viva luce della cantina un cui stava lavorando, Enzo Ferrari, laureato in ingegneria meccanica all’università di Bologna, si appoggiò con un indicibile sospiro di sollievo sullo schienale della sedia con fare finalmente rilassato: finalmente dopo tre anni di lavoro e progettazione, la sua nuova “creatura” era pronta per prendere il volo. Aveva per anni sudato le classiche sette camicie per riuscire a concepire quanto sperava di riuscire adesso a costruire e a fare volare; un aereo così diverso e rivoluzionario nella sua concezione, così ardito per gli anni in cui era stata concepito…..ma in realtà cosi semplice da costruire e soprattutto, cosa fondamentale, da essere riprodotto rapidamente in serie. Era stata una fortunata serie di coincidenze, unite al genio di chi aveva progettato il tutto, a rendere fattibile e semplice quella che sarebbe stata la realizzazione del primo prototipo, sempre se avesse potuto trovare qualcuno che lo avesse, prima di tutto creduto, poi…. finanziato ed aiutato. I disegni ed i progetti però parlavano da soli….SI, lui, Enzo Ferrari…… era veramente riuscito a concepire quanto, non solo anni prima, ma anche adesso, era sembrato impossibile. Gli aerei da caccia degli anni trenta erano tutti dotati di motori a pistoni……il progresso tecnico avrebbe potuto dare a tali apparecchi ancora al massimo cento o forse duecento chilometri orari di incremento della velocità massima….ma nulla di più. Il motore a reazione, da lui concepito, con cui aveva “pensato” e progettato il suo caccia da combattimento, avrebbe portato invece il suo aereo a sfiorare per adesso la velocità del suono, e un giorno non lontano a superarla. Sapeva che in Italia ed in altri paesi, il motore a reazione stava lentamente prendendo piede sulla carta e che il problema maggiore, e tutt’ora insoluto, era quello di avere a disposizione dei materiali che potessero “reggere” le altissime temperature di esercizio prodotte da tali motori. Ma lui il problema lo aveva aggirato e risolto da un anno……il suo motore, pur regalando una potenza enormemente superiore a quelle conosciute, nell’ancora giovane campo dell’aeronautica, non produceva affatto temperature che richiedessero l’impiego di materiali ancora sperimentali e assolutamente ancora inaffidabili. Il difficile era stato “costruire” un guscio aerodinamico da utilizzare in perfetta simbiosi con quel motore mostruoso. L’ultimo tassello era stata l’azzeccatissima scelta del progettista, di lavorare volutamente fin dall’inizio, con materiali tecnici già esistenti e da tempo in commercio……leghe di metallo, interruttori, tiranti, tubolature, strumentazione….tutto quanto occorreva per la costruzione del velivolo era già pronto e disponibile in commercio e non aveva bisogno di far perdere altro tempo prezioso per la progettazione dei necessari componenti. Era assolutamente sicuro del fatto suo, i calcoli fatti e rifatti parlavano chiaro….aveva come tutti udito e valutato il discorso del Duce……a Lui e solo con Lui avrebbe dovuto conferire ed esporre il “miracolo” che poteva e voleva realizzare per la salvezza della Patria in pericolo. Avvicinare Mussolini, soprattutto in quei giorni così difficili, non era affatto faccenda semplice…..il Duce, in attesa dell’inevitabile ed atteso attacco tedesco, era provvisoriamente rientrato a Roma per tenersi in costante contatto con il Primo Ministro Inglese. Ferrari, intanto, aveva esposto il suo progetto, in tutti i particolari più reconditi, al rettore della facoltà di ingegneria di Bologna, che, oltre ad essere un eminente scienziato famoso nel mondo, era anche, oltre che suo amico fraterno, un fervente fascista, ben conosciuto per la propria fedeltà, dallo stesso Duce. Il Rettore, dopo aver letto e valutato nei minimi particolari quanto gli veniva esposto, si rese subito conto sbalordito, di quello che si ritrovava per le mani……..un aereo da caccia rivoluzionario nelle prestazioni, tale da surclassare per velocità e potenza qualsiasi aereo allora conosciuto……oltre a tutto, se avesse veramente funzionato come previsto, di facile ed immediata costruzione in serie……Mussolini doveva esserne immediatamente informato. Il Duce, pur essendo perfettamente in grado di pilotare un bombardiere, non era certo un genio in ingegneria……tutta la sua cultura scientifica si fermava alle nozioni imparate alle scuole magistrali che aveva con profitto frequentato, ma era perfettamente in grado di “comprendere “,essendo tra l’altro pilota, quanto gli sarebbe stato spiegato dal Rettore e da Ferrari. Tutti sapevano quanto mancasse alla Regia Aeronautica un caccia efficiente……e quanto fosse fondamentalmente importante la risposta che il progettista italiano aveva dato all’annoso problema. Oltre a tutto, data l’estrema semplicità del progetto, il primo prototipo, lavorando giorno e notte, sarebbe potuto essere pronto di li a tre mesi, e se si fosse già messo mano contemporaneamente alla costruzione della catena di montaggio per fusoliera ali e motori, i primi esemplari sarebbero stati pronti dopo altri due mesi…….in pratica, i primi cento esemplari sarebbero stati pronti operativi e in grado di combattere, dopo l’inevitabile addestramento dei piloti, in otto, nove mesi, forse anche meno..

CAPITOLO QUINDICESIMO. Ultimi momenti di pace

Ormai tutto era pronto e l’attacco sarebbe stato lanciato con estrema violenza il giorno dopo, otto dicembre 1939. Si sarebbe trattato, tanto per cominciare, di una serie di ondate successive di uomini e mezzi, scagliate, uno dopo l’altra senza soluzione di continuità in modo da non concedere alcun respiro, contro gli Alpini…… da terra e dal cielo. L’attacco sarebbe stato sferrato all’inizio solo ed esclusivamente dal Valico Austriaco del Brennero, in modo da concentrare li un enorme quantità di mezzi e militari, per far crollare a forza di continue terribili spallate le Divisioni Italiane li appostate. Si sarebbe trattato certo di una gigantesca carneficina…..ma a forza di insistere il nemico sarebbe, prima stato fiaccato e poi certamente sarebbe crollato. Solo allora si sarebbero mosse all’improvviso le altre direttrici di invasione che, riunite alla fine in un unico grande cuneo, avrebbero fatto crollare l’intero fronte. Una volta che i Panzer avessero potuto dilagare in pianura, nel giro di un mese al massimo la guerra sarebbe rapidamente e definitivamente finita. Certo l’ideale sarebbe stato attendere il tepore della primavera per scatenare una guerra, soprattutto in montagna, ma lo Stato Maggiore Tedesco era convinto a ragione, che il solo fatto di attendere ancora, non avrebbe fatto altro che rinforzare ulteriormente le truppe Italiane, Hitler, invece era spocchiosamente convinto che nemmeno le condizioni climatiche più avverse, avrebbero potuto fermare l’impeto inarrestabile del suo modernissimo esercito….per cui era stato deciso di procedere….subito. Effettivamente, l’esercito tedesco, era di gran lunga il più moderno ed organizzato della sua epoca…..per primo aveva organizzato i suoi carri armati in Divisioni corazzate indipendenti dalla fanteria e non in suo esclusivo appoggio. La nuova tattica di guerra era diventata quella di ottenere lo sfondamento delle linee nemiche prima con l’impeto travolgente delle artiglierie da campagna e con il contemporaneo bombardamento effettuato dagli aerei, poi con la massa di ferro e fuoco in perenne movimento dei panzer, seguiti poi dall’impeto delle divisioni di fanteria meccanizzata. Il tutto sarebbe stato continuamente supportato dal cielo da stormi di caccia, bombardieri e dai terribili bombardieri in picchiata Stuka. L’unico baluardo a tutto ciò……erano per fortuna le Alpi, se si fosse trattato di combattere da subito in campo aperto, le sorti del conflitto sarebbero state da subito in mano ai Nazisti e non ci sarebbe stato nulla da fare se non arrendersi subito rassegnandosi all’inevitabile. Per fortuna se la sproporzione degli attaccanti risultava purtroppo evidente………erano proprio gli ostacoli naturali costituiti dalle montagne, a dare qualche speranza per lo meno di una resistenza prolungata a chi era costretto a difendersi.
Giorgio intanto, stava cercando di inserirsi in quello che era il piccolo mondo della sua Batteria. Conosceva perfettamente le armi in dotazione che erano rimaste esattamente le stesse di vent’anni prima, conosceva altrettanto bene la zona di impiego, non conosceva per nulla invece gli Alpini che doveva comandare. Si trattava, tra Ufficiali e Sottufficiali e truppa, di centoventi uomini e trenta muli, tutti, animali compresi, rotti alle fatiche ed ai sacrifici imposti dalla vita all’aperto a bassissime temperature. Dopo il discorso del Duce tutti avevano cominciato freneticamente a fortificare il meglio possibile, la zona di loro competenza…..mentre altre Batterie si appostavano su tra i monti che circondavano la vallata, la Batteria di Giorgio era stata posizionata subito prima del confine, a ridosso della “terra di nessuno”. Avevano per l’occasione sfruttato la protezione naturale di una specie di grotta, una rientranza della montagna che aveva il suo sfogo naturale verso la stazione ferroviaria e la strada statale, che così risultavano perfettamente sotto il loro tiro, impedendo il passaggio e l’utilizzo di tali strutture a chiunque. Certo che lo sbarramento così frettolosamente impostato non avrebbe retto per lungo tempo ad un attacco massiccio, fatto magari con l’ausilio dei temutissimi carri armati, le cui lamiere erano impenetrabili ai “faciloni anticarro” in loro dotazione, se non anche ai cannoncini trasportati fino a li a dorso di mulo, ma si contava sul promesso arrivo di bocche da fuoco da 103mm e di altre più grandi ancora montate su carri ferroviari nelle immediate retrovie. In caso disperato, si stava anche predisponendo tutto per far crollare la montagna sugli aggressori, con delle cariche esplosive piazzate su sulla montagna dagli Alpini del Genio Guastatori. Il paese era stato prudenzialmente evacuato di tutti i civili, e le scene della visione dei primi profughi aveva scosso l’animo di tutti. Tutto era pronto per la lotta, tutta la bellezza incantata di quella valle stava per essere irrimediabilmente compromessa per sempre.

CAPITOLO SEDICESIMO. I…..primi “morsi”

Dopo la distruzione della Bismark, la flotta Italiana non era rientrata nel Mediterraneo ma aveva gettato le ancore a Scapa Flox, una grande base navale britannica, lontana dal raggio di autonomia dell’Aeronautica Nazista, ma nello stesso tempo vicina alle coste della Germania quanto bastava per fare qualche eventuale incursione se fosse stato necessario. Le grandi navi italiane infatti avevano il loro “tallone d’Achille” nella ridotta autonomia, essendo state concepite e costruite esclusivamente per contrastare la flotta Francese nel chiuso del Mar Mediterraneo, per operare efficacemente nell’immensità dell’oceano, avevano bisogno infatti di una base sicura ed a portata di mano, dove potersi rifornire adeguatamente del preziosissimo carburante. Il morale a bordo era altissimo e tutti desideravano ardentemente continuare nella lotta appena allora iniziata. La collaborazione con i marinai della grande base inglese era assoluta, ancorata al fianco della “Littorio” si trovava la corazzata britannica “Valiant” costruita venticinque anni prima e i marinai italiani avevano “incassato” con estrema soddisfazione, l’ammirazione con cui gli alleati inglesi osservavano con malcelata invidia, la modernissima flotta italiana. Nello stesso tempo, approfittando della temporanea inattività, i tecnici inglesi avevano istallato a bordo delle due corazzate italiane due prototipi di radar e avevano incominciato ad istruire i due rispettivi equipaggi sull’uso di tale fondamentale strumento. Intanto, il transatlantico Italiano “Rex” stava effettuando il suo viaggio di ritorno da New York, stracolmo di passeggeri ansiosi di tornare in Patria. La traversata era stata anche in questo caso rapidissima e ormai la grande nave era in procinto di “divorare” le ultime miglia di oceano prima di entrare nel Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra. La notizia dell’affondamento della Bismark e del successivo stato di guerra, non ancora dichiarato ma effettivo, esistente tra Italia e Germania, avevano preoccupato non poco il Comandante del transatlantico, orgoglio e vanto della Marina Mercantile Italiana, ma trovandosi ormai quasi alla fine del viaggio…..si era deciso di rischiare e di cercare di rientrare comunque a Genova il più in fretta possibile. Le vedette, per prudenza, erano state raddoppiate e con i binocoli in dotazione potevano coprire una grande fetta di mare dritto davanti a loro. Tutto fino a quel momento era andato per il meglio, stavano, alle quattro del pomeriggio, incrociando un cacciatorpediniere inglese a circa un miglio di distanza, quando sulla sinistra a circa cinquecento metri di distanza, la vedetta in coffa avvistò quelle che sembravano le scie di tre siluri che parevano destinate ad incrociare fatalmente la rotta del “Rex” Il Comandante, mantenendo una grandissima calma apparente, ordinò una immediata e violentissima accostata sulla sinistra per cercare di evitare il pericolo incombente….per fortuna la nave viaggiava già al massimo della velocità e risultava, grazie anche al mare assolutamente piatto, estremamente manovrabile. Con una accostata così pronta e rapida, il “Rex”, nonostante le sue notevoli dimensioni, riuscì ad evitare ben due dei siluri lanciatigli contro…. il terzo sfilò miracolosamente innocuo a poppavia ad appena due metri di distanza ma, quando il pericolo sembrava fortunatamente scampato, un quarto siluro, che nessuno aveva notato, fece fatalmente centro….proprio verso poppa. La colonna d’acqua che si alzò dallo scafo ferito si innalzò altissima verso il cielo…..la nave fu colta da un sobbalzo e scossa successivamente da un violento tremito innaturale .Il Comandante fece subito fermare i motori ed il “Rex”, esaurito l’abbrivio, si fermò “svaporando” immobile in mezzo all’oceano. Per fortuna il caccia inglese aveva scorto benissimo da dove erano partiti i tre siluri e si era subito posto alla ricerca dell’U Boat tedesco. Non esistendo ancora uno stato di guerra effettivo tra Germania ed Inghilterra, in teoria la nave Inglese poteva fare in realtà ben poco e, tutto tranne che aprire il fuoco contro il sommergibile…..ma era sufficiente una sua azione di disturbo fatta di accostate e di virate improvvise nella zona di mare dove il sommergibile avrebbe potuto emergere, per impedire ai tedeschi di effettuare un nuovo lancio che avrebbe segnato la fine del gigante fermo in mezzo al mare. I danni subiti erano stati purtroppo notevoli…..la nave passeggeri era ovviamente priva di qualsiasi traccia di corazza ed il siluro aveva provocato un grosso squarcio sotto la linea di galleggiamento di circa tre metri quadrati. Per fortuna però, uno solo dei nove compartimenti stagni del transatlantico era stato interessato e, se non si fossero aperte altre vie d’acqua, non sussisteva assolutamente il pericolo di affondamento. Le caldaie di sinistra erano state tutte distrutte dallo scoppio e dall’allagamento, venti delle cabine di terza classe inondate, insieme all’autorimessa della nave….ma i danni, se pur notevoli, per fortuna, finivano li. Il Comandante, dopo aver inviato i necessari soccorsi sotto coperta, fatto rinforzare e puntellare le paratie che delimitavano i compartimenti adiacenti a quello danneggiato e messo in funzione tutte le pompe disponibili, aveva fatto avviare i motori a mezza forza e lentamente il “Rex” aveva, inclinato a sinistra di otto gradi, ripreso faticosamente la rotta originaria e, dopo aver finalmente attraversato lo Stretto di Gibilterra, il giorno dopo era attraccato a Genova come previsto……purtroppo con trentacinque morti e ottanta feriti più o meno gravi…..le prime vittime italiane di una guerra che era cominciata proprio con la loro morte.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO. L’inizio della catastrofe.

All’alba del 8 dicembre uno stormo di bombardieri tedeschi si apprestava a valicare le Alpi in corrispondenza della direttrice del Brennero: il loro obiettivo non era tanto quello di colpire le truppe Italiane appostate in quota o nella valle, ma quello di danneggiare l’apparato logistico delle retrovie e di seminare il terrore. Una diecina di caccia Me 109, si erano invece avventati proprio li dove gli Italiani li attendevano…nei pressi del confine. Un terzo attacco era stato inoltre proditoriamente lanciato contro Milano, non però verso la zona industriale….ma contro il centro abitato della grande città. Subito soprattutto li, la situazione era apparsa molto grave…….Milano praticamente indifesa era stata dilaniata nella zona del centro da una serie di assolutamente impreviste esplosioni dirompenti che pareva non dovessero mai avere fine……fuoco, crolli…..vittime, il tutto assomigliava ad un inferno dantesco. La contraerea, colta tra l’altro di sorpresa, con gli aerei così alti nel cielo, si era dimostrata del tutto inefficace e i caccia Italiani, i vecchi CR 42, erano riusciti ad intercettare i Me 110 solo al loro ritorno…..a bombardamento finito. Avevano ingaggiato valorosamente una impari lotta…..biplani di legno contro bombardieri in metallo… ed erano riusciti con il leggendario valore dei propri piloti ad abbattere ben tre bombardieri……subendo però la perdita di ben quindici biplani su trenta impiegati…. Si trattava di uno smacco notevole…..era ovviamente prevista la clamorosa inferiorità degli aerei italiani, ma quello che non era assolutamente previsto era un attacco distruttivo contro la popolazione inerme. I caccia inglesi, difatti, i famosi e rivoluzionari Spitfire, erano stati dislocati altrove, sia perché erano indispensabili per la difesa di uomini e mezzi nelle zone di combattimento, sia perché nessuno aveva calcolato quanto diabolici fossero i Nazisti capaci, per seminare il terrore, di prendersela con inermi civili. Il raid contro le truppe appostate in montagna si era dimostrato invece un completo fallimento…..gli Alpini erano praticamente invisibili dall’alto ed i tedeschi non avevano alcun interesse a distruggere strada e ferrovia che contavano di utilizzare in seguito per la propria successiva avanzata. Per cui, senza obiettivi visibili i piloti avevano fatto marcia indietro senza aver concluso assolutamente nulla di concreto. Lo Stato Maggiore Tedesco aveva capito che gli aerei sarebbero tornati utili, anzi sarebbero stati indispensabili, solo dopo l’inizio dei combattimenti terrestri ed in loro appoggio. L’attacco contro le retrovie Italiane, si era risolto invece in una furibonda lotta in cielo e a terra….trenta tra Me 109 e Me 110 avevano cercato di avventarsi a bassa quota contro magazzini e depositi di carburante: sulla loro strada avevano però trovato da subito venti caccia inglesi che da Londra erano stati finalmente autorizzati ad intervenire. In cielo si era sviluppata una lotta terribile con il risultato che solo diciannove aerei tedeschi erano riusciti a passare indenni lo sbarramento degli Spitfire ed avevano potuto puntare sui loro obiettivi. Li però avevano trovato ad aspettarli come ultimo baluardo, venti CR 42 che a quote così bassa , dotati come erano di una manovrabilità eccezionale in quelle condizioni di volo quasi radente, erano riusciti questa volta a fare miracoli. Aiutati dalla contraerea….erano riusciti ad abbattere ben altri otto caccia nemici, pagando però l’altissimo prezzo di perdere altri dodici biplani. Gli undici aerei tedeschi rimasti avevano fatto purtroppo strage a terra…..magazzini, molti preziosissimi mezzi ruotati ed un deposito di preziosissimo carburante erano andati completamente distrutti. Uno degli otto aerei abbattuti era per somma disgrazia, piombato, ancora carico di munizioni, su una diga facendola crollare, con il risultato di allagare la valle sottostante provocando altri morti e altre distruzioni, compresa quella di una importante centrale elettrica. Poi, esaurito il loro carico di morte, i tedeschi se ne erano andati, vanamente inseguiti dagli irriducibili ma troppo lenti biplani Italiani. Le tre incursioni, anzi due, visto che quella tra i monti si era conclusa con un nulla di fatto, avevano portato morte e distruzione come purtroppo si temeva…..il centro di Milano era stato gravemente colpito … e si lamentava la perdita di duecento persone e di oltre mille feriti; nelle retrovie colpite era stata un’altra ecatombe tra morti e feriti, tra quelli direttamente interessati ai combattimenti e quelli travolti dalla massa d’acqua proveniente dalla diga distrutta. Inoltre, tre preziosissimi caccia Inglesi erano stati distrutti assieme a moltissimi CR 42 Italiani…… un deposito di preziosissimo carburante, una centrale elettrica e dieci capannoni di materiali, assieme ad un certo numero di automezzi, non esistevano più. E questo non era che l’inizio di quanto stava per accadere.

CAPITOLO DICIOTTESIMO Primi consuntivi..

A Berlino si stava facendo il punto sui primi scontri di assaggio che erano appena terminati. Gli obiettivi assegnati erano in gran parte stati raggiunti anche se a caro prezzo. Mussolini aveva dovuto incassare senza poter reagire in alcun modo, il bombardamento su Milano che, si sperava avrebbe cominciato da subito a fiaccare la volontà di resistenza degli italiani. Si era preso atto della inutilità dell’incursione in montagna fatta in quel modo e si era fatto tesoro dell’esperienza per non ripetere più l’errore. Infine c’era da parte di tutti una certa soddisfazione per i risultati raggiunti nelle retrovie del nemico, risultati amplificati dalla fortunata ed imprevista distruzione della diga. Restava il disappunto e la preoccupazione per l’intervento degli Inglesi nel conflitto e la soddisfazione d’altra parte per la passività della Francia che si limitava, come ampiamente previsto, ad abbaiare…..ma a non certo mordere. Hitler aveva categoricamente proibito assolutamente di rispondere ad eventuali provocazioni e di limitarsi esclusivamente a difendere il proprio territorio solo se direttamente ed inequivocabilmente attaccati. Non un colpo di fucile doveva ricadere in questo momento per nessun motivo sul territorio Francese…..non una sola bomba doveva essere sganciata sul territorio inglese. Tutti dovevano sapere che il contenzioso era solo ed esclusivamente con l’Italia. Se l’Inghilterra si fosse limitata solo all’appoggio aereo con i pochi caccia inviati in Italia……. alla Germania, ciò dava poco fastidio, e se la Francia avesse continuato nel non volersi invischiare nei fatti che non voleva la riguardassero……..alla Germania questo stato di cose andava ancora meglio.

CAPITOLO DICIANNOVESIMO. Dopo l’oscurità del tunnel……una piccola luce di speranza.

Il Duce dopo aver valutato i risultati ben poco lusinghieri delle prime ore di combattimenti, si trovava in uno stato d’animo molto depresso. Si rendeva conto benissimo della gravità della situazione in cui l’Italia si era venuta a trovare…in realtà, come d’altronde si sapeva benissimo, c’era ben poco da fare…..c’era troppa disparità tra le forze in campo ….si poteva certo ancora sperare di resistere all’aggressione per un certo periodo….ma poi l’inevitabile sarebbe accaduto. Per sperare in una diversa soluzione del conflitto era indispensabile l’invio, al più presto, da parte dell’Inghilterra delle promesse Divisioni di Fanteria Meccanizzata e soprattutto di un ulteriore massiccio invio di aerei da caccia. Auspicabile a questo punto sarebbe certamente stato un deciso intervento in guerra da parte della Francia…..che avrebbe senza dubbio contribuito ad alleggerire la pressione tedesca sull’esercito italiano, ma su questo nessuno faceva ormai più alcun conto. Purtroppo però per l’invio dei promessi rinforzi Inglesi ci volevano i necessari tempi tecnici…..e di aerei da caccia non ne sarebbero, almeno per ora, arrivati altri vista la già scarsa disponibilità di questi aerei per la indispensabile difesa delle isole britanniche. Era necessario continuare per adesso a fare da soli ed a tenere duro il più a lungo possibile. Il Duce aveva anche pensato, come aveva fatto in Africa Orientale, di usare di nuovo, in caso disperato i gas tossici e addirittura l’Iprite lanciata sul nemico con apposite bombe che, esplodendo dall’alto, lo avrebbero colpito e forse arrestato con la sua micidiale pioggia di goccioline velenose……ma poi, aveva pensato giustamente, a quale avrebbe potuto essere la rappresaglia tedesca….magari sulle inermi città del nord Italia e aveva deciso per forza di cose di soprassedere. Mussolini stava già per ripartire per il fronte per rendersi conto di persona della situazione, quando L’ingegner Ferrari, accompagnato dall’amico Rettore, furono annunciati alla Sua presenza, per un riservatissimo colloquio di importanza vitale. Sentire quanto espostogli dai due scienziati…….aveva avuto lo stesso effetto che dare da bere ad un assetato…..il Duce era passato da uno stato di prostrazione ad uno di estrema eccitazione, una volta che si era reso conto dell’importanza di quanto gli veniva esposto. Dopo aver provvisoriamente annullato la partenza, si era rinchiuso con i due nella Stanza del Mappamondo e, a tavolino i tre avevano elaborato un piano che potesse consentire, in tempi rapidissimi, la costruzione e messa in linea del velivolo che si sperava, avrebbe da solo potuto cambiare le sorti del conflitto. Era stata individuata, presso la piana di Gioia Tauro, nel profondo sud della penisola, il sito dove installare, di nascosto da tutti nel massimo segreto, la fabbrica e le officine, visto che li difficilmente i bombardieri tedeschi avrebbero potuto arrivare. Si era deciso inoltre, di trasferire li, appena costruita la catena di montaggio, venti tra i migliori piloti di caccia, nel massimo segreto, per farli partecipare materialmente alla costruzione dell’aereo, in modo che appena pronto il prototipo fossero già a conoscenza di tutte le sue caratteristiche più recondite, dei suoi pregi e……se ce ne fossero stati, dei suoi difetti. Appena pronto, il prototipo avrebbe già dovuto essere da subito in grado di volare, prima con uno, poi con tutti i piloti…….intanto la costruzione dei modelli di serie doveva essere sollecitamente e contemporaneamente avviata, in modo da poter apportare immediatamente le necessarie ed eventuali modifiche…..e di avere quanto prima gli aerei pronti ad entrare in linea per combattere. Era indispensabile però, fare presto, anzi….prestissimo. Per reperire materiali, ingegneri aeronautici direttori dei lavori, maestranze……per preparare il sito e per portare prima i materiali e costruire poi capannoni, officine, catena di montaggio e quanto altro sarebbe stato necessario, si era calcolato che ci sarebbero voluti tre mesi almeno a partire da adesso…..ma si sarebbe cercato in ogni modo possibile, di fare ancora prima. Non si sarebbe perso invece tempo prezioso, nella costruzione di baracche per gli alloggi, mense e locali di ritrovo….tutti sarebbero stati alloggiati, almeno inizialmente, sotto tenda…..dieci ore di lavoro al giorno, con turnazione rigidissima, in modo che i lavori di costruzione prima, e la produzione dei velivoli poi, non venissero mai arrestati. Il difficile era cominciare……poi si sperava che ogni “rotella” dell’ingranaggio sarebbe andata un po’ alla volta, al proprio posto. Una volta pronta la catena di montaggio, l’assemblaggio del prototipo avrebbe richiesto almeno un mese e se fosse stato in grado di volare con successo, dopo un altro mese venti aerei avrebbero fatto irruzione in combattimento……per la prima quindicina di aprile, con tanta, tantissima fortuna, i primi venti caccia sarebbero così stati operativi.

CAPITOLO VENTESIMO. Attacco….!

L’attacco in forze si stava sviluppando da ormai un’ora……cento Panzer 3 avevano fatto irruzione nella valle. I fuciloni anticarro in dotazione non erano come previsto stati da alcuna utilità, e solo i cannoncini da montagna riuscivano a provocare talvolta, qualche danno marginale…….non c’era nulla che si potesse fare da parte delle prime linee Italiane, per arrestare quella massa di metallo in perenne movimento. I carri armati non avevano nemmeno perso tempo a sparare, volevano infatti, evitando di sprecare le preziose munizioni, avanzare il più possibile per raggiungere in fretta la pianura. Dopo i carri stava arrivando la fanteria motorizzata e subito erano divampati i primi combattimenti. Gli Alpini sparavano dall’alto con tutto quello che avevano a disposizione, facendo scempio con l’appoggio di quanti erano appostati in fondo valle, dei Tedeschi che cercavano di avanzare. Procedere in avanti non era per nulla agevole…..le prime file di Granatieri erano state decimate e quasi tutti i loro mezzi distrutti e le ondate successive si dovevano inoltre adesso fare strada, scavalcando o spostando i veicoli distrutti che ingombravano il passaggio. Per fortuna il flusso di rifornimenti di munizioni era restato costante e gli Alpini, visto un momentaneo sbandamento delle linee nemiche avevano anche lanciato un violento contrattacco che aveva ricacciato i tedeschi al di la del confine….ma poi erano inopinatamente intervenuti i Me 109 e uno stormo di Stuka, e un inferno di proiettili si era abbattuto sul contrattacco Italiano stroncandolo sul nascere. Era quindi seguito un furibondo corpo a corpo tra Alpini in ritirata e forze fresche Tedesche che cercavano ancora di sfondare. Alla fine gli Italiani si erano di colpo disimpegnati protetti dall’inferno di fuoco che era ripreso dalle pendici delle montagne. Poi tutto si era provvisoriamente tranquillizzato, gli attaccanti, consci dell’avanzata dietro le linee Italiane dei cento carri armati, si stavano riorganizzando per sferrare l’attacco successivo, i difensori invece stavano leccandosi le ferite o cercando di organizzarsi per resistere ad oltranza. Intanto i carri armati, superate di slancio le prime linee italiane, continuavano nella loro avanzata indisturbata. Solo qualcuno di loro aveva dovuto subire danni marginali dall’attacco dei controcarro Italiani, ma i più erano ancora in perfetta efficienza. Cento Panzer 3 erano una notevole forza d’urto….avevano avuto il compito di arrivare possibilmente alla pianura e di fiaccare le seconde linee di difesa Italiane, con l’appoggio al momento opportuno di due stormi di Stuka e di uno di cacciabombardieri, che al loro sboccare in pianura, si sarebbero materializzati all’improvviso a loro protezione. Lo Stato Maggiore Italiano non si era illuso per nulla sulla possibilità che i reparti di prima linea potessero arrestare quei mostri di metallo e, aveva predisposto una trappola in una zona montuosa si, ma dove la valle, ad un certo punto, si allargava per poi restringersi di nuovo. In fondo all’ultimo restringimento, sui binari della ferrovia, era stato piazzato un cannone navale da 203mm, circondato da altri due più piccoli, ma sempre dall’aspetto spaventoso, da 120mm. Il tutto adeguatamente mimetizzato. Inoltre all’apparire dei Panzer, sarebbero arrivati sul luogo dieci S 79 da bombardamento che avrebbero contribuito a fare piazza pulita dei carri nemici li ammassati in spazi ristretti.

CAPITOLO VENTUNESIMO. La crudeltà della guerra.

Giorgio si era trovato fatalmente in uno dei punti più cruciali da difendere……dentro quella specie di grotta, ben celata dalla mimetizzazione, aveva cercato inizialmente, sparando con l’alzo a zero, di infliggere qualche danno ai carri che irrompevano, ma subito su era reso conto che non c’era proprio nulla da fare. Un senso di impotenza vivissimo si era impadronito di tutti ed il terrore di essere tagliati fuori ed isolati fin dal primo giorno di battaglia, aveva subito fatto capolino. Aveva informato della gravità della situazione con il telefono da campo, il Comando Di Battaglione che però, lo aveva tranquillizzato, asserendo che, dei carri in avanzamento era previsto che se ne dovesse occupare qualcun altro, con ben altri mezzi di quelli a disposizione degli Alpini. Non c’era stato il tempo di aggiungere altro perchè la massa della fanteria Tedesca si stava precipitando addosso a loro. Giorgio aveva subito comandato il fuoco di sbarramento, prima con mortai e cannoncini, per poi passare alle mitragliatrici ed ai fucili. Se all’inizio il fuoco era mirato, dopo poco ci si era ritrovati a sparare nella massa. I pezzi di Giorgio erano riusciti a distruggere vari cingolati e trasporti truppe che tentavano di farsi strada verso le postazioni Italiane, ma alla fine si erano trovati quasi a combattere all’arma bianca per tentare di respingere l’aggressore al di la della linea di confine. Nonostante tutto l’impegno profuso, prima con la consapevolezza di quanto stavano facendo e poi con la forza della disperazione, ad un certo momento erano stati sul punto di essere sopraffatti dal numero, ma il fuoco concentrato, proprio in aiuto a loro che apparivano in grande difficoltà, fuoco fatto dalle alture circostanti dagli altri Alpini ben appostati, era riuscito a fermare l’impeto del nemico che aveva per un attimo vacillato. Quando erano stati chiamati al contrattacco, avevano avuto ancora la forza ed il coraggio di slanciarsi in avanti….e un folle entusiasmo si era impadronito per un attimo di loro: volevano arrivare fino a Vienna ! volevano far sparire i Tedeschi dalla faccia della terra !!! Poi, naturalmente si erano trovati faccia a faccia con quei mostri alati che calavano dal cielo come angeli della morte seminando ovunque distruzione e……erano frettolosamente ripiegati sulle posizioni di partenza. Quando era tornata la calma…..si erano contati: da una forza di centoventi uomini erano rimasti in ottanta….e avevano perso tutti i muli centrati alla fine della grotta da un colpo fortunato sparato da un mortaio nemico. Giorgio era rimasto per sua fortuna completamente illeso, aveva organizzato il trasporto dei feriti verso le retrovie verso gli ospedali da campo e recuperato, per quanto possibile i loro poveri morti e riorganizzato il meglio possibile, la linea difensiva. Stranamente, se ne rendeva conto, solo ora, non aveva avuto per nulla paura…..nonostante avesse visto cadere accanto a se tanti bravi giovani, non aveva avuto tempo e modo di cedere al terrore…..era come se non si fosse reso conto della morte che lo circondava e che avrebbe potuto prenderlo con se in qualsiasi momento. Più giù, verso valle, intanto si attendeva con ansia l’arrivo dei carri armati che dovevano sboccare alla fine della gola…..prima di aprire i fuoco si era atteso che i primi dieci Panzer sboccassero nello slargo….poi i tre grossi cannoni avevano fatto sentire la loro voce, dilaniando le lamiere dei carri e facendone esplodere i serbatoi di carburante. Cento carri in perenne movimento che avanzavano a cinquanta chilometri l’ora erano però tanti per la cadenza di tiro delle tre bocche da fuoco….i cannoni facevano adeguatamente il loro dovere ma i Panzer pareva non finissero mai ! Alla fine un colpo sparato da un carro aveva messo fuori uso il cannone da 120 di destra e la situazione da critica stava per diventare disperata. Per fortuna, come programmato, erano arrivati all’improvviso gli S 79…..uno dopo l’altro si erano infilati nella stretta valle e avevano scaricato il loro carico di morte sulla testa dei Tedeschi. Gli ultimi ventidue carri rimasti erano dovuti tornare precipitosamente indietro, avevano scaricato addosso agli Alpini asserragliati tutto quanto rimaneva loro di munizioni, tanto per gradire, e avevano riattraversato indisturbati il confine.
Alla fine della giornata era subito apparso chiaro che gli Alpini non erano assolutamente in grado con le armi in dotazione, di respingere l’impeto dei carri armati, mentre erano riusciti validamente a respingere la fanteria Tedesca ed anche ad abbozzare un contrattacco, almeno fino al momento della apparizione dei velocissimi caccia nemici. Però tutto ciò era stato ottenuto a carissimo prezzo, le perdite subite si erano dimostrate spaventose……ed il nemico aveva solo effettuato il primo attacco di assaggio !

CAPITOLO VENTIDUESIMO. Gli scherzi del destino.

Alberto era uno dei pochi giovani che era riuscito nei primi ventitre anni della sua esistenza, a coronare il più grande sogno della sua vita: era riuscito a diventare pilota da caccia della Regia Aeronautica. Aveva volato un po’ su tutto quello che gli capitava, dal “gobbuto” trimotore da bombardamento S 79, agli aerei da ricognizione, ai grandi aerei da trasporto. Però lui si sentiva realizzato solo sui caccia…..gli piaceva enormemente la sensazione di solitudine e di onnipotenza che provava quando si ritrovava a volare tutto solo…..si sentiva un tutt’uno con l’aereo ed era ansioso di misurarsi in combattimento, con la paura, l’emozione e….naturalmente il nemico. Sapeva benissimo quanto gli apparecchi Italiani fossero superati e incapaci di reggere al confronto con quelli Inglesi o Tedeschi…..ma era anche sicuro di poter dare il massimo e di riuscire con la sua tecnica di volo aggressiva ma mai spericolata, a sopperire almeno in parte alle carenze del suo mezzo. Il secondo giorno di guerra, era finalmente in procinto, su allarme, di decollare per la sua prima missione di combattimento……quando era stato prima fermato, poi fatto scendere, ed infine indirizzato in tutta fretta, nell’ufficio del Comandante della base. Il colonnello Comandante non aveva quasi aperto bocca e si era limitato a consegnare all’allibito pilota….un ordine di immediato trasferimento…….in un paesetto mai sentito nominare, nella piana di Gioia Tauro, dalle parti di Reggio Calabria. Ma quale terribile scherzo gli stava mai giocando il destino…..la fortuna lo aveva portato ad un passo da realizzare il suo più grande desiderio….e adesso sul punto di decollare per la sua prima missione operativa, si ritrovava a partire per un anonimo magazzino del sud…..lontano mille miglia dal rombo del combattimento. Ma era il perché, che risultava oscuro e nebuloso, non solo a lui ma anche al suo incazzatissimo Comandante che si ritrovava a perdere, proprio nel momento di maggior bisogno, uno dei suoi migliori piloti. Comunque gli ordini….erano ordini, si era in guerra e non c’era ne modo ne tempo per contestarli, per cui il giovane, mentre il resto dello stormo stava oramai decollando, riunì con la morte nel cuore il suo bagaglio e si apprestò a raggiungere la sua nuova destinazione. Il trasferimento da Bolzano a Reggio Calabria non era certo stato ne rapido ne comodo……..a parte l’evidente malumore che lo aveva quasi soggiogato, ad Alberto il viaggio pareva non finire mai. Da Bolzano a Venezia ci erano volute quasi cinque ore ed era arrivato a Venezia giusto in tempo per prendere l’elettrotreno per Roma. Da Roma in poi……tra cambi continui di treni, sempre più lenti e fatiscenti…..c’era voluta una vita per arrivare. Alla stazione, aveva trovato per fortuna ad accoglierlo, una delle solite camionette dell’Aeronautica e…..finalmente, dopo altre due buone orette di scossoni, era arrivato nella nuova destinazione. Il suo desiderio più grande dopo tante ore di viaggio, era di fare almeno una bella doccia bollente…..uno di quei piaceri della vita che ti rimettono in grado di considerare il mondo con un’ottica migliore, ma invece di essere accompagnato al suo alloggio, fu subito condotto nella tenda “Comando” . Ma dove era mai capitato, stava pensando il povero giovane….erano le ventitré e trenta…..cosa ci poteva mai essere di tanto urgente per conferire con il Comandante o chi per lui in un accampamento dove aveva VISTO SOLO DELLE TENDE, ad un’ora tanto tarda e soprattutto dopo aver sopportato un giorno e mezzo di viaggio? Ma quando, dopo le presentazioni di rito, Alberto fu messo a parte dal Colonnello Cordella dell’incredibile progetto che li stava velocemente prendendo forma, progetto di cui lui, a vent’anni o poco più, si ritrovava ad essere una pedina fondamentale, la sua reazione non potè che essere entusiastica……..non sapeva ancora quando sarebbe stato il momento, ma quando sarebbe arrivato…..sapeva che lui sarebbe stato pronto !

CAPITOLO VENTITREESIMO. La crudezza della realtà.

Erano ormai passati i primi quindici giorni di combattimenti, sempre più intensi ogni giorno che passava. I Tedeschi, a forza di attacchi sempre più ossessivi e continui, che costringevano gli Alpini ad una durissima guerra di logoramento, erano riusciti con una spallata terribile ad avanzare fino alla gola dove erano situati i tre cannoni di grosso calibro, che con l’aiuto decisivo dei trimotori da bombardamento, avevano il primo giorno distrutto i Panzer nemici…..ma poi avevano dovuto subire l’inatteso ed imprevisto violentissimo contrattacco delle truppe Italiane che, con la forza della disperazione e mettendo in campo tutto quel poco che avevano, li avevano di nuovo ricacciati quasi oltre confine. Era infatti successo che i tanto vantati aerei tedeschi si erano dimostrati troppo veloci e poco manovrabili per essere di qualche utilità nelle strette gole di montagna…..tutto andava bene se le valli attaccate avevano una larghezza adeguata ma in quelle più anguste non avevano assolutamente margini di manovra e un gran numero di Me 109, si era fatalmente schiantato sulle rocce. Gli Italiani, invece, avevano piacevolmente scoperto che i loro vecchi biplani, con la loro grande agilità e con la capacità di volare a velocità ridotta senza il pericolo di andare in “stallo” e precipitare al suolo, erano adattissimi a supportare dall’alto le truppe che combattevano. Inoltre erano finalmente arrivati i primi, pochissimi ma estremamente preziosi cannoni antiaerei da 88mm, appena usciti dalla fabbrica della “Breda” che potevano servire sia come controcarro che come cannone antiaereo…..erano pochi anzi si potevano contare su due mani al massimo…..ma, insieme ai CR42….avevano per il momento fatto la differenza. Comunque, anche se il fronte si era di nuovo provvisoriamente stabilizzato…..la situazione per l’Italia rimaneva di estrema gravità: Milano era stata bombardata altre tre volte e Torino per altre due aveva subito la stessa sorte. Inoltre erano continuate senza sosta le tremende incursioni sulle retrovie del fronte, sui magazzini, sugli aeroporti, sui depositi di carburante, sugli ospedali da campo……i caccia Inglesi ce l’avevano messa tutta per proteggere per quanto possibile tutti quelli obiettivi sensibili ….avevano abbattuto oltre cento aerei tedeschi……ma non potevano certo essere ovunque e poi il loro numero da quello iniziale di cento…..si era fatalmente ridotto a quarantacinque. Purtroppo, se si era potuto riportare gli Alpini al loro numero originario con l’immissione in combattimento, come previsto, della divisione Alpina “Orobica” e dell’”Aquila”, le distruzioni della logistica non potevano essere superate con la stessa facilità: gli aerei tedeschi ultimamente, si erano accaniti purtroppo, a colpire ancora più in profondità, al limite stesso della loro scarsa autonomia…..avevano cominciato a colpire ponti, strade e ferrovie ed il necessario ed indispensabile flusso dei rifornimenti, veniva purtroppo fatalmente ritardato. Si era notato inoltre un certo movimento in Friuli, presso il valico del Tarvisio, movimento che sembrava preludere all’apertura di un secondo fronte. Ma quello che non si sapeva, presso lo Stato Maggiore Italiano, era purtroppo la mossa a sorpresa che Hitler si preparava con cura ad architettare. Il Fuhrer ed i suoi generali, aggiornavano di giorno in giorno la situazione…..se non si era riusciti ancora a sfondare il fronte d’attacco, si era però riusciti ad indebolire notevolmente il nemico un po’ ovunque…..si sapeva che le truppe di riserva italiane erano in via di esaurimento e che la logistica, se si fosse continuato per un altro po’ ad insistere negli attacchi al suolo eseguiti dai bombardieri, era ormai in difficoltà sempre più gravi e tra breve non sarebbe più stata in grado di rifornire adeguatamente e con la necessaria costanza, le truppe combattenti. Nessuno si era aspettato, tantomeno il Fuhrer, una vittoria immediata…..i problemi, gli imprevisti e le difficoltà era logico e naturale che si verificassero, come era accaduto per il relativo fallimento dell’ iniziale uso dei caccia nelle vallate alpine, ma con l’apertura ormai prossima del fronte del Tarvisio, con il progressivo logoramento e successiva sparizione dei caccia inglesi dal teatro di battaglia e soprattutto con l’improvvisa e rapidissima invasione della Svizzera neutrale che preludeva all’ attacco assolutamente imprevisto ad un confine Italiano completamente sguarnito….la partita si sarebbe rapidamente e definitivamente conclusa.

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO. L’inesorabile evolversi degli eventi.

Le navi da trasporto stavano finalmente salpando….le cinque divisioni meccanizzate ed i cento carri armati erano stati tutte imbarcati e stivati. Era stata un’impresa non da poco organizzare il tutto in così breve tempo: prima Churchill aveva dovuto “far capire” a tutti la giustezza e l’urgenza di quanto si accingeva a fare…..ma fino alle notizie degli indiscriminati e ripetuti bombardamenti su Milano e Torino, pochi gli avevano dato ragione. Poi si era trattato di reperire le forze necessarie e di farle partire. La scorta era di dimensioni notevoli…..si erano volutamente lasciate a casa incrociatori portaerei e corazzate e si era scelta una imponente scorta di cacciatorpediniere e di corvette antisommergibile dotyate di un altro rivoluzionario dispositivo elettronico: il SONAR. Nessuna nave doveva essere perduta con il suo prezioso carico di mezzi, materiali e vite umane. Il tragitto da percorrere non era lungo…..dopo il passaggio attraverso Gibilterra il grande convoglio sarebbe stato al sicuro. La partenza era avvenuta all’improvviso, di notte e con una nebbia terribile…..ma andava bene così. A mezzogiorno si erano ritrovati a trenta miglia nautiche dalla salvezza e sarebbero state delle ore di tensione spasmodica. Non si sapeva se i Tedeschi li avrebbero attaccati…..avevano spergiurato che mai si sarebbero misurati con gli Inglesi…..ma un siluro lanciato da un mezzo invisibile a tutti come un sommergibile, non aveva nome e dimostrare chi lo avesse lanciato sarebbe stato una vana impresa. Proprio in vista della rocca , ad una diecina di miglia al massimo, un cacciatorpediniere Inglese notò improvvisamente le scie di due siluri indirizzate presso il più grosso dei mercantili, quello che si trovava davanti a loro alla distanza di trecento metri circa…… erano ancora ad un miglio di distanza dal loro obiettivo ma la loro rotta era direttamente ed inesorabilmente convergente con la lenta nave da carico…..non c’era più nulla da fare, la grossa nave, qualsiasi manovra facesse, sarebbe inesorabilmente stata colpita e affondata. Restava solo una possibilità per salvare cinquecento fanti ed il loro preziosissimo equipaggiamento…..i comandanti delle unità di scorta erano stati avvertiti prima della partenza, quanto fosse importante ed indispensabile l’arrivo di forze fresche sull’infuocato fronte italiano, e di quanto fossero preziose, nello stesso tempo, per la Nazione, le vite che le navi di scorta erano chiamate a proteggere. Per cui il comandante della piccola nave da guerra dette l’ordine immediato di accelerare al massimo e….di frapporsi tra il mercantile ed i siluri in arrivo. Fu una questione di attimi…..la manovra riuscì perfettamente ed il piccolo cacciatorpediniere quasi scomparve squassato dalle due terribili esplosioni, subito spezzato in due. Il troncone di prua, fino all’affusto del cannone si inabissò immediatamente, mentre la parte centrale e poppiera, protetta dalle paratie stagne preventivamente chiuse, si era fermata di colpo …..ma era rimasta miracolosamente a galla. Era stato terribile vedere la prua della piccola nave scomparire tra i flutti…..l’unica cosa da sperare era che quanti vi si trovavano in quei tragici momenti, fossero morti subito e non avessero dovuto subire la sorte straziante di chi perdeva la vita soffocato al buio tra le lamiere contorte. Il mercantile era salvo, per il sacrificio eroico di cinquantotto marinai Inglesi che si erano sacrificati….per salvarne oltre cinquecento. Altri attacchi per fortuna non se ne verificarono e dopo altri tre giorni, le cinque divisioni inglesi, spostandosi solo di notte per paura delle incursioni tedesche che sapevano del loro arrivo, si appostarono provvisoriamente sulla linea difensiva del Piave. I giorni passavano inesorabili, era trascorso ormai un mese e mezzo tra attacchi e contrattacchi, ed ora, dopo tanto sangue, le forze contrapposte si stavano riorganizzando prima di intraprendere le mossa successive. Churchill, come ulteriore “regalo” era riuscito a riportare a cento i suoi preziosissimi caccia, ma si sapeva che questi sarebbero stati veramente gli ultimi che l’Inghilterra poteva inviare. I Tedeschi intanto, stavano rafforzandosi ancora sul fronte del Brennero facendo intervenire le loro Truppe Da Montagna, che andavano progressivamente a sostituire i Granatieri delle divisioni meccanizzate. Le Divisioni Corazzate e quelle Meccanizzate erano provvisoriamente state spostate qualche chilometro più indietro, riorganizzate e potenziate e pronte a mordere un’altra volta. Il nuovo fronte del Tarvisio era tutto in fermento, ma li non si sparava ancora nemmeno un colpo. Li a fronteggiarsi, erano gli Alpini della Julia e forze Tedesche costituite da un primo schieramento di Truppe da Montagna con alla retroguardia il solito nugolo di Divisioni Corazzate e Meccanizzate, seguite a loro volta dai Granatieri…. tutte ancora fresche e non toccate dai combattimenti. In tutti e tre i fronti di combattimento, i Tedeschi avevano anche fatto affluire dei camion con degli stranissimi tubi posti sul cassone…si trattava di un’arma di cui gli Italiani non conoscevano ancora l’esistenza ma con le quali avrebbero inevitabilmente dovuto fare i conti con il partire dell’attacco: si trattava della cosiddetta “Katiuscia”, una serie di razzi infilati in rudimentali rampe di lancio che, lanciati contro il nemico, pur con una precisione molto approssimativa avrebbero seminato il terrore. Ma il grosso delle forze Tedesche, nella più completa segretezza, erano in procinto di irrompere all’improvviso proprio li dove non erano per nulla attese e dove il confine era stato in precedenza completamente sguarnito…..sul confine con la Svizzera che era in procinto di essere proditoriamente ed improvvisamente attaccato. Non si sarebbe nemmeno dovuto invadere il Paese neutrale da sempre…..sarebbe stato sufficiente attraversarlo di slancio nella sua parte più orientale prima di irrompere oltre il confine Italiano……si sarebbe trattato solo di pochi chilometri in terra Elvetica da attraversare con la massima rapidità e non sarebbe stato per nulla necessario, almeno per il momento, perdere tempo per impadronirsi di tutta la piccola Nazione. Certo ci sarebbe stato tempo anche per questo….ma solo quando fosse venuto il momento di Alsazia e Lorena……il Fuhrer voleva per adesso continuare a far vedere a Francia ed Inghilterra, che il suo obiettivo era solo ed esclusivamente il contenzioso con l’Italia, terminato il quale si sarebbe per tutti aperto un lungo periodo di pace !.

CAPITOLO VENTICINQUESIMO .Speranze…

La costruzione dell’impianto andava avanti a tappe forzate……i capannoni dove gli aerei sarebbero stati assemblati erano già pronti ed al loro interno proseguivano febbrilmente i lavori di costruzione della grande catena di montaggio. Sotto delle gigantesche tende pneumatiche, dotate di pavimento in gomma completamente isolato dalla polvere, destinate in origine a contenere un grandissimo ospedale da campo, era cominciata già da trenta giorni la realizzazione dei motori a reazione. Già ne erano stati ultimati tre, ma con l’andar del tempo i tecnici si sarebbero certamente sveltiti con l’esperienza fino ad allora accumulata, e il lavoro sarebbe senz’altro proceduto ancora più rapidamente. Il giorno che stava appena nascendo, sarebbe stato un giorno cruciale per tutta l’operazione in corso……si sarebbe finalmente potuto provare “al banco” il primo motore…..e vedere se il progetto, così importante per tutta la Nazione, sarebbe stato realmente fattibile o si sarebbe malauguratamente risolto in un clamoroso dolorosissimo e forse definitivo fiasco. Il Duce avrebbe voluto con tutto il cuore assistere all’esperimento, ma non voleva assolutamente con la sua ingombrante presenza, essere considerato di ostacolo, ed era rimasto a Bolzano incollato al telefono. Sotto un capannone non ancora completamente ultimato, il grosso ma affusolato motore era stato assicurato al banco di prova, collegato alla strumentazione di controllo da una serie infinita di cavi, e rifornito adeguatamente del necessario carburante. Il momento era carico di tensione….in gioco non c’era solo l’orgoglio di chi aveva creato e voluto il progetto e di chi l’aveva supportato fino a li…..in ballo c’era l’incerto destino dell’Italia intera. Il momento era dunque arrivato: tre, due, uno…..ed ecco….. un sibilo d’intensità crescente si era diffuso ovunque: gli indicatori di ed i quadranti di controllo posti su di una consolle li vicino, registravano fedelmente i dati richiesti per quanto riguardava il corretto funzionamento del motore…..tutto sembrava andare bene, tutti i valori erano nei limiti, le temperature di esercizio nella norma e si mantenevano tali, anche aumentando giri e potenza. Per tutta l’ora in cui il motore fu fatto funzionare, non accadde per fortuna, nulla di anormale……la prova era stata completamente e brillantemente superata. Alberto aveva assistito alla prova con immensa trepidazione….si sentiva come una mamma in attesa di cogliere il suono del primo vagito del suo piccolo appena nato….e quando il sibilo del motore cominciò a diffondersi intensissimo, decise che quello che sentiva non era rumore….ma musica per le sue orecchie, una musica che sperava lo avrebbe accompagnato in cielo il più presto possibile.

CAPITOLO VENTISEIESIMO. Il dovere di reagire.

Dopo l’arrivo degli ultimi Spitfire inglesi, le incursioni sulle retrovie Italiane avevano momentaneamente perso parte della loro incisività iniziale: con cento aerei sempre pronti al decollo le perdite tedesche erano aumentate di nuovo di molto e, gli aerei che giungevano sugli obiettivi assegnati, erano sempre di meno. Ma, nello stesso tempo, erano sempre tanti i danni che venivano inferti alle città indifese……Milano e Torino erano sempre martoriate da incursioni che continuavano a seminare morte e rovina, ed anche Trento, Trieste e Bolzano avevano cominciato ad essere prese di mira. Il fatto era che se si voleva continuare a difendere efficacemente le retrovie del fronte e i centri di comunicazioni…..non restavano abbastanza aerei efficienti per difendere le città. Il RE e Mussolini avevano interpellato allora lo Stato Maggiore Riunito, per vedere se ci fosse stato un modo per alleggerire in qualche modo la pressione, in attesa che fossero disponibili i nuovi aerei tutt’ora in costruzione. Purtroppo il modo di ridurre tali attacchi, per adesso non c’era…..ma erano in via di attuazione due “diversioni” che avrebbero per lo meno dato qualche cosa da pensare al Tedeschi. La prima consisteva nello sfruttare l’agilità tra i monti del vecchio CR 42…..si era pensato di far fare a venti aerei di questo tipo una improvvisa incursione dietro le linee nemiche passando di nascosto, radente al suolo, attraverso una vallata parallela al fronte del Tarvisio, fronte dove ancora non si era combattuto. Si sarebbe cercato di colpire un aeroporto con gli aerei ancora al suolo e subito dopo i relativi depositi di carburante, per poi disimpegnarsi prima dell’arrivo dei rinforzi Tedeschi. La seconda consisteva in un bombardamento navale notturno del porto di Amburgo, effettuato dalla flotta Italiana. L’azione dei caccia era stata approvata senza riserva alcuna, anzi si era deciso di integrarla con l’azione di bombardamento delle retrovie Tedesche effettuata da venti S 79 “sparviero” scortati per l’occasione da trenta Spitfire. La prevista incursione su Amburgo era stata invece rimandata a data da destinarsi, sia perché, oltre al fatto puro e semplice dimostrativo, effettivamente improduttiva per il prosieguo delle ostilità e, soprattutto perché avrebbe implicato l’impiego di caccia inglesi imbarcati su portaerei che, per difendere le navi Italiane dall’alto, si sarebbero fatalmente scontrati con quelli tedeschi…..e questa a Londra era una cosa che non si voleva affatto che si potesse ancora verificare, per evitare, come al solito, possibili ritorsioni Tedesche sulle Isole Britanniche. Il ventisei di dicembre il raid aereo era partito…..prima si erano levati in volo i venti biplani che avevano preso sollecitamente la via dei monti Friulani. Arrivati nei pressi delle prime pendici montuose, avevano in fila indiana cercato di seguire le balze del terreno a pochi metri di altezza, con i motori tenuti a basso regime di giri per provocare il minimo rumore possibile. A pochi chilometri dall’obiettivo, gli Alpini, precedentemente informati dell’incursione in corso, avevano cominciato a sparare sulle posizioni avversarie con tutto quello che avevano……il nemico era praticamente invisibile nascosto com’era tra grotte ed anfratti, ma l’importante era fare rumore per non fare accorgere nessuno del caccia in avvicinamento. Nello stesso momento in cui cominciava il fuoco di sbarramento Italiano, erano stati fatti decollare i venti bombardieri con la relativa scorta. La sorpresa Italiana stava riuscendo in pieno…..i piccoli biplani si gettarono completamente indisturbati sulla pista dell’aeroporto mitragliando tutto quello che capitava loro a tiro: aerei fermi sulla pista, autobotti, camion, capannoni……e terminate le munizioni si allontanarono proprio nel momento in cui gli S 79 facevano capolino dietro un crinale, pronti ad aggiungere il loro contributo. Oltre a tutti gli aerei sulla pista e degli hangar, questa volta venne centrati in pieno anche il grosso deposito di carburante e gli Spitfire, vedendo il cielo sgombro da avversari, terminarono l’opera distruttiva seminando ovunque morte e distruzione.

CAPITOLO VENTISETTESIMO. I primi consuntivi

La pazienza del Fuhrer era terminata, un intero stormo di Me 109 era stato distrutto al suolo senza contare la serie dei danni collaterali….la faccenda doveva essere chiusa al più presto, visto che tutti i preparativi erano stati ultimati. Il primo giorno del primo mese del nuovo anno sarebbe partita la resa dei conti definitiva. Intanto in Italia il morale della popolazione si manteneva fortunatamente saldo, tutti si erano resi conto che non era certo colpa di chi li governava se ci si era venuti a trovare in tale situazione. Buona parte della responsabilità era giustamente dai più attribuita ai cari “cugini” d’oltralpe che avevano il sacro terrore di impelagarsi in un’altra guerra. Certo, era vero che la Francia vent’anni prima si era praticamente dissanguata……. in una lunghissima guerra di posizione, ma era anche vero che il comportarsi con tanta acquiescenza con un pazzo psicotico come Hitler, non l’avrebbe certo aiutata, o peggio salvata, in un prossimo futuro quando sarebbe fatalmente arrivato il suo turno. Era vero anche che, se i Francesi si fossero dimostrati inflessibili, e avessero reagito da subito quanto avrebbero dovuto e potuto, la Germania sola ed accerchiata, forse avrebbe in quel contesto, rinunciato ai suoi piani di aggressione. Il Re intanto, si era recato sempre più spesso tra la popolazione civile colpita dai bombardamenti, sempre accompagnato dalla Regina…….la loro presenza non era servita certo a rendere meno drammatica la situazione delle città colpite, ma per lo meno era servita di sprone alla popolazione, per continuare a vivere con la speranza che un giorno non lontano tutto ciò avrebbe avuto finalmente fine.

CAPITOLO VENTOTTESIMO Vita….da pilota.

Il miracolo stava avvenendo sotto i suoi occhi……Alberto stava rimirando il prototipo che si stava terminando di assemblare materializzandosi di giorno in giorno davanti a lui. Erano passati solo dieci giorni dalla prima prova motori…..eppure senza attendere nemmeno l’entrata in funzione della catena di montaggio, sotto un capannone defilato, con il tetto ricoperto di teloni, il lavoro sul primo dei ventuno aerei, previsti come stok iniziale,si avviava alla conclusione. Si era previsto all’inizio che per terminarlo sarebbero stati necessari almeno trenta giorni di duro lavoro….ma con l’accortezza di far arrivare dai magazzini parte dei materiali, già parzialmente montati e collaudati, si erano risparmiati dieci giorni e, lavorando ininterrottamente giorno e notte, su tre turni di lavoro, concentrati continuamente solo su quello che ciascuno doveva fare e ignorando completamente riposi, domeniche e festività natalizie…….si era quasi alla fine del lavoro. Il giorno di Capodanno l’uccello avrebbe spiccato per la prima volta il volo e a pilotarlo sarebbe stato proprio Alberto. Il giovane aveva partecipato attivamente, come era stato previsto, come gli altri diciannove piloti alla costruzione del primo velivolo. Ne avevano prima di tutto studiato minuziosamente i progetti su carta, avevano seguito poi la costruzione della fusoliera, avevano appreso nei minimi particolari tutti i segreti dell’avionica del velivolo, compreso a fondo potenza, prestazioni e caratteristiche del prodigioso e rivoluzionario motore. Era poi arrivato il momento in cui si erano seduti per la prima volta al posto di pilotaggio e si erano già immaginati a volare tra le nuvole ed il cielo blu. Alberto, per tutto il trentuno di dicembre, era stato costretto dal Comandante al più assoluto e completo riposo mentale….ma,.visto che il farlo rimanere in branda, non avrebbe fatto altro che fagli aumentare la tensione già abbastanza alta, il Colonnello Cordella lo aveva costretto a passare la giornata dell’ultimo dell’anno a pesca con lui, sua moglie e sua figlia, su una barca a vela di dodici metri che il suo superiore possedeva da anni. Anche se all’inizio Alberto era stato riluttante alla gita in barca, alla fine si era ritrovato contento di essere andato, sia perché il Colonnello si stava dimostrando con lui di una estrema gentilezza, sia perché era stato stregato dagli occhi di Beatrice……la figlia di diciotto anni dell’Ufficiale.
Non era stata, comunque, la presenza dei due coniugi, pur tanto gentili ed affabili con lui, a fargli passare in fretta il tempo e a fargli dimenticare per un po’ il compito che lo attendeva per il giorno dopo, ci voleva ben altro per non farlo ritornare tra le nuvole delle sue preoccupazioni….e “altro” era proprio stata era proprio la bella Beatrice. Le ragazze che Alberto aveva fino allora frequentato, non avevano mai lasciato dei ricordi particolarmente vividi nella sua mente…..lui era un bel ragazzo e non aveva certo avuto problemi…..a fare conquiste. Però si era trattato sempre, fino a quei momenti carichi di tensione, di poco più di ”ragazzate”, Alberto aveva infatti avuto fino a quel giorno la ”testa fra le nuvole”e il sogno e lo scopo principale della sua vita, la sua massima aspirazione, si concretizzavano veramente tra cielo e….appunto le nuvole ! Anche Beatrice non era rimasta indifferente alle occhiate che Alberto le inviava involontariamente di tanto in tanto e quando succedeva non abbassava certo lo sguardo.

CAPITOLO VENTINOVESIMO. Disperazione.

Come se non bastasse a rendere ancora più drammatica la situazione, un altro guaio molto grosso si stava profilando all’orizzonte……l’Ambasciatore Italiano in Svizzera aveva effettuato una telefonata “riservatissima “ per il Duce in persona in cui si esponeva, in tono estremamente allarmato, quanto stava per succedere. Mussolini ed i tre Capi Di Stato Maggiore avevano commesso un fatale e grossissimo errore, non avevano cioè considerato che Hitler potesse violare la sovranità della Svizzera per aggredire l’Italia alle spalle……e adesso era forse drammaticamente troppo tardi per correre efficacemente ai ripari, oltre a tutto l’Ambasciatore aveva aggiunto, che la piccola Nazione montana non avrebbe nemmeno accennato ad una inutile e sanguinosa resistenza. L’attacco alla piccola parte del territorio della Svizzera, interessato al passaggio delle truppe tedesche, si era riusciti a sapere che era stato programmato per Capodanno….e oggi ventotto dicembre, a tale data mancavano solo poco più di tre giorni pieni. Si sarebbe forse ancora stati in tempo a trasferire in tutta fretta forze fresche da montagna ai confini Elvetici, si sarebbe potuto fare tutto in fretta e furia, ma il tempo ci sarebbe stato per cercare di frapporre almeno ai Tedeschi altri reparti Alpini. Si sarebbe certo trattato, per lo meno, di una difesa raffazzonata di emergenza, senza la possibilità di aver potuto predisporre per tempo delle difese adeguate e organizzate ……ma il guaio vero e proprio era quello che, tali forze esistevano ormai solo sulla carta……tutto quanto disponibile di valido, era stato ormai impiegato a difesa del Trentino e del Friuli. Le uniche forze rimaste erano solo quelle di Fanteria, notevoli nel numero ma completamente impreparate ed inadatte a sostenere sia una impari lotta tra i monti….sia a resistere ad un massiccio attacco in pianura, una volta che i Tedeschi fossero riusciti a valicare le Alpi.! Bisognava trovare una alternativa e bisognava trovarla subito per evitare la catastrofe incombente, altrimenti la Lombardia sarebbe da subito stata perduta e le forze Tedesche avrebbero potuto prendere alle spalle, dilagando in pianura, quelle Italiane disposte sui monti e attestate sul Piave, facendo così crollare l’intero fronte. Restava solo una cosa da fare…..amara, anzi amarissima…..si sarebbe trattato di un boccone pesantissimo da digerire e sopratutto di far digerire a migliaia di Italiani che nel giro di tre giorni avrebbero perso tutto……L’ inevitabile ed unica alternativa, era quella di far minare, nel più breve tempo possibile e di nascosto dal nemico, le montagne sovrastanti i passi alpini interessati all’invasione e……di far evacuare dalle proprie case nel giro di poche ore, tutti i poveri abitanti di quelle zone meravigliose. I passi alpini presso i confini Svizzeri sarebbero con il crollo delle pendici dei monti, rimasti completamente ostruiti ed impraticabili per chiunque. Anzi….per un maggiore impatto sul morale del nemico i crolli sarebbero stati programmati proprio al passaggio delle colonne d’invasione .Tutto fu organizzato e realizzato nel più grande segreto…..i reparti del Genio Guastatori inviati precipitosamente sul posto, riuscirono a completare rapidamente quanto necessario per ottenere il massimo risultato possibile e solo il trentuno di dicembre ci si accinse a far sgomberare i paesi e le baite………nulla fu detto ai poveri valligiani…..furono semplicemente caricati sui camion e portati volenti o nolenti in pianura. Un silenzio spettrale avvolgeva le valli ammantate di neve….il sole splendeva alto nel cielo facendo apparire la giornata ancora più bella di quelle precedenti. Nulla faceva presagire l’inferno di fuoco che si sarebbe scatenato in quei luoghi incantati e la distruzione di quei piccoli paesi tanto belli !

CAPITOLO TRENTESIMO. A caccia delle stelle.

Alle prime ore del pomeriggio del trentuno di dicembre, Alberto aveva appena acceso il motore del mostro che si ritrovava a dover pilotare nel suo primo volo di collaudo. Lavorando indefessamente si era riusciti a guadagnare ancora qualche ora preziosa ed il collaudo era stato anticipato. Alberto ormai conosceva a memoria il suo nuovo “giocattolo”….sapeva benissimo come si sarebbe dovuto comportare in volo…..velocità massima, potenza di fuoco, autonomia, agilità, robustezza…….erano tutti parametri che erano stati ben stabiliti sulla carta e nella galleria del vento e che adesso dovevano essere confrontati con la realtà dei fatti. Erano giorni e giorni che se lo guardava e lo toccava con dolcezza e deferenza…..era molto più grande dei soliti aerei da caccia, estremamente slanciato e con due corte ali a freccia. Era bellissimo da guardare, con le linee aerodinamiche e purissime di un vero capolavoro della tecnica. Era solo il primo dei ventuno purosangue del cielo che stavano per essere ultimati……l’unico ad essere destinato esclusivamente ai test iniziali ed a non essere mai impiegato in combattimento. I controlli pre volo non avevano dato problemi di sorta e Alberto cominciò il rullaggio: la velocità aumentava sempre di più e……ecco finalmente il momento tanto atteso era finalmente giunto e il “magico uccello” si era staccato dal suolo e librato in volo. Si trattava come era evidente fin dai primi momenti, di un successo clamoroso…….tutti i parametri previsti erano stati rispettati e il “Ferrari T 3” si era avventato nel cielo alla fantastica velocità di 1200 Km all’ora ! Alberto si sentiva “in paradiso”…….la terra che sfilava sotto di lui…….lo faceva a velocità folle, se solo tirava a se la cloche l’aereo puntava decisamente il muso affusolato verso il cielo azzurro. In alto…..sempre più in alto ! Non c’era manovra che potesse mettere in difficoltà mezzo o pilota….la cabina pressurizzata consentiva al giovane di raggiungere rapidamente i diecimila metri di altitudine e di sentirsi…quasi .a ridosso delle stelle. Nessuno al mondo aveva mai potuto provare quanto stava sperimentando lui. Alberto adesso sentiva di avere realizzato il suo sogno più bello…..si trattava di una sensazione inebriante che non avrebbe mai voluto abbandonare. Il successo si era dimostrato completo…..a parte alcuni particolari di secondo piano da mettere a punto sui venti aerei in via di ultimazione, tutto il progetto era stato ultimato con grandissimo anticipo sui tempi previsti inizialmente…..tra dieci giorni venti aerei sarebbero stati pronti per decollare e dopo altri dieci di serrato addestramento, sarebbero potuti essere immessi in combattimento. Per il venti gennaio la Regia Aeronautica, sarebbe stata finalmente in grado di dire la sua e di poter finalmente contrastare, attaccare e distruggere i Me 109 e 110 Tedeschi. Contemporaneamente, con l’entrata in funzione a pieno ritmo della catena di montaggio a Gioia Tauro, dopo un altro mese altri cinquanta caccia sarebbero stati in grado di dare il loro contributo alla riscossa Italiana.

CAPITOLO TRENTUNESIMO. La visione della rovina incombente…..dissipata da un raggio di sole.

Il primo dell’anno un’ondata di ferro e fuoco si stava scatenando sulle prime linee Italiane, dal Brennero ai passi Friulani. Il nuovo fronte da aprire, dopo l’invasione di alcuni territori della Svizzera, era stato intanto provvisoriamente rimandato. Il Fuhrer voleva infatti vedere se l’attacco che si stava sviluppando in quelle ore…..sarebbe da solo stato sufficiente da solo a mettere in ginocchio il nemico. Prima si era mossa la fanteria meccanizzata Tedesca ad ondate successive supportata dove era possibile dai Me 109 e dagli Stuka, poi prima i Panzer avevano questa volta dato supporto alle fanterie e poi si erano scagliati come al solito assolutamente indisturbati, al di la delle retrovie Italiane. Gli Alpini erano stati bersagliati e terrorizzati nelle loro posizioni dai razzi Katiuscia lanciati da camion appositamente attrezzati, razzi che avevano portato completo scompiglio nelle posizioni fortificate Italiane, Lo Stato Maggiore Italiano aveva allora reagito facendo intervenire i CR 42 che da bassa quota, erano riusciti a causare notevoli perdite alla Fanteria avanzante che veniva già valorosamente contrastata da coloro che combattevano disperatamente al suolo e sulle pendici dei monti. Ma subito dopo i Me 109 fatti nuovamente decollare, avevano colpito mortalmente dall’alto i vecchi fragili caccia Italiani facendone scempio Una due tre, ondate successive scagliate una dopo l’altra fecero vacillare l’intero schieramento degli Alpini, preoccupati inoltre, dalla consapevolezza di essere già stati superati dai Panzer, che agivano alle loro spalle alla costante ricerca di sfociare in pianura. L’intero fronte si era come piegato drammaticamente all’indietro e minacciava di crollare e fu solo l’intervento dei novanta Spitfire residui, che si scagliarono prima sulle truppe di terra Tedesche e poi contro i caccia di Hitler levatisi in volo contro di loro, che riuscì a tamponare provvisoriamente la situazione……..Dopo una settimana di scontri all’arma bianca il fronte era arretrato di una diecina di chilometri un po’ ovunque e per fortuna, unica notizia positiva di quei giorni, che i Panzer si erano dovuti nuovamente arrestare, per l’esaurimento di carburante e munizioni, dopo aver dovuto subire perdite notevolissime, proprio prima dell’ultimo baluardo che li separava dal loro obiettivo. Questa volta però non erano retrocessi al di la delle loro linee, ma avevano mantenuto le posizioni ottenute, riforniti dall’alto dagli aerei da trasporto di munizioni e pezzi di ricambio. Ad un certo punto i carri tedeschi erano stati attaccati da un nugolo di M13 italiani che con la forza della disperazione avevano cercato di far arretrare i panzer 4 tedeschi….era stata una carneficina: dei centoventi carri italiani, discreti come bocca da fuoco ma drammaticamente “sprotetti” e con la torretta ancora di quelle rigide……se ne erano salvati a malapena solo una ventina che avevano dovuto rientrare precipitosamente nelle retrovie dopo essere riusciti a distruggere a loro volta solo una diecina di carri nemici.
La situazione rimaneva dunque drammatica…..Il decimo giorno l’offensiva Tedesca si era se non certo arenata, per lo meno momentaneamente interrotta: era necessario per le truppe d’invasione tirare il fiato, rafforzare le nuove posizioni ottenute con tanto sacrificio e prepararsi al balzo successivo, che sarebbe partito in coincidenza con il nuovo attacco in partenza dalla Svizzera che Hitler aveva finalmente deciso di far partire al più presto. Da parte Italiana si era ormai prossimi alla disperazione ed al collasso generale…….le prime linee avevano eroicamente sostenuto per quanto possibile l’impeto dirompente di quelle Tedesche e si erano dovute assestare in posizioni di ripiego. I danni e le perdite subite erano state tremende…le truppe Italiane erano state bersagliate per la prima volta in vita loro dalle Katiuscia che avevano fatto strage tra gli Alpini terrorizzati……avevano dovuto subire terribili e continui attacchi da terra e dal cielo, uno dopo l’altro, uno più violento dell’altro……si erano dovute piegare ma non si erano ancora spezzate….ancora ! Nelle retrovie stazionavano purtroppo soltanto ad un passo dalla pianura, alcune decine di reparti di Panzer, pronti a sferrare il decisivo attacco ed a sfociare finalmente nei tanto agognati “grandi spazi aperti” I vecchi CR 42 erano stati decimati nei loro eroici assalti a bassa quota e, cosa ancora più grave, i preziosissimi Spitfire, si erano di nuovo ridotti ad una trentina al massimo di aerei efficienti. Inoltre erano ripresi gli attacchi al suolo dei Me 110 alle retrovie del fronte ed alle città del Nord Italia. Il Duce, a rapporto con i tre Capi di Stato Maggiore e con il solito Addetto Militare Inglese, aveva dipinto la situazione come disperata…..si era veramente ad un passo dalla totale disfatta. Le truppe Alpine sulle quali si era tanto fatto conto, che nella grande Guerra avevano così valorosamente contrastato il nemico, non essendo dotate di armi moderne ed adeguate ai tempi, avevano fatto l’impossibile fino a quel momento, limitandosi a retrocedere difendendosi accanitamente ed anche a contrattaccare quando ne avevano intravisto la possibilità……ma ai prossimi attacchi condotti in grande stile lanciati da più parti, sarebbero inevitabilmente crollate perché letteralmente sopraffatte. I Panzer sarebbero inevitabilmente dilagati la dove le difese Italiane erano più deboli e nemmeno le cinque Divisioni Inglesi se fossero state finalmente impiegate,, avrebbero potuto a quel punto fare gran che. Per le residue speranze Italiane sarebbero rimasti solo altri cinque giorni……si era saputo, infatti, che .l’attacco decisivo sarebbe stato scagliato il giorno quindici, e senza l’intervento di un miracolo per fine mese, tutto sarebbe stato concluso. A questo punto, per colmo della disgrazia, l’Addetto Militare Inglese aveva cercato di temporeggiare, cercando di convincere il Duce ad una resa onorevole per risparmiare tante vite umane, visto ormai il tragico incedere degli eventi e l’ineluttabilità della situazione. Ovviamente l’Inghilterra aveva principalmente a cuore la sorte delle sue cinque Divisioni che operavano tutt’ora a difesa della linea del Piave: Churchill, sarebbe stato dispostissimo a farle entrare in combattimento, se solo ciò avesse potuto essere veramente di qualche utilità……..ma mandarle a distruzione sicura per una causa ormai completamente compromessa, era tutta un’altra faccenda ! Mussolini fu così costretto a prendere in considerazione anche questa terribile “opzione”, per quanto potesse essere umiliante e foriera forse di più grandi disgrazie…..non si sarebbe mica trattato di tornare a far parte di un nuovo “Impero Austroungarico” ma di entrare a far parte di un universo governato dalla follia Nazionalsocialista avvelenato oltre che da vecchie ruggini, anche dall’odio razziale che lo contraddistingueva: Ma proprio mentre l’Addetto Militare stava per uscire sconfortato dalla stanza, fu bloccato dall’arrivo di una telefonata da Gioia Tauro che fece letteralmente balzare sulla sedia il Capo del Governo Italiano: per il quattordici gennaio i primi venti “Ferrari T3” sarebbero stati operativi ! L’Inglese a vedere il Duce balzare in tale modo all’ impiedi, pensò in un primo momento che l’uomo avesse ricevuto un’altra drammatica notizia su quanto si stava verificando in quei giorni, ma guardando bene l’espressione raggiante di Mussolini, si rese conto che questa volta qualche cosa di positivo doveva essere incredibilmente avvenuto. Ovviamente, credere a quanto gli veniva sollecitamente riferito dall’alleato Italiano, era un qualche cosa di incredibilmente difficile da digerire……come era mai possibile che l’Italia, con le sue Forze Armate ridotte in quel gravissimo stato di arretratezza, si potesse trovare all’improvviso in grado di possedere ed usare un’arma tanto avanzata per l’epoca in cui si trovavano…..come era stato possibile, non solo il fatto di averla concepita….ma anche e sopratutto realizzata! Certo che, se era tutto vero……diventava necessario impiegare tale arma rivoluzionaria, al meglio e farlo immediatamente, per ottenere il massimo vantaggio e possibilmente trovare il sistema di “ribaltare la situazione” e di farla volgere a proprio favore..

CAPITOLO TRENTADUESIMO. Un piano….disperato

Venne rapidamente elaborato un piano di battaglia, disperato si ma, che se fosse riuscito, avrebbe dato alla Nazione la “boccata D’aria” di cui aveva bisogno per continuare per lo meno a credere nella propria salvezza.
Il giorno quattordici gennaio i trenta residui Spitfire si sarebbero nuovamente gettati all’improvviso sui campi di aviazione dietro le linee Tedesche seguiti da due stormi di S 79 “sparviero” L’attacco si sarebbe svolto sia sul fronte del Brennero, sia su quello del Tarvisio. Gli aerei attaccanti sarebbero stati scortati in volo da dieci aerei a reazione, cinque per ognuna delle due direttrici di attacco. Degli altri dieci reattori a disposizione, otto avrebbero avuto il compito di proteggere finalmente le martoriate retrovie Italiane e le città del nord…..gli ultimi due, aiutati nell’impresa da un altro stormo di S 79 “Sparviero”, l’ultimo a disposizione del Duce, di distruggere i Panzer in agguato tutt’ora nelle valli alpine. Se tutto fosse andato bene….il giorno dopo, quello previsto per l’attacco finale dei Tedeschi alle linee Italiane, tutti i venti aerei sarebbero stati a disposizione per essere impiegati li dove sarebbe stato più necessaria la loro presenza. Si trattava di un piano disperato e dall’esito incerto…..aerei sperimentali e rivoluzionari inviati di colpo per la prima volta in battaglia senza aver effettuato i necessari e doverosi collaudi del caso…..cosa sarebbe potuto accadere nessuno era in grado di poterlo prevedere ma Mussolini non aveva altro da gettare sul piatto della bilancia se non questa ultima disperata speranza. Erano in gioco i destini della Patria, di quel Partito creato dal nulla sulle ceneri di una vittoria mutilata……i progressi giganteschi compiuti da una Nazione che era praticamente rinata dalle ceneri di un secolo che era da poco terminato.

CAPITOLO TRENTATREESIMO Pensieri…...

Alberto aveva passato gli ultimi giorni a volare in continuazione assieme ai colleghi per acquisire un minimo di esperienza a bordo di velivoli tanto innovativi…..volo acrobatico, volo in pattuglia, prove di attacco al suolo e simulazione di combattimento aereo……..era riuscito in un paio di occasioni a portare il suo “Ferrari” al limite delle sue capacità operative ed aveva rischiato Più di una volta di schiantarsi al suolo……..ma era necessario rendersi conto una volta per tutte quello che si poteva chiedere all’aereo e quello…..che invece era meglio non domandargli proprio! Per la verità era molto poco quello che il “Ferrari” non era in grado di fare. Fin da principio aveva dimostrato infatti di essere, oltre che una terribile macchina da guerra, un mezzo estremamente affidabile e sempre pronto a reagire alle sollecitazioni più intense. La sera il ragazzo, terminate le snervanti missioni di addestramento, aveva preso l’abitudine di trovarsi a chiacchierare con Beatrice, sulla riva del mare tra lo sciabordio delle onde che si infrangevano lente sulla sabbia dorata. Entrambi in quei momenti riuscivano a dimenticarsi dei problemi e delle preoccupazioni che li circondavano di giorno, e si rifugiavano in un mondo di sogni e di speranze che li trasportava per un po’ in una dimensione fantastica in cui le parole guerra e morte non esistevano. Il tredici gennaio Alberto sarebbe dovuto partire con i diciannove compagni per una avventura da cui forse non ci sarebbe stato ritorno…..il loro posto a Gioia Tauro era stato già preso da cinquanta “colleghi” che nel giro di un altro mese, li avrebbero seguiti nella loro medesima avventura. Il legame che legava i due ragazzi era ancora poco più di una tenera amicizia, ma Alberto cominciava a sentire l’imminente distacco dalla ragazza, come un qualcosa che gli straziava il cuore. Tuttavia, da persone intelligente e responsabile quale era, aveva deciso di lasciare per adesso le cose così com’erano……se un giorno avesse avuto la fortuna di tornare….beh si sarebbe visto.
Giorgio intanto aveva in quei giorni passato l’inferno…..aveva di nuovo e ripetutamente subito il devastante assalto Tedesco, l’umiliazione di non aver saputo e potuto arrestare anche parzialmente l’impeto travolgente dei carri armati nemici che avevano sfondato per la seconda volta le linnee degli Alpini, il dolore di dover retrocedere con il proprio reparto incapace di resistere ai ripetuti e continui assalti del nemico. Questa volta aveva provato il terrore puro, quando avevano dovuto subire i colpi della Katiuscia, e si erano dovuti rannicchiare dietro le rocce affioranti dal terreno per cercare di proteggersi dagli urlanti razzi in arrivo. Aveva visto gli aerei Italiani che cercavano coraggiosamente di coprirli dall’alto, fatti a pezzi dai moderni caccia tedeschi e tanti dei suoi compagni morire accanto a lui, impotente ormai a proteggerli Alla fine dopo aver cercato anche di contrattaccare…..avevano dovuto ritirarsi di nuovo, ad una decina di chilometri dal confine. Li si erano contati……di una Batteria intera erano rimasti in cinquantaquattro ancora abili al combattimento….il Colonnello Puppini era morto eroicamente mentre cercava di mettere al riparo i suoi uomini dalla furia che si era scatenata. Adesso si erano appostati al di la di un piccolo crinale protetto oltre che dai loro piccoli “pezzi”, da uno dei pochi cannoni da 88 ancora intatti e disponibili. I rimpiazzi provenienti dalla Divisione”Orobica” erano assolutamente insufficienti di numero e la Batteria di Giorgio era stata infine “fusa” insieme ad altre due in una sorta di Reparto più grosso al comando di un Maggiore, il suo Battaglione era stato invece sciolto per insufficienza di effettivi in organico.

CAPITOLO TRENTAQUATTRESIMO. La subdola trama del “ragno”

A Berlino, un Fuhrer di nuovo raggiante, stava ansiosamente attendendo il momento dell’attacco definitivo. Era stato informato che le forze nemiche erano ormai vicinissime ovunque al punto di collasso…..sarebbe bastato insistere con un’altra vigorosa spallata per terminare l’opera. Aveva saputo inoltre delle recenti perplessità degli Inglesi, riluttanti nell’impiegare le cinque Divisioni presenti sulla praticamente indifendibile linea del Piave, e ciò aggiungeva ulteriore soddisfazione per quanto stava accadendo. Tra poco il voltafaccia fatto dall’Italia all’inizio della Grande Guerra, quando era passata clamorosamente dalla Triplice Alleanza alla Triplice Intesa, sarebbe stato finalmente punito e, l’onta della sconfitta di vent’anni prima sarebbe stata una buona volta lavata. Con gli Inglesi, se le famose Divisioni non fossero state effettivamente impiegate contro di lui, .se altro sangue Anglo Tedesco non fosse stato versato…..sarebbe stato ancora più facile, a guerra conclusa,”mettersi d’accordo” e l’inganno avrebbe potuto continuare ancora, almeno fino alla mossa successiva.

CAPITOLO TRENTACINQUESIMO. Preparativi.

L’aeroporto più vicino alla zona di operazioni, con una pista adeguata a far decollare ed atterrare i venti “Ferrari”, era quello di Milano, e li arrivarono all’improvviso, la mattina del giorno tredici i nuovissimi reattori. Subito vennero ricoverati al coperto negli hangar dove subirono le cure amorose dei tecnici e degli specialisti che già erano stati li inviati e che gli aspettavano con ansia. Il volo di trasferimento non aveva evidenziato avarie o problemi di sorta, si trattava è vero di un velivolo tanto nuovo da poter essere considerato ancora “sperimentale”, ma l’accortezza del suo costruttore di usare solo materiali già ampiamente sperimentati che si trovavano da anni in commercio, materiali che davano ampia affidabilità, aveva dato a tutto il progetto un fattore di sicurezza molto elevato. I venti aerei erano stati riforniti e armati per l’attacco previsto per il giorno seguente: erano dotati di un cannoncino anticarro da venti millimetri che la “Breda” aveva terminato di sperimentare proprio in quel periodo, il cannoncino non era ancora entrato in produzione ma dietro pressante richiesta del Duce la Ditta in questione era riuscita a produrre una pre serie di settantun pezzi, che erano stati sollecitamente montati sui primi caccia operativi e sui cinquanta tuttora in costruzione. Oltre al cannoncino erano state montate due micidiali mitragliatrici sulle ali, costruite sull’evoluzione di un progetto originario tedesco risalente alla Grande Guerra, e al di sotto delle ali stesse erano alloggiate quattro bombe a carica cava fornite dagli Inglesi.

CAPITOLO TRENTASEIESIMO. Tredici gennaio….la “Decima Flottiglia Mas”….all’attacco !

L’idea di bombardare il porto di Amburgo era stata messa per ora in cassetto…..era evidente al Duce la poca voglia degli Inglesi di dare alle due corazzate Italiane la necessaria protezione aerea con i suoi caccia di base sulle portaerei. Mussolini, in verità, disponeva da pochi giorni della modernissima portaerei “Aquila” che aveva appena terminato le prove in mare ma il nuovo colosso dei mari non aveva a bordo alcun aereo imbarcato che potesse servire alla bisogna. La nave era si pronta ad entrare in squadra ma….i nuovi aerei ancora non erano assolutamente da considerare operativi Tali caccia tra l’altro, biplani con le stesse prestazioni dei CR 42, erano dichiaratamente inferiori a caccia e bombardieri Tedeschi e non sarebbero stati in grado, oltre a tutto, di proteggere adeguatamente corazzate le Italiane. Quando la Birsmak era stata distrutta, si era contato a ragione, sull’assenza di una adeguata scorta aerea sulle due navi germaniche e soprattutto della mancata preventiva ricognizione aerea Tedesca li dove la grande corazzata avrebbe dovuto passare, e la presenza delle due portaerei inglesi era stata in definitiva solo un puro proforma. Il compito di arrecare altri danni alla flotta Tedesca, o per lo meno di creare un ulteriore diversivo agli attacchi Tedeschi, era dunque stato deciso di affidarlo all’azione individuale di un singolo sommergibile Italiano, che avrebbe dovuto silurare in porto le navi presenti in rada nel porto Tedesco di Kiel.. La preferenza sarebbe stata data alle navi da guerra presenti…..ma si sarebbe cercato con l’ausilio di incursori della “Decima Flottiglia Mas”, di provocare danni anche al porto. Il sommergibile era infatti dotato di due contenitori a tenuta stagna, saldati sul ponte al posto del cannone, che contenevano due siluri a lenta corsa, chiamati in gergo “Maiali”. Tali siluri sarebbero in vista del loro obiettivo, stati estratti in immersione e, pilotati da quattro subacquei, agganciati sulla carena di qualche nave, dove con l’ausilio di un timer sarebbero esplosi al momento voluto, provocando l’affondamento o per lo meno il grave danneggiamento della vittima. Anche lo Stato Maggiore Tedesco aveva in origine architettato un piano simile a quello Italiano….si era pensato di far attraversare in immersione ad un U Boat lo Stretto di Gibilterra, cosa che i sommergibili oceanici Italiani facevano spesso senza alcun problema, e di farlo arrivare presso la Base Italiana di Taranto dove avrebbe silurato la flotta Italiana in rada. Ma poi il tutto era stato accantonato…..sia per la riconosciuta incapacità dei Tedeschi di attraversare lo Stretto in immersione, sia per la riluttanza del Fuhrer di danneggiare la flotta Italiana sulla quale, a guerra finita, aveva ben precisi progetti, sia perché la campagna terrestre era stata riconosciuta come sufficiente per mettere in ginocchio l’Italia. Intanto l”’Ottaviano Augusto”, sommergibile oceanico della Regia Marina, si stava approssimando, dopo aver aggirato la Danimarca, al porto tedesco di Kiel.. Il viaggio era stato lungo e faticoso….il sommergibile, autentico gioiello dell’ingegneria navale italiana, aveva navigato in superficie solo di notte, mentre il giorno lo passava in immersione per non farsi scoprire da chichessia. Il tredici di dicembre, il battello era emerso, alle venti, presso la bocca di porto della città tedesca e si era avvicinato a quota periscopica all’ingresso della rada. Ad un certo punto si era imbattuto in reti di protezione antisiluro ed era stato necessario per far entrare il sommergibile nel porto, far uscire i sommozzatori per tagliarle. Il taglio era stato fatto in profondità, ben oltre il pelo dell’acqua, in modo che a chi eventualmente fosse passato di la per un eventuale controllo…..non fosse risultato alcunché di anormale. La città si stava stagliando all’orizzonte, le banchine con le navi attraccate distavano solo un paio di miglia dalla posizione dove era situato lo sbarramento antisiluri, per cui il sommergibile si posò sul fondo. a quindici metri di profondità e si accinse a far entrare in azione la squadra di incursori. Tutto sembrava svolgersi come previsto….solo una delle tute di uno dei quattro incursori faceva entrare da una guarnizione difettosa una certa quantità di acqua gelata, per adesso il problema poteva essere tenuto sotto controllo….ma con il passare del tempo si sarebbe inevitabilmente aggravato……ma ormai si era in ballo e….bisognava ballare! I due “Maiali” vennero estratti senza problemi particolari e i quattro incursori, cavalcandoli come dei mandriani americani…..si diressero verso gli obiettivi assegnati. In rada erano presenti solo navi da guerra di secondo piano e non valeva assolutamente la pena perdere tempo per attaccarle…..invece i quattro incursori avevano diretto i loro sforzi verso due petroliere stracariche di carburanti attraccate alla banchina ed in attesa di essere scaricate il giorno successivo. Oltre la banchina facevano bella mostra di se i dieci depositi di carburante che contenevano le riserve di carburante della flotta….non erano molto distanti dalle due petroliere attraccate e, se si fosse riusciti a farle esplodere….di sicuro anche i dieci depositi sarebbero stati distrutti. I due gruppi di incursori erano arrivati in superficie a contatto con la carena delle due petroliere, solo la loro testa protetta dal respiratore affiorava dall’acqua. La sorveglianza a bordo delle navi non era delle più ossessive ed i quattro avevano notato solo la presenza di alcuni marinai che fumavano chiacchierando distrattamente in coperta nonostante l’oscuramento. Arrivati a contatto delle due navi, i quattro si erano immersi di nuovo ed avevano cercato di attaccare le due testate esplosive sotto le carene delle due navi proprio a contatto delle alette di rollio. L’equipaggio del primo “Maiale” non aveva avuto alcun problema particolare a compiere quanto programmato ed a ritornare a bordo del sommergibile ma, il secondo, si era trovato in grande difficoltà quando uno dei due componenti dell’equipaggio del siluro era svenuto a causa dell’acqua gelida che si era precedentemente infiltrata nella tuta difettosa già all’inizio della missione. Il collega era stato costretto a separare da solo la testata dell’ordigno, a caricarsela sulle spalle, a farla aderire e, in seguito a fissarla, sulla carena della nave. Lo sforzo immane costatogli aveva fatto esaurire prima del tempo, la carica di ossigeno delle bombole…..gli era rimasto solo l’indispensabile per aiutare il collega a riemergere e per dirigersi a riva, dovendo purtroppo rinunciare a raggiungere il sommergibile, il più lontano possibile dalla zona interessata alle esplosioni. Arrivati a riva i due si erano sollecitamente sbarazzati dell’equipaggiamento in dotazione seppellendolo nella sabbia della spiaggetta dove erano usciti dall’acqua e, dotati di documenti falsi cercarono di allontanarsi dal porto, alla ricerca di un Consolato o di una Ambasciata Inglese dove trovare rifugio. Ma la fortuna non era dalla loro……cercando di aggirare un capannone per dirigersi in città, i due valorosi incapparono in una pattuglia di SS che stava perlustrando la zona nella consueta azione di controllo…..fu questione di un attimo, i due vennero avvistati mentre strisciavano rasente al muro dell’edificio e non fecero in tempo ad astrarre la pistola in dotazione che vennero “freddati” da una scarica di mitragliatrice……per loro la guerra era finita, tragicamente si, ma con l’intima consapevolezza e soddisfazione, in quell’attimo supremo, di essere riusciti comunque a compiere fino in fondo il loro dovere. Intanto il momento delle esplosioni si stava avvicinando….il battello, dopo aver recuperato i due incursori della squadra che aveva compiuto senza problemi di sorta la missione assegnata, aveva riguadagnato senza problemi particolari, l’uscita del porto e si teneva pronto con i tubi lanciasiluri di poppa a fare fuoco se fosse stato necessario, prima di far perdere le proprie tracce in alto mare. Ad un tratto due boati scossero le due navi cisterna e due colonne di fuoco si alzarono altissime nel cielo seguite da altre esplosioni dirompenti. Un mare di combustibile infuocato si stava riversando ovunque, mentre le due navi scosse da altre terribili deflagrazioni, svanivano in un mare di fiamme. Rottami infuocati dalle dimensione di alcuni metri quadrati venivano scagliati per ogni dove e molti di essi colpirono anche i contigui depositi di gasolio e benzina, aggiungendo alla furia distruttiva sprigionatasi dalla distruzione delle petroliere, la propria. Tutto il porto era un uragano di fuoco e solo alcune delle numerosissime navi ormeggiate, si erano potute salvare mollando gli ormeggi e spingendosi al largo. Il successo era innegabile e completo……al sommergibile Italiano non era stato nemmeno necessario lanciare i propri siluri, visto il danno già inferto dal team d’incursori della “Decima”, per cui, l’”Ottaviano Augusto” si accinse sollecitamente ad intraprendere il viaggio di ritorno completamente indisturbato.

CAPITOLO TRENTASETTESIMO. Rabbia……

“Maledetti Italiani…..” Ogni volta che il Fuhrer era convinto di averli messi al tappeto, si risollevavano con improvvisi colpi di coda, colpendo li dove i loro morsi non erano proprio attesi. I danni erano stati questa volta gravissimi…..a parte la perdita delle due navi stracariche di combustibile e di quelle distrutte in rada dalla incontrollabile serie di esplosioni, un intero porto era stato completamente distrutto con le sue attrezzature e, soprattutto con i suoi preziosissimi depositi di carburante. Bisognava farla finita al più presto….per fortuna due giorni dopo l’attacco decisivo si sarebbe sviluppato e tutto si sarebbe concluso in pochi giorni. Hitler aveva già deciso e programmato tutto…….il Nord Italia sarebbe subito diventato parte integrante del Terzo Reich, tutti gli Ebrei sarebbero stati deportati in appositi campi di concentramento dove sarebbero stati eliminati, tutti i “Meridionali” di Razza incerta, al Nord per lavoro, sarebbero stati ricacciati al di la del Po e, al loro posto, sarebbero stati “trasferiti” dalla Germania, nuclei famigliari sicuramente “Ariani” che avrebbero contribuito ad istaurare la “realtà” Nazionalsocialista nel “Bel Paese”. Nelle scuole, negli uffici statali e in tutti i centri civici…… al posto dell’Italiano, che sarebbe stato considerato alla stessa stregua di un dialetto indigeno, la lingua ufficiale sarebbe diventata esclusivamente il Tedesco e, piano piano, tutta la cultura Germanica avrebbe dovuto soppiantare quella Italiana. Nel giro di una generazione, si sarebbero potuto considerare le principali città Italiane del nord, alla stessa stregua di quelle al di la delle Alpi : Tedesche e…….. ovviamente, Nazistizzate, al cento per cento. Il Sud, dal Po in giù…..sarebbe diventato invece una specie di “Protettorato” Tedesco…….a Roma sarebbe stato installato un Goulaiter Tedesco, che avrebbe avuto il gradito compito di sfruttare al massimo tutto quello che si poteva “spremere” per il puro e semplice tornaconto della Germania…….si sarebbe trattato di fare del Sud Italia una vera e propria “terra di conquista”dove tutto sarebbe stato lecito e consentito per i Dominatori Nazisti..

CAPITOLO TRENTOTTESIMO. Attacchi e contrattacchi.

Il quattordici di gennaio alle prime luci dell’alba, il Duce attendeva gli eventi in un bunker sotterraneo nei pressi di Bolzano. L’attacco preventivo era in procinto di essere lanciato e nessuno aveva la più pallida idea se sarebbe servito a bloccare sul nascere la tracotanza Nazista. Troppi fattori erano in bilico…..le effettive capacità di combattimento dei “Ferrari” ancora totalmente sconosciute, la capacità di reagire agli attacchi dei jet da parte delle truppe tedesche, la possibilità che gli Alpini riuscissero a resistere ancora una volta all’impeto del nemico avanzante contemporaneamente su tre fronti…….tutto era legato ad un filo, un filo di speranza estremamente sottile, che Mussolini sperava che non si dovesse spezzare mai !
Alla fine l’attacco era partito….. due ondate distinte di Spitfire si erano avventate all’improvviso sulle retrovie Tedesche, seguite dai due stormi di S79 da bombardamento. Questa volta però la sorpresa non sembrava riuscita del tutto…..mentre i caccia Inglesi erano riusciti a passare con poche perdite e a gettarsi da bassa quota sui loro obiettivi, gli S 79 erano subito stati intercettati dai veloci Me 109 che si erano gettati su di loro dall’alto, pronti a farne scempio…..ma, all’improvviso erano apparsi come dal nulla dei bolidi con le ali a freccia, che a velocità sbalorditiva, presero a mitragliare i caccia Tedeschi senza che costoro potessero reagire in alcun modo: uno due, dieci, ottanta Me 109, colpiti dall’alto, caddero al suolo in una palla di fuoco senza neppure sapere che cosa mai li avesse potuti colpire, lasciando campo completamente libero agli aerei da bombardamento rimasti. Al suolo, sulle retrovie tedesche si era intanto scatenato il panico…..prima, truppe. mezzi armi e attrezzature erano state violentemente mitragliate dai caccia Inglesi, poi bombardate dall’alto dagli S 79 Italiani…..ed infine assalite da degli sconosciuti bolidi volanti che, con i loro cannoncini, avevano distrutto tutto quel poco che era ancora rimasto di utilizzabile, per poi scomparire nuovamente dal nulla da cui sembrava fossero arrivati. I due “Ferrari” destinati ai Panzer penetrati da tempo fino nel cuore dello schieramento Italiano, si gettarono in picchiata contro i mostri d’acciaio. Prima lanciarono le bombe a carica cava che erano attaccate sotto le ali, per poi passare a degli attacchi radenti il suolo fatti con il micidiale cannoncino e con le due mitragliatrici in dotazione. Dei carri tedeschi rimase ben poco…..l’impotenza ad un attacco cui nessuno poteva essere preparato, unita alla paura per quanto stava accadendo, avevano stroncato quei pochi che erano sopravissuti, che si ritrovavano adesso circondati da chi li stava fronteggiando con la forza della disperazione, sulle ultime balze prima della pianura e dai reparti di Alpini che si erano lasciati alle spalle nell’impeto di procedere in avanti i giorni prima. Praticamente gli attacchi al suolo avevano gravemente danneggiato la capacità di rifornimento delle truppe Tedesche pronte per l’attacco, privato i Nazisti della prevista e necessaria copertura aerea, stroncato i Panzer pronti al successivo attacco alla Pianura Padana……….Un furibondo Hitler, era stato informato immediatamente di quanto era accaduto…..informato delle disastrose perdite subite, ma non da che cosa tali perdite fossero state provocate. Erano giunte dal fronte voci incontrollate di apparizioni di misteriosi velocissimi aerei che avrebbero fatto scempio di quelli Tedeschi e delle truppe di terra….ma il Fuhrer, sordo all’evidenza aveva ordinato l’immediata attuazione del piano di attacco congeniato per il giorno seguente. Era ora di finirla con tutta questa imprevista serie di umiliazioni e di scacchi….prima la Bismark, poi gli attacchi alle retrovie dei vecchi, ridicoli CR 42, ancora la distruzione del porto di Kiel…..e adesso questo……BASTA ! il calice era ormai colmo.
Tutto l’apparato Tedesco pronto da tempo si era dunque improvvisamente messo in moto……Nuovi attacchi ai due fronti vennero portati dalle divisioni di panzer schierate per la bisogna, altre Divisioni corazzate e meccanizzate invasero la neutrale Svizzera solo per quanto riguardava le direttrici di marcia interessate all’avvicinamento ai confini Italiani, mentre i Me 110 da bombardamento si levavano in volo pronti ad infierire su città del nord e retrovie.

CAPITOLO TRENTANOVESIMO. Una estrema e disperata difesa.

Si stava preparando una spaventosa carneficina……il primo attacco in terra Elvetica era completamente riuscito e si era risolto in una marcia trionfale e velocissima di valle in valle. Il piccolo esercito svizzero non era stato fatto nemmeno intervenire, per risparmiare un inutile bagno di sangue, ed i Tedeschi stessi si erano limitati ad usufruire delle strade senza infierire in nessun modo contro cose o persone……a loro, per adesso almeno, interessava solo ed esclusivamente transitare di li e basta. I passi alpini di confine erano apparsi come previsto ammantati di candida neve ma….. completamente sguarniti di truppe Italiane…..le poche Guardie di Finanza che li presidiavano si erano sollecitamente ritirate verso la pianura ed i Tedeschi avevano cominciato ad affluire velocemente ed ordinatamente al di la del confine. Si trattava di dieci Divisioni corazzate, tra cui tre di SS dotate dei primi esemplari di carri”tigre” e di dieci meccanizzate, il tutto scortato e protetto da due stormi di Me 109 che avrebbero dovuto assicurare il dominio totale dei cieli. Era uno spettacolo notevole vedere sfilare uno dopo l’altro tutti quei reparti di carri, tutti quei cannoni trainati da grossi trattori cingolati……. L’attacco generale alle ultime postazioni Italiane sui monti, poste a protezione della pianura, si era intanto scatenato violentissimo, dal Brennero al Tarvisio. Anche li gli attaccanti avrebbero dovuto essere supportati dall’aiuto massiccio degli aerei ma, l’attacco preventivo agli aeroporti fatto dai jet Italiani il giorno prima, stava pesando in modo considerevole e solo una trentina di Me 109 e 110 si era potuto levare in volo in quei due fronti per sorreggere e supportare l’impeto delle truppe di terra. I Generali avrebbero in verità voluto rimandare di qualche giorno ancora l’offensiva, in modo da poter reintegrare quanto si era perduto il giorno prima in uomini, mezzi, materiali ed….appunto aerei, ma questa volta un Fuhrer pazzo di rabbia e desideroso di una immediata vendetta, aveva voluto procedere, imponendo la sua volontà, subito senza altri indugi e non c’era stato nulla da fare. Nei pressi del Passo Bernina intanto, i Genieri italiani erano appostati strategicamente in modo da poter seguire agevolmente l’avanzata tedesca. Era stato deciso di far crollare le pareti rocciose solo quando il nemico avesse valicato per metà il confine del Passo Bernina, che era la direttiva principale di marcia dell’invasione Nazista. L’intenzione era così triplice……tagliare in due e dividere le colonne di assalto, far crollare loro addosso la montagna e impedire il prosieguo dell’offensiva. Il Capitano Simeoni abitava proprio li con la famiglia, da sempre era vissuto su quelle balze tra i monti ammantati di neve. Si era sempre sentito tra i pochi fortunati del mondo, ad aver trovato il modo di vivere sereno in simbiosi con l’ambiente che lo circondava, ricco di tanta bellezza. Avendo conseguito la laurea in Scienze Forestali, aveva avuto la possibilità di tornare dopo gli studi, a vivere in quello che aveva da sempre considerato come il suo universo privato. Si era trovato a dirigere, con intima e grandissima soddisfazione, una squadra addetta alla prevenzione degli incendi dei boschi ed alla manutenzione di quel microcosmo immacolato. Con Anna la sua adorata compagna, aveva trascorso sei anni meravigliosi, divisi tra il lavoro nei boschi e la vita famigliare nella baita in mezzo al bosco. L’anno prima era malauguratamente rimasto solo…..Anna se n’era andata per sempre nel giro di sei mesi e lui aveva trovato conforto solo ed esclusivamente nella natura che lo circondava e che tanto aveva amato con la moglie. Allo scoppio delle ostilità era stato richiamato improvvisamente in servizio con il grado di Capitano del Genio Guastatori e, vista la sua grande dimestichezza con la zona, era stato stanziato li vicino. Tra tutte le altre cose Simeoni era molto esperto in esplosivi….anche in passato, quando si era reso necessario cambiare il corso di un torrente o far cadere al suolo delle rocce pericolanti, si era sempre fatto ricorso alla sua grande esperienza. Adesso si era reso conto che avrebbe dovuto, proprio lui, essere l’artefice primo della distruzione di quanto aveva tanto amato…….il crinale che sarebbe dovuto essere fatto crollare sulla testa dei Tedeschi avanzanti, avrebbe distrutto come prima cosa, la casetta dove lui era vissuto con Anna e sfigurato completamente la bellezza del suo piccolo ma meraviglioso mondo. Per lui questa era una situazione intollerabile……..lui amava la sua Patria e non avrebbe mai potuto disobbedire a degli ordini, anche se risultavano per lui di una atrocità inaudita, ordini che avrebbero nella loro esecuzione distrutto tutto quanto gli era rimasto di caro al mondo. Avrebbe certamente ubbidito….ma lo avrebbe fatto solo ed esclusivamente a modo suo. Aveva chiesto rapporto al suo Comandante, un vecchio Colonnello degli Alpini, e gli aveva esposto il suo piano….L’Ufficiale, all’inizio lo aveva preso per matto, ma poi essendo al corrente del conflitto interiore che stava straziando l’anima dell’ uomo……dopo averlo guardato in quegli occhi così profondi e disperati, aveva acconsentito e aveva deciso di lasciarlo fare quanto aveva in mente. A mezzogiorno del giorno quattordici di gennaio, Simeoni si trovava coperto e riscaldato dal calore dai suoi vestiti di tutti i giorni, sulla soglia della sua casetta, seduto su di una poltrona di vimini nella terrazza in legno. In una mano aveva un boccale di birra densa e scura, nell’altra un interruttore collegato con una serie di fili alle cariche esplosive situate sulle pendici montagna che lo sovrastava.. A venti metri da lui stavano sfilando ininterrottamente le colonne di panzer che si inerpicavano su per la strada di montagna ricca di curve e di tornanti….nessuno sembrava fare caso a lui……. seduto sulla sua poltrona col suo boccale di birra in mano, appariva come facente parte del paesaggio e totalmente inoffensivo. Ad un certo punto una pattuglia si era distaccata dalla colonna che procedeva in avanti e si era diretta verso di lui……non aveva idea di che cosa potessero mai volere e francamente non gliene importava assolutamente nulla. Voleva solo rimanere solo con i suoi ricordi in quegli ultimi attimi di vita……..PREMETTE il bottone e con un boato apocalittico una immensa quantità di roccia e terra piombò a valle sulle truppe che stavano avanzando distruggendo, quasi violentando, la bellezza di quel mondo incantato……Simeoni non volle vedere nulla di tutta quella distruzione, entrò in casa, chiuse la porta e col nome della moglie sulle labbra e con l’immagine di quel mondo meraviglioso negli occhi, attese che la montagna di detriti lo travolgesse

CAPITOLO QUARANTESIMO. Gli ultimi insuperabili baluardi.

Le notizie su quanto stava accadendo cominciavano ad affluire, una dopo l’altra, presso l’improvvisato ufficio del Duce. Le montagne sovrastanti il confine Svizzero, erano state parzialmente fatte crollare come previsto sulla testa delle colonne Tedesche, colonne che erano state ulteriormente attaccata e decimate dagli aerei a reazione Italiani: i Panzer che erano prima della esplosione passati al di la del confine, erano stati distrutti dall’attacco di cinque “Ferrari” mandati all’attacco, le truppe che si erano salvate dal crollo erano rimaste bloccate al di la del crinale ed erano state pesantemente attaccate dagli S 79, scortati da altri cinque jet. I due stormi di Me 109 che avrebbero dovuto proteggerle dall’alto avevano subito intercettato i bombardieri Italiani e avevano cominciato la loro sistematica opera di distruzione quando erano apparsi alti nel cielo gli imprendibili jet Italiani, dieci in un colpo che cominciarono a fare strage senza quasi la possibilità di essere visti. Non poteva esserci e non c’era competizione, i caccia Italiani sfrecciavano a novecento chilometri orari e oltre distruggendo tutto quanto si parava dinnanzi a loro. Ad un certo punto i caccia tedeschi, che non riuscivano nemmeno a comprendere da cosa potessero mai essere distrutti, batterono in ritirata e così fecero le truppe di terra rimaste che continuavano ad essere bersagliate in continuazione dall’alto. L’attacco dal Brennero al Tarvisio si era trasformato ben presto in un disastro…….oltre alla mancanza dei rifornimenti e dei mezzi di rincalzo distrutti insieme agli aerei il giorno prima, le colonne attaccanti erano state bersagliate dall’aria da tutto quanto era rimasto disponibile alla Regia Aeronautica. Con la protezione dall’alto di dieci jet, la Regia Aeronautica aveva incredibilmente conquistato il totale dominio dell’aria e le truppe Tedesche al suolo continuavano a venir martellate senza alcuna pausa. I Tedeschi avevano fatto di tutto per riuscire a sfondare il fronte…..ci erano arrivati veramente vicini con l’utilizzo delle maledette Katiuscia che martellavano senza pausa le postazioni Italiane terrorizzando e distruggendo uomini e cose. Ma anche quando ci si rese conto che la testardaggine teutonica stava per avere la meglio e che anche ricorrendo per l’ennesima volta ai jet, ciò non sarebbe forse bastato per impedire lo sfondamento e l’irruzione di centinaia di carri armati in pianura, i Nazisti persero l’impeto vittorioso proprio a causa della mancanza di rinforzi necessari per l’ultimo sforzo e soprattutto delle munizioni e dei carburanti persi negli attacchi al suolo del giorno prima….e dovettero prima arrestarsi e poi ritirarsi in disordine incalzati dall’alto dagli aerei Italiani.

CAPITOLO TRENTUNESIMO. Alberto…..vent’anni….pilota !

Alberto era finalmente decollato per la sua prima missione di combattimento: si trovava nell’abitacolo del suo caccia pronto a compiere il proprio dovere……ma lui non si sentiva soltanto un pilota pronto a combattere…..si, certamente quello era il suo principale dovere…..ma lui si sentiva piuttosto partecipe di un incredibile avventura. Avrebbe dovuto volare nell’infinito per distruggere chi stava attentando alla sicurezza della sua Patria, ma provava stranamente invece la sensazione di essere un pilota che avrebbe preferito sperimentare fino in fondo le capacità del mostro che stava pilotando. Intanto Alberto era entusiasta del suo caccia, passare da un biplano che poteva al massimo sfiorare i quattrocento chilometri l’ora, ad un jet che ne poteva fare milleduecento…..era una sensazione incredibile. Era inoltre colpito dalla estrema maneggevolezza del caccia che si ritrovava a pilotare, dalla facilità con cui pigliava quota e della tremenda accelerazione che gli consentiva di sparire in un attimo alla vista di chi lo osservava. Ma ora il momento di combattere era arrivato, il suo compito, assieme ad un compagno che volava in formazione con lui, era quello di distruggere i panzer che tentavano, provenienti dal Brennero, di sboccare in pianura. I carri si muovevano all’interno di una vallata molto larga……le gole più strette e scoscese erano ormai state superate e le montagne già sembravano digradare in verdi colline. Ormai a terra non restava certo molto per poterli fermare….sul fondo erano stati posizionati tre cannoni da ottantotto, ottimi certamente ma…..tre, circondati da una trentina di poveri patetici carri M 13 della Divisione Corazzata Ariete. Se i Panzer avessero, come molto probabile, sfondato tali difese….. sarebbero potuti avanzare indisturbati fino alla linea del Piave, e quando avessero ricevuto altri previsti rinforzi…..avrebbero certamente fatto crollare inevitabilmente anche quella. Era dunque di fondamentale importanza riuscire a distruggerli…….Alberto si mise in posizione e con il compagno attaccò con la massima decisione e meticolosità le colonne avanzanti…..non un colpo doveva essere sprecato…..non un carro doveva rimanere intatto. Dopo dieci minuti tutte le munizioni erano state esaurite in quel gioco mortale…….bombe a carica cava, pallottole per il cannoncino da venti mm. pallottole per le due mitragliatrici. A terra però restavano ancora moltissimi carri che, se pur terrorizzati da quell’attacco assolutamente imprevisto continuavano imperterriti ad avanzare. Alberto via radio fu costretto, mentre andava a rifornirsi di munizioni e carburante, a chiedere l’immediato intervento degli S 79 da bombardamento che potessero continuare l’opera di distruzione incominciata da lui e dal collega. Dopo dieci minuti la sua richiesta venne prontamente accolta e venti aerei da bombardamento contraddistinti dalla caratteristica “gobba” si avventarono sul nemico. Appena il tempo di rifornirsi …..e via di nuovo nel cielo azzurro, giusto in tempo per ingaggiare un feroce combattimento con tutti i Me 109 disponibili mandati dallo Stato Maggiore Tedesco contro gli S 79…..troppo importante era infatti lo sfondamento a terra. I bombardieri Italiani già avevano cominciato a cadere come mosche falciati dai caccia Tedeschi, quando Alberto ed il compagno comparvero dritti davanti a loro…….Questa volta non avevano bombe a bordo ma solo munizioni per cannoncino e mitragliatrici. Lo scontro era troppo impari per avere storia…..i due jet danzavano letteralmente nell’aria…..arrivavano velocissimi dall’alto, puntavano l’obiettivo…….e sparavano distruggendo il nemico che quasi non gli aveva visti sfrecciare accanto a lui a folle velocità. Dieci minuti era durata la strage….poi nel cielo terso erano rimasti solo i due caccia a reazione, liberi ormai di distruggere al suolo i panzer nemici rimasti. Alberto stava già per virare per tornare a Bolzano da dove era decollato, quando si accorse di una scia di fumo scuro che fuoriusciva dalla parte posteriore del suo velivolo: adesso sentiva anche una violenta vibrazione che scuoteva sempre di più il suo caccia. Certamente era stato colpito da qualche cosa, una pallottola vagante o più facilmente da un qualche frammento proveniente da un Me 109 abbattuto.
Il jet stava diventando via via sempre più ingovernabile……effettuare una virata era diventato ormai quasi impossibile e quando il caccia prese a puntare decisamente il muso verso il basso, ad Alberto non rimase altro che catapultarsi fuori con il seggiolino eiettabile. Avrebbe voluto in tutti i modi riportare il velivolo a terra, sapeva quanto ognuno di quei jet fosse vitale per la salvezza della Patria e se ci fosse stata anche una piccola speranza di farlo…..ci avrebbe senz’altro provato. Ma in quel frangente era un rischio inutile da correre ed il giovane si decise a tirare la leva della salvezza che lo catapultò all’esterno salvandogli per questa volta la vita, non prima però di riuscire, con un’ultima disperata manovra, ad indirizzare nella fatale caduta il suo caccia contro le colonne di carri tedeschi avanzanti. L’impatto al suolo dell’aereo causò la distruzione in un mare di fiamme di altri otto carri bloccando di fatto l’avanzata dei pochi panzer che erano rimasti.

CAPITOL QUARANTADUESIMO. Pausa di riflessione.

Alla sera del giorno sedici i combattimenti si erano arrestati su tutto il fronte. I Tedeschi distrutti nei mezzi e nei materiali, e con il morale a terra, non avevano avuto la forza e la possibilità di riprendere immediatamente l’offensiva e si erano ritirati sulle posizioni di partenza al di la del confine. Gli Italiani, non erano certo stati in grado di inseguirli e si erano accontentati di attestarsi in posizioni che fossero il più facili possibile da difendere. Le perdite erano state terribili da entrambe le parti……gli Italiani avevano gli effettivi delle otto Divisioni Alpine ridotti a meno della metà…..gran parte dei mezzi e delle artiglierie erano andate distrutte ed il fronte appariva adesso, così com’era, praticamente esposto al crollo al primo attacco del nemico. La Regia Aeronautica aveva subito la distruzione di due terzi dei suoi già scarsi bombardieri, del novanta per cento dei suoi biplani e di uno dei suoi preziosissimi jet. Inoltre si dovevano lamentare migliaia di vittime civili subite nei vari criminali bombardamenti delle città e di quanti erano morti in conseguenza del crollo della diga il primo giorno di guerra. A disposizione, come ultima riserva credibile disponibile, rimanevano le cinque Divisioni Inglesi, i loro cento carri “Matilda”, i venti caccia Spitfire rimasti….. Poi, restavano solo le numerosissime ma assolutamente deficitarie Divisioni Italiane ”motorizzate…..a piè” A tali Divisioni non mancavano certo spirito combattivo e di sacrificio…..mancavano però, letteralmente i mezzi adeguati per combattere. Si sarebbe dovuto in definitiva, vista la pochezza delle risorse a disposizione, scegliere se attestare tutto quanto rimasto sulla linea difensiva del Piave o continuare a tentare di resistere ad oltranza sui monti ma le speranze di continuare ancora a resistere a lungo erano ormai drammaticamente poche………
I Tedeschi, se possibile, avevano dovuto subire perdite ancora superiori in uomini e mezzi……..Moltissime delle loro bellissime Divisioni Corazzate erano state decimate, l’aeronautica aveva subito perdite terribili che l’avevano praticamente costretta provvisoriamente a terra, la flotta aveva perso la sua tanto ammirata ammiraglia, il porto di Kiel era andato distrutto con i suoi grandi depositi di carburante….. Le forze si sarebbero però potute senz’altro reintegrare per dare la spallata definitiva……ma ci sarebbe voluto tempo…..e il tempo correva oramai solo in soccorso all’Italia.

CAPITOLO QUARANTATREESIMO. Decisioni cruciali.

A Berlino un Hitler furibondo stava urlando contro i suoi generali……l’impensabile si era verificato e l’impeto delle Divisioni corazzate del Terzo Reich spezzato. Oltre a tutto le perdite, che si sapeva già in partenza che avrebbero potuto essere pesanti, erano state di gran lunga più terribili di ogni più nera previsione…..gli Italiani erano stati in grado di “mordere” in posti ritenuti assolutamente al di fuori della loro portata, si erano difesi come leoni in montagna e…..quando erano finalmente stati li li per cedere…..erano comparsi, non si sa da dove, quei mostri alati che praticamente con il loro intervento erano riusciti, se non certo a ribaltare la situazione, per lo meno a fermare di brutto l’invasione in atto. Qualcuno doveva pagare……senz’altro qualcuno non aveva, sbagliando clamorosamente, messo assolutamente in preventivo la capacità di reagire dei disprezzatissimi generali Italiani, che erano stati in grado, con i limitatissimi mezzi a disposizione, di arrecare tanti danni. Se restava il mistero sulla improvvisa apparizione di quei fantomatici jet……restava sopratutto il fatto che, spesso le retrovie Tedesche si erano fatte cogliere ripetutamente assolutamente di sorpresa e impreparate, dai disperati e improvvisi attacchi Italiani……..l’attacco in montagna dei decrepiti Cr 42, quelli portati a termini dai superatissimi S 79 scortati dai caccia Inglesi che tanti danni avevano arrecato sul fronte del Tarvisio, la distruzione della Bismark lasciata con criminale leggerezza sola, senza una preventiva ricognizione aerea del tratto di mare dove era apparsa dal nulla la flotta Italiana, la distruzione del porto di Kiel fatta da un solo e unico gruppo di incursori……queste erano le inconcepibili ”leggerezze” commesse, che mandavano giustamente in bestia il Fuhrer ! Qualcuno aveva clamorosamente peccato di superficialità, aveva sottovalutato il nemico e sopravalutato invece le proprie capacità. Furono quattro i generali tedeschi che passarono in pochissimo tempo dal comando dei propri reparti….al plotone di esecuzione e quattro i generali di rango inferiore, tutti delle fedelissime SS, che di colpo si trovarono catapultati “nell’Olimpo” al posto degli sfortunati colleghi. Adesso era necessario, anzi indispensabile, raccogliere le forze per continuare l’offensiva e ciò per due ottimi motivi. Il primo era essenzialmente di prestigio…..non si poteva infatti pensare che la tanto vantata “superiorità Tedesca” venisse messa in discussione da un impensabile totale rovescio militare……la battaglia doveva essere al più presto portata a termine e vinta ad ogni costo e tutti gli obiettivi fatalmente raggiunti. Il secondo era che l’Italia era ormai vicina al totale collasso….tutto quanto aveva da mettere in campo era stato già “bruciato”….si era difesa con le unghie e con i denti mettendo in campo anche le risorse che non aveva…..ma adesso non era veramente rimasto più nulla da contrapporre alla tracotanza e allo strapotere Tedesco. Si sarebbe trattato solo di attendere con pazienza il tempo necessario, per riorganizzare per l’ennesima volta le truppe e permettere all’industria, che stava lavorando incessantemente, di sfornare i carri armati e soprattutto i velivoli necessari a rimpiazzare quelli distrutti……si sarebbe dovuto solo aspettare per il tempo necessario a fare questa volta le cose per bene, pianificando il tutto alla maniera Tedesca. I lavori di rafforzamento e ricostituzione delle Divisioni decimate e la fortificazione delle basi di partenza sarebbero cominciati da subito…..e dopo una settimana al massimo si sarebbe cominciato con le prime azioni di assaggio e di disturbo. L’attacco definitivo era stato previsto, anzi stabilito dal Fuhrer in persona, come data assolutamente improrogabile, per il quindici di marzo. Restavano altri due argomenti da discutere…..il primo erta la situazione dei rapporti con l’Inghilterra, rapporti che erano stati interrotti allo scoppio della guerra con l’Italia. Tra Germania ed Inghilterra non esisteva fortunatamente ancora un dichiarato stato di guerra……l’unico aiuto dato finora da Churchill a Mussolini, era unicamente quello fornito con l’invio degli Spitfire……le cinque Divisioni meccanizzate ed i cento carri “Matilda” non erano ancora stati impiegati in combattimento. Hitler sperava vivamente che tale situazione di stallo tra i due paesi potesse durare ancora per un po’….. se non proprio indefinitamente, il Fuhrer non desiderava certo aprire un secondo fronte, anzi cercava di evitarlo in tutti i modi. C’era infatti il pericolo che, se l’Inghilterra si fosse impegnata veramente contro di lui, anche la Francia forse si sarebbe sentita in dovere di intervenire e ciò per i progetti Nazisti sarebbe stato veramente un disastro. L’altra spina nel fianco Tedesco…..erano i misteriosi jet che tanto avevano pesato sulle sorti dell’attacco Tedesco. Cosa fossero, di chi potessero mai essere, chi potesse mai pilotarli e…..soprattutto quanti ce n’erano erano domande senza risposta che tormentavano tutti, domande a cui non si poteva per adesso dare alcuna risposta. Anche l’industria Tedesca aveva allo studio un velivolo con caratteristiche simili a quelle che sembravano essere precipue del jet italiano, ma si trattava ancora di aerei si, in avanzata fase di progettazione, ma ancora completamente sulla carta. Il primo prototipo sarebbe stato in grado di volare non prima di due o tre anni…..Comunque ormai si era in ballo e…..si doveva continuare a ballare, sperando che l’Italia, come sembrava logico ed evidente, sarebbe comunque crollata definitivamente alla prima violenta spallata.
Il Duce intanto, si era recato a Londra per discutere con Churchill l’evolversi della situazione La situazione da drammatica era diventata disperata…..non c’era oramai praticamente più nulla di credibile da opporre ai Tedeschi. Se si fosse trattato di vent’anni prima, la situazione sarebbe stata ancora rimediabile. Con la guerra di trincea, a casa loro, gli Italiani di sicuro sarebbero riusciti a resistere indefinitamente, sorretti dal loro valore e dall’attaccamento alla loro terra…..ma con la moderna guerra di movimento sorretta dall’impeto delle potenti Divisioni corazzate e dall’aviazione, non c’era nulla da fare….mancavano letteralmente i mezzi per continuare a combatterla.
Unica e sola speranza residua erano i “Ferrari” e bisognava impiegarli sfruttando fino in fondo le loro caratteristiche e la loro versatilità. Il Duce aveva riferito all’amico inglese che, fortunatamente, per il primo di marzo sarebbero stati disponibili ed operativi ben altri cinquanta jet e, che alla data della consegna altri cinquanta sarebbero entrati immediatamente in produzione. Certo che la sola presenza dei pur meravigliosi aerei, probabilmente non sarebbe da sola bastata a impedire questa volta ai Tedeschi di dilagare…..troppo esauste e disastrate erano le forze Italiane per poter sperare di resistere ancora, troppo poche ed inadeguate le truppe Inglesi per poter contare da sole qualche cosa in un tale contesto…….era diventato indispensabile studiare qualche cosa che potesse impedire al nemico di scatenare l’offensiva finale. Mussolini ed il Primo Ministro Inglese avevano solo un’unica carta da giocare….i nuovissimi settanta jet Italiani. L’idea che era balenata allo statista inglese era una sola ma che se si fosse potuto tradurla in realtà…..avrebbe potuto risolvere tutti i più grandi problemi attuali, non solo dell’Italia, ma anche dell’Europa………Si trattava di organizzare un attacco aereo distruttivo, proprio sulla testa del Fuhrer…..in modo da eliminare letteralmente lui ed i suoi accoliti più fedeli dalla faccia della terra. Una volta riusciti a tanto, mancando l‘innegabile carisma del capo, si pensava, anzi si sperava, che il Nazionalsocialismo si sarebbe, se non disgregato completamente subito, per lo meno in qualche modo ridimensionato e che le persone di buon senso senza dubbio ancora presenti in Germania, avrebbero potuto nuovamente prendere il sopravvento su quella manica di pazzi.

CAPITOLO QUARANTAQUATTRESIMO. Progetti per la vittoria.

La proposta di Churchill era passata immediatamente allo studio dello Stato Maggiore Italiano…. Si trattava,intanto di vedere se il progetto avesse delle possibilità di riuscita e poi, se il tutto fosse risultato “fattibile”, di decidere quanti aerei avrebbero partecipato all’incursione, di quale armamento sarebbero stati dotati, e dove avrebbero potuto atterrare, nell’avvicinamento a Berlino e a missione compiuta, visto che la loro autonomia non consentiva loro un volo di andata e ritorno senza usufruire di scali intermedi. L’unica cosa certa era che era indispensabile fare presto…..se l’offensiva Tedesca fosse stata lanciata, nessuna forza al mondo avrebbe potuto questa volta arrestarla. Uno dei maggiori problemi logistici da risolvere, una volta deciso il numero dei “Ferrari” da impiegare nell’incursione, era quello di garantire degli scali tecnici che consentissero ai jet di rifornirsi di carburante prima dell’attacco a Berlino. Si era cercato, in gran segreto, tramite la mediazione inglese, l’aiuto e la collaborazione di alcuni paesi amici. La Francia era stata, come al solito, subito scartata sia per la sua viscerale scelta di non irritare in nessun modo i Tedeschi, sia per la scarsa affidabilità a mantenere segreta una eventuale richiesta fattale da Italia e Inghilterra. Oltre alla naturale paura di un nuovo conflitto con i Tedeschi, c’era da sempre, oltre a tutto, un certo latente astio ed una buona dose di rancore ed invidia che covava da sempre da parte dei Francesi nei riguardi dei “cugini” Italiani. Se solo infatti il Fuhrer avesse minimamente sospettato quanto si stava cercando di ordire ai suoi danni……tutto si sarebbe risolto nella classica bolla di sapone che, esplodendo avrebbe condannato l’Italia alla inevitabile disfatta. Il Belgio e l’Olanda si erano dichiarati disposti a consentire ai jet Italiani di fare scalo e di essere riforniti nel loro territorio…….la Danimarca sarebbe stata il trampolino di lancio ideale per l’attacco e l’accogliente “porto” per il rientro. Erano tutte Nazioni terrorizzate dalla prepotenza e tracotanza Nazista….e ben disposte alla eliminazione fisica di Hitler. Certo che Churchill era stato come di consueto un “ mostro” di diplomazia….era riuscito a farsi ascoltare, promettendo a tutti la tangibile protezione Inglese da eventuali ritorsioni Tedesche, ma rendendo sopra ogni altra cosa evidente, che con il loro aiuto e collaborazione, tale protezione, una volta eliminato il Fuhrer, probabilmente non sarebbe stata più necessaria.

CAPITOLO QUARANTACINQUESIMO Si parte per l’estrema sfida.

Il primo marzo i caccia erano pronti al decollo……si trattava di venti “Ferrari” dotati di quattro bombe dirompenti ciascuno e altri venticinque di scorta dotati “solo” del cannoncino da venti mm e delle mitragliatrici. Il loro obiettivo era la Cancelleria del Reich e, ovviamente quanti sarebbero stati li in riunione due giorni dopo. Alberto era teso allo spasimo, consapevole dell’importanza di quanto si accingeva a fare……gli era stato dato un “Ferrari” nuovo di zecca ed era stato incaricato, con la improvvisa promozione a Capitano, di comandare l’incursione. Nei giorni che aveva trascorso a terra, dopo la fine della prima fase dei combattimenti, aveva in qualche modo rafforzato il suo nascente legame con Beatrice……era ancora restio ad impegnare lui e soprattutto la ragazza, in un legame veramente serio, a causa dei pericoli che lui in prima persona correva di giorno in giorno, ma si sentiva attratto sempre di più da quegli occhi magnetici e dalla infinita dolcezza e dal carattere deciso della giovane. Avevano fatto un’infinità di passeggiate sulla riva del mare mano nella mano parlando in continuazione…….con la sensazione nuova e strana di sentirsi indispensabili uno all’altro, e di riuscire a completarsi vicendevolmente. Adesso solo nell’abitacolo del suo jet, aveva messo una foto della ragazza vicino alla cloche di comando dell’aereo, per sentirla vicino a lui anche nei momenti di maggior tensione. Decollo e viaggio di trasferimento, non dettero, come in precedenza, alcun problema ed il giorno tre di marzo, alle otto di mattina i quarantacinque aerei erano pronti per l’attacco.

CAPITOLO QUARANTASEIESIMO. Due possibilità….sono sempre meglio di una !

Il Capitano Cerato, era stato convocato a Taranto all’improvviso. Da tre anni faceva parte di uno speciale reparto di “Incursori di Marina” del Battaglione S. Marco. Si era addestrato per anni a capo di una squadra di altri otto uomini, nell’arte dei “colpi di mano” e del sabotaggio. Era inoltre il fratello minore di uno dei due incursori della “Decima” caduti nell’azione di Kiel. Attualmente si trovava a prestare servizio presso il porto di Tobruk a bordo del vecchio incrociatore S. Giorgio ancorato come batteria galleggiante a protezione delle istallazioni portuali. A Taranto nel Comando Marina, situato subito al di la del ponte girevole, era stato ricevuto dal Capo di Stato Maggiore della Regia Marina in persona, che gli aveva esposto la missione di estrema importanza cui lui ed i suoi uomini erano stati destinati.
Gli era stato spiegato nei minimi particolari, quale sarebbe stato il compito dei jet e, ovviamente le difficoltà intrinseche di tale impresa….lui e la sua squadra avevano il difficilissimo compito di …..verificare il successo del bombardamento ed eventualmente di provvedere a….portare a termine quanto gli aerei non erano stati in grado di fare. La loro permanenza in Germania doveva essere più breve possibile, per l’elevatissimo rischio di farsi intercettare e catturare……sarebbero stati trainati la notte precedente l’attacco, a bordo di un aliante, da un S 79 che avrebbe volato ad una altezza di ottomila metri di altezza per limitare i rischi di una eventuale intercettazione e, sarebbero stati sganciati, in modo da poter atterrare di notte sul prato dello Stadio Olimpico. Non sarebbe certo stato un’impresa facile centrare, dall’alto al buio, un catino di poco più di cento metri di lunghezza…..ma quello era l’unico posto dove un atterraggio notturno poteva essere effettuato con ottime probabilità di riuscita, di nascosto da tutti.

CAPITOLO QUARANTASETTESIMO Ultimi ritocchi per l’assalto finale.

Alla fine di gennaio le forze Tedesche si erano ormai quasi completamente riassestate e si erano sistemate ad un passo dallo sfociare nella tanto agognata pianura Lombardo Veneta. Alle loro spalle gli aeroporti pullulavano nuovamente di nuove formazioni di aerei pronti oramai al combattimento. Già erano cominciate a terra, come previsto, le prime azioni di disturbo per saggiare il tipo di resistenza, che più avanti, tra pochi giorni, avrebbero dovuto incontrare. Ma stranamente, non ne avevano incontrato alcuna…..appena le pattuglie Tedesche si avvicinavano, quelle Italiane arretravano precipitosamente rifiutando il contatto ed il combattimento. Poi. all’improvviso i Tedeschi avevano lanciato una serie di attacchi aerei contro le città del nord e le retrovie del fronte, come avevano fatto all’inizio della guerra…..ma questa volta erano stati letteralmente annientati dall’attacco di ben venticinque jet italiani che non avevano permesso ai Me 109 e 110 di sganciare questa volta, nemmeno una bomba in territorio Italiano. L’offensiva aerea dei venticinque “Ferrari” era poi continuata nelle valli brulicanti di panzer pronti all’attacco…..ed anche li i danni per i Tedeschi erano stati terribili. Per i Tedeschi era diventato ormai essenziale attaccare il prima possibile, per cercare di chiudere in modo definitivo la partita ma, non tutto l’apparato bellico era ancora perfettamente a punto e prima del quindici di marzo non si sarebbe potuto agire.

CAPITOLO QUARANTOTTESIMO. Verso la tana del demonio.

Alberto stava rullando sulla pista, primo di una serie di quarantacinque “Ferrari”…..l’obiettivo da raggiungere e colpire si trovava a un’ora di volo….gli era stata confermata la presenza di Hitler e dei suoi principali collaboratori, nel Palazzo della Cancelleria. Tutti quanti erano senz’altro intenti a discutere gli ultimi dettagli dell’attacco decisivo che di li a qualche giorno sarebbe inevitabilmente partito. Appena in volo, avevano raggiunto la relativa sicurezza dei diecimila metri e Alberto si era “perso” a guardare la bellezza del pianeta visto da quell’altezza. I monti, i laghi ed il mare visti da li davano una sensazione di pace…..sembrava impossibile che si dovesse combattere uno contro l’altro per il possesso di un mondo così grande e bello. Ma lui non ci poteva fare nulla…….questa era la vita, e tale il suo destino…….era necessario fare il proprio dovere e….andare avanti, sempre e comunque.
L’aliante era stato sganciato nel buio della notte ed aveva incominciato a puntare lentamente verso terra. Il Capitano Cerato aveva una lunga esperienza di volo a vela…..ma trovare nella notte il punto previsto per l’atterraggio non era certo una faccenda semplice ed agevole. Per fortuna stava soffiando un favorevole tiepido vento primaverile che agevolava il volo e, nel buio assoluto della notte, a terra si stagliavano nettissime le luci della grande città. Cerato sapeva che avrebbe dovuto cercare prima, e far riferimento poi, sulle luci rosse situate in cima ai tralicci dell’impianto di illuminazione dello Stadio Olimpico. La posizione del suo obiettivo a grandi linee gli era nota……l’unica cosa che lo stava veramente agevolando era la grande svastica luminosa che troneggiava proprio sulla sommità della Porta Di Brandeburgo che era situata non lontano dall’impianto sportivo. Alla fine dopo interminabili attimi di tensione, il grosso velivolo di legno era planato dolcemente e nel massimo silenzio sull’erba del campo di calcio, fermandosi proprio davanti alla porta nord…..proprio nella stessa porta dove, nell’Olimpiade di tre anni prima, Annibale Frossi aveva segnato una delle sue numerosissime e sempre decisive“reti” e dove, oltre cinquant’anni dopo, un semisconosciuto “terzino” avrebbe consegnato all’Italia….la quarta “Coppa del Mondo”. . I nove componenti la squadra, completamente rivestiti da una aderentissima combinazione nera, erano silenziosamente scesi e si erano sollecitamente incamminati verso la loro destinazione in perfetto silenzio. Tutti quanti conoscevano a memoria il centro nevralgico della capitale Nazista…….non ci erano mai stati in vita loro, ma con l’ausilio di piante estremamente dettagliate e di numerosi documentari visti fino alla noia, si trovavano ormai come a casa loro. La loro prima destinazione era costituita da un profondo fossato situato a cento metri dal Palazzo della Cancelleria dove si sarebbero nascosti in attesa del momento opportuno per agire.. Si trattava di uno scavo destinato all’ampliamento della metropolitana cittadina, che per il giorno che stava per sorgere, sarebbe stato deserto visto che si sarebbe trattato di una domenica. I nove, raggiunto il riparo, si vestirono con le divise Tedesche che si erano portati al seguito e attesero pazientemente la prevista incursione degli aerei Italiani

CAPITOLO QUARANTANOVESIMO. Ad un passo dalla vittoria…..la morte !

La riunione al massimo livello si stava svolgendo ormai da un’ora, i temi in discussione venivano esaminati uno per volta e si cercava in tutti i modi di poter prevedere quale sarebbe stata la reazione del nemico per evitare ulteriori sgradite sorprese. La fiducia era grande…..l’Esercito Italiano era completamente esausto e la sua cronica mancanza di mezzi moderni, unita alle terribili perdite subite, lo rendeva ormai praticamente impotente……si era saputo anche da fonte attendibile che un repentino crollo delle linee Italiane avrebbero fatto si che l’Inghilterra avrebbe evitato di coinvolgere in un inutile combattimento le sue cinque Divisioni meccanizzate e avrebbe cercato un accordo per poterle reimbarcare senza far loro subire danni. Tutto, dopo tanti imprevisti, sembrava finalmente sotto controllo…..l’unico neo era quello della presenza di quei maledetti, velocissimi ed imprendibili jet Italiani. Tutt’ora nessuno sapeva quanti e dove fossero e come sarebbero stati impiegati. Anche due giorni prima erano stati in grado di distruggere gli aerei Tedeschi che avevano cercato di attaccare città e retrovie in alta Italia e di colpire a morte un notevolissimo numero di panzer pronti per il previsto definitivo sfondamento finale delle linnee italiane. Purtroppo a tutt’oggi, non si sapeva proprio come intercettarli e contrastarli. Comunque, visto lo spiegamento massiccio delle armate Tedesche, la disparità enorme delle forze in campo ed il probabile progressivo disimpegno Inglese, l’intervento di tali mostri sarebbe stato senza dubbio dolorosissimo, ma in definitiva….marginale e non avrebbe alla lunga influenzato più di tanto l’inevitabile esito degli eventi. Non si era arrivati ad un applauso alla fine dell’esposizione dei fatti….una tale dimostrazione di soddisfazione non era certo adatta allo spirito del perfetto Nazista, ma la soddisfazione era palpabile. Ad un certo momento, assolutamente imprevisto, uno strano sibilo crescente, si diffuse per la grande sala…..sempre più intenso e accompagnato da una drammatica serie di terribili esplosioni che si avvicinavano sempre di più ad ogni secondo che trascorreva. La verità apparve immediatamente evidente a tutti e tutti cercarono di scappare il più rapidamente possibile, uscendo all’esterno dell’edificio per trovare la salvezza……ma era oramai troppo tardi: le bombe dirompenti stavano già cadendo, facendo progressivamente crollare la grande costruzione, che si stava come richiudendo su se stessa…..alle bombe era seguita la distruzione causata dai colpi dei cannoncini dei venti aerei attaccanti, seguiti da colpi sparati in rapidissima successione dalle mitragliatrici di bordo. L’opera era stata completata con il lancio di dieci grosse bombe incendiarie al Napalm che avevano provocato tra le rovine del palazzo un oceano di fuoco. Terminate le munizioni tutti i venti assalitori si erano di nuovo dileguati verso la Danimarca da dove erano decollati nel loro ultimo balzo. I jet di scorta, non avevano nemmeno dovuto intervenire, tanto rapidamente si era svolto il tutto e si erano limitati ad accompagnare i compagni e ad osservare che nessuno si potesse avvicinare a loro.
Lo sapeva….adesso lo aveva intuito……quei maledetti erano stati mandati non per rappresaglia, non per una clamorosa azione dimostrativa…..ma solo ed esclusivamente per uccidere solo lui…..ma avevano fallito ! Lui era senza dubbio protetto da qualche oscura divinità che desiderava che la sua opera andasse fatalmente a compimento…..Dio, il demonio, il fato……o chissà chi o cosa….. voleva di certo che lui facesse quello che doveva essere fatto per la grandezza della Germania e per il dominio della Razza Ariana sul mondo. Una colonna inclinata lo aveva miracolosamente protetto dalla rovina che incombeva e una lastra di marmo aveva posto uno schermo tra lui e le fiamme ruggenti. Attorno a lui regnavano solo morte e desolazione….ma lui era ancora li in piedi solo come un dio nordico……per gli alti gerarchi del partito si era trattato di un vero e proprio “Crepuscolo degli Dei”…..ma per lui il crepuscolo non era ancora arrivato e forse non sarebbe arrivato mai ! Un Fuhrer tutto ricoperto di calcinacci ma in piena forma, era alla fine riemerso dalla polvere e dai rottami, che erano tutto quanto rimaneva del gigantesco edificio e tra il sibilo delle sirene delle autopompe che si stavano avvicinando e ancora con il cappello calzato, si era sollecitamente incamminato verso un Colonnello delle SS che gli si stava premurosamente avvicinando di corsa. Intorno ai due non si era ancora avvicinato nessuno…..dalla costruzione in rovina nessun altro era riuscito ad emergere e dai palazzi intorno nessuno si era ancora precipitato in strada. In aria c’era un nuvolone di polvere mista a fumo che oscurava la luce del sole. Sarebbe certo stata questione di pochi attimi e poi i soccorsi sarebbero sollecitamente arrivati…..era necessario agire con la massima rapidità. Il colonnello era arrivato ormai ad un passo dal Capo e gli tendeva le braccia per una inconsueta dimostrazione di sollievo, di rispetto e di deferenza……lui, in un altro momento si sarebbe limitato,come di consueto, ad un freddo e formale saluto con il braccio teso, ma l’enfasi del momento era tale, che si apprestò a rispondere per questa volta a tanta dimostrazione di dedizione completa ed assoluta…..e fu questa presunzione, questo raro cedere ad un momentaneo ed inconsueto empito di umanità………. ad ucciderlo.

CAPITOLO CINQUANTESIMO. Morte di un tiranno.

L’attacco si era svolto come previsto, senza alcun malaugurato intoppo dell’ultima ora. Alberto aveva condotto i suoi colleghi proprio sopra il bersaglio designato e avevano cominciato l’opera di demolizione. Si erano avvicinati da grande altezza, ad oltre mille chilometri l’ora, senza che nessuno avesse potuto nemmeno rendersi conto del loro arrivo………scaricato il loro carico mortale, se n’erano tornati da dove erano venuti senza che nessuno potesse intercettarli……il tutto era stato perfino troppo facile. Al ritorno si era imbattuto in una interminabile colonna di giganteschi carri armati di un tipo che non aveva mai visto prima……aveva rallentato ed era sceso di quota per investigare, Si trattava in effetti, di mostri di acciaio quali non aveva mai visto prima d’ora, la linea, le dimensioni, la disposizione della corazza collocata inclinata invece che orizzontale, la lunghezza inconsueta del cannone…..erano tutti elementi nuovi mai visti prima…..se tali mezzi fossero stati impiegati contro il povero Regio esercito Italiano…..sarebbero certo stati dolori. Alberto aveva con se la fedele macchina fotografica che portava sempre al seguito in missione e riuscì a fotografare adeguatamente la colonna in movimento, ed un carro nei minimi particolari. Nessuno da terra cercò di infastidirlo o di mitragliarlo……..la colonna era probabilmente in trasferimento dalla fabbrica di costruzione ai reparti cui erano destinati ed i carri dovevano essere ancora privi di munizionamento e la scorta, visto che ci si trovava nel cuore della Germania, evidentemente era stata ritenuta inutile. Alberto aveva ormai terminato le munizioni e comunque i suoi ordini erano quelli di rientrare sollecitamente alla base…per cui, rientrò sveltamente nei ranghi e si diresse verso l’aeroporto in Danimarca.
Quando gli aerei si erano allontanati, il Capitano Cerato ed i suoi otto colleghi si erano lanciati verso le rovine del palazzo in fiamme. Cerato era travestito da Colonnello delle SS, gli altri da militari di truppa dell’Esercito regolare. Il loro compito era quello di investigare per cercare di capire se la missione fosse andata o no a buon fine. Se la missione fosse fallita avrebbero dovuto in ogni modo cercare di porvi rimedio e di portarla a compimento. Attorno alle rovine fumanti e ancora lambite dalle fiamme, non era arrivato ancora nessuno……solo in lontananza si udivano avvicinarsi le sirene dei Pompieri e delle ambulanze. Era necessario fare presto…..i nove si erano sparpagliati attorno alle rovine ad un centinaio di metri l’uno dall’altro, quando Cerato vide all’improvviso, una figura barcollante emergere da quell’inferno di polvere……la figura che si stagliava sempre più nettamente davanti a lui era proprio colui per il quale era arrivato fino a li…..era incredibilmente vivo e per quanto scosso, pareva in ottime condizioni. Appena Cerato si rese conto di essere stato notato, e vide il Fuhrer incamminarsi sempre più deciso verso di lui, comprese l’importanza e l’unicità della situazione che gli si presentava….e agì di conseguenza sorretto da una grandissima freddezza esteriore. Attorno a lui ed alla figura che gli si stava avvicinando non appariva ancora fortunatamente nessuno……con un fischio codificato aveva richiamato vicino a se gli otto compagni per garantirsi una eventuale copertura e protezione da chi potesse improvvisamente arrivare da lontano e aprì le braccia come per accogliere calorosamente il miracolato, che gli si stava avvicinando sempre di più. Il Fuhrer, assolutamente inconsapevole di quanto stava per accadergli, stava rispondendo vigorosamente all’abbraccio dell’Ufficiale Italiano, quando fu pervaso da un tremito incontrollato e da una gelida fitta che gli paralizzava il respiro. Le ultime parole che riuscì a comprendere prima di stramazzare esanime al suolo, furono quelle pronunciate dal finto colonnello :” Questo è un regalo da parte del Re d’Italia e del Duce” e…..te lo porto io in memoria di mio fratello !. Fu questione di attimi….poi da ogni dove cominciarono ad affluire i soccorsi…….i nove si erano cautamente allontanati senza farsi troppo notare. Solo il finto colonnello si era messo a gridare come un matto chiedendo l’immediato aiuto di un’ambulanza e quando questa era finalmente arrivata, si era dileguato con grandissima cautela……aveva anche, per non dare troppo nell’occhio, fatto finta pure di coordinare i soccorsi….una urlata a quel soldato che stava arrivando da lontano di corsa ed un passo indietro in direzione del fondo della piazza…e così facendo era riuscito pure lui a dileguarsi nella stessa direzione in cui erano scomparsi i suoi uomini. Alla fine del viale che dava sulla piazza, si erano riuniti tutti e nove e, dopo aver requisito un camion militare di passaggio, si erano diretti verso la sede della ambasciata Inglese…..dove, senza dare assolutamente nell’occhio, erano riusciti ad entrare e li avevano trovato asilo e salvezza.

CAPITOLO CINQUANTUNESIMO. La fine del conflitto…..

Dall’ambasciata Inglese a Berlino la notizia tanto attesa era finalmente arrivata……il Capitano Cerato aveva parlato personalmente con il Duce e gli aveva confermato che la missione era stata compiuta da lui stesso nel miglior modo possibile…..dopo tre ore, a parte Hitler, da lui ucciso, nessun altro gerarca nazista era potuto ancora riemergere dalle rovine della Cancelleria. Della “cricca” nazista al potere da anni era rimasto solo il Ministro degli armamenti…..l’architetto Speer. Si era verificato, di colpo, un improvviso e drammatico vuoto di potere……nessuno sapeva più chi comandava: IN GERMANIA…..NON SI SAPEVA PIU’ DA CHI PRENDERE ORDINI…..trattandosi di una dittatura, mancando di colpo il dittatore e tutta la sua corte di pretoriani……il caos minacciava di essere totale, soprattutto con la nazione in guerra. La notizia era stata immediatamente trasmessa in tutto il mondo e stava già producendo i suoi effetti devastanti…….la Germania era come paralizzata…….Speer, quando si era reso conto di essere rimasto da solo, unico superstite della gerarchia Nazista al potere, per prima cosa aveva immediatamente congelato l’attacco decisivo che stava ormai per essere lanciato contro l’Italia, e questo per una serie di motivi ben precisi: prima di tutto lui era stato uno dei pochi ad opporsi, per lo meno simbolicamente, a ciò che a ragione , considerava solo una follia suicida e poi non intendeva assolutamente assumersi la responsabilità di immischiarsi in prima persona, in una tale carneficina, visto e considerato, che il responsabile di quel disastro era morto e che lui poteva ancora uscire da tutto quel marasma “ancora pulito”e magari come “salvatore” del Popolo Tedesco. Oltre a tutto la Francia, una volta appreso che il Fuhrer non c’era più……aveva dato “eroicamente” alla Germania un ultimatum ben preciso: o l’immediata cessazione delle ostilità……o guerra totale ! Per cui…..la decisione da prendere era adesso rimasta soltanto una, senza alcuna altra alternativa possibile. La sera del quindici marzo Le truppe Tedesche d’invasione avevano avuto l’ordine di rientrare con la massima sollecitudine, verso i confini d’anteguerra, ed una richiesta di immediata cessazione delle ostilità, era stata fatta da Speer al Duce. Mussolini ovviamente era stato ben felice di accettare la fine del conflitto senza porre, per adesso, ulteriori condizioni…….se era vero che i Tedeschi rinunciavano ai loro piani di aggressione….era altrettanto drammaticamente vero, che l’Italia non era più assolutamente in grado di continuare, soprattutto poi all’offensiva, un conflitto che già tanto le era costato.

CAPITOLO CINQUANTADUESIMO. E’…..finita !

La Batteria di Giorgio era stata questa volta attestata sulle pendici dei monti che sovrastavano le ultime balze prima della pianura…….erano rimasti veramente in pochi, una trentina di Alpini, delusi e depressi per non essere stati, prima e di non essere tutt’ora in grado di opporsi validamente ad un nemico straripante. Se si fosse trattato di lottare fin dall’inizio uomo contro uomo, cannone contro cannone come era accaduto vent’anni prima……le posizioni iniziali MAI sarebbero state abbandonate al nemico, ma contro la straripante marea di carri armati, contro la devastazioni provocate dal lancio delle Katiuscia e contro gli attacchi aerei sopra le loro teste, non si era obiettivamente potuto fare di più di quello che avevano fatto. Adesso si era arrivati alla resa dei conti finale…..si sapeva che all’alba i Tedeschi si sarebbero scatenati contro di loro per l’ultima volta e che tutti loro sarebbero morti li tra i monti. Aveva scritto un’ultima lettera di addio alla moglie adorata e se l’era nascosta nel portafoglio, in una tasca della divisa……sperando che qualcuno un giorno avesse potuto trovarla e farla recapitare. Al sorgere del sole del giorno sedici era però accaduto un fatto assolutamente impensabile……..i carri Tedeschi che sostavano pronti per l’attacco a trecento metri di distanza……invece di cominciare la prevista avanzata, .avevano improvvisamente loro voltato le spalle e, seguiti dai Granatieri e truppe da montagna Tedesche……davano tutta l’impressione di volersi ritirare. Una grandissima bandiera bianca, certamente ricavata da un vecchio lenzuolo, era stata issata la da dove il nemico era appostato fino ad un momento prima. Intanto il telefono da campo con i suoi squilli gutturali, aveva dato al radiofonista……l’incredibile e meravigliosa notizia……LA GUERRA ERA IMPROVVISAMENTE FINITA ed i Tedeschi si stavano definitivamente ritirando dietro i loro confini. Cosa potesse essere successo, non era dato ancora dato saperlo…….ma visto che il nemico si stava precipitosamente ritirando sulle posizioni iniziali, significava che non si trattava certo di una resa Italiana….possibile che ce l’avessero veramente fatta a fermare l’invasore ? E se si…..come era potuto accadere proprio quando tutto appariva perduto ?

CAPITOLO CINTATREESIMO. VITTORIA !!!.

Il diciassette di marzo, il Duce avrebbe parlato dal fatidico balcone al Popolo Italiano…….Piazza Venezia non era mai stata così gremita in precedenza e chi non aveva potuto trovarvi posto era in trepida attesa davanti a radio ed altoparlanti:
“ Camicie nere della rivoluzione……Ufficiali, Sottufficiali e Gregari in armi, Italiani in Patria e al di la dei Patri confini, Amici dell’Italia al di la dei monti e al di la dei mari,…..ASCOLTATE ! Il Maresciallo Badoglio telegrafa:” Oggi sedici marzo, alle ore otto, alla testa delle truppe vittoriose, ho cominciato il cammino per rimettere immediatamente piede sulle terre precedentemente lasciate alla tracotanza del nemico ! “ANNUNCIO, al Popolo Italiano e al mondo….CHE LA GUERRA è VITTORIOSAMENTE FINITA ! ANNUNCIO al Popolo Italiano e al mondo CHE LA PACE E’ RISTABILITA ! E’ con infinita gioia ed orgoglio che annuncio un tale definitivo e MEMORABILE evento al Popolo Italiano. L’Italia proditoriamente colpita a tradimento, violata nei suoi sacri confini dalla brutalità di una nazione che, anche in passato aveva vergognosamente infierito contro il popolo Italiano, Ha RICACCIATO per l’ennesima volta l’invasore al di la dei suoi confini !
Una guerra crudele, impostaci da un bieco assassino e dai suoi accoliti, una guerra crudele che sembrava ad un certo punto in grado di travolgere tutto e tutti……SI E’ INVECE RISOLTA IN UNA GRANDISSIMA E MEMORABILE VITTORIA ! I nemici vinti e battuti….NON CONTANO PIU’, E NESSUNA FORZA AL MONDO, POTRA’ MAI PIU’ FARLI CONTARE ! E’ stata alla fine la tecnologia unita alla fantasia, qualità intrinseche nel bagaglio di capacità del Popolo Italiano, a far trionfare una causa che sembrava persa in partenza….la tecnologia capace di fornire in un lasso di tempo così breve, le armi nuove decisive a ribaltare la situazione ! La tecnologia unita all’IMMENSO VALORE delle truppe combattenti su tutti i fronti…….terribili danni sono stati inflitti alla tracotanza del nemico…….danni che l’Italia è stata in grado di infliggere con la Flotta in Oceano, con i meravigliosi Alpini a terra tra i monti e con la potenza devastante della Regia Aeronautica ! L’ASSASSINO E LA SUA BANDA DI ACCOLITI SONO MORTi !!!! Hitler è stato ucciso a casa sua da una DEVASTANTE incursione dei nostri meravigliosi e potentissimi “caccia”, aerei……avanti di almeno due generazione di quelli esistenti all’inizio del conflitto.
La terribile tenzone la ABBIAMO VINTA DA SOLI !!! SOLO l’Inghilterra ha avuto il coraggio morale di sostenere il Popolo Italiano in guerra, con il limitato ma importante e valoroso sacrificio di uomini e di mezzi……ALTRI invece…..sono stati capaci di alzare VIGLIACCAMENTE la voce…..SOLO A PARTITA CONCLUSA !!! negando qualsiasi tipo di aiuto a chi stava EROICAMENTE lottando per difendere la Patria in pericolo !!!
Camicie nere della rivoluzione…..la parola d’ordine che chi Vi guida si era e vi aveva dato….E’ STATA RISPETTATA !!!! e ABBIAMO VINTO, in cielo in terra e in mare !!!!…..DEPONI LE ARMI POPOLO ITALIANO E TORNA AL LAVORO per poter completare l’opera intrapresa all’inizio dell’Era Fascista. VIVA L’ITALIA…..!!! VIVA IL RE!!! VIVA IL FASCISMO !

CAPITOLO CINQUNTAQUATRESIMO. Il peso dell’eredità.

Era veramente finita……in Germania .Speer aveva saldamente preso le redini della situazione e per prima cosa aveva ordinato la smobilitazione immediata delle Divisioni che avevano attaccato l’Italia facendole sollecitamente rientrare in Patria, aveva rapidamente sgomberato la Svizzera e, per prudenza, trasferito quanto di meglio era rimasto all’esercito tedesco ai già ben difesi confini con la Francia. Aveva tuttavia mantenuto, almeno per ora il possesso dell’Austria, invasa nei primi giorni del conflitto, anche se sapeva che l’annessione definitiva di quel paese alla Germania difficilmente avrebbe potuto essere portata a termine e ratificata……ma aveva deciso di mantenere intelligentemente almeno li parte dell’esercito d’invasione, per usare l’Austria come “merce di scambio”. Speer sapeva di dover lavorare nella più grande incertezza per quanto riguardava il futuro……avrebbe dovuto affrontare una inevitabile “conferenza di pace” in cui avrebbe dovuto fare ovviamente dolorosissime concessioni e pagare pesantissimi danni di guerra, mantenere l’ordine in una nazione che aveva appena perso il suo amatissimo capo carismatico, ed evitare in tutti i modi di far subire alla Germania una terribile serie di umiliazioni come quelle che il popolo tedesco aveva dovuto sopportare vent’anni prima. Per fortuna, gran parte del potenziale tedesco era ancora intatto e disponibile……l’esercito, la marina e l’aeronautica erano ancora ben lungi dall’essere definitivamente sconfitti, l’industria bellica, totalmente intatta, stava tutt’ora lavorando a ritmi estremamente sostenuti e le risorse non mancavano certo………erano tutti fattori questi che avrebbero pesato in modo considerevole sul piatto della bilancia quando si sarebbe trattato di….fare i conti e di tirare le somme.

CAPITOLO CINQUANTACINQUESIMO. Una vittoria “difficile” da gestire.

Anche il Duce stava facendo quanto possibile per riuscire a capire cosa avrebbe adesso potuto pretendere l’Italia…..come adeguato risarcimento danni. Intanto Mussolini si trovava obiettivamente in una situazione molto difficile da sbrogliare….al di la dei proclami trionfalistici fatti dal balcone di Piazza Venezia, sapeva di non essere assolutamente in grado di fare più di tanto, la voce grossa nei confronti dei Tedeschi…….a parte i meravigliosi caccia a reazione la cui costruzione era stata ancora incrementata…….il Regio Esercito non esisteva praticamente più, e se il pericolo di una ulteriore invasione era stato definitivamente allontanato…..nello stesso tempo il Duce sapeva di non essere in grado di fare altro se non……poter eventualmente eseguire una serie di raid aerei nel cuore della Germania, il che voleva dire, seminare ancora morte e distruzione. Era diventato necessario ed indispensabile mettere un freno a tutta questa spirale di violenza…..un accordo il più possibile giusto ed equo, doveva essere trovato a tutti i costi, per il bene di tutti e per la loro tranquillità. In definitiva l’Italia dalla Germania non poteva davvero pretendere altro, se non una pace duratura……tra i due Paesi, oltre a tutto, non c’erano più contenziosi aperti che potessero riguardare i confini……Trento Trieste Gorizia e così via, erano già state riconquistate vent’ anni prima e non c’era niente altro che Mussolini potesse pretendere se non aiuti economici, tranquillità e un adeguato pagamento di danni di guerra che, potessero almeno in parte, indennizzare le popolazioni colpite e le famiglie dei militari morti in combattimento.

CAPITOLO CINQUANTASEIESIMO. Conclusione di un incubo.

Mettere insieme i pezzi di un’Europa ancora una volta dilaniata, non era certo stata una faccenda semplice…..Francia, Italia, Inghilterra e Germania si erano sedute attorno ad un tavolo a Londra alla disperata ricerca di una soluzione che accontentasse un po’ tutti e che soprattutto non scontentasse troppo nessuno. All’inizio era sembrato a tutti, di dover ottenere la classica “quadratura del cerchio”….ma andando avanti nella discussione risultò subito molto più facile del previsto trattare con gli sconfitti. La figura istrionica di Hitler e dei suoi gerarchi per fortuna non esisteva ormai più e Speer non aveva certo l’intenzione di prenderne il posto. Lo “scotto” doveva essere certo pagato, anzi chi aveva ordito quella sporca guerra, aveva , per somma fortuna di tutti, già pagato di persona con la morte…..e questo era già un primo passo altamente positivo: non ci sarebbero così stati drammatici processi di fine guerra da organizzare, processi che avrebbero potuto, trascinandosi per mesi, se non per anni, ancora di più destabilizzare il già precario equilibrio del “Vecchio Continente” e creare per moltissima gente dei “martiri” assolutamente indesiderati. Inoltre nei giorni precedenti la conferenza, Speer aveva cominciato, un poco volutamente e un poco per cause di forza maggiore, ad iniziare il processo di denazistificazione…….aveva riservato per ora, per se poteri assoluti di decisione…..ma questi poteri eccezionali sarebbero cessati immediatamente a pace conclusa. Dopo di che in Germania sarebbero state indette libere elezioni. Il Nazionalsocialismo non sarebbe però stato accantonato di colpo…..ma “purgato” delle sue ideologie più violente ed estreme e soprattutto “orfano” dei suoi capi carismatici….si sarebbe forse spontaneamente trasformato in qualche cosa di diverso e di più umano e avrebbe potuto continuare a far parte del popolo tedesco assieme alle altre ideologie più democratiche e tolleranti.
Alla fine, l’Austria aveva riottenuto ovviamente la sua indipendenza, agli Ebrei era stata restituita la loro identità ed erano stati per quanto possibile risarciti dopo aver tanto sofferto, anche se la stragrande maggioranza di loro aveva scelto di emigrare in Palestina alla ricerca di costruire un loro stato indipendente, l’Italia era stata ampiamente indennizzata, con il pagamento di più che adeguati danni di guerra in somme di denaro e facilitazioni a tutto suo vantaggio negli scambi commerciali con la Germania, ma la Germania stessa non aveva dovuto questa volta, subire le umiliazioni di vent’anni prima…….Quasi tutte le colpe erano state volutamente addossate a chi non c’era più, decisione giusta e comoda nello stesso tempo e soprattutto molto saggia……giusta perché in effetti, di pochi erano state colpa e responsabilità di tutto, comoda perchè chi aveva ordito ed organizzato la guerra, era ormai morto e non poteva certo difendersi. In definitiva il popolo tedesco non era stato incolpato di nulla, anche se aveva seguito con il massimo entusiasmo l’ideologia Nazista…….non era stata certo una decisione completamente giusta ma, per lo meno, quella che sarebbe stata la più indolore per tutti. Alla fine, i lutti e i devastanti danni subiti, uniti al terrore che tutti avevano provato vivendo una realtà così vicina ad una totale catastrofe, sembravano finalmente aver fatto breccia nell’animo e nella coscienza dei potenti del “Vecchio Continente”…..e per la prima volta termini come “Europa Unita e Casa Comune” fecero timidamente capolino e portarono lentamente fiducia e speranza in un futuro, se pur molto lontano e difficile da raggiungere, di possibile pace tolleranza e collaborazione reciproca.
Giorgio aveva fatto in fretta a smobilitare…..il poco che rimaneva della sua Batteria: i muli erano tutti morti ancora il primo giorno dell’attacco Tedesco e non erano più stati rimpiazzati; dei cannoncini avuti in dotazione…..ne era rimasto solo uno ed i suoi uomini erano ridotti ormai ad una ventina al massimo di effettivi efficienti. Niente altro era loro rimasto…….a parte il dolore per aver perso in modo così crudele tanti compagni. Giorgio poi, si sentiva responsabile della loro morte…….sapeva benissimo che non aveva assolutamente nessuna colpa per quanto era accaduto, sapeva benissimo che era stata una guerra crudele a pretendere il sacrificio di tante vite umane……ma sapeva benissimo anche, che a lui, Comandante della Batteria, erano state “affidate” le vite di centoventi uomini…..e che lui non era stato in grado di proteggerle tutte adeguatamente come avrebbe voluto e dovuto! Lui continuava a ripetersi che non aveva certo alcuna colpa di quanto era accaduto, ma si sentiva ugualmente in parte responsabile per non essere riuscito a riconsegnare alle loro case tutti i suoi uomini. Si era ripromesso, come espiazione di tanto dolore, di andare a trovare, prima tutti i feriti sparsi per i vari ospedali e poi, una ad una, le famiglie dei “suoi” morti……e di sobbarcarsi ad una ad una le dimostrazioni di dolore straziante di madri, mogli e figli dei caduti. Giorgio sapeva benissimo che sarebbe uscito distrutto da tutto ciò…..ma era una cosa che “sentiva” dentro di se che doveva essere fatta e che DOVEVA FARE per la pace della sua coscienza,
Alberto, invece, si sentiva felice e realizzato……aveva in prima persona contribuito a poco più di vent’anni, a far terminare un conflitto tanto sanguinoso e lui ed i suoi compagni, venivano considerati giustamente alla stregua di EROI. Ma lui non si era per nulla montato la testa……la guerra lo aveva maturato molto e gli aveva radicalmente fatto cambiare le priorità da dare alla sua vita. Prima di tutto si sarebbe buttato in picchiata, nell’impresa di conquistare definitivamente il cuore della sua Beatrice….poi avrebbe dato le dimissioni dall’Aeronautica e avrebbe intrapreso la carriera di pilota collaudatore. Infatti, con l’inevitabile e repentino sviluppo tecnologico, che sarebbe senza alcun dubbio seguito al debutto dei “Ferrari”, il suo sogno sarebbe diventato un altro……riuscire cioè un giorno forse non lontano……. a conquistare le stelle ed il silenzio dello spazio senza fine senza più dover pensare ad un nemico da combattere.

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